La retina è una sottile membrana che riveste la superficie interna dell’occhio. Si tratta di un fine tessuto nervoso sensibile alla luce (fotosensibile). In condizioni normali la retina resta nella sua sede naturale grazie alla pressione del corpo vitreo, un liquido gelatinoso che si trova all’interno dell’occhio e che esercita un effetto tampone, spingendo la retina stessa sulla parete interna del bulbo e proteggendola da eventuali traumi provenienti dall’esterno.
Se la retina presenta una rottura o un foro può, nei casi più gravi, arrivare a distaccarsi.
Come avviene il distacco della retina
Quando le retina si stacca, tende ad accartocciarsi in maniera simile a una carta da parati che si stacca da una parete. In tal caso la retina non è più in grado di offrire al cervello un’immagine adeguata e la visione diviene offuscata e ridotta. Il paziente vede comparire davanti a sé una sorta di tenda scura che piano piano coinvolge tutto il campo visivo.
Cosa provoca il distacco della retina
A seconda della patogenesi (cause) si possono identificare tre tipologie di distacco della retina:
Regmatogeno: avviene in occhi di soggetti che presentano degenerazioni retiniche periferiche (dette appunto regmatogene). Tali degenerazioni sono caratterizzate solitamente dalla presenza di piccoli fori o di zone di assottigliamento della retina periferica e costituiscono pertanto una sorta di punto “debole” del tessuto retinico. A livello di tali degenerazioni si possono sviluppare una o più rotture, che consentono il passaggio di liquido nello spazio sottoretinico dando così inizio al distacco.
Trazionale: è provocato dalla formazione di membrane fibro-vascolari all’interno dell’ occhio in grado di creare una trazione che solleva la retina. Le malattie che più frequentemente sono all’origine di questo tipo particolare di distacco retinico sono le vasculopatie proliferative (retinopatia diabetica proliferante, trombosi venosa retinica, ecc.).
Essudativo: il sollevamento della retina è determinato dall’accumulo di liquido sottoretinico, in assenza di lacerazioni o rotture della stessa. Il distacco essudativo può essere provocato dalle presenza d’infiammazione, lesioni vascolari o neoplastiche.
Altre cause di distacco della retina possono essere:
presenza di una miopia medio-elevata, cioè superiore alle tre diottrie. È, comunque, un evento abbastanza raro, si verifica all’incirca in una persona su diecimila;
La presenza di un cristallino artificiale (IOL) impiantato durante un intervento di cataratta, può creare dei rischi per la retina. Anche negli occhi afachici (che non hanno il cristallino per malformazione congenita o a seguito di chirurgia) il distacco retinico può presentarsi con una certa frequenza. Dopo l’estrazione del cristallino si verificano infatti, delle alterazioni vitreali capaci di modificare i normali rapporti vitreoretinici e favorire il sollevamento della retina;
distacco posteriore del vitreo. Il vitreo in condizioni di normalità, svolge un importante ruolo nel mantenimento dell’adesione retinica. Quando si verifica un distacco posteriore del vitreo, si possono produrre delle rotture dovute all’azione trattiva del gel vitreale sulla retina;
In presenza di gravi traumi, soprattutto di tipo contusivo, si assiste ad una contrazione e avulsione della base del vitreo, che essendo tenacemente adeso alla retina, può tirarla con sé provocandone il distacco.
Infine, secondo uno studio scientifico [1], il distacco potrebbe essere favorito, tra l’altro, dall’assunzione per via orale di una classe di antibiotici chiamati “fluorochinoloni”.
Molto rara invece, soprattutto nei giovani, l’evenienza di rotture retiniche spontanee con conseguente distacco.
Comunque, in caso siano presenti fattori di rischio per il distacco della retina (degenerazione vitreale con presenza di trazioni vitreo-retiniche forti, degenerazioni retiniche periferiche e/o assottigliamento della retina, miopia elevata, ecc.), è consigliabile eseguire visite oculistiche periodiche, evitare condizioni di forte stress, evitare di compiere sforzi fisici eccessivi che potrebbero sollecitare la retina e favorirne il distacco.
QUALI SONO I SINTOMI?
I principali sintomi che si possono presentare in caso di distacco della retina sono:
Miodesopsie: comparsa nel campo visivo di piccoli corpi mobili (punti neri, macchie scure). A volte si può avere anche la percezione di una sorta di ragnatela scura nella parte centrale della visione.
Fotopsie: comparsa di flash luminosi o lampi di luce nell’occhio colpito, percepiti soprattutto nella parte periferica del campo visivo.
Visione offuscata o distorta.
Rapido peggioramento del visus con la comparsa di un’ ombra o una “tenda” nera che ostacola la visione sia centrale che periferica.
Non è mai presente dolore. Se ci si accorge di un brusco calo di vista, bisogna recarsi immediatamente a un pronto soccorso oculistico. Un trattamento immediato può, infatti, ridurre al minimo i danni.
Come si cura il distacco della retina
Se il problema viene diagnosticato in fase precoce spesso come cura per il distacco della retina è sufficiente effettuare un trattamento argon laser fotocoagulativo intorno alle degenerazioni retiniche.
Come si Opera il distacco della retina
Nei casi più gravi è necessario un intervento chirurgico, che si può eseguire fondamentalmente secondo due approcci: ab-externo, ossia tramite chirurgia episclerale (senza entrare all’interno dell’occhio), oppure ab-interno con la vitrectomia.
Nel primo caso si esegue un intervento di cerchiaggio che consiste nell’ applicare una banda di silicone intorno al bulbo, allo scopo di riavvicinare la parete alla retina distaccata, riparare eventuali rotture e neutralizzare le trazioni vitreali.
Nel secondo caso (vitrectomia), si esegue la rimozione del gel vitreale dall’interno dell’occhio, sostituendolo con un mezzo tamponante (aria, gas o olio di silicone), che spinge la retina a riattaccarsi, favorendo il suo processo di guarigione. Il gas si riassorbe spontaneamente nel giro di 2-6 settimane, mentre l’olio di silicone deve essere rimosso con un secondo intervento chirurgico a distanza di 3-6 mesi. Di solito l’operazione per distacco di retina viene fatta in anestesia locale, in casi particolari può essere necessario ricorrere a quella generale.
Nell’ 80-90% dei casi è sufficiente una sola operazione, qualora dovesse verificarsi una recidiva del distacco, sarebbe necessario ricorrere ad un secondo intervento.
Nel post-operatorio non si prova dolore eccessivo, ma l’occhio può risultare infiammato, la pressione oculare alterata e, quindi, sarà necessario seguire in maniera scrupolosa la terapia prescritta dall’oculista e fare le visite di controllo programmate. Dopo la chirurgia, nella gran maggioranza dei casi si ottiene un riaccollamento della retina ai piani sottostanti. I tempi di recupero post intervento per distacco di retina dipendono dall’entità del distacco stesso e dalla sua durata. Nei casi in cui il distacco abbia coinvolto la regione maculare (l’area della visione centrale) il recupero visivo sarà incompleto. Può comunque, anche in questo caso, rimanere un certo grado di visione periferica.Tanto maggiore è la durata del distacco, tanto minore è la possibilità di recupero della vista. Persone che non si sottopongono all’intervento (o se quest’ultimo risulta inefficace) possono riportare un deficit visivo grave e permanente.
Il paziente deve ricordarsi che, anche a guarigione avvenuta, l’occhio va periodicamente controllato dall’oculista; nei mesi e negli anni successivi all’intervento deve quindi sottoporsi ad alcuni periodici controlli che verranno progressivamente diradati.
COME SI PUÒ FARE PREVENZIONE?
Se l’oculista riscontra alterazioni a livello della periferia retinica il distacco può essere prevenuto effettuando un trattamento argon laser. Inoltre è importante sapere se in famiglia ci sono stati precedenti casi di distacco di retina: potrebbe esserci una predisposizione genetica. Se si è già avuto un distacco in un occhio, il rischio che si verifichi anche nell’altro è leggermente maggiore rispetto alla media. Dunque saranno necessari controlli oculistici più frequenti.
[1] “Oral Fluoroquinolones and the Risk of Retinal Detachment“, Mahyar Etminan, Farzin Forooghian, James M. Brophy, Steven T. Bird, David Maberley, JAMA, 2012;307(13):1414-1419, doi:10.1001/jama.2012.383
Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
Pagina pubblicata il 27 novembre 2012. Ultimo aggiornamento: 14 febbraio 2022.
Ultima revisione scientifica: 14 febbraio 2022.
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Il cheratocono è una malattia degli occhi a carattere degenerativo, non su base infiammatoria, che interessa la cornea (tessuto trasparente che riveste la superficie anteriore dell’occhio e che permette ai raggi luminosi di penetrare all’interno del bulbo facendoli convergere sulla retina). A causa di questo processo degenerativo, la cornea, si assottiglia e si deforma, assumendo una caratteristica forma conica. Di profilo la superficie oculare diventa, quindi, più sporgente. Questi cambiamenti nella forma della cornea provocano progressivi cambiamenti dello stato refrattivo dell’occhio, che generalmente portano alla comparsa di un astigmatismo irregolare, miopia e successivo graduale peggioramento dell’ acuità visiva.
Le cause del cheratocono non sono note con certezza. Tuttavia, ci potrebbe essere una predisposizione genetica. Inoltre ci sono possibili legami con patologie generali dell’organismo (sistemiche), come la sindrome di Down, alcune malattie del collagene, l’atopia. Infine, possono essere considerati fattori di rischio, alcune malattie oculari come la retinite pigmentosa, la retinopatia del prematuro, le cheratocongiuntiviti primaverili, piccoli traumi oculari ripetuti nel tempo e problemi al nervo trigemino.
Il cheratocono nella maggior parte dei casi è bilaterale (coinvolge entrambi gli occhi) e sembrerebbe colpire principalmente i soggetti di sesso femminile. La malattia è caratterizzata da un’insorgenza lenta e progressiva, che si manifesta generalmente nella seconda terza decade di vita. Spesso la malattia trova un assestamento intorno ai 40-50 anni; viceversa, in alcuni casi, lo “sfiancamento “ della cornea può essere talmente precoce e rapido da richiedere un trattamento chirurgico anche prima delle terza decade.
Nel cheratocono la cornea si indebolisce e, quindi, inizia a cedere (nei casi più gravi si arriva alla perforazione). Lo strato oculare esterno e trasparente, che si trova in corrispondenza dell’iride, si assottiglia a causa di un processo degenerativo delle fibre collagene. Semplificando si può dire che la cornea in un punto perde la capacità di resistenza meccanica e, a causa della pressione interna dell’occhio, avviene lo sfiancamento (in particolare nella zona centrale o paracentrale).
Come vede chi È AFFETTO DA CHERATOCONO?
In presenza di un cheratocono in fase iniziale, il paziente può riferire la comparsa di una visione sfocata, soprattutto da lontano, con aumento delle sensibilità alla luce e percezione delle immagini distorte. In un secondo momento la vista può continuare a regredire irreversibilmente, da cui la conseguente necessità di modificare spesso la gradazione degli occhiali. Di solito, negli stadi iniziali, miopia e astigmatismo sono in effetti ben correggibili con occhiali, negli stadi intermedi con lenti a contatto. In caso di cheratocono più “grave”, le lenti a contatto possono non essere più ben tollerate dal paziente o non sufficienti a correggere il difetto visivo.
Il timore più grande di molti pazienti è quello che il cheratocono possa condurre alla cecità, ma fortunatamente di norma non è così. È possibile infatti, come accennato in precedenza, ottenere una buona correzione del visus con occhiali o lac in un primo momento, o eventualmente ricorrere alla chirurgia nei casi più gravi. In tal modo, il paziente potrà avere un visus soddisfacente e una buona qualità di vita. Ad ogni modo, bisogna sempre prendere in considerazione la possibilità che in alcuni casi, a seguito di complicanze post chirurgia, si possano sviluppare danni gravi e irreversibili capaci di incidere fortemente sulla capacità visiva.
I SINTOMI del cheratocono
Abbiamo già anticipato quali possono essere i sintomi iniziali del cheratocono, andiamo adesso ad elencarli in maniera più completa. I sintomi del cheratocono possono comprendere:
visione distorta;
fastidio alla luce (fotofobia);
bruciore agli occhi (irritazione oculare);
occhi rossi;
mal di testa;
vista offuscata;
visione doppia
visione notturna ridotta.
Il cheratocono normalmente non dà dolore a meno che non avvenga un rapido sfiancamento della cornea e una sua perforazione. Spesso il cheratocono è associato a una congiuntivite allergica.
Come si cura il cheratocono
Le prime cure per il cheratocono consistono nell’ eliminare o correggere al meglio il difetto visivo causato dalla curvatura della cornea: questo è inizialmente possibile con occhiali ma, col progredire della patologia, solo le lenti a contatto possono dare il risultato sperato. In questo caso la lente a contatto non ha solo uno scopo refrattivo, ma contiene meccanicamente la protrusione corneale, rendendo più regolare la forma della cornea stessa. Fondamentali sono i controlli oculistici periodici (solitamente annuali).
In casi selezionati si potrà ricorrere all’impianto di anelli intrastromali, al cross-linking corneale o al trapianto di cornea (è un atto dovuto se si è verificata una perforazione corneale).
Gli anelli intrastromali, sono piccoli dispositivi semicircolari che vengono posizionati nella parte periferica della cornea, per aiutare a ripristinare la normale forma della superficie anteriore dell’occhio. L’applicazione degli anelli corneali rallenta la progressione del cheratocono e migliora l’acuità visiva, agendo anche sulla miopia. Questa procedura ha il vantaggio di essere reversibile, è però applicabile solo nei casi meno gravi di cheratocono, quando forma e trasparenza della cornea non sono state compromesse.
Se il cheratocono continua a progredire anche dopo l’inserimento di questi anelli, si può valutare di intervenire con un trapianto di cornea.
Il cross-linking è una metodica che ha come risultato finale quello di rendere la cornea più rigida ed evitare, quindi, lo sfiancamento. Questo avviene tramite la creazione di nuovi legami tra le fibre collagene stromali. Il trattamento è minimamente invasivo: si fa reagire una sostanza fotosensibile (la riboflavina ovvero la vitamina B2) – che viene somministrata in forma di collirio – con i raggi ultravioletti. Questa tecnica lega meglio tra loro le fibre collagene, rinforzando la struttura corneale. In questo modo si può bloccare o almeno limitare per un periodo più o meno lungo la deformazione patologica della cornea.
Rimedi naturali per il cheratocono possono essere:
seguire una dieta sana ed equilibrata;
tenere sotto controllo le allergie, seguendo cure appropriate prescritte dall’oculista in caso di congiuntivite allergica;
evitare gli strofinare gli occhi, in modo da non provocare microtraumi sulla cornea che potrebbero andare ad aggravare il cheratocono;
indossare le lenti a contatto prescritte dallo specialista, seguendo accurate norme igieniche per l’utilizzo e la conservazione delle stesse;
fare visite di controllo periodiche, seguendo le scadenze fissate dal proprio oculista.
Cheratocono: quando operare
Quando il cheratocono è in fase avanzata, e non sono più disponibili altre opzioni terapeutiche per il paziente, l’unica possibilità di trattamento consiste nel trapianto di cornea (cheratoplastica), che può essere a tutto spessore (cheratoplastica perforante), o superficiale (cheratoplastica lamellare). Il tipo di chirurgia da eseguire e le tempistiche giuste per il trapianto, devono essere sempre stabilite dall’oculista.
Il trapianto di cornea perforante è un intervento agli occhi piuttosto delicato e consiste nella rimozione, completa ed a tutto spessore, della parte centrale della cornea del paziente e nella sua sostituzione con una cornea proveniente da un donatore. Ovviamente come tutti gli interventi chirurgici non è esente da rischi. In una piccola percentuale di casi è possibile che dopo cheratoplastica perforante si verifichi un fenomeno di rigetto del lembo trapiantato. Il rigetto è legato al fatto che gli anticorpi del paziente riconoscono la cornea del donatore come un tessuto estraneo al proprio organismo, e la aggrediscono. Il rigetto della cornea trapiantata si può presentare nei primi giorni dopo il trapianto, oppure anche dopo svariati mesi o anni (molto più raramente).
La cheratoplastica lamellare si esegue invece, attraverso una rimozione non a tutto spessore della cornea del paziente. In pratica si effettua una separazione degli strati più superficiali (esterni) della cornea, che vengono asportati e sostituti con lembo del donatore, mentre gli strati più interni corneali vengono lasciati al loro posto. Con questa metodica, quando ci sono le indicazioni per poterla eseguire, si riduce notevolmente il rischio di rigetto.
COME SI DIAGNOSTICA il cheratocono
La diagnosi del cheratocono avviene durante la visita oculistica, attraverso l’uso dell’oftalmometro, strumento in grado di valutare la curvatura corneale. È bene ricordare che rilevare con l’oftalmometria un certo grado di astigmatismo non implica per forza che il paziente sia affetto da cheratocono. La diagnosi potrà essere più precisa attraverso l’utilizzo di altri esami strumentali, quali:
topografia corneale : è un esame che permette di misurare con estrema precisione la curvatura della superficie della cornea in ogni suo punto. Il risultato dell’esame è una mappatura colorata. Ad ogni colore corrisponde un raggio di curvatura: i colori freddi (tendenti al blu) indicano i punti di cornea più piatti, mentre quelli caldi (che tendono al rosso) indicano curvature maggiori;
tomografia corneale: misura la curvatura della cornea andando a rilevare l’elevazione della sua superficie anteriore e posteriore, il suo spessore, la profondità della camera anteriore (spazio che si trova tra cornea e iride) e l’angolo irido-corneale (struttura che consente il drenaggio dei liquidi nell’occhio);
pachimetria corneale: esame che serve per misurare lo spessore della cornea.
Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
Pagina pubblicata il 27 novembre 2012. Ultimo aggiornamento: 7 febbraio 2022.
Ultima revisione scientifica: 7 febbraio 2022.
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L’ipermetropia è un difetto di vista (ametropia) che spesso non dà sintomi. Tuttavia è un disturbo che può essere facilmente individuato grazie a una visita oculistica. L’ipermetropia è, per così dire, un vizio refrattivo opposto alla miopia. Nell’occhio ipermetrope, infatti, i raggi luminosi provenienti dall’infinito vengono focalizzati al di là della retina (oltre il piano retinico). Questo è dovuto principalmente alla presenza di un bulbo oculare “corto” (ipermetropia assiale), anche se altre particolari condizioni possono esserne causa.
Come si presenta?
L’occhio ipermetrope può correggere naturalmente, entro certi limiti, il difetto tramite la capacità di messa a fuoco (accomodazione), riportando l’immagine sulla regione centrale della retina. Questa compensazione è limitata e può avvenire solo per ipermetropie medio-basse e dipende dal grado di accomodazione disponibile: è massimo in giovane età ma diminuisce con gli anni.
Questo spiega perché un certo grado di ipermetropia da giovani viene compensato tranquillamente; ma con l’avanzare dell’età necessita di correzione con lenti sempre più forti, fino alla correzione totale del difetto. Molti soggetti apparentemente privi di difetti visivi (emmetropi) sono, in realtà, ipermetropi lievi.
Come si misura?
L’ipermetropia si misura in diottrie: più forte è il difetto, maggiori sono le diottrie necessarie alla sua correzione. In particolare, per correggere l’ipermetropia, l’oculista prescrive delle lenti con “potere positivo”. Tali lenti sono convesse, presentano uno spessore maggiore nella parte centrale e sono più sottili nella parte periferica; sono chiamate anche convergenti perché aumentano la convergenza dei raggi di luce incidenti in un unico punto detto fuoco. Spesso si può riscontrare la presenza contemporanea di ipermetropia e astigmatismo: anche in questo caso, è opportuna la prescrizione di apposita correzione da parte dello specialista, che consenta al soggetto di vedere bene ed avere un comfort visivo ottimale. Dopo i 40 anni d’età, in un soggetto ipermetrope, si avrà lo sviluppo della presbiopia (difficoltà a mettere a fuoco da vicino), quindi il soggetto presenterà ipermetropia e presbiopia.
Sintomi dell’ipermetropia
Le ipermetropie lievi possono non mostrare alcun sintomo e non richiedere, quindi, alcun tipo di correzione soprattutto nei giovani. Tuttavia, ci sono alcuni disturbi, soprattuto nei bambini, che possono essere indizi di un’ipermetropia da correggere, vediamo quali sono i più frequenti:
affaticamento oculare (occhi stanchi e pesanti);
dolore agli occhi e mal di testa;
bruciore agli occhi;
vista offuscata;
lacrimazione eccessiva;
fastidio alla luce.
Persone con un’ipermetropia elevata hanno difficoltà sia nella visione da lontano che da vicino e necessitano, quindi, di occhiali o lenti a contatto.
Ipermetropia nei bambini
Un basso grado di ipermetropia è considerato normale nei bambini piccoli (di solito si possono rilevare 2-3 diottrie alla nascita). Questo perché, nei bambini appena nati, il bulbo oculare presenta una dimensione più corta rispetto a quella normale e una conseguente anomalia nella messa a fuoco delle immagini, che avviene oltre la retina. Nei primi 3 anni di vita il bulbo oculare cresce e si allunga rapidamente, ciò porta a una progressiva riduzione dell’ipermetropia fino al raggiungimento dell’emmetropia, cioè l’assenza di vizi refrattivi.
Possiamo dunque dire che tutti nasciamo con un’ipermetropia “fisiologica”, che nella maggior parte dei casi si risolve naturalmente con la crescita. Nel caso in cui ciò non dovesse accadere o il bambino dovesse già nascere con valori di ipermetropia piuttosto elevati, il problema deve essere individuato il più precocemente possibile per non incorrere in problemi più “gravi”.
Infatti, una forte ipermetropia, se presente in un periodo critico dello sviluppo psicofisico del bambino, può comportare un rischio di ambliopia (occhio pigro) e una tendenza allo strabismo. Il bambino, non vedendo bene, non impara a fissare correttamente gli oggetti. Se uno dei due occhi vede meglio dell’altro, le immagini che arrivano al cervello dall’occhio peggiore possono venire “soppresse” (il cervello non ne tiene conto): quest’occhio può perdere la capacità di fissare un oggetto e, dunque, deviare (strabismo). Per evitare che si verifichi tutto ciò è assolutamente necessario l’utilizzo di lenti.
Correzione dell’Ipermetropia
Oltre che con occhiali e lenti a contatto la correzione dell’ipermetropia può avvenire con chirurgia refrattiva mediante laser ad eccimeri (lo stesso usato per la miopia) oppure può essere corretta durante l’intervento di cataratta.
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Pagina pubblicata il 19 aprile 2007. Ultimo aggiornamento: 2 febbraio 2022.
La miopia è un difetto visivo a causa del quale si vede sfocato da lontano (la visione da vicino può essere buona). Nel linguaggio medico è considerata un “vizio di refrazione” (o rifrazione). Il termine “miopia” deriva dal termine greco “myo”, che significa “chiudere”, per indicare l’abitudine tipica dei miopi di strizzare gli occhi per vedere meglio da lontano.
Nell’occhio normale (emmetrope) i raggi luminosi che provengono dagli oggetti distanti vengono messi a fuoco esattamente sulla retina. Nell’occhio miope, invece, questi stessi raggi cadono davanti alla retina e poi divergono: sulla superficie retinica si forma un’immagine sfocata.
Quanto maggiore è il difetto visivo, tanto minore è la distanza alla quale si vede bene. Il difetto si misura in diottrie (che nel gergo comune vengono anche chiamate “gradi”). Il potere di 1 diottria è quello necessario per riuscire a mettere a fuoco un oggetto posto alla distanza di un metro. Nella prescrizione degli occhiali, la miopia si indica con un numero preceduto da un segno negativo (ad esempio possiamo avere : -1.75 sf , che sta a significare che il soggetto ha una miopia di quasi 2 diottrie). Molti pazienti, quando iniziano a diventare miopi, chiedono al proprio oculista a quanti “gradi massimi di miopia” (intendendo a quante diottrie al massimo) possono arrivare. Si tratta di una risposta complicata da dare, perché in ogni soggetto, il vizio refrattivo può evolvere in maniera diversa (come vedremo di seguito).
Quali tipi di miopia esistono?
La miopia si può distinguere, sulla base dell’entità del difetto, in lieve (fino a 3 diottrie), media (da 3 a 6 diottrie), elevata (oltre le 6 diottrie).
Si tratta di un difetto della vista frequentissimo nel mondo e in Italia ne è affetto indicativamente il 25% della popolazione (vale a dire circa 15 milioni di persone). In generale in Occidente si ritiene che abbia una prevalenza indicativa del 30%. In Asia, invece, si riscontrano percentuali fino all’80-90% [1].
In genere la miopia insorge in età scolare, aumenta nel periodo dello sviluppo e tende a stabilizzarsi intorno ai 20-25 anni, aumentando solo lievemente dopo quell’età (se non sono presenti particolari patologie che la fanno peggiorare rapidamente).
In una piccola percentuale di casi si presenta nella forma degenerativa della retina, che può determinare gravi conseguenze per la vista: insorge già nei bambini piccoli (tipicamente a 2-3 anni d’età) e progredisce col passare degli anni arrivando anche a valori molto elevati (ad esempio a 30 diottrie), poiché il bulbo oculare continua ad allungarsi in modo patologico, arrivando a compromettere l’integrità di tutte le strutture anatomiche.
A cosa è dovuta la miopia?
Le ragioni principali della miopia sono tre:
bulbo oculare più lungo del normale: è la causa più comune;
curvatura della cornea o del cristallino maggiore della norma;
eccessivo potere refrattivo del cristallino (la lente all’interno dell’occhio è troppo “potente”).
Miopia e astigmatismo sono in molto casi associati (il soggetto è quindi sia miope che astigmatico), oppure, dopo i 40 anni, oltre alla miopia compare anche la presbiopia (il soggetto è miope e presbite).
Quali cause sono all’origine della miopia?
Possiamo parlare di miopia genetica, ma può essere correlata anche allo stile di vita. Uno studio pubblicato nel 2018 su Nature Genetics [2] ha individuato 161 geni “responsabili” di questo vizio refrattivo.
Tuttavia negli ultimi anni, grazie allo studio di grandi basi dati, si è scoperta anche una correlazione più stretta tra miopia e stile di vita [3]. Infatti i bambini che trascorrono troppo tempo in ambienti chiusi svolgendo attività da vicino (ad esempio leggere alla luce artificiale) correrebbero più rischi di svilupparla e di avere una sua progressione più rapida. Tanto che alcuni Paesi asiatici hanno adottato programmi nelle scuole per favorire attività alla luce naturale e all’aria aperta: guardando da lontano l’occhio si riposa.
Quali sono i sintomi della miopia?
Il sintomo caratteristico del miope è la vista offuscata, oltre a tale disturbo il soggetto può riferire anche:
affaticamento oculare (occhi stanchi/senso di pesantezza agli occhi);
bruciore agli occhi;
occhi pesanti associati a mal di testa;
necessità di strizzare gli occhi per vedere in maniera più nitida;
difficoltà a vedere bene in condizioni di scarsa illuminazione.
Come si corregge?
Tradizionalmente la miopia si corregge con l’utilizzo di lenti (occhiali o lenti a contatto). Gli occhiali sono il mezzo più diffuso e di facile uso, ma possono non essere l’ideale se il difetto è elevato. L’immagine risultante percepita dal soggetto miope è, infatti, rimpicciolita con tanto più la lente è forte (ovvero ha un alto “potere diottrico”), che inevitabilmente causa delle distorsioni nella zona paracentrale e periferica del campo visivo. Quindi un oculista potrà valutare l’opportunità di prescrivere l’impiego di lenti a contatto, tenendo conto della salute oculare complessiva del miope e della presenza di una buona lacrimazione.
La miopia si può prevenire?
Stando agli studi più recenti si può prevenire in una misura contenuta (secondo l’oculistica tradizionale, invece, non era affatto prevenibile) [4]. Bisogna, in ogni caso, sempre fare ricorso alla giusta correzione sin da quando si presenta il vizio: usare le lenti giuste è fondamentale per rallentarne l’evoluzione.
Inoltre, per quanto riguarda l’importanza di uno stile di vita sano, secondo ricerche condotte in Australia [5], i bambini che trascorrono molto tempo all’aria aperta e al sole tendono a sviluppare più difficilmente miopia.
Secondo uno studio pubblicato nel 2011 dall’Università di Cambridge (Regno Unito) [6] per i bambini il rischio di avere la miopia si riduce del 2% per ogni ora in più trascorsa all’aperto ogni settimana.
Che la vita “artificiale” sia associata a una maggiore probabilità di essere miopi è stato confermato anche da una ricerca pubblicata a maggio 2012: nelle grandi città del Sud-Est asiatico i bambini sono affetti dal vizio refrattivo in misura compresa tra l’80 e il 90% [7].
Inoltre, una prolungata deprivazione visiva (privazione della luce) provoca miopia in seguito ad allungamento del bulbo oculare, fenomeno presumibilmente correlato all’aumento dei livelli di cortisolo nel plasma sanguigno.
Va detto, comunque, che esiste anche una componente non legata allo stile di vita, ma ereditaria: se uno o entrambi i genitori sono miopi è più probabile che lo siano anche i figli.
La qualità dell’immagine migliora con l’applicazione di lenti a contatto, che sono ad esempio molto utili durante l’attività sportiva. È importante, però, ricordare che necessitano di una serie di accorgimenti di pulizia e manutenzione. [8]
In ogni caso si può decidere di ricorrere, d’intesa con l’oculista, alla chirurgia refrattiva. Tali interventi, tuttavia, non garantiscono in modo certo l’“eliminazione” completa del vizio refrattivo, soprattutto nel medio e nel lungo periodo.
Miopia nei bambini
La miopia è un vizio refrattivo piuttosto comune nei bambini, per cui risulta fondamentale sottoporli a visita oculistica fin da quando sono piccoli. In alcuni casi, ad esempio, è possibile riscontrare una miopia nei bambini di tre anni, e siccome il vizio refrattivo tende a peggiorare con la crescita, va individuato e corretto il prima possibile per favorire un normale sviluppo visivo del bambino (evitando quindi l’ ambliopia) e per mettere a suo agio il piccolo nello svolgimento delle sue attività quotidiane. Quando un bambino viene sottoposto a visita è molto importante per l’oculista raccogliere correttamente l’anamnesi. Occorre chiedere ai genitori se hanno notato atteggiamenti strani del bambino, come ad esempio la tendenza ad avvicinarsi molto alla televisione, oppure l’abitudine a strizzare gli occhi per guardare da lontano. Occorre valutare, inoltre, se anche i genitori sono miopi, fattore che potrebbe aumentare la possibilità che il bimbo abbia a sua volta sviluppato la miopia. Una volta misurata la vista e individuata l’eventuale presenza di miopia, l’oculista prescrive una correzione della miopia adeguata per il bambino, in modo che non risulti né ipocorretta né sovracorretta. La miopia può regredire? Generalmente la miopia non tende a regredire, ma anzi aumenta con la crescita e quindi con l’allungamento del bulbo oculare. Col passare degli anni, il bambino che in primo momento ha corretto la miopia con gli occhiali, potrà optare per l’utilizzo delle lenti a contatto o per l’eliminazione del vizio refrattivo tramite laser (da eseguire quando la miopia risulti stabilizzata da qualche tempo).
Come funziona la correzione col laser?
Le tecniche laser forniscono risultati molto buoni nei difetti lievi e medi, ma meno nei difetti elevati. Il laser agisce modificando la curvatura della superficie oculare e, di conseguenza, il potere refrattivo della cornea stessa (capacità d’ingrandimento), permettendo la focalizzazione dell’immagine sul piano retinico (immagine a fuoco). Il laser ad eccimeri può essere utilizzato in due modi: sulla superficie anteriore della cornea e, in tal caso la procedura, si chiama PRK (“fotoablazione corneale di superficie”); oppure su un suo strato più profondo (dopo aver eseguito una microscopica incisione semicircolare che consente di sollevare un sottile strato di tessuto chiamato lembo) e, in tal caso, la procedura si chiama LASIK o “cheratomileusi con laser ad eccimeri”. L’indicazione e la scelta del tipo di intervento vengono valutati dal chirurgo sulla base di variabili quali il tipo e grado di miopia, lo spessore corneale e le esigenze della persona miope. Tuttavia va detto che la correzione laser non cancella eventuali rischi per la salute oculare associati a una miopia elevata (ad esempio l’assottigliamento retinico).
Si può impiantare una lente correttiva dentro l’occhio?
Sì, la correzione della miopia mediante chirurgia è possibile: in alcuni casi si decide di impiantare all’interno dell’occhio una lente artificiale. La lente può essere aggiunta al cristallino naturale (IOL fachica) nella camera anteriore (davanti all’iride) o nella camera posteriore (davanti al cristallino), oppure può essere impiantata direttamente al posto del cristallino.
Le tecniche con cristallino artificiale sono, quindi, più invasive ed espongono l’occhio a qualche rischio supplementare (gli stessi degli altri interventi intraoculari come, ad esempio, quello di cataratta); consentono però di correggere le miopie più elevate (nelle quali le procedure laser non sono attuabili) e forniscono, a parità di miopia trattata, una qualità visiva migliore.
Com’è preferibile correggere la miopia?
Soprattutto nei bambini è preferibile la correzione con occhiali. Inoltre, sono fondamentali alcuni accorgimenti nello scegliere il modello: il margine superiore della montatura deve arrivare al sopracciglio per evitare che il bambino, quando rivolge lo sguardo verso l’alto, veda fuori dalla lente; le lenti devono essere infrangibili e la correzione del difetto deve essere totale. Inoltre, gli occhiali vanno portati praticamente sempre (è importante che al cervello arrivino immagini nitide, in modo da evitare un possibile peggioramento del difetto).
Nei bambini e negli adolescenti fino a 14-16 anni non sono generalmente indicate le lenti a contatto sia per problemi di gestione, manutenzione e pulizia, sia perché nell’età infantile si ha un maggiore rischio di sensibilizzazione al materiale delle lenti a contatto (a causa della minor tollerabilità da parte del sistema immunitario nei suoi confronti). Bisogna, comunque, sempre rispettare le buone norme nell’utilizzo delle lenti a contatto qualora se ne facesse uso.
L’aumento della miopia nel mondo
Secondo una ricerca condotta negli Usa si è riscontrato un aumento consistente del numero di miopi tra il periodo 1999/2004 e i primi anni ’70 (+66,4%). Dunque, uno stile di vita troppo artificiale sembra avere, anche in questo caso, un ruolo rilevante riguardo al vizio refrattivo [9].
Più in generale – secondo un altro studio pubblicato nel 2016 generale – è miope il 28,3% della popolazione mondiale (dato riferito al 2010) e il trend è in ascesa: se nel 2020 si prevede che lo sarà oltre un terzo degli abitanti delle Terra (33,7%), per il 2050 si stima che sarà miope circa la metà della popolazione mondiale (40% miopia lieve-moderata +9,8% miopia elevata) [10].
Quanti geni contribuiscono a causarla?
Il numero dei geni che, in vario modo, contribuisce alla miopia continua a crescere perché se ne scoprono sempre di nuovi. Infatti le ricerche genetiche diventano sempre più raffinate e, con gli anni, il ruolo del DNA è divenuto più chiaro.
Come abbiamo visto, nello studio pubblicato su Nature Genetics (2018) [11] si sostiene che siano 161 i geni coinvolti in varia misura nel difetto rifrattivo, riguardando però aspetti anche molto diversi della fisiologia e della morfologia oculare. Ovviamente dobbiamo anche tenere conto del fatto che esiste un aspetto epigenetico, per cui i geni si possono attivare o non attivare, senza dimenticare che c’è un’intricata rete di relazioni tra i fattori genetici stessi che spesso non è facile da determinare con precisione.
MIOPIA nei bambini E covid-19
È facile intuire che le abitudini di vita di adulti e bambini siano state completamente stravolte dall’inizio della pandemia da Covid-19. Questa situazione ha avuto gravi ripercussioni sulla salute fisica e psicologica di molte persone che si sono trovate ad affrontare lunghi periodi di lockdown con tutte le problematiche del caso (impossibilità di eseguire un intervento chirurgico già programmato da tempo, lunghe liste d’attesa per le visite ambulatoriali, ritardi per le terapie in ambito oncologico, ecc.). Anche per quanto riguarda la vista, attraverso diversi studi, è stato evidenziato un dato molto importante: l’aumento dell’incidenza della miopia o un peggioramento della stessa, nei bambini con età compresa tra i 6 e i 13 anni (*).
Durante la pandemia è fortemente aumentato il tempo che i bambini hanno dovuto trascorrere al chiuso e di conseguenza le ore di studio davanti allo schermo per svolgere le attività di didattica a distanza. Nei bambini sottoposti allo screening, l’orario di esposizione ai device tecnologici, variava da una a tre ore al giorno, tralasciando il tempo trascorso per fare i compiti, con tempo passato all’aperto spesso ridotto a zero. È noto che una minore attività all’aperto e quindi una scarsa esposizione degli occhi alla luce solare, peggiori la miopia e spesso la faccia insorgere; ecco così spiegata la correlazione tra covid-19 e miopia.
È stato dimostrato da studi passati e confermati da dati recenti (**), che facendo in modo che un bambino trascorra almeno un paio d’ore al giorno all’aria aperta, si riesce a diminuire la possibilità di sviluppare la miopia.
Secondo alcuni ricercatori (***) la riduzione delle attività all’aria aperta e il progressivo aumento del tempo trascorso in casa davanti a schermi televisivi, pc, tablet e smartphone sono i fattori che più hanno inciso sull’incidenza della miopia tra i bambini. Inoltre, rispetto ai bambini più grandi, in quelli più piccoli (6-8 anni) la rifrazione ottica risulta maggiormente sensibile ai cambiamenti ambientali, considerata anche l’importanza che questo periodo riveste nello sviluppo del sistema visivo e nell’eventuale manifestazione di questo difetto.
Esistono numerosi possibili meccanismi che sembrerebbero giustificare l’effetto protettivo del tempo trascorso all’aria aperta sulla vista e in particolare sullo sviluppo della miopia:
La luce solare aumenta il rilascio di dopamina a livello retinico, mentre gli ambienti chiusi la inibiscono. La dopamina è un neurotrasmettitore che svolge un ruolo importante nella crescita del tessuto retinico e nel corretto sviluppo della funzione visiva. Rende inoltre meno elastica la sclera contrastando l’allungamento del bulbo oculare e quindi l’insorgenza/progressione della miopia.
L’intensità luminosa, maggiore negli ambienti all’aperto, induce miosi pupillare, quindi un aumento della profondità di campo e una maggiore nitidezza visiva.
Stando all’aperto c’è una richiesta accomodativa inferiore perché si utilizza maggiormente la visione da lontano.
Per cercare di far fronte alle problematiche esposte è perciò importante:
avere una piena consapevolezza sugli effetti dell’utilizzo prolungato dei dispositivi;
considerare i benefici per la salute delle attività all’aperto e di uno stile di vita attivo;
limitare il tempo di gioco davanti allo schermo e fare in modo che le ore trascorse sui dispositivi digitali siano impiegate maggiormente per lo studio.
[5] La ricerca è stata condotta su oltre quattromila bambini ed è stata pubblicata sulla rivista Ophthalmology (“Outdoor activity reduces the prevalence of myopia in children“ by Rose KA, Morgan IG, Ip J, Kifley A, Huynh S, Smith W, Mitchell P, 2008 Aug;115(8):1279-85. Epub 2008 Feb 21): ha coinvolto 1.765 piccoli di sei anni e 2.367 dodicenni. Gli oculisti dell’Università di Sidney si sono resi conto che ciò che conta è la maggior quantità di luce a cui si è esposti quando si sta all’aria aperta: più essa è intensa e maggiore è la profondità di campo e, dunque, la visione è più definita. Inoltre, l’aspetto più interessante è che la retina viene stimolata a rilasciare la dopamina, un neurotrasmettitore che sembra inibire o rallentare l’allungamento del bulbo oculare tipico dei miopi, a causa del quale il fuoco cade troppo avanti rispetto alla superficie retinica.
I ricercatori australiani hanno osservato questo fenomeno nei dodicenni.
[8] vedi Dodecalogo per il corretto uso delle lenti a contatto. Se non si presta grande attenzione all’igiene possono infatti comparire problemi oculari acuti, quali le infezioni (potenzialmente dannose come le cheratiti) oppure cronici, determinati dalla minore ossigenazione della cornea; la superficie esterna e trasparente dell’occhio e dal maggiore stress a carico dell’apparato lacrimale.
[9] Secondo un articolo pubblicato su Archives of Ophthalmology (“Increased Prevalence of Myopia in the United States Between 1971-1972 and 1999-2004“, by Susan Vitale; Robert D. Sperduto; Frederick L. Ferris III, Arch Ophthalmol. 2009;127(12):1632-1639), l’incidenza della miopia tra le persone di età compresa tra i 12 e i 54 anni è significativamente superiore rispetto ai primi anni ’70. Se per rimediare al difetto visivo si ricorre a occhiali, lenti a contatto o all’intervento laser, secondo gli autori “identificare i fattori di rischio modificabili per la miopia potrebbe portare allo sviluppo di strategie d’intervento efficaci a livello di costi”. Insomma, si vuole stabilire se questo vizio refrattivo (che si affianca all’ipermetropia e all’astigmatismo) sia in qualche modo prevenibile. Questo studio, effettuato da ricercatori del National Eye Institute e dei National Institutes of Health, è stato condotto su 4.436 partecipanti nel biennio 1971-2 e su 8.339 persone dal 1999 al 2004. Ovviamente, il calcolo dell’incidenza della miopia negli Usa è basato su proiezioni (vedi comunicato dell’American Academy of Ophthalmology)
[11] Tedja MS et al., “Genome-wide association meta-analysis highlights light-induced signaling as a driver for refractive error”, Nat. Genet. 2018 Jun;50(6):834-848. doi: 10.1038/s41588-018-0127-7. Epub 2018 May 28
Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
Pagina pubblicata il 14 febbraio 2013. Ultimo aggiornamento: 24 gennaio 2022.
Ultima revisione scientifica: 24 gennaio 2022.
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Chirurgia refrattiva: come correggere miopia, astigmatismo, ipermetropia e presbiopia.
chirurgia refrattiva: come funziona?
La cornea possiede circa il 60% del potere refrattivo dell’occhio (40 diottrie): questa capacità di variare la direzione dei raggi luminosi facendoli convergere sulla retina è dovuta alla sua curvatura. La chirurgia refrattiva effettuata col laser ad eccimeri, variando lo spessore corneale, mira a fare in modo che le immagini giungano a fuoco sulla retina. Schematicamente possiamo dire che, per correggere la miopia, dobbiamo appiattire la cornea, mentre per la correzione dell’ipermetropia bisogna aumentarne la curvatura.
laser occhi: cos’è il laser a eccimeri?
Il laser a eccimeri è un particolare tipo di laser che consente la correzione chirurgica dei più comuni difetti visivi ossia dei vizi di refrazione (miopia, astigmatismo e ipermetropia) e, in alcuni casi, anche della presbiopia. Con questo fascio di luce coerente si può variare la forma della cornea: la superficie oculare trasparente che si trova davanti all’iride è, infatti, una lente naturale di cui si può migliorare la messa a fuoco (“potere diottrico”).
QUALI SONO LE TECNICHE PRINCIPALI?
Ci sono varie tecniche di chirurgia refrattiva attualmente.
Le tecniche attualmente maggiormente in uso sono le seguenti.
Con questa tecnica si agisce col laser dopo aver asportato l’epitelio corneale (strato più esterno della cornea), modificando la curvatura della superficie corneale. Al termine dell’intervento si utilizza una lente a contatto morbida senza potere refrattivo, che ha unicamente lo scopo di proteggere l’occhio durante la ricostituzione dello strato corneale esterno (la riepitelizzazione avviene in 4-5 giorni).
Vantaggi: è la procedura tecnicamente più facile da eseguire. Il fatto di non creare uno sportello corneale (come per la Lasik), riduce il rischio di complicanze a lungo termine.
Svantaggi: dolore post-operatorio, maggiore rischio di avere opacità corneali legate all’intervento.
LASEK
Questa tecnica è sostanzialmente paragonabile alla precedente. L’epitelio viene sollevato completamente, ma in questo caso viene riposizionato sull’occhio dopo il trattamento laser (invece nella PRK l’epitelio viene eliminato). Con questa tecnica, quindi, si solleva l’epitelio corneale, il laser modella la cornea per ottenere il risultato refrattivo sperato e, alla fine dell’intervento, si riposiziona il lembo di epitelio (che viene poi protetto con una lente a contatto). L’epitelio riposizionato protegge quello in via di formazione, ma il suo eventuale spostamento non pregiudica il risultato dell’intervento.
LASIK
Si taglia la cornea creando una sorta di “sportellino” (detto anche lembo o flap, che comprende epitelio, membrana di Bowman e stroma superficiale) ossia si pratica una sezione orizzontale della superficie oculare trasparente. Quest’azione si può compiere con una sorta di bisturi di precisione chiamato microcheratomo oppure con un altro laser ultrarapido ad alta precisione, chiamato laser a femtosecondi (femtolaser). Il flap viene sollevato e, grazie al laser ad eccìmeri, la cornea viene assottigliata.Al termine il flap sarà quindi riposizionato e lasciato cicatrizzare naturalmente senza bisogno di suture.
Vantaggi: con la lasik solitamente non si patisce dolore e dopo l’intervento il recupero visivo è molto rapido.
Svantaggi: la creazione dello sportello (flap) è una procedura più rischiosa e il suo successo dipende molto dall’abilità manuale del chirurgo. Il flap può risultare ancora sollevato a distanza di un anno, non arrivando mai ad una completa adesione allo stroma sottostante; questo può comportare la possibilità di uno spostamento accidentale in caso di trauma. Inoltre, sono possibili delle contaminazioni infettive sotto al flap stesso.
SMILE
Questo tipo di trattamento viene eseguito unicamente con il laser a femtosecondi. L’epitelio corneale non viene rimosso. Il laser realizza la separazione di un sottile strato (lenticolo) di tessuto corneale, situato al di sotto della superficie della cornea, di diametro, forma e spessore adatti a correggere il difetto di refrazione (miopia e/o astigmatismo del paziente). Con lo stesso tipo di laser viene inoltre eseguita una piccola incisione sulla cornea, attraverso la quale il lenticolo rifrattivo precedentemente creato, viene rimosso.
QUALI DIFETTI POSSONO ESSERE TRATTATI CON LASER AD ECCIMERI?
La miopia, l’ipermetropia e l’astigmatismo (che può essere associato ad altri vizi refrattivi), a cui, negli ultimi anni, si è aggiunta la presbiopia (da valutare però con grande attenzione). Astigmatismo e miopia sono difetti per la cui correzione è necessario asportare una quantità di tessuto corneale maggiore, a parità di diottrie, rispetto all’ipermetropia.
La scelta sul tipo di trattamento più adeguato per il singolo paziente, spetta sempre al medico oculista che si appresta ad eseguire l’intervento.
chirurgia refrattiva: quando farla?
L’età migliore per sottoporsi all’intervento di chirurgia refrattiva è compresa tra i 25 e i 40 anni, in quanto prima dei 25 anni i difetti di vista possono ancora peggiorare sensibilmente e, dunque, vanificare il trattamento; invece dopo i 40 anni compare la presbiopia e, inoltre, si corrono maggiori rischi di soffrire di occhio secco, aumentando quindi il rischio di una sensazione di fastidio successiva all’operazione. Tra l’altro il difetto refrattivo deve essersi già stabilizzato da almeno uno-due anni.
chirurgia refrattiva: quando non farla?
La tecnica punta ad eliminare il difetto visivo rimodellando la cornea, riducendone lo spessore al fine di darle la forma desiderata. Una delle controindicazioni principali è data da una cornea troppo sottile. Quindi il suo spessore va sempre misurato prima dell’intervento (pachimetria corneale).
Altra controindicazione è la secchezza oculare: attraverso appositi test della lacrimazione si può valutare quale sia la quantità di lacrime secrete, escludendo le persone che soffrono di occhio secco. Inoltre, tutte le patologie che affliggono la cornea costituiscono un limite alla chirurgia refrattiva con laser, in particolare se si è affetti da cheratocono.
La miopia può essere trattata con successo e senza rischi fino a 10-12 diottrie, valori oltre i quali si presentano seri rischi per l’occhio; lo stesso si può dire per ipermetropie superiori alle 5-6 diottrie, per le quali il trattamento spesso non risulta totalmente efficace.
CI SONO PERSONE PER CUI È PARTICOLARMENTE INDICATO IL LASER?
Spesso capita che persone che fanno un uso scorretto di lenti a contatto siano soggette a infezioni (si leggano i consigli per l’uso corretto); dunque, potrebbero trarre giovamento dall’intervento ambulatoriale. Ci sono, inoltre, categorie di individui a cui, a causa del tipo di lavoro, hobby o sport, le lenti a contatto o gli occhiali possono dare maggiori problemi rispetto ai rischi legati a un intervento laser.
Alcune persone hanno un difetto visivo con una differenza elevata tra i due occhi; questa situazione non è correggibile completamente con gli occhiali, in quanto il nostro cervello non tollera differenze superiori alle tre diottrie. Le soluzioni sono, allora, la chirurgia refrattiva con laser oppure il corretto impiego delle lenti a contatto.
In conclusione la chirurgia refrattiva è una metodica che non ha unicamente finalità estetiche (può consentire di eliminare gli occhiali), ma anche funzionali. Tuttavia è generalmente considerata un intervento a carattere estetico e, dunque, il Servizio sanitario nazionale non lo “passa” se non in alcuni casi specifici, ad esempio se c’è forte differenza di visus tra i due occhi (grave anisometropia) nonché intolleranza alle lenti a contatto. Al momento in cui scriviamo i criteri affinché l’intervento laser sia considerato un trattamento medico-chirurgico sono i seguenti:
1) anisometropia superiore a 4 diottrie di equivalente sferico (differenza tra i due occhi), non causata tuttavia da precedenti interventi di chirurgia refrattiva, ma solo dopo aver verificato la presenza di visione binoculare singola (quando sia stata certificata l’intolleranza all’uso di lente a contatto); 2) astigmatismo di almeno 4 diottrie; 3) forti differenze tra il visus dei due occhi a causa di precedenti interventi (limitatamente all’occhio operato e non di chirurgia refrattiva), al fine di “bilanciare” i due occhi; 4) cheratectomia foto-terapeutica (PTK) effettuata per opacità corneali, tumori corneali, cicatrici, astigmatismi irregolari, distrofie corneali, esiti infausti di chirurgia refrattiva; 5) esiti di traumi oppure malformazioni anatomiche tali da impedire l’applicazione di occhiali (esclusivamente nei casi in cui sia manifesta e certificata l’intolleranza all’uso di lente a contatto corneale).
B. La certificazione all’intolleranza alle lenti a contatto dovrà – quando richiesta – essere rilasciata da una struttura pubblica diversa da quella in cui si esegue l’intervento. Tra l’altro la documentazione deve essere corredata da fotografie.
L’OCCHIO MIOPE “GUARISCE”?
No, ma può essere corretto. Dunque un occhio miope di per sé rimane tale, ma dopo l’intervento si può vedere bene (anche se talvolta può essere necessario un secondo intervento laser). Questo vuol dire che i problemi retinici, pressori o di altro tipo non vengono eliminati dalla chirurgia refrattiva. Chi avesse un problema alla retina e facesse controlli ogni anno dovrà continuare a farli anche se dopo la chirurgia refrattiva vedrà bene. I miopi sono abituati a vedere bene da vicino. L’intervento li renderà emmetropi, cioè senza apparenti difetti di vista; questo, tuttavia, comporta il fatto che, dopo i 40 anni, la presbiopia non sarà più compensata dalla miopia: potranno vedere bene da vicino solo con l’ausilio di occhiali (cosa, comunque, che potrà avvenire in ogni caso perché il difetto tende a peggiorare fisiologicamente, con il passare degli anni).
COSA SI DEVE FARE PRIMA DELL’INTERVENTO CHIRURGICO?
L’impiego delle lenti a contatto va sospeso il più a lungo possibile prima dell’intervento. La durata dell’interruzione dipende dall’occhio; tuttavia non si potrà operare prima di due settimane dalla sospensione. La lente a contatto, infatti, può causare delle deformazioni della cornea che possono creare problemi. I giorni precedenti all’intervento non bisogna recarsi in ambienti che possano favorire un’infezione oculare; persino una semplice congiuntivite, infatti, potrebbe pregiudicare il risultato. Va assolutamente evitato, inoltre, di esporre gli occhi al vento forte (ad esempio andando in moto senza adeguate protezioni) e di stare a contatto con persone colpite da congiuntivite infettiva o da cheratite.
COSA FARE DOPO L’INTERVENTO?
La chirurgia refrattiva dura pochi minuti e dà risultati immediati. Dopo l’intervento ci si alza dal lettino chirurgico e generalmente già si vede bene. Questo spesso fa sottovalutare i rischi e le raccomandazioni del medico. Invece è importantissimo seguire attentamente le indicazioni dell’oculista ed effettuare la terapia prescritta con regolarità e precisione.
Nel periodo che segue l’operazione l’occhio è più delicato: un’eventuale infezione potrebbe pregiudicare il risultato ed avere conseguenze più gravi. Pertanto, si devono evitare per un certo tempo l’uso di moto o scooter, attività all’aperto, luoghi con molto fumo, così com’è opportuno non andare in piscina (a causa del cloro, che irrita gli occhi). Invece si può tranquillamente leggere, usare il computer, andare al cinema e vedere la televisione; è sempre fondamentale avere una buona idratazione dell’occhio. A questo scopo è essenziale instillare frequentemente lacrime artificiali. La posologia dipende anche dall’ambiente in cui ci si trova: spesso negli ambienti di lavoro, a causa del riscaldamento invernale o del condizionamento estivo, vi è un’aria molto secca che fa evaporare troppo velocemente il film lacrimale.
CHE TIPO DI ANESTESIA SI USA?
Per la chirurgia refrattiva mediante laser ad eccimeri si ricorre a un’anestesia topica (un collirio anestetico): vengono instillate gocce sulla superficie oculare. Chi si sottoporrà all’intervento non avvertirà alcun dolore; dovrà guardare fissa una luce (detta “mira”). Questo tipo di anestesia non blocca i movimenti oculari; sarà, quindi, la persona che dovrà cercare di tenere l’occhio fermo il più possibile.
QUALE GRADO DI CERTEZZA SI HA DI POTER ABBANDONARE GLI OCCHIALI?
È possibile che se ne possa fare a meno, ma non è certo. Se l’operazione riesce perfettamente non ci dovrebbero essere problemi, almeno nel breve periodo. Tuttavia, non è detto che il difetto refrattivo venga completamente eliminato: ci sono molti fattori che entrano in gioco. Inoltre si potrebbe verificare un ritorno del vizio refrattivo (ad esempio della miopia), anche se di minore entità rispetto a prima dell’operazione. In tal caso potrebbe essere necessario un secondo intervento, che però non necessariamente riuscirà ad eliminare in modo permanente il difetto refrattivo: potrebbero essere nuovamente necessari occhiali o lenti a contatto. Per dare un’idea dell’entità del ritorno della miopia, su un campione di 90 occhi con circa -8 diottrie in media (prima dell’operazione), sei mesi dopo l’intervento laser sono state misurate circa -1,5 diottrie (considerando solo le persone che avevano avuto un peggioramento miopico).
chirurgia refrattiva rischi
Secondo la Food and Drug Administration(FDA), massimo organismo governativo americano per la protezione e la promozione della salute, si possono avere i seguenti effetti collaterali (o persino, nei casi peggiori, veri e propri danni oculari):
secchezza oculare (sindrome dell’occhio secco), “che può essere grave”. Infatti dopo l’intervento potrebbe essere necessario instillare frequentemente lacrime artificiali e fare ricorso a umettanti oculari (gel oculari), mentre in precedenza probabilmente non se ne faceva uso;
possibile necessità di mettere occhiali o lenti a contatto dopo il laser (anche se di gradazione inferiore). Infatti non sempre si riesce a eliminare del tutto il difetto visivo. Secondo uno studio pubblicato sull’American Journal of Ophthalmology “fino al 28% dei pazienti che si sottopongono a chirurgia refrattiva continuano a sperimentare un peggioramento” [[nel caso in cui ci si sia sottoposti alla chirurgia lasik per la miopia]];
rischio di aloni, abbagliamento, starburst (le luci assumono una forma di stella), visione doppia, problemi visivi “che possono essere debilitanti”;
in casi estremi si può, secondo la FDA, arrivare persino alla “perdita della vista”. Quest’ultimo rischio, per quanto sia rarissimo, è comunque presente.
COSA C’È SCRITTO NEL CONSENSO INFORMATO CHE SI SOTTOSCRIVE IN ITALIA?
i difetti visivi refrattivi (miopia, ipermetropia e astigmatismo) “possono essere corretti con un ampio margine di sicurezza e precisione con il laser ad eccimeri”;
“la chirurgia rifrattiva mira alla risoluzione dei soli difetti di rifrazione, e non modifica quelle patologie che possono essere associate al difetto di vista”;
l’intervento non potrà determinare un aumento della vista migliore rispetto a quello che è ottenibile con gli occhiali o con le lenti a contatto;
l’intervento non può garantire di ottenere la visione massima senza occhiali. In alcuni casi potrà essere necessario un piccolo “ritocco” per ottimizzare il risultato;
“nel caso di pazienti con miopia ed età superiore a 45 anni l’eliminazione completa della miopia comporterà la immediata necessità di una correzione ottica per vicino” (per correggere la presbiopia, prima compensata dalla miopia);
persino se l’intervento viene eseguito correttamente, fattori individuali imprevedibili, “estranei alla abilità del chirurgo e alla precisione del laser, possono influenzare la guarigione e quindi il risultato. Pertanto non è possibile garantire con assoluta certezza il risultato programmato”;
non tutti i soggetti e non tutti gli occhi sono adatti all’intervento laser sulla cornea. Infatti se si è affetti da determinate malattie generali ovvero sistemiche (immunodepressione, malattie autoimmuni, malattie infettive, diabete, epilessia, ecc.) oppure se ci sono determinate condizioni generali (pace-maker, esposizione professionale a UV o luce blu, gravidanza, allattamento) e si assumono una serie di farmaci (ipotensivi, contraccettivi, ormoni, amiodarone, clorochina, medicinali contro l’emicrania, antiacne) che possono condizionare il decorso successivo all’operazione e rendere imprevedibile il risultato dell’intervento; quindi l’opportunità di eseguire questa chirurgia deve essere attentamente valutata caso per caso. Esistono una serie di malattie e condizioni oculari (miopia progressiva ed elevata, camera anteriore bassa, glaucoma, cataratta, infiammazioni oculari ricorrenti anteriori e posteriori, esiti di ustioni, malattie della superficie oculare come l’occhio secco e tutte le anomalie palpebrali) e, in particolare, della cornea (cheratiti, ectasie corneali, cheratocono, cheratoglobo, distrofia endoteliale) che possono condizionare o persino compromettere l’evoluzione del vizio refrattivo successiva all’operazione, rendendo imprevedibile il risultato dell’intervento. Per questo la chirurgia deve essere attentamente valutata singolarmente e di persona;
“la cornea è la struttura che verrà assottigliata dall’intervento quindi deve avere uno spessore adeguato all’entità del difetto da correggere, al diametro della zona ottica da trattare necessaria a garantire la completa copertura della pupilla anche in condizioni di scarsa illuminazione”;
dopo l’operazione (PRK, lasek, lasik, SMILE) “il paziente è tenuto a praticare con estremo scrupolo le medicazioni con i colliri prescritti nelle modalità indicate”. Infatti “la negligenza nel seguire la terapia postoperatoria e nell’effettuare i controlli specialistici può influenzare il risultato rifrattivo finale ed essere causa di complicanze”.
QUALI SONO LE PRINCIPALI COMPLICANZE DELL’INTERVENTO COL LASER AD ECCImeRi?
Secondo la Società Oftalmologica Italiana (come riportato nel consenso informato approvato a giugno 2011) le possibili complicanze/problemi principali sono:
infezione: è una complicanza estremamente rara. Nel caso in cui non passi con gli antibiotici e ci sia un abbassamento delle difese immunitarie “si potrà avere un quadro grave e giungere alla perdita della vista o anche alla perdita dell’occhio. Questa eventualità è talmente eccezionale che è impossibile valutarne la frequenza”;
trattamento decentrato (ossia non si modifica la cornea nel punto giusto): estremamente raro con i moderni laser dotati di sistema di controllo del centramento;
risultato rifrattivo incompleto: eccesso di correzione o insufficienza di correzione sono possibili, in particolare nel trattamento dei difetti elevati. All’occorrenza si può eseguire un “ritocco”;
zona ottica inadeguata: “quando il diametro della pupilla in condizioni di ridotta illuminazione supera il diametro dell’area di trattamento si verifica abbagliamento anche intenso fino a rendere difficoltosa la guida notturna. Questa situazione si può verificare anche se si utilizzano farmaci locali (ad esempio colliri vasocostrittori) o generali (sostanze anticinetosiche [[come gli antiemetici contro il mal di macchina ovvero farmaci contro il senso di nausea correlato al movimento, ndr]]) che possono dilatare la pupilla”;
occhio secco: per alcuni mesi dopo l’intervento potrà presentarsi questa sindrome, che richiederà la somministrazione più volte al giorno di lacrime artificiali; questa è la complicanza più frequente per tutte le tecniche e, in particolare, per la lasik; solitamente scompare del tutto o si attenua significativamente entro un anno dall’intervento (tuttavia non è certo, ndr).
Altre rarissime complicanze riportate nel consenso informato SOI includono:
formazione di ulcere corneali (lesioni della superficie oculare);
colliquazione corneale (disfacimento della cornea);
è possibile che si manifestino altre complicanze non ancora conosciute: i risultati degli studi a lungo termine potrebbero rivelare rischi addizionali al momento sconosciuti.
Complicanze specifiche per PRK e lasek
la riepitelizzazione (ossia la ricostituzione del tessuto corneale superficiale) potrà subire ritardi legati alla natura e conformazione individuale dell’epitelio;
successivamente all’intervento potrà verificarsi una perdita di trasparenza della cornea di entità variabile (denominata haze) che, nei casi più gravi, potrà essere accompagnata da irregolarità della superficie corneale. “Tale opacità – scrive la SOI – è in genere reversibile in un tempo variabile (anche molti mesi) e compromette la corretta visione. Talvolta potrà essere necessario un successivo intervento di levigatura della cornea con il laser (PTK)”.
Complicanze specifiche per la lasik
esecuzione di flap (sportellino corneale) incompleto, danneggiato o decentrato: in tale eventualità, il flap sarà riposizionato ed il chirurgo potrà decidere di rinviare l’intervento di alcuni mesi. Tuttavia tale evenienza, assicura la SOI, “è oggi estremamente rara”;
cheratite del lembo (sabbia del Sahara) di gravità variabile, guarisce senza inconvenienti se prontamente e opportunamente trattata. Per prevenirla è necessaria una attenta valutazione dopo l’operazione.
crescita di epitelio non trasparente (epithelial ingrowth) al di sotto del flap corneale. Tale condizione è generalmente autolimitante a pochi millimetri periferici, senza eccessivo disturbo alla qualità della visione. Può comunque generare astigmatismo irregolare e in rari casi estendersi al centro corneale compromettendo la visione e necessitando quindi di asportazione chirurgica previo risollevamento del flap.
Complicanze specifiche per la SMILE
esecuzione di dissezione del lenticolo incompleta o irregolare, danneggiato o decentrato: in tale eventualità, il lenticolo non sarà estratto e il chirurgo potrà decidere di rinviare l’intervento di alcuni mesi.
perdita di contatto (suzione) da parte del laser durante l’esecuzione del trattamento la quale può determinare impossibilità di completare la procedura.
cheratite sterile dell’interfaccia richiede una accurata gestione postoperatoria.
IN SINTESI CHE COSA BISOGNA SAPERE?
Secondo la Società Oftalmologica Italiana l’oculista deve spiegare, tra l’altro, che:
l’intervento con laser ad eccimeri serve a ridurre la dipendenza dagli occhiali e dalle lenti a contatto;
il trattamento con laser ad eccimeri non elimina in tutti i casi né per sempre gli occhiali o le lenti a contatto;
il trattamento con laser ad eccimeri non guarisce altre malattie oculari;
il trattamento con laser ad eccimeri non arresta il progredire della miopia;
sono possibili delle complicanze soprattutto se non si seguono le terapie o i controlli prescritti;
dopo la correzione del difetto per lontano potrà essere necessario usare subito un occhiale per vicino.
Le allergie oculari sono fenomeni patologici che si manifestano a carico dell’apparato visivo (in persone che generalmente hanno già un’allergia di base).
Si tratta di individui che hanno un sistema immunitario che reagisce eccessivamente agli allergeni esterni, con conseguente sviluppo di una serie di fastidi che possono coinvolgere le vie respiratorie (rinite, asma), la cute (orticaria, dermatite, eczema) e/o, per l’appunto, gli occhi (congiuntivite allergica, blefarite).
La reazione allergica è quindi una risposta complessa dell’organismo determinata dall’interazione di diversi fattori:
interni (genetici, immunitari)
esterni (ambientali).
Congiuntivite allergica: le cause
Nella maggior parte dei casi l’esposizione ai pollini o agli acari della polvere è il fattore scatenante della congiuntivite allergica.
La migliore forma di prevenzione contro l’allergia consiste nell’evitare il contatto con la sostanza allergenica. Per quanto riguarda i pollini si consiglia pertanto – soprattutto durante la stagione primaverile – di evitare zone come parchi e campagna. Quando si è in casa è opportuno chiudere le finestre e, comunque, occorre cambiare più spesso i filtri dell’aria dei sistemi di condizionamento. Per contrastare, invece, l’azione dannosa degli acari della polvere, bisogna evitare in ambiente domestico l’uso di materiali d’arredamento che possano favorirne l’accumulo (tendaggi, cuscini non anallergici, tappeti).
Le donne, inoltre, possono sviluppare una congiuntivite allergica a seguito dell’utilizzo di creme per il viso e/o per il contorno occhi o di particolari cosmetici. In tal caso è bene interrompere immediatamente l’utilizzo del prodotto sospetto.
Quali sono i sintomi della conguntivite allergica?
Normalmente chi soffre di allergia oculare presenta sintomi molto fastidiosi, ma che di solito non causano danni agli occhi. Essi sono facilmente riconoscibili nei seguenti:
prurito agli occhi;
occhio che lacrima (il paziente può riferire lacrimazione abbondante o sensazione di avere gli occhi “lucidi”);
occhio secco;
gonfiore palpebrale (può interessare tutte e due le palpebre o essere localizzato maggiormente a livello della palpebra superiore o di quella inferiore);
bruciore agli occhi, nei casi più gravi accompagnato da un un dolore all’occhio;
negli stati infiammatori più gravi si può avere una visione sfuocata.
Se si avvertono tali disturbi è consigliabile rivolgersi al proprio oculista e a un allergologo per una diagnosi certa.
come si manifesta l’allergia agli occhi?
L’esame biomicroscopico, effettuato mediante lampada a fessura, permette di valutare i segni della congiuntivite allergica. La persona affetta da allergia oculare presenta
iperemia congiuntivale (occhi rossi),
lieve secrezione mucosa,
papille tarsali (piccoli rilievi interni alla palpebra),
rigonfiamento palpebrale (edema), che può essere più o meno marcato (in alcuni casi il gonfiore può localizzarsi sotto l’occhio, estendendosi fino allo zigomo).
Come si cura l’allergia agli occhi?
Le allergie oculari sono trattabili di solito solo nella fase acuta, anche se purtroppo di solito tendono a ripresentarsi periodicamente, diventando una condizione cronica: in questo caso non c’è una cura risolutiva. In base alla gravità dei sintomi si può però ricorrere all’utilizzo di colliri ad azione antistaminica, decongestionanti, a stabilizzatori dei mastociti, antinfiammatori e steroidi oppure si possono assumere gli antistaminici per via orale. Inoltre, può dare dei benefici il cosiddetto ‘vaccino’ ossia la terapia desensibilizzante specifica.
IN CHE MISURA È EFFICACE IL ‘VACCINO’?
Il trattamento con il “vaccino” contro l’allergia è consigliabile qualora i sintomi si presentino con una certa frequenza (nonostante l’instillazione di colliri specifici e antistaminici assunti per bocca) o, comunque, quando risulti difficile ridurre o annullare il contatto con l’allergene (come nel caso degli acari della polvere).
COME SI SOMMINISTRA IL VACCINO DESENSIBILIZZANTE?
Il vaccino viene somministrato per via orale o attraverso iniezione sottocutanea, utilizzando piccole dosi dell’allergene, che vengono gradatamente aumentate fino a raggiungere la dose di mantenimento, che viene poi somministrata a intervalli regolari nel tempo. Lo scopo del vaccino antiallergico è quello di rendere il soggetto meno reattivo ai successivi contatti con l’allergene stesso, in modo da avere nel tempo l’eliminazione o la diminuzione della sintomatologia (desensibilizzazione o immunoterapia allergene-specifica). In generale i migliori risultati terapeutici si ottengono con un inizio precoce della terapia.
Per quanto riguarda le controindicazioni, in genere si escludono da trattamento con il vaccino individui con malattie sistemiche gravi (come tumori, patologie autoimmuni, deficienze immunitarie e importanti alterazioni alle vie respiratorie) e le donne in gravidanza. Gli effetti indesiderati sono rari e, comunque, generalmente di scarsa entità. Si sconsiglia però vivamente di praticare attività fisica intensa dopo la sua somministrazione. In caso di effetti collaterali generalmente si ricorre al cortisone: in questi casi è però opportuno rivolgersi al pronto soccorso più vicino.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità si esprime così in proposito: “Il vaccino antiallergico costituisce l’unica opzione terapeutica in grado di modificare la storia naturale della malattia allergica, consentendo sia di prevenire l’insorgenza di nuove sensibilizzazioni allergiche sia di rallentare o arrestare la progressione della malattia”.
SI È PIÙ SUSCETTIBILI A INFIAMMAZIONI OCULARI IN SEGUITO A ESPOSIZIONE AL SOLE SE SI È ALLERGICI?
Sì. Basti pensare che, ad esempio, in spiaggia si è esposti, oltre ai raggi solari (che è sempre bene contrastare con l’utilizzo di occhiali muniti di appositi filtri), anche all’azione irritante di vento, sabbia e acqua. Tutte queste condizioni non fanno altro che stimolare il sistema immunitario del soggetto allergico, favorendo la comparsa di svariati sintomi a livello oculare, così come anche a livello cutaneo e respiratorio. Tuttavia va detto che in spiaggia, così come sulla neve, generalmente sono presenti pochi allergeni, per cui viceversa la reazione allergica può essere – soprattutto dopo i primi giorni d’esposizione – nulla o, comunque, molto contenuta (se ci si protegge adeguatamente dal sole, dalla sabbia e dal vento).
QUANTO SONO DIFFUSE LE ALLERGIE IN ITALIA?
In Italia (così come in altri Paesi sviluppati) si sta assistendo a un progressivo aumento delle allergie, con una prevalenza di rinite allergica nei giovani adulti (che può essere associata a congiuntivite) di circa il 25% e di approssimativamente il 9% nei bambini in età scolare. Secondo l’Istat [[ANNUARIO STATISTICO ITALIANO, ISTAT, 2015, (capitolo 4 – Sanità e salute)]] si tratta di una malattia cronica importante (la terza in assoluto dopo l’ipertensione e l’artrosi/artrite): le malattie allergiche colpirebbero complessivamente circa il 10,1% della popolazione italiana.
Tra coloro che già manifestano una sensibilità ad allergeni, i disturbi oculari si stima che siano presenti in circa un caso su due.
Inoltre, a parere di alcuni scienziati ci sarebbe un’importante correlazione tra l’aumento delle allergie e la crescita dei livelli di inquinamento; quest’ultimo, infatti, sembrerebbe avere la capacità di potenziare l’azione irritante dei normali allergeni.
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Pagina pubblicata il 26 luglio 2012. Ultimo aggiornamento: 29 novembre 2021.
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Le infiammazioni che colpiscono gli occhi possono riguardare sia le strutture interne del bulbo oculare (associate, ad esempio, a uveiti) e sia le sue strutture esterne (sclera, congiuntiva e cornea).
INFIAMMAZIONE DELL’OCCHIO: SINTOMI
I sintomi con cui si manifestano generalmente le infiammazioni oculari più superficiali e le uveiti anteriori (iriti, iridocicliti) sono fondamentalmente:
sensazione di sabbia negli occhi (sensazione di corpo estraneo).
In caso di fenomeni di natura infettiva, quali congiuntiviti e/o cheratiti di origine batterica o virale, si può osservare abbondante secrezione acquosa o muco-purulenta (gli occhi sono appiccicosi, con difficoltà ad aprire le palpebre, soprattutto al mattino appena svegli).
Gli occhi, inoltre, possono apparire gonfi (chemosi) e rossi (iperemia congiuntivale).
Quando il gonfiore si localizza a livello delle palpebre, associato a dolore, si può ipotizzare la presenza di un calazio (occhio gonfio sotto e dolorante se il calazio riguarda la palpebra inferiore).
Altre cause degli occhi gonfi possono essere:
blefarite;
reazione allergica;
pregressa chirurgia;
trauma oculare;
puntura d’insetto;
ustioni;
reazione ad agenti irritanti (smog, fumo di sigaretta, ecc.).
Alcuni soggetti lamentano occhio gonfio al mattino. Di solito, si tratta di pazienti che soffrono di secchezza oculare che si accentua durante la notte, e che li porta appena svegli ad avvertire anche altri disturbi, tra cui: pesantezza agli occhi, sensazione di palpebra che gratta, difficoltà ad aprire gli occhi.
In caso di gonfiore localizzato in un punto specifico, ad esempio a livello dell’angolo interno dell’occhio, si può ipotizzare la presenza di un’infiammazione (di solito su base infettiva) dei canalicoli lacrimali.
Ci possono essere cali della vista?
Sì, nei casi più gravi si può avvertire una riduzione visiva a causa dell’infiammazione e dell’intorbidamento dei mezzi diottrici (come umore acqueo e vitreo) e si può provare dolore, che si accentua con l’esposizione alla luce. Questo avviene specialmente nel caso delle uveiti anteriori, per cui si verifica un’irritazione dei nervi ciliari. Nella riduzione dell’acuità visiva un ruolo fondamentale è svolto anche dalla perdita di trasparenza della cornea (superficie oculare), causata dalla presenza di cellule infiammatorie. Nelle uveiti posteriori, invece, la sintomatologia è dominata da alterazioni della funzione visiva: percezione di macchie scure nel campo visivo (scotomi), di immagini deformate e/o inusualmente luminose (metamorfopsie e/o fotopsie rispettivamente), annebbiamento visivo (per l’infiammazione in atto nel corpo vitreo).
QUANDO L’INFIAMMAZIONE OCULARE DIVENTA RISCHIOSA
Le endoftalmiti, infiammazioni ancora più complesse che colpiscono i tessuti intraoculari, si producono a seguito di infezioni, causate per lo più da microrganismi in seguito a traumi oculari (chirurgici o accidentali). Le endoftalmiti postoperatorie possono presentarsi immediatamente in modo grave oppure tardivamente. Generalmente si presentano subito dopo le operazioni (entro 24-72 ore), con occhi rossi e gonfi, dolore e forte riduzione della vista, edema palpebrale, infiammazione corneale e vitreale. Le cause primarie sono, in questa circostanza, i batteri: è specialmente lo stafilococco che causa più frequentemente endoftalmite acuta dopo un intervento chirurgico (cataratta). Le endoftalmiti possono essere causate, inoltre, da un’infezione sistemica che può colpire anche gli occhi attraverso il flusso sanguigno, a partire da altri focolai infettivi (persone in emodialisi, alimentazione per via parenterale, persone trattate con farmaci immunosoppressori). In questo caso la causa primaria dell’infezione sono funghi come la Candida albicans o l’ Aspergillus fumigatus .
LA DIAGNOSI
Molto spesso la diagnosi di infiammazione e di infezione oculare viene effettuata dallo specialista esaminando l’occhio con la lampada a fessura, mentre altre volte l’oculista può ricorrere ad esami di laboratorio su prelievi (effettuati mediante tamponi congiuntivali o corneali, come nel caso delle ulcere oculari) per individuare il possibile agente patogeno e – mediante un antibiogramma – valutare le eventuali resistenze agli antibiotici, adottando quindi la terapia più mirata.
OCCHI ARROSSATI RIMEDI
La terapia varia a seconda del tipo d’infiammazione. Generalmente si ricorre a colliri antibiotici (terapia topica), cicloplegici (che dilatano la pupilla), antinfiammatori steroidei e, nei casi più gravi, a medicinali assunti per bocca.
In caso di endoftalmiti il trattamento è basato sulla somministrazione di intense dosi di antibiotici per via topica e/o sistemica, ricorrendo a volte anche alla somministrazione intravitreale (iniezioni del farmaco antibiotico nel corpo vitreo contenuto nel bulbo oculare).
OCCHI INFIAMMATI RIMEDI NATURALI
In caso di occhi appiccicosi al mattino è possibile intervenire, detergendo delicatamente le palpebre con una garzina imbevuta con acqua e camomilla, oppure con soluzione fisiologica, prima di instillare eventualmente i colliri prescritti dal proprio oculista.
Per quanto riguarda i rimedi naturali per gli occhi gonfi, ne elenchiamo alcuni di seguito:
struccare sempre gli occhi prima di andare a letto;
utilizzare trucchi anallergici e di buona qualità;
riposare un numero adeguato di ore la notte;
evitare lo stress;
fare impacchi con acqua fredda ;
fare impacchi caldo umidi con acqua e camomilla o malva;
instillare colliri lubrificanti (soprattutto per chi sta al pc per molte ore durante il giorno);
evitare di abusare delle lac e seguire sempre corrette norme igieniche per l’applicazione/rimozione delle stesse e per la manutenzione;
seguire una dieta equilibrata , ricca di frutta e verdura, evitando di abusare di sale, spezie, alcool;
bere acqua in abbondanza durante il giorno.
Ovviamente bisogna sottolineare che, in caso di infiammazione oculare, occorre rivolgersi sempre all’oculista, il quale eseguendo una visita approfondita, potrà capire la causa dei disturbi del paziente e impostare una terapia adeguata.
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Pagina pubblicata il 9 giugno 2010. Ultimo aggiornamento: 23 novembre 2021.
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La retinopatia diabetica è una grave complicanza del diabete: colpisce la retina e, in età lavorativa, è la prima causa d’ipovisione e cecità nei Paesi sviluppati. Si calcola che venga diagnosticata una retinopatia a circa un terzo dei diabetici.
Quanto è diffusa?
L’Organizzazione mondiale della sanità stima che i diabetici nel mondo siano 422 milioni [1]. Secondo l’Istat (2017) in Italia la prevalenza del diabete è stimata intorno al 5,3% della popolazione (oltre 3,2 milioni di persone [2]); colpisce particolarmente gli anziani ossia il 16,5 per cento tra le persone dai 65 anni in su [3].
Se generalmente il diabete di tipo 1 (il più grave) è diagnosticato dopo i 30 anni, indicativamente la prevalenza di retinopatia diabetica è del 20% dopo 5 anni di malattia, del 40-50% dopo 10 anni e di oltre 90% dopo 20 anni. [4]
La IAPB internazionale scrive:
Mentre in passato erano colpiti soprattutto i Paesi più benestanti, oggi gli Stati a basso e medio reddito rendono conto di circa il 75% dei diabetici e molti di questi Paesi sono ancora poco attrezzati per diagnosticarlo correttamente, per trattarlo e gestire le conseguenze varie e complesse di questa patologia. Attualmente il Sud-Est asiatico e il Pacifico occidentale rendono conto di oltre la metà dei diabetici adulti a livello mondiale. [5]
Va detto, comunque, che la zona del mondo dove si registra la maggiore prevalenza di diabetici è il Mediterraneo orientale [5] (13,7% della popolazione maggiorenne), mentre complessivamente la regione europea si attesta al 7,3% (l’Africa è al 7,1%). [7]
In un Rapporto sul diabete l’OMS scrive:
La retinopatia diabetica è un’importante causa di cecità e si verifica come risultato di un danno accumulato nel lungo periodo a carico dei piccoli vasi sanguigni della retina. […] La retinopatia diabetica ha provocato globalmente l’1,9% della disabilità visiva (moderata o grave) e il 2,6% della cecità nel 2010. Ci sono studi che suggeriscono che la prevalenza di qualunque tipo di retinopatia in persone con diabete sia del 35%, mentre quella della retinopatia proliferante (pericolosa per la vista) sia del 7%.
La retinopatia diabetica è prevenibile?
Sì, i danni alla retina sono generalmente evitabili controllando bene il diabete. In particolare, è stato dimostrato che un attento controllo della pressione arteriosa in chi ha il diabete di tipo 2 riduce il rischio di malattia micro-vascolare del 37%, il tasso di progressione della retinopatia diabetica del 34% e il rischio di peggioramento dell’acuità visiva del 47%. [8]
Occorre sempre prestare attenzione alla prevenzione primaria (controllando attentamente fattori di rischio quali la glicemia elevata, l’ipertensione arteriosa e la dislipidemia), la prevenzione secondaria (individuando tempestivamente la retinopatia diabetica e approntando i necessari trattamenti) e la prevenzione terziaria (riabilitazione visiva).
In che modo si può diagnosticare e prevenire?
Innanzitutto controllando periodicamente il livello di zuccheri in circolo: occorre sottoporsi ai classici esami del sangue e, in particolare, della glicemia. Inoltre è essenziale eseguire controlli periodici del fondo oculare e, se necessario, sottoporsi ad esami specifici (come fluorangiografia e OCT) per valutare l’eventuale presenza della malattia e la sua gravità. Quest’ultima dipende, in massima parte, dal grado di scompenso del diabete: ciò che conta non è solo il valore della glicemia, ma pesano anche le sue variazioni quotidiane (=differenza tra massimo e minimo). Un test attendibile è l’emoglobina glicata (HbA1c): si misura con un semplice prelievo sanguigno e dà una misura dell’andamento della glicemia degli ultimi mesi.
Come si esegue la diagnosi?
Per la diagnosi della retinopatia diabetica l’osservazione del fondo oculare (oftalmoscopia diretta e indiretta) è un momento essenziale nella visita della persona con diabete mellito.
Altre metodiche che permettono di studiare il microcircolo e scoprire le alterazioni dei vasi retinici sono:
retinografia (utile quando si debbano effettuare confronti nel tempo delle condizioni del fondo oculare);
fluorangiografia (la digitalizzazione di tale metodica permette di elaborare le immagini in modo da evidenziare con grande nitidezza le più piccole alterazioni della rete capillare e fornisce informazioni utili per un eventuale trattamento laser).
Invece l’OCT è un esame diagnostico retinico non invasivo che consente di valutare l’eventuale presenza di liquido nei tessuti della retina (edema maculare diabetico) e la sua evoluzione nel tempo.
Qual è la causa?
La causa principale della retinopatia diabetica è la presenza di un diabete mal controllato che, nel tempo, porta allo sviluppo di alterazioni dei piccoli vasi sanguigni, fino a creare dei veri e propri sfiancamenti (detti microaneurismi) e la trasudazione della parte liquida del sangue in prossimità della regione maculare – il centro della retina – che, a sua volta, può provocare la maculopatia diabetica (èdema maculare). L’accumulo di sostanze al di fuori dei vasi è detto essudato. La malattia progredisce lentamente, provocando danni prima reversibili (curabili), che diventano progressivamente irreversibili (il tessuto nervoso retinico può essere danneggiato irreparabilmente e si può perdere la vista se non ci si cura correttamente).
Quali forme esistono?
Esistono due tipi di retinopatia diabetica:
Forma non proliferante. I vasi retinici presentano zone di indebolimento, con dilatazione della parete (microaneurismi), e possono sanguinare, producendo emorragie retiniche, edema e/o ischemia. L’edema si verifica quando trasuda del liquido dalle pareti alterate dei capillari: il fluido provoca un rigonfiamento della retina o l’accumulo di grassi e proteine (essudati duri). L’ischemia (carenza di ossigeno ai tessuti) è il risultato dell’occlusione dei vasi capillari; la retina, ricevendo sangue in quantità insufficiente, non riesce a funzionare correttamente. Ciò favorisce il passaggio alla forma proliferante.
Forma proliferante. Si presenta quando i capillari retinici occlusi sono numerosi, compaiono ampie zone di sofferenza retinica (aree ischemiche ed essudati molli). Queste zone di retina sofferente, nel tentativo di supplire alla ridotta ossigenazione, reagiscono stimolando la crescita di nuovi vasi sanguigni. I nuovi vasi sono però anomali perché hanno una parete molto fragile e si moltiplicano sulla superficie della retina. Essi sanguinano facilmente, dando luogo a emorragie vitreali, e portano alla formazione di tessuto cicatriziale, il quale, contraendosi progressivamente, può provocare il raggrinzimento e/o il distacco della retina.
Quali sono i sintomi?
A volte la retinopatia diabetica porta ad un calo progressivo della vista fino all’ipovisione e alla cecità, mentre in altri casi rimane priva di sintomi soggettivi (non si avverte alcun disturbo) fino a stadi avanzati della malattia, quando però si manifesta un calo grave ed improvviso dell’acuità visiva.
I sintomi più comuni delle retinopatia diabetica sono:
affaticamento oculare;
comparsa di macchie scure nel campo visivo (miodesopsie);
difficoltà nella percezione dei colori;
visione di aloni intorno alle luci;
vista offuscata;
scarsa visione notturna;
calo del visus.
Quale terapia si può seguire?
È essenziale, se i valori sono alterati, riportare entro i valori normali la glicemia e l’emoglobina glicosilata [9]. A tale scopo possono essere utili ai diabetici, da un lato, i farmaci ipoglicemizzanti e, dall’altro, integratori alimentari specifici, rimedi vasoprotettori ed anti-edemigeni (contro l’accumulo di liquidi sotto la retina). In caso di retinopatia diabetica avanzata, invece, può essere necessario, oltre all’impiego dell’insulina per via generale, il ricorso alla laserterapia fotocoagulativa retinica allo scopo di salvare la vista residua. Se si è affetti da una grave retinopatia diabetica, con sanguinamento consistente, può essere necessario invece un intervento chirurgico di vitrectomia (rimozione dell’umor vitreo ed asportazione di eventuali membrane). In caso di presenza di èdema maculare diabetico si può fare ricorso anche a iniezioni intravitreali [10] che inibiscono la proliferazione indesiderata di vasi retinici dannosi.
Quando andare dall’oculista?
In seguito alla diagnosi di diabete è vivamente consigliabile prenotare tempestivamente una visita oculistica, in modo da valutare le condizioni visive e lo stato della retina. Sarà poi l’oculista a indicare la data più opportuna per la visita successiva e potrà adottare la terapia più idonea ed efficace. E’ ovviamente importante farsi seguire anche da un diabetologo.
Le linee-guida SID (Società Italiana di Diabetologia) e AMD (Associazione Medici Diabetologi) raccomandano intervalli di screening ogni due anni se la retinopatia è assente all’ultimo controllo, un anno se lieve, sei mesi o direttamente invio a consulenza se si riscontra retinopatia moderata o più grave [11]
Soprattutto se si soffre il diabete di tipo 1 può essere opportuno controllare il fondo oculare almeno una volta l’anno.
Il New England Journal of Medicine [12] scrive in particolare:
In pazienti che avevano da 5 anni il diabete di tipo 1 le attuali raccomandazioni riguardo allo screening della retinopatia diabetica comprendono esami retinici annuali con dilatazione della pupilla per diagnosticare una retinopatia proliferante oppure un edema maculare clinicamente significativo; entrambi i casi richiedono un intervento tempestivo per preservare la vista. [13]
Bourne RR, Stevens GA, White RA, Smith JL, Flaxman SR, Price H et al., “Causes of vision loss worldwide, 1990–2010: a systematic analysis”, Lancet Global Health. 2013;1:(6)e339-e349
[4] Kempen JH, O’Colmain BJ, Leske MC et al., “The prevalence of diabetic retinopathy among adults in the United States”, Arch Ophthalmol 2004; 122:552-563
[8] Holman RR, Paul SK, Bethel MA et al., “Long-term follow-up after tight control of blood pressure in type 2 diabetes”, N Engl J Med 2008; 359:1565-1576
[9] proteina presente nel sangue che tende a legarsi al glucosio e permette di ricostruire quanti zuccheri si sono assunti di recente
[13] Secondo R. Frezzotti e R. Guerra (nel volume Oftalmologia essenziale) a 15-20 anni dalla diagnosi praticamente tutti i pazienti affetti da diabete grave e oltre il 60% delle persone affette dalla forma meno grave presentano un certo grado di retinopatia diabetica.
Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
Pagina pubblicata il 1 luglio 2019. Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021.
Ultima revisione scientifica:12 novembre 2021.
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L’astigmatismo è un disturbo della vista (ametropia) che comporta una minore nitidezza visiva a causa di una deformazione della superficie dell’occhio (cornea) o di un’alterazione delle strutture interne del bulbo oculare. Di conseguenza le immagini risultano poco definite (i contorni non appaiono nitidi) ed è necessario correggere il difetto.
Si può essere contemporaneamente miopi e astigmatici?
La sua correzione prevede l’utilizzo di occhiali (con lenti cilindriche o toriche), lenti a contatto o un intervento di chirurgia refrattiva. In parole semplici l’occhio astigmatico vede gli oggetti poco definiti e, nei casi più gravi, leggermente distorti: il difetto è presente guardando sia da lontano che da vicino.
Come si fa a capire che si è astigmatico?
Molto spesso chi è astigmatico se ne accorge solo dopo una visita oculistica. Per questo motivo è importante sottoporsi sin da bambini a controlli regolari. Esiste anche un autotest (basato sulla osservazione di una sorta di stella) che consente di capire se possa essere presente un astigmatismo; tuttavia ciò non esclude affatto la necessità di sottoporsi ad una visita oculistica completa.
Astigmatismo nei bambini
L’astigmatismo nei bambini è un vizio refrattivo piuttosto comune, e il fatto che spesso i piccoli pazienti non si lamentino di vedere male e che per i genitori non sia facile individuare la presenza di tale disturbo, riporta l’attenzione su quanto sia importante eseguire visite oculistiche sin dalla tenera età. È l’unico modo per individuare e correggere precocemente il disturbo ed evitare in tal modo l’insorgenza di problematiche più serie (ad esempio l’ambliopia).
Nella maggior parte dei casi, l’astigmatismo è congenito, quindi si presenta fin dalla nascita. La principale causa è genetica, per cui può essere importante determinare se uno o entrambi i genitori siano astigmatici per fare diagnosi precoce nel bambino. Altre possibili cause di astigmatismo nei bambini sono: eventuali infezioni alla cornea, presenza di anomalie palpebrali che possano influire sulla curvatura corneale, esiti di pregressa chirurgia oculare, malattie degenerative della cornea.
Tra i principali sintomi che presenta il bambino astigmatico abbiamo:
difficoltà a concentrarsi nella lettura;
problemi a vedere alla lavagna;
occhi stanchi e pesanti;
mal di testa;
eccessiva sensibilità alla luce;
occhi rossi;
talvolta prurito agli occhi;
vista offuscata.
Come già accennato in precedenza, l’astigmatismo nel bambino dovrebbe essere rilevato il più precocemente possibile, perché, soprattutto se associato ad altri vizi refrattivi, come la miopia o l’ipermetropia e se peggiora con il passare del tempo, può condizionare in maniera importante la quotidianità del piccolo, in particolare l’apprendimento scolastico.
La correzione dell’astigmatismo può essere ottenuta tramite occhiali, in seguito, il bambino, crescendo, può optare per le lenti a contatto o eventualmente, per liberarsi del tutto da qualsiasi tipo di correzione, far ricorso alla chirurgia refrattiva.
Quali tipi di astigmatismo esistono?
A seconda della struttura che determina il difetto visivo si parla di:
astigmatismo corneale: è dovuto ad un’anomala curvatura della cornea;
astigmatismo interno o lenticolare: è dovuto ad alterazioni delle strutture interne dell’occhio, ad esempio il cristallino (la nostra lente naturale).
Possiamo immaginare la cornea come una calotta sferica trasparente, attraversata da meridiani (come avviene su un mappamondo). A seconda del meridiano che presenta la curvatura maggiore si distinguono tre differenti tipi di astigmatismo:
“secondo regola”: è la forma di astigmatismo più diffusa, nel quale il meridiano più curvo è tra quelli verticali (compresi tra 60° e 120°);
“contro regola”, nel quale il meridiano più curvo è tra quelli orizzontali (compresi tra 0-30° e 150°-180°) ;
“obliquo”, nel quale il meridiano più curvo è tra quelli obliqui (compreso tra 60° e 30°, 120°-150°).
Inoltre, si può distinguere tra:
a) astigmatismo semplice, nel quale si ha solo questo difetto visivo: il fuoco, anziché consistere in un solo punto, sarà disposto lungo una linea. Infatti sulla retina la messa a fuoco lungo un meridiano è diversa da quella lungo l’altro. A seconda della posizione della linea che si forma il difetto si può a sua volta suddividere in:
astigmatismo miopico semplice (un meridiano si focalizza sulla retina, mentre l’altro si focalizza davanti);
astigmatismo ipermetropico semplice (un meridiano si focalizza sulla retina, mentre l’altro cade dietro);
b) astigmatismo composto, in cui il difetto visivo è associato ad un altro vizio refrattivo (miopia o ipermetropia). A sua volta si suddivide in:
astigmatismo miopico composto (entrambi i meridiani si focalizzano davanti alla retina);
astigmatismo ipermetropico composto (entrambi i meridiani si focalizzano dietro alla retina);
c) astigmatismo misto in cui una linea focale è miope e l’altra ipermetrope (un fuoco è davanti alla retina mentre l’altro cade dietro).
Avere un po’ di astigmatismo è normale?
Sì, poiché un certo grado di astigmatismo corneale è fisiologico (fino a 0,5 diottrie si può anche evitare di correggerlo). Tale astigmatismo è, infatti, generalmente compensato in modo naturale dai mezzi diottrici interni all’occhio (cristallino, corpo vitreo, ecc.). L’astigmatismo di grado elevato è generalmente congenito e subisce lievi variazioni nel corso della vita. L’astigmatismo irregolare può essere causato da alterazioni della cornea in seguito a traumi, lesioni e infezioni o può essere dovuto a una malattia chiamata cheratocono.
Quali sono i sintomi dell’astigmatismo?
L’astigmatismo non corretto determina l’insorgenza di disturbi derivanti dal continuo cambio di messa a fuoco (accomodazione), nel tentativo di ottenere un’immagine nitida. Tali sintomi consistono in:
affaticamento oculare (con senso di pesantezza agli occhi e sonnolenza);
bruciore agli occhi;
lacrimazione eccessiva;
dolore agli occhi, all’arcata sopraccigliare e mal di testa;
vista offuscata.
In presenza di tali disturbi soltanto una accurata visita oculistica con misurazione del visus permetterà di fare la giusta diagnosi.
Importante: in persone molto astigmatiche a entrambi gli occhi che, anche mediante l’utilizzo di occhiali, non riescono ad essere corrette adeguatamente, deve essere esclusa la presenza del cheratocono (malattia che ha come caratteristica principale proprio un astigmatismo irregolare).
Come si può diagnosticare l’astigmatismo?
Con una visita oculistica, provando la correzione migliore del difetto. Tuttavia nei casi più difficili può essere d’aiuto l’esecuzione di una “topografia corneale”, un esame computerizzato che permette di ottenere una mappa della curvatura della cornea, in modo da poter diagnosticare correttamente tutti i tipi di astigmatismo. Tale difetto va monitorato nel tempo, controllandone eventuali variazioni, per escludere la presenza di patologie della superficie oculare.
Questo vizio refrattivo può essere generalmente corretto con l’uso di occhiali con lenti cilindriche o toriche oppure con lenti a contatto gas-permeabili o morbide; queste ultime in genere permettono di ottenere una qualità della visione migliore rispetto ai classici occhiali.
Si può correggere col laser?
Sì, anche l’astigmatismo può essere corretto tramite la chirurgia refrattiva. Tuttavia il laser non sempre consente di rinunciare agli occhiali (specialmente a lungo termine), per cui è necessaria un’attenta valutazione prima di prendere una simile decisione (dopo aver consultato uno o più medici oculisti).
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Pagina pubblicata il 8 novembre 2012. Ultimo aggiornamento: 5 novembre 2021.
Ultima revisione scientifica: 5 novembre 2021.
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La presbiopia è un disturbo della vista caratterizzato dalla perdita graduale, progressiva e irreversibile, della capacità di mettere a fuoco da vicino, ma non è considerata un vizio refrattivo. Si tratta di una condizione fisiologica legata all’avanzare dell’età. Infatti, dopo i 40 anni il nostro cristallino, la lente naturale che si trova all’interno dell’occhio, perde progressivamente la capacità di mettere a fuoco gli oggetti alle differenti distanze ossia si verifica una diminuzione della capacità accomodativa.
PRESBIOPIA SINTOMI: SCOPRI QUALI SONO?
Il soggetto che sta iniziando a diventare presbite lamenta la vista annebbiata o la vista offuscata e riferisce stanchezza oculare (a volte accompagnata da una sorta di dolore/fastidio agli occhi e da mal di testa), soprattutto durante la lettura e altre attività che vengono svolte a una distanza ravvicinata. Altri sintomi riscontrati possono essere:
bruciore;
arrossamento oculare;
difficoltà a leggere le scritte molto piccole;
necessità di strizzare frequentemente gli occhi per vedere meglio;
necessità di allontanare l’oggetto che si sta osservando;
perdita di concentrazione durante la lettura;
necessità di ingrandire i caratteri su tablet, pc o smartphone.
La presbiopia, insorge solitamente intorno ai 40 anni e progredisce fino ai 60-65 anni nell’occhio che non ha altri disturbi visivi (emmetrope).
Che rapporto c’è tra la presbiopia e altri difetti visivi?
Nell’occhio miope (che vede male da lontano) il disturbo insorge più tardi in proporzione all’entità del difetto o, almeno apparentemente, non insorge affatto (perché i due difetti si compensano): infatti un soggetto che presenta miopia e presbiopia, molto spesso si abitua a togliere gli occhiali che usa per vedere da lontano, riuscendo comunque a svolgere tutte le attività a distanza ravvicinata. Discorso diverso è quello valido per il soggetto ipermetrope, che necessita da subito degli occhiali per vicino.
Che cause ha?
La causa principale della presbiopia è la perdita di elasticità del cristallino dovuta all’età, per cui la messa a fuoco da vicino risulta difficoltosa. Viceversa, un occhio più giovane possiede un meccanismo d’accomodazione efficiente ed automatico, grazie al cambiamento di forma del cristallino, che varia a seconda della distanza a cui si trova l’oggetto osservato. In sostanza, nel presbite è come se diventasse difettoso il meccanismo di messa a fuoco automatico tipico di alcuni apparecchi fotografici. Di solito chi ha questo difetto visivo, non riuscendo a leggere da vicino, allunga le braccia allontanando il piano di lettura.
Come si corregge la presbiopia?
Il modo più diffuso di correggere la presbiopia consiste nell’uso degli occhiali.
I tipi di lenti a disposizione sono:
lenti monofocali, con cui si può vedere bene da vicino;
lenti bifocali, che permettono una visione corretta da lontano e a una sola distanza ravvicinata (occhiali con le lunette);
lenti multifocali o progressive che consentono, con un solo paio d’occhiali, di vedere bene a più distanze.
Dopo aver scelto quale tipo di occhiali sia più indicato per le proprie esigenze, è importante ricordarsi che le lenti per vedere bene da vicino non saranno mai le stesse per tutta la vita. Infatti, ogni 4-5 anni ci accorgeremo che il disturbo è peggiorato: a quel punto sarà necessario sostituire le vecchie lenti con quelle nuove (con un ingrandimento maggiore fino ai 60-65 anni).
Sono state introdotte sul mercato, negli ultimi anni, le lenti a contatto multifocali che permettono di correggere – se pur ancora non perfettamente – i difetti visivi. È molto importante che chi le utilizza venga informato della difficoltà d’impiego che queste comportano e del fatto che la qualità della visione attualmente non è la stessa ottenuta con gli occhiali.
Quali novità e prospettive ci sono?
Una nuova frontiera nella correzione della presbiopia è rappresentata dalla chirurgia refrattiva e dallo sviluppo di evolute tecniche di chirurgia del cristallino.
La correzione della presbiopia mediante chirurgia del cristallino si avvale dell’utilizzo delle lenti intraoculari (IOL) accomodative o multifocali.
Queste lenti vengono inserite al posto del cristallino durante l’intervento di cataratta; ma è importante sottolineare che non tutte le persone sono idonee per questo particolare tipo di lente.
Nel caso della chirurgia refrattiva laser (PRK o LASIK) vengono realizzate sulla superficie della cornea zone concentriche che hanno diverse capacità d’ingrandimento (ossia differente potere refrattivo), le quali consentono di mettere a fuoco oggetti collocati a distanze diverse.
Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
Pagina pubblicata il 9 novembre 2012. Ultimo aggiornamento: 13 Ottobre 2021.
Ultima revisione scientifica: 13 Ottobre 2021.
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