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Differences and discordance in dry eye disease symptoms between men and women

Research carried out by the Chang Gung Memorial Hospital in Keelung, Taiwan, found significant differences between men and women with regard to initial presentation symptoms of the dry eye syndrome (DED). Being female was one of the factors associated with a higher symptom severity score

Children diagnosed with sickle cell disease can develop retinopathy

Data presented at the annual meeting of the American Academy of Ophthalmology (AAO) in San Francisco revealed that one in three children with sickle cell disease suffers from retinopathy

Alexei Efros: what artificial intelligence can teach us about sight

Computer scientist Alexei Efros transformed his vision problems into his superpower. Through an innovative approach, he has managed to change the current perspective on machine vision by focusing on its ability to adapt, rather than only on data
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Our sight, a precious asset to be protected and preserved

World Sight Day, which took place on 13 October 2022, was an opportunity to meet and discuss issues related to managing and preventing blindness and low vision, with the purpose of improving the Italian healthcare system response

Glaucoma prematurely affects people of African descent

A study by the New York Eye and Ear Infirmary of Mount Sinai (NYEE) points to the importance of early screening strategies for populations of African heritage to prevent blindness

Eye Health at risk in children with Type 2 Diabetes

Children with type 2 diabetes are more likely to develop diabetic retinopathy than those with type 1 diabetes, says the American Academy of Ophthalmology

Corioretinite

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Corioretinite

Cos’è la corioretinite?

È un’infiammazione che colpisce la zona posteriore dell’occhio (in particolare coroide, retina e corpo vitreo) [1].

Parlare di “uveite posteriore” è la stessa cosa?

La differenza è più teorica che clinica. Si parla allo stesso modo di coroidite, retino-coroidite (l’infiammazione ha inizio a livello retinico e successivamente colpisce la coroide) e vasculite retinica: la nomenclatura varia principalmente a seconda della localizzazione iniziale dell’infiammazione.

Quali possono essere le cause?

Possono essere distinte in corioretiniti con causa infettiva e quella non infettiva. Più in particolare:

Come si manifesta?

Generalmente il sintomo principale è la riduzione della vista sia a causa dell’infiammazione che del conseguente intorbidamento del corpo vitreo.

Come si presenta?

È caratterizzata dalla presenza di focolai infiammatori sulla superficie della retina. La malattia può essere a focolaio unico, a focolai multipli e disseminati oppure diffusa. Si può presentare in forma purulenta o essudativa. La prima forma è causata da agenti infettivi (batteri, virus, funghi, parassiti), mentre quella essudativa è rara, di origine ignota e si presenta in età giovanile, con emorragie retiniche seguite da fenomeni degenerativi.

Quali sono i sintomi?

I disturbi dipendono dalla localizzazione dei focolai infiammatori sulla retina. Infatti, se si localizzano a livello della macula (centro della retina) o si presentano in maniera diffusa, la funzione visiva è gravemente compromessa. Inoltre, se vi è un interessamento infiammatorio del vitreo (corpo vitreo torbido) si ha la comparsa di miodesopsie e sintomi legati alla retinite concomitante: sensazioni luminose come fosfeni (lampi di luce), metamorfopsie (distorsione delle immagini) e micropsie (rimpicciolimento delle immagini).

Come si esegue la diagnosi?

La diagnosi si esegue con l’esame del fondo oculare [2]. Inoltre, altri esami di approfondimento includono la fluoroangiografia ed esami del sangue che mirano a individuare eventuali agenti patogeni.

Quali possono essere le complicanze?

La vasculite può essere responsabile di complicanze anche invalidanti per la funzione visiva come, ad esempio, l’èdema papillare (del nervo ottico), la maculopatia cistoide, il distacco di retina e le endoftalmiti.

Qual è la terapia?

A prescindere dalla causa alla base dell’infiammazione, la terapia si avvale fondamentalmente di cinque categorie di farmaci: i corticosteroidi, i midriatici e i cicloplegici, gli immunosoppressori, gli antinfiammatori non steroidei e antibiotici. I cortisonici rappresentano il cardine del trattamento antiuveitico. Possono essere somministrati per via locale (colliri o pomate), sistemica (orale, intramuscolo o endovena) e per via perioculare (iniezioni dietro al bulbo oculare). Ovviamente per le uveiti causate da determinati agenti patogeni (come sifilide, toxoplasmosi e tubercolosi) sarà necessario effettuare terapie specifiche e mirate.

[1La corioretinopatia sierosa centrale è una malattia caratterizzata da un distacco sieroso del neuroepitelio al polo posteriore, causato dal passaggio di fluido dalla coroide nello spazio sottoretinico attraverso un difetto dell’epitelio pigmentato; non è però caratterizzato da un processo infiammatorio (come nel caso delle corioretiniti).

[2I focolai infiammatori di corioretinite possono essere isolati o confluenti fra loro e, all’esame oftalmoscopico, appaiono come chiazze bianco-grigiastre a bordi sfumati, che spiccano sul restante fondo rosso. Il vitreo sovrastante è di solito lievemente torbido. Nella forma essudativa attiva si riscontra la presenza di un focolaio infiammatorio che ha l’aspetto di un nodulo sfumato biancastro con vitreo sovrastante torbido. All’esame oculistico può essere evidenziata l’infiammazione all’interno del bulbo oculare (camera vitrea), talvolta così intensa da rendere impossibile l’esplorazione della retina retrostante. Molto spesso si riscontra una vasculite retinica: i vasi si infiammano, si possono restringere fino all’occlusione. A guarigione avvenuta, ossia il focolaio si spegne, la lesione si cicatrizza e assume l’aspetto di un’area retinica con pigmentazione irregolare e vitreo sovrastante rischiarato.

Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
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Pagina pubblicata il 5 luglio 2010. Ultimo aggiornamento: 20 settembre 2022.

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Aprile-Giugno 2022
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In questo numero i controlli gratuiti di “Vista in Salute”, uno speciale sull’assistenza oculistica sul territorio e l’evoluzione delle tecniche chirurgiche della cataratta e del cristallino. 

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Gennaio-Marzo 2022
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Pucker maculare

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Pucker maculare: cause, sintomi, terapia e guarigione

COS’È IL PUCKER MACULARE?

pucker maculare

Il pucker maculare (membrana epiretinica) è un’alterazione anatomica dell’interfaccia vitreoretinica  (zona di confine tra il corpo vitreo e la retina): consiste nello sviluppo di una sottile membrana traslucida sopra la macula (zona centrale della retina). Quando tale membrana si ispessisce e tende a raggrinzirsi (il significato di pucker in inglese è appunto raggrinzimento), causa una deformazione e una progressiva distorsione della retina, con conseguente peggioramento della visione centrale.

Pucker maculare QUALI SONO LE CAUSE?

Il pucker maculare chiamato anche membrana epiretinica o maculopatia cellophane, nella maggior parte dei casi si forma spontaneamente per ragioni ancora non note.
Il corpo vitreo, sostanza gelatinosa che riempie il bulbo oculare, in condizioni normali è attaccato alla superficie retinica. Con l’invecchiamento o in presenza di altre circostanze, il vitreo  inizia a ritirarsi e a modificare i suoi normali rapporti con la retina, fino ad arrivare a staccarsi (distacco posteriore del vitreo). Nella maggior parte dei casi tale evento non ha nessuna ripercussione sulla retina, in alcune circostanze, invece, come conseguenza del distacco, si può formare un tessuto fibroso-cicatriziale, con successiva contrazione della retina e quindi sviluppo del pucker maculare.
Si è visto che le membrane epiretiniche sono composte da diversi tipi di cellule, in particolare: cellule gliali, fibroblasti, macrofagi e cellule dell’epitelio pigmentato. Altre cause che potrebbero portare alla formazione del pucker maculare, sono:

  • età (la malattia si presenta principalmente nei soggetti oltre i 50 anni);
  • processi infiammatori;
  • complicanza di un trattamento laser retinico (particolarmente in caso di panfotocoagulazioni in pazienti affetti da diabete e che hanno sviluppato una retinopatia diabetica);
  • pregresso intervento chirurgico oculare;
  • distacco della retina;
  • trauma oculare.

I SINTOMI del pucker maculare

I sintomi più frequenti che si possono presentare in un paziente affetto da pucker maculare sono:

  • visione sfocata;
  • distorsione della vista: il soggetto può percepire le immagini come distorte (metamorfopsie), ad esempio quando guarda la televisione;
  • vedere gli oggetti di dimensione minore (micropsia) o maggiore (macropsia) rispetto a quella reale;
  • vedere delle linee rette, come ondulate o interrotte;
  • nella lettura dei testi scritti, soprattutto quelli con caratteri più piccoli, le righe possono apparire ondulate.

Con il passare del tempo tali sintomi possono rimanere stabili, oppure andare incontro ad un peggioramento.  Se la malattia evolve, si crea una sofferenza dei fotorecettori della zona centrale della retina con conseguente comparsa di una macchia che impedisce la visione centrale.

COME avVIENE LA DIAGNOSI del pucker maculare?

È importante che l’oculista, per prima cosa, esegua in maniera scrupolosa l’anamnesi del paziente, in particolare che ponga attenzione ai sintomi che gli vengono riferiti (ad esempio la presenza di difficoltà di messa a fuoco o di alterazioni delle immagini, che possono essere percepite distorte, più piccole o più grandi). Poi, durante la visita, lo specialista può effettuare un test per valutare l’effettiva entità della distorsione delle righe mediante una griglia (test di Amsler).

La diagnosi precisa comunque viene fatta grazie all’esame del fondo oculare, che permette di visualizzare la membrana. Tuttavia, la conferma deve essere ottenuta tramite OCT (tomografia a coerenza ottica), ossia un esame che consente di analizzare gli strati della retina, in particolare la macula, e di valutare così l’entità della trazione e l’evoluzione della patologia nel tempo.

Intervento pucker maculare quando operare

Inizialmente si valuta l’evoluzione del pucker, senza effettuare un’azione diretta ma – come abbiamo detto – eseguendo soltanto controlli frequenti del fondo oculare e l’OCT.  Una risoluzione spontanea del pucker maculare è un’evenienza piuttosto rara e comunque limitata alle fasi iniziali della malattia. Negli anni si è cercato di trovare delle nuove terapie per il pucker maculare, nel tentativo di migliorare il visus del paziente e permettergli di svolgere tranquillamente la maggior parte delle sue attività quotidiane, senza dover ricorrere per forza all’intervento chirurgico. Come terapia farmacologica, in casi selezionati, è stata proposta la somministrazione tramite iniezione intravitreale, di una molecola chiamata ocriplasmina (è simile alla plasmina umana, un enzima naturalmente presente nell’occhio in grado di demolire le proteine responsabili dell’adesione presente tra corpo vitreo e retina, riducendone in tal modo il rigonfiamento e migliorando la vista).

Quando, invece, bisogna operare una membrana epiretinica? 

Nel momento in cui la trazione comporta una riduzione dell’acuità visiva rilevante: in questi casi, infatti, si rende necessario l’intervento chirurgico di vitrectomia con peeling della membrana. Questa operazione permette di bloccare i meccanismi di trazione e, in molti casi, di appianare la retina, con un possibile miglioramento della sintomatologia (la distorsione viene ridotta). E’ comunque un intervento molto delicato, in quanto si agisce direttamente sulla zona più importante della retina (la macula) e purtroppo non sempre consente di ottenere il risultato sperato.

Cosa succede dopo l’intervento di pucker maculare?

I tempi di recupero dopo intervento di pucker maculare possono essere piuttosto variabili e comunque strettamente correlati alla gravità della malattia prima della chirurgia. Il recupero dell’acutezza visiva, è progressivo, ma può anche essere nullo, scarso o incompleto, sempre in relazione alle condizioni oculari preesistenti (non solo della macula, ma anche ad esempio del nervo ottico e della cornea). In ogni caso il recupero visivo non potrà definirsi completo prima di 6 mesi; a volte, il visus, può stabilizzarsi del tutto anche a distanza di un anno. A guarigione avvenuta, l’occhio andrà sempre controllato periodicamente dall’oculista; nei mesi e negli anni successivi all’intervento è necessario sottoporsi a controlli periodici che potranno poi essere progressivamente diradati.

Link utile: Consenso informato SOI

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Pagina pubblicata il 2 ottobre 2007. Ultimo aggiornamento: 14 aprile 2022.

Ultima revisione scientifica: 14 aprile 2022.

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Foro maculare

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Malattie oculari

Foro maculare: cause, sintomi, trattamento.

Cos’è il foro maculare?

foro maculare

È un difetto a tutto spessore del tessuto retinico; si tratta, nello specifico, di un foro che si apre nella regione centrale della retina (la fovea, a sua volta al centro della macula). È caratterizzato da un sollevamento circoscritto della retina neurosensoriale. Oltre i 50 anni di età la sua incidenza è di 3 casi su 1000. È prevalente nel sesso femminile e più frequentemente coinvolge un solo occhio (78-90% dei casi). Alcune situazioni possono simulare la presenza di un foro maculare. In alcuni casi, infatti, si possono formare delle membrane a livello della macula, tra il corpo vitreo e la retina. Tali membrane svolgendo un’azione trattiva, provocano un’alterazione del profilo retinico in sede maculare portando alla formazione di uno “pseudoforo” maculare (la membrana epiretinica si interrompe in senso circolare dando l’aspetto di un falso foro maculare).

Cosa provoca il foro maculare?

I fori maculari generalmente si formano spontaneamente e il meccanismo non è tuttora ben chiaro; possono essere causati da un trauma, da miopia elevata e, non ultimi, da fattori vascolari (associati, ad esempio, alla retinopatia diabetica). Tuttavia l’ipotesi più accreditata si fonda sulla teoria della “trazione vitreale”, ad opera di membrane che si formano sopra la retina (epiretiniche). Queste ultime si formerebbero in seguito alla contrazione della corteccia vitreale (così come proposto dalla teoria di Gass JDM e Johnson, secondo i quali questo sarebbe il principale fattore scatenante). Anche l’età è un fattore importante da prendere in considerazione: con il passare degli anni si verifica un fenomeno fisiologico di invecchiamento delle strutture oculari, compreso il corpo vitreo. Tale processo porta ad una graduale degenerazione del vitreo, fino ad arrivare al suo distacco. Nel momento in cui si verifica il distacco posteriore del vitreo, soprattutto se avviene in maniera violenta, si può avere una sorta di “strappo” sulla macula con conseguente formazione del foro.

QUALI SONO I SINTOMI del foro maculare?

foro maculare sintomi

I sintomi principali di un foro maculare sono:

  • Visione centrale distorta;
  • Macchia scura centrale (scotoma);
  • Difficoltà nella messa a fuoco da vicino (problemi nell’identificazione dei caratteri molto piccoli);
  • Metamorfopsie: visione deformata delle immagini;
  • Miodesopsie: percezione di corpi mobili (mosche volanti) nel campo visivo, associati a flash quando presente azione trattiva vitreale.

Nella fase iniziale della malattia, possono non essere presenti sintomi.

COME SI DIAGNOSTICA?

La diagnosi del foro maculare avviene attraverso l’esame del fondo oculare. Tuttavia, l’esame indispensabile e non invasivo per studiarne le caratteristiche è l’OCT(tomografia a coerenza ottica). Quest’esame consente, attraverso un’analisi quantitativa, di misurare lo spessore retinico e il diametro del foro, permettendo di classificare i vari stadi e, quindi, di valutare l’evoluzione della malattia che l’ha provocato. Inoltre, tra le metodiche diagnostiche strumentali bisogna annoverare la microperimetria, esame non invasivo che ha consentito di migliorare l’approccio chirurgico e prognostico (analizzando la sensibilità retinica della macula, la zona della retina deputata alla visione centrale).

Come si cura il foro maculare?

La percentuale di guarigione spontanea del foro maculare non è molto alta e comunque , nella maggior parte dei casi, limitata agli stadi iniziali della patologia. L’evoluzione del foro è piuttosto variabile da un caso all’altro, si possono alternare infatti fasi di stabilizzazione della malattia e di conseguenza anche del visus, a fasi di peggioramento.

Il trattamento è chirurgico (vitrectomia),  e consiste nell’asportazione del corpo vitreo, con rimozione delle membrane epiretiniche. Dopo la chirurgia va però sempre presa in considerazione la possibilità che una “guarigione” anatomica del foro, possa non corrispondere ad un recupero funzionale completo (vedi prossimo paragrafo).

Come si opera il foro maculare?

Il foro maculare si opera con un intervento chirurgico che prende il nome di vitrectomia. Si tratta di una procedura che prevede una rimozione totale o parziale del corpo vitreo, seguita dall’asportazione delle membrane  epiretiniche, in modo da ottenere una chiusura del foro e ripristino della struttura anatomica della regione maculare. Nella maggior parte dei casi l’intervento, soprattutto se eseguito da specialisti esperti nel trattamento del foro maculare (chirurghi vitrei-retinici), ha una buona percentuale di successo sia a livello anatomico che funzionale. In rari casi, con intervento chirurgico non perfettamente riuscito, si può rilevare la permanenza del foro ed un recupero visivo scarso o assente. L’entità di visione recuperabile con l’intervento dipende fondamentalmente dalle preesistenti condizioni generali dell’occhio, in particolare della retina, del nervo ottico e della cornea, oltre che dalle dimensioni del foro pre-trattamento.

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Pagina pubblicata il 3 aprile 2009. Ultimo aggiornamento: 21 febbraio 2022.

Ultima revisione scientifica: 21 febbraio 2022.

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Distacco di retina

I tuoi occhi

Malattie oculari

Distacco di retina: cause, sintomi, trattamento.

COS’È IL DISTACCO DELLA RETINA?

distacco retina

La retina è una sottile membrana che riveste la superficie interna dell’occhio. Si tratta di un fine tessuto nervoso sensibile alla luce (fotosensibile). In condizioni normali la retina resta nella sua sede naturale grazie alla pressione del corpo vitreo, un liquido gelatinoso che si trova all’interno dell’occhio e che esercita un effetto tampone, spingendo la retina stessa sulla parete interna del bulbo e proteggendola da eventuali traumi provenienti dall’esterno.

Se la retina presenta una rottura o un foro può, nei casi più gravi, arrivare a distaccarsi.

Come avviene il distacco della retina

Quando le retina si stacca, tende ad accartocciarsi in maniera simile a una carta da parati che si stacca da una parete. In tal caso la retina non è più in grado di offrire al cervello un’immagine adeguata e la visione diviene offuscata e ridotta. Il paziente vede comparire davanti a sé una sorta di tenda scura che piano piano coinvolge tutto il campo visivo.

Cosa provoca il distacco della retina

A seconda della patogenesi (cause) si possono identificare tre tipologie di distacco della retina:

  • Regmatogeno: avviene in occhi di soggetti che presentano degenerazioni retiniche periferiche (dette appunto regmatogene). Tali degenerazioni sono caratterizzate solitamente dalla presenza di piccoli fori o di zone di assottigliamento della retina periferica e costituiscono pertanto una sorta di punto “debole” del tessuto retinico. A livello di tali degenerazioni si possono sviluppare una o più rotture, che consentono il passaggio di liquido nello spazio sottoretinico dando così inizio al distacco.
  • Trazionale: è provocato dalla formazione di membrane fibro-vascolari all’interno dell’ occhio in grado di creare una trazione che solleva la retina. Le malattie che più frequentemente sono all’origine di questo tipo particolare di distacco retinico sono le vasculopatie proliferative (retinopatia diabetica proliferante, trombosi venosa retinica, ecc.).
  • Essudativo: il sollevamento della retina è determinato dall’accumulo di liquido sottoretinico, in assenza di lacerazioni o rotture della stessa. Il distacco essudativo può essere provocato dalle presenza d’infiammazione, lesioni vascolari o neoplastiche.

Altre cause di distacco della retina possono essere:

  • presenza di una miopia medio-elevata, cioè superiore alle tre diottrie. È, comunque, un evento abbastanza raro, si verifica all’incirca in una persona su diecimila;
  • La presenza di un cristallino artificiale (IOL) impiantato durante un intervento di cataratta, può creare dei rischi per la retina. Anche negli occhi afachici (che non hanno il cristallino per malformazione congenita o a seguito di chirurgia) il distacco retinico può presentarsi con una certa frequenza. Dopo l’estrazione del cristallino si verificano infatti, delle alterazioni vitreali capaci di modificare i normali rapporti vitreoretinici e favorire il sollevamento della retina;
  • distacco posteriore del vitreo. Il vitreo in condizioni di normalità, svolge un importante ruolo nel mantenimento dell’adesione retinica. Quando si verifica un distacco posteriore del vitreo, si possono produrre delle rotture dovute all’azione trattiva del gel vitreale sulla retina;
  • In presenza di gravi traumi, soprattutto di tipo contusivo, si assiste ad una contrazione e avulsione della base del vitreo, che essendo tenacemente adeso alla retina, può tirarla con sé provocandone il distacco.

Infine, secondo uno studio scientifico [1], il distacco potrebbe essere favorito, tra l’altro, dall’assunzione per via orale di una classe di antibiotici chiamati “fluorochinoloni”.

Molto rara invece, soprattutto nei giovani, l’evenienza di rotture retiniche spontanee con conseguente distacco.

Comunque, in caso siano presenti fattori di rischio per il distacco della retina (degenerazione vitreale con presenza di trazioni vitreo-retiniche forti, degenerazioni retiniche periferiche e/o assottigliamento della retina, miopia elevata, ecc.), è consigliabile eseguire visite oculistiche periodiche, evitare condizioni di forte stress, evitare di compiere sforzi fisici eccessivi che potrebbero sollecitare la retina e favorirne il distacco.

QUALI SONO I SINTOMI?

I principali sintomi che si possono presentare in caso di distacco della retina sono:

  • Miodesopsie: comparsa nel campo visivo di piccoli corpi mobili (punti neri, macchie scure). A volte si può avere anche la percezione di una sorta di ragnatela scura nella parte centrale della visione.
  • Fotopsie: comparsa di flash luminosi o lampi di luce nell’occhio colpito, percepiti soprattutto nella parte periferica del campo visivo.
  • Visione offuscata o distorta.
  • Rapido peggioramento del visus con la comparsa di un’ ombra o una “tenda” nera che ostacola la visione sia centrale che periferica.

Non è mai presente dolore. Se ci si accorge di un brusco calo di vista, bisogna recarsi immediatamente a un pronto soccorso oculistico. Un trattamento immediato può, infatti, ridurre al minimo i danni.

Come si cura il distacco della retina

Se il problema viene diagnosticato in fase precoce spesso come cura per il distacco della retina è sufficiente effettuare un trattamento argon laser fotocoagulativo intorno alle degenerazioni retiniche.

Come si Opera il distacco della retina

Nei casi più gravi è necessario un intervento chirurgico, che si può eseguire fondamentalmente secondo due approcci: ab-externo, ossia tramite chirurgia episclerale (senza entrare all’interno dell’occhio), oppure ab-interno con la vitrectomia.

Nel primo caso si esegue un intervento di cerchiaggio che consiste nell’ applicare una banda di silicone intorno al bulbo, allo scopo di riavvicinare la parete alla retina distaccata, riparare eventuali rotture e neutralizzare le trazioni vitreali.

Nel secondo caso (vitrectomia), si esegue la rimozione del gel vitreale dall’interno dell’occhio, sostituendolo con un mezzo tamponante (aria, gas o olio di silicone), che spinge la retina a riattaccarsi, favorendo il suo processo di guarigione. Il gas si riassorbe spontaneamente nel giro di 2-6 settimane, mentre l’olio di silicone deve essere rimosso con un secondo intervento chirurgico a distanza di 3-6 mesi. Di solito l’operazione per distacco di retina viene fatta in anestesia locale, in casi particolari può essere necessario ricorrere a quella generale.

Nell’ 80-90% dei casi è sufficiente una sola operazione, qualora dovesse verificarsi una recidiva del distacco, sarebbe necessario ricorrere ad un secondo intervento.

Nel post-operatorio non si prova dolore eccessivo, ma l’occhio può risultare infiammato, la pressione oculare alterata e, quindi, sarà necessario seguire in maniera scrupolosa la terapia prescritta dall’oculista e fare le visite di controllo programmate. Dopo la chirurgia, nella gran maggioranza dei casi si ottiene un riaccollamento della retina ai piani sottostanti. I tempi di recupero post intervento per distacco di retina dipendono dall’entità del distacco stesso e dalla sua durata. Nei casi in cui il distacco abbia coinvolto la regione maculare (l’area della visione centrale) il recupero visivo sarà incompleto. Può comunque, anche in questo caso, rimanere un certo grado di visione periferica.Tanto maggiore è la durata del distacco, tanto minore è la possibilità di recupero della vista. Persone che non si sottopongono all’intervento (o se quest’ultimo risulta inefficace) possono riportare un deficit visivo grave e permanente.

Il paziente deve ricordarsi che, anche a guarigione avvenuta, l’occhio va periodicamente controllato dall’oculista; nei mesi e negli anni successivi all’intervento deve quindi sottoporsi ad alcuni periodici controlli che verranno progressivamente diradati.

COME SI PUÒ FARE PREVENZIONE?

Se l’oculista riscontra alterazioni a livello della periferia retinica il distacco può essere prevenuto effettuando un trattamento argon laser. Inoltre è importante sapere se in famiglia ci sono stati precedenti casi di distacco di retina: potrebbe esserci una predisposizione genetica. Se si è già avuto un distacco in un occhio, il rischio che si verifichi anche nell’altro è leggermente maggiore rispetto alla media. Dunque saranno necessari controlli oculistici più frequenti.

[1] “Oral Fluoroquinolones and the Risk of Retinal Detachment“, Mahyar Etminan, Farzin Forooghian, James M. Brophy, Steven T. Bird, David Maberley, JAMA, 2012;307(13):1414-1419, doi:10.1001/jama.2012.383


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Pagina pubblicata il 27 novembre 2012. Ultimo aggiornamento: 14 febbraio 2022.

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Cheratocono

I tuoi occhi

Malattie oculari

Cheratocono: cause, sintomi, trattamento.

Cos’è il cheratocono?

cheratoconoIl cheratocono è una malattia degli occhi a carattere degenerativo, non su base infiammatoria, che interessa la cornea (tessuto trasparente che riveste la superficie anteriore dell’occhio e che permette ai raggi luminosi di penetrare all’interno del bulbo  facendoli convergere sulla retina). A causa di questo processo degenerativo, la cornea, si assottiglia e si deforma, assumendo una caratteristica forma conica. Di profilo la superficie oculare diventa, quindi, più sporgente. Questi cambiamenti nella forma della cornea provocano progressivi cambiamenti dello stato refrattivo dell’occhio, che generalmente portano alla comparsa di un astigmatismo irregolare, miopia e successivo graduale peggioramento dell’ acuità visiva.

Le cause del cheratocono non sono note con certezza. Tuttavia, ci potrebbe essere una predisposizione genetica. Inoltre ci sono possibili legami con patologie generali dell’organismo (sistemiche), come la sindrome di Down, alcune malattie del collagene,  l’atopia. Infine, possono essere considerati fattori di rischio, alcune malattie oculari come la retinite pigmentosa, la retinopatia del prematuro, le cheratocongiuntiviti primaverili, piccoli traumi oculari ripetuti nel tempo e problemi al nervo trigemino.

Il cheratocono nella maggior parte dei casi è bilaterale (coinvolge entrambi gli occhi) e sembrerebbe colpire principalmente i soggetti di sesso femminile. La malattia è caratterizzata da un’insorgenza lenta e progressiva, che si manifesta generalmente nella seconda terza decade di vita. Spesso la malattia trova un assestamento intorno ai 40-50 anni; viceversa, in alcuni casi, lo “sfiancamento “ della cornea può essere talmente precoce e rapido da richiedere un trattamento chirurgico anche prima delle terza decade.

Nel cheratocono la cornea si indebolisce e, quindi, inizia a cedere (nei casi più gravi si arriva alla perforazione). Lo strato oculare esterno e trasparente, che si trova in corrispondenza dell’iride, si assottiglia a causa di un processo degenerativo delle fibre collagene. Semplificando si può dire che la cornea in un punto perde la capacità di resistenza meccanica e, a causa della pressione interna dell’occhio, avviene lo sfiancamento (in particolare nella zona centrale o paracentrale).

Come vede chi È AFFETTO DA CHERATOCONO?

In presenza di un cheratocono in fase iniziale, il paziente può riferire la comparsa di una visione sfocata, soprattutto da lontano, con aumento delle sensibilità alla luce e percezione delle immagini distorte. In un secondo momento la vista può continuare a regredire irreversibilmente, da cui la conseguente necessità di modificare spesso la gradazione degli occhiali. Di solito, negli stadi iniziali, miopia e astigmatismo sono in effetti ben correggibili con occhiali, negli stadi intermedi con lenti a contatto. In caso di cheratocono più “grave”, le lenti a contatto possono non essere più ben tollerate dal paziente o non sufficienti a correggere il difetto visivo.

Il timore più grande di molti pazienti è quello che il cheratocono possa condurre alla cecità, ma fortunatamente di norma non è così. È possibile infatti, come accennato in precedenza, ottenere una buona correzione del visus con occhiali o lac in un primo momento, o eventualmente ricorrere alla chirurgia nei casi più gravi. In tal modo, il paziente potrà avere un visus soddisfacente e una buona qualità di vita. Ad ogni modo, bisogna sempre prendere in considerazione la possibilità che in alcuni casi, a seguito di complicanze post chirurgia, si possano sviluppare danni gravi e irreversibili capaci di incidere fortemente sulla capacità visiva.

I SINTOMI del cheratocono

Abbiamo già anticipato quali possono essere i sintomi iniziali del cheratocono, andiamo adesso ad elencarli in maniera più completa. I sintomi del cheratocono possono comprendere:

  • visione distorta;
  • fastidio alla luce (fotofobia);
  • bruciore agli occhi (irritazione oculare);
  • occhi rossi;
  • mal di testa;
  • vista offuscata;
  • visione doppia
  • visione notturna ridotta.

Il cheratocono normalmente non dà dolore a meno che non avvenga un rapido sfiancamento della cornea e una sua perforazione. Spesso il cheratocono è associato a una congiuntivite allergica.

Come si cura il cheratocono

cheratocono cureLe prime cure per il cheratocono consistono nell’ eliminare o correggere al meglio il difetto visivo causato dalla curvatura della cornea: questo è inizialmente possibile con occhiali ma, col progredire della patologia, solo le lenti a contatto possono dare il risultato sperato. In questo caso la lente a contatto non ha solo uno scopo refrattivo, ma contiene meccanicamente la protrusione corneale, rendendo più regolare la forma della cornea stessa. Fondamentali sono i controlli oculistici periodici (solitamente annuali).

In casi selezionati si potrà ricorrere all’impianto di anelli intrastromali, al cross-linking corneale o al trapianto di cornea (è un atto dovuto se si è verificata una perforazione corneale).

Gli anelli intrastromali, sono piccoli dispositivi semicircolari che vengono posizionati nella parte periferica della cornea, per aiutare a ripristinare la normale forma della superficie anteriore dell’occhio. L’applicazione degli anelli corneali rallenta la progressione del cheratocono e migliora l’acuità visiva, agendo anche sulla miopia. Questa procedura ha il vantaggio di essere reversibile, è però applicabile solo nei casi meno gravi di cheratocono, quando forma e trasparenza della cornea non sono state compromesse.

Se il cheratocono continua a progredire anche dopo l’inserimento di questi anelli, si può valutare di intervenire con un trapianto di cornea.

Il cross-linking è una metodica che ha come risultato finale quello di rendere la cornea più rigida ed evitare, quindi, lo sfiancamento. Questo avviene tramite la creazione di nuovi legami tra le fibre collagene stromali. Il trattamento è minimamente invasivo: si fa reagire una sostanza fotosensibile (la riboflavina ovvero la vitamina B2) – che viene somministrata in forma di collirio – con i raggi ultravioletti. Questa tecnica lega meglio tra loro le fibre collagene, rinforzando la struttura corneale. In questo modo si può bloccare o almeno limitare per un periodo più o meno lungo la deformazione patologica della cornea.

Rimedi naturali per il cheratocono possono essere:

  • seguire una dieta sana ed equilibrata;
  • tenere sotto controllo le allergie, seguendo cure appropriate prescritte dall’oculista in caso di congiuntivite allergica;
  • evitare gli strofinare gli occhi, in modo da non provocare microtraumi sulla cornea che potrebbero andare ad aggravare il cheratocono;
  • indossare le lenti a contatto prescritte dallo specialista, seguendo accurate norme igieniche per l’utilizzo e la conservazione delle stesse;
  • fare visite di controllo periodiche, seguendo le scadenze fissate dal proprio oculista.

Cheratocono: quando operare

Quando il cheratocono è in fase avanzata, e non sono più disponibili altre opzioni terapeutiche per il paziente, l’unica possibilità di trattamento consiste nel trapianto di cornea (cheratoplastica), che può essere a tutto spessore (cheratoplastica perforante), o superficiale (cheratoplastica lamellare). Il tipo di chirurgia da eseguire e le tempistiche giuste per il trapianto, devono essere sempre stabilite dall’oculista.

Il trapianto di cornea perforante è un intervento agli occhi piuttosto delicato e consiste nella rimozione, completa ed a tutto spessore, della parte centrale della cornea del paziente e nella sua sostituzione con una cornea proveniente da un donatore. Ovviamente come tutti gli interventi chirurgici non è esente da rischi. In una piccola percentuale di casi è possibile che dopo cheratoplastica perforante si verifichi un fenomeno di rigetto del lembo trapiantato. Il rigetto è legato al fatto che gli anticorpi del paziente riconoscono la cornea del donatore come un tessuto estraneo al proprio organismo, e la aggrediscono. Il rigetto della cornea trapiantata si può presentare nei primi giorni dopo il trapianto, oppure anche dopo svariati mesi o anni (molto più raramente).

La cheratoplastica lamellare si esegue invece, attraverso una rimozione non a tutto spessore della cornea del paziente. In pratica si effettua una separazione degli strati più superficiali (esterni) della cornea, che vengono asportati e sostituti con lembo del donatore, mentre gli strati più interni corneali vengono lasciati al loro posto. Con questa metodica, quando ci sono le indicazioni per poterla eseguire, si riduce notevolmente il rischio di rigetto.

COME SI DIAGNOSTICA il cheratocono

cheratocono diagnosiLa diagnosi del cheratocono avviene durante la visita oculistica, attraverso l’uso dell’oftalmometro, strumento in grado di valutare la curvatura corneale. È bene ricordare che rilevare con l’oftalmometria un certo grado di astigmatismo non implica per forza che il paziente sia affetto da cheratocono. La diagnosi potrà essere più precisa attraverso l’utilizzo di altri esami strumentali, quali:

  • topografia corneale : è un esame che permette di misurare con estrema precisione la curvatura della superficie della cornea in ogni suo punto. Il risultato dell’esame è una mappatura colorata. Ad ogni colore corrisponde un raggio di curvatura: i colori freddi (tendenti al blu) indicano i punti di cornea più piatti, mentre quelli caldi (che tendono al rosso) indicano curvature maggiori;
  • tomografia corneale: misura la curvatura della cornea andando a rilevare l’elevazione della sua superficie anteriore e posteriore, il suo spessore, la profondità della camera anteriore (spazio che si trova tra cornea e iride) e l’angolo irido-corneale (struttura che consente il drenaggio dei liquidi nell’occhio);
  • pachimetria corneale: esame che serve per misurare lo spessore della cornea.

 

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Pagina pubblicata il 27 novembre 2012. Ultimo aggiornamento: 7 febbraio 2022.

Ultima revisione scientifica: 7 febbraio 2022.

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Ipermetropia

I tuoi occhi

Difetti e disturbi

Ipermetropia: cause, diagnosi, correzione.

ipermetropia L’ipermetropia è un difetto di vista (ametropia) che spesso non dà sintomi. Tuttavia è un disturbo che può essere facilmente individuato grazie a una visita oculistica. L’ipermetropia è, per così dire, un vizio refrattivo opposto alla miopia. Nell’occhio ipermetrope, infatti, i raggi luminosi provenienti dall’infinito vengono focalizzati al di là della retina (oltre il piano retinico). Questo è dovuto principalmente alla presenza di un bulbo oculare “corto” (ipermetropia assiale), anche se altre particolari condizioni possono esserne causa.

Come si presenta?

L’occhio ipermetrope può correggere naturalmente, entro certi limiti, il difetto tramite la capacità di messa a fuoco (accomodazione), riportando l’immagine sulla regione centrale della retina. Questa compensazione è limitata e può avvenire solo per ipermetropie medio-basse e dipende dal grado di accomodazione disponibile: è massimo in giovane età ma diminuisce con gli anni.

Questo spiega perché un certo grado di ipermetropia da giovani viene compensato tranquillamente; ma con l’avanzare dell’età necessita di correzione con lenti sempre più forti, fino alla correzione totale del difetto. Molti soggetti apparentemente privi di difetti visivi (emmetropi) sono, in realtà, ipermetropi lievi.

Come si misura?

 ipermetrope

L’ipermetropia si misura in diottrie: più forte è il difetto, maggiori sono le diottrie necessarie alla sua correzione. In particolare, per correggere l’ipermetropia, l’oculista prescrive delle lenti con “potere positivo”. Tali lenti sono convesse, presentano uno spessore maggiore nella parte centrale e sono più sottili nella parte periferica; sono chiamate anche convergenti perché aumentano la convergenza dei raggi di luce incidenti in un unico punto detto fuoco. Spesso si può riscontrare la presenza contemporanea di ipermetropia e astigmatismo: anche in questo caso, è opportuna la prescrizione di apposita correzione da parte dello specialista, che consenta al soggetto di vedere bene ed avere un comfort visivo ottimale. Dopo i 40 anni d’età, in un soggetto ipermetrope, si avrà lo sviluppo della presbiopia (difficoltà a mettere a fuoco da vicino), quindi il soggetto presenterà ipermetropia e presbiopia.

Sintomi dell’ipermetropia

Le ipermetropie lievi possono non mostrare alcun sintomo e non richiedere, quindi, alcun tipo di correzione soprattutto nei giovani. Tuttavia, ci sono alcuni disturbi, soprattuto nei bambini, che possono essere indizi di un’ipermetropia da correggere, vediamo quali sono i più frequenti:

  • affaticamento oculare (occhi stanchi e pesanti);
  • dolore agli occhi e mal di testa;
  • bruciore agli occhi;
  • vista offuscata;
  • lacrimazione eccessiva;
  • fastidio alla luce.

Persone con un’ipermetropia elevata hanno difficoltà sia nella visione da lontano che da vicino e necessitano, quindi, di occhiali o lenti a contatto.

Ipermetropia nei bambini

Un basso grado di ipermetropia è considerato normale nei bambini piccoli (di solito si possono rilevare 2-3 diottrie alla nascita). Questo perché, nei bambini appena nati, il bulbo oculare presenta una dimensione più corta rispetto a quella normale e una conseguente anomalia nella messa a fuoco delle immagini, che avviene oltre la retina. Nei primi 3 anni di vita il bulbo oculare cresce e si allunga rapidamente, ciò porta a una progressiva riduzione dell’ipermetropia fino al raggiungimento dell’emmetropia, cioè l’assenza di vizi refrattivi.

Possiamo dunque dire che tutti nasciamo con un’ipermetropia “fisiologica”, che nella maggior parte dei casi si risolve naturalmente con la crescita. Nel caso in cui ciò non dovesse accadere o il bambino dovesse già nascere con valori di ipermetropia piuttosto elevati, il problema deve essere individuato il più precocemente possibile per non incorrere in problemi più “gravi”.

Infatti, una forte ipermetropia, se presente in un periodo critico dello sviluppo psicofisico del bambino, può comportare un rischio di ambliopia (occhio pigro) e una tendenza allo strabismo. Il bambino, non vedendo bene, non impara a fissare correttamente gli oggetti. Se uno dei due occhi vede meglio dell’altro, le immagini che arrivano al cervello dall’occhio peggiore possono venire “soppresse” (il cervello non ne tiene conto): quest’occhio può perdere la capacità di fissare un oggetto e, dunque, deviare (strabismo). Per evitare che si verifichi tutto ciò è assolutamente necessario l’utilizzo di lenti.

Correzione dell’Ipermetropia

Oltre che con occhiali e lenti a contatto la correzione dell’ipermetropia può avvenire con chirurgia refrattiva mediante laser ad eccimeri (lo stesso usato per la miopia) oppure può essere corretta durante l’intervento di cataratta.

Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
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Pagina pubblicata il 19 aprile 2007. Ultimo aggiornamento: 2 febbraio 2022.

Ultima revisione scientifica: 2 febbraio 2022