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Malattie oculari

Esoftalmo

Cos’è?

È una condizione in cui l’occhio (bulbo oculare) diventa sporgente rispetto alla sua normale posizione (ossia protrude). L’esoftalmo si distingue dalla proptosi (quando il bulbo è spinto in avanti e in basso); quest’ultima interessa, perlopiù, un solo occhio ed è causata generalmente da processi proliferativi all’interno dell’orbita (ad esempio, da tumori).
Esiste, inoltre, uno “pseudoesoftalmo” caratterizzato da una protrusione del bulbo, causato dall’aumento della lunghezza del bulbo stesso; per esempio nella miopia elevata, nel glaucoma congenito con buftalmo (occhio grande sporgente) oppure dopo numerosi interventi di indebolimento dei muscoli dell’occhio, sempre finalizzati alla correzione dello strabismo.

Perché l’occhio viene fuori?

L’occhio è situato nell’orbita, formata da pareti ossee che – se integre – non sono in grado di deformarsi; ogni aumento di volume del contenuto orbitario e, quindi, anche del bulbo oculare stesso, fa sì che si abbia uno spostamento del suo contenuto in avanti.
La normale posizione dell’occhio è data dalla sua grandezza, dal volume dell’orbita, dai muscoli extraoculari e dal grasso retroorbitario. Le variazioni di questi parametri determinano l’esoftalmo quando si ha una protrusione in avanti, mentre si ha l’enoftalmo quando si ha una retrazione del bulbo oculare.

Quali sono i sintomi?

Il lieve esoftalmo non è sintomatico; ma i sintomi si manifestano quando la protrusione in avanti è tale da disallineare i due assi visivi dando origine alla diplopia; la dislocazione dell’occhio può essere tale da far sì che le palpebre non abbiano la lunghezza sufficiente a coprire l’occhio, soprattutto nella parte centrale, determinando una cheratite da esposizione; questo comporta seri danni corneali e congiuntivali, fino a pericolose ulcerazioni che possono compromettere la funzione visiva e provocare forti dolori al paziente.

Quali sono le cause dell’esoftalmo?

Tra le cause che possono creare esoftalmo riconosciamo tutte le alterazioni che creano un aumento di volume del contenuto orbitario. Si possono classificare in: cause tumorali (crescita di una massa nella cavità orbitaria); infiammatorie (l’edema dato dall’infiammazione aumenta il volume dei tessuti), l’infiammazione può essere dovuta a cause fisiche, infettive o traumatiche; alterazioni vascolari come la fistola carotido-cavernosa.
Tale alterazione è caratterizzata da un’anomala comunicazione tra la carotide interna (arteria che dal collo si porta all’interno del cranio) e il seno cavernoso (canale venoso che passa attraverso una della ossa craniche); la caratteristica di questo esoftalmo (come pure di quello legato ad un aneurisma del seno cavernoso) è la pulsatilità. La spinta sistolica (quando il cuore si contrae e pompa il sangue) fa sì che il maggior volume di sangue arrivi al seno cavernoso e tale aumento di volume si riflette sulla posizione dell’occhio, che seguirà ritmicamente le pulsazioni del cuore aumentando durante la fase sistolica e diminuendo durante la diastolica (quando il cuore si rilassa). Lo “pseudotumor orbitario” (infiltrazione e proliferazione di cellule non neoplastiche) può causare l’insorgenza di un esoftalmo nell’arco di 2-3 settimane.

Tra le cause più frequenti che possono determinare l’esoftalmo c’è il morbo di Basedow la cui causa è l’ipertiroidismo. Si ha un aumento del volume dei muscoli dell’occhio a causa dell’edema e del grasso retrobitario, che genera un esoftalmo (in genere bilaterale) oltre ad altri segni caratteristici della patologia, come l’alterata cinesi palpebrale al movimento degli occhi.

Come si esegue la diagnosi?

Si esegue tramite oftalmometro, che consente di valutare il grado di sporgenza dell’occhio rispetto allo zigomo. La tomografia computerizzata e la risonanza magnetica consentono di diagnosticare con maggior certezza la presenza dell’esoftalmo e sono indispensabili per la valutazione delle alterazioni anatomiche che lo causano. Qualora non vi siano masse (tumorali, vascolari, ecc.), la causa deve essere ricercata – il più delle volte – in uno scompenso tiroideo (sono pertanto necessari test della funzionalità della tiroide). Infine, di fondamentale importanza è l’ecografia oculare, che consente la valutazione dello stato dei muscoli extraoculari e degli altri tessuti molli orbitari.

Qual è la terapia?

La terapia mira ad eliminare l’alterazione che ha causato l’esoftalmo. Fondamentale è la cura e la preservazione di un adeguata copertura della superficie oculare per evitare che la cornea rimanga scoperta dalle palpebre; ciò si attua con sostituti lacrimali (lacrime artificiali) molto densi che possano permanere sulla cornea e, nel caso di disepitelizzazione o cheratite da esposizione, iniziare prontamente una terapia antibiotica per evitare complicazioni infettive.
Fondamentale è controllare la funzionalità del nervo ottico, che potrebbe subire delle compressioni da parte della massa infraorbitaria.
Qualora l’esoftalmo dovesse rimanere anche dopo la risoluzione della patologia che lo ha generato si può prendere in considerazione l’intervento definito di “decompressione orbitaria”: consiste nell’aumentare il volume dell’orbita andando a ridurre il volume della parete mediale e di quella inferiore (che formano la scatola orbitaria); tale aumento è relativo al numero di pareti che vengono interessate dal trattamento chirurgico.

Quando è necessaria la decompressione orbitaria?

Soprattutto in caso di patologia tiroidea e, in generale, si deve effettuare l’intervento chirurgico quando si ha una otticopatia rapidamente progressiva, cioè quando la compressione orbitaria crea dei danni al nervo ottico che possono causare la perdita irreversibile della funzionalità visiva.

Cosa fare in caso di esoftalmo?

L’esoftalmo può essere causato da molteplici fattori il cui approccio è spesso plurispecialistico, così come lo è il suo trattamento. Appena si avverte un cambiamento della posizione degli occhi o di esoftalmo o di enoftalmo bisogna subito ricorrere all’oculista, che dovrà approfondire la diagnosi con altri specialisti per determinarne la causa e possibilmente rimuoverla.

Come viene valutato?

L’entità della sporgenza dell’occhio viene misurata in millimetri con un apposito strumento (chiamato “esoftalmometro di Hertel”). Lo strumento viene poggiato sui bordi orbitari esterni e, in questo modo, viene fatta collimare sul piccolo specchio l’immagine degli apici corneali contro una scala millimetrata.
L’esame oftalmologico prevede, inoltre, l’osservazione del malato, che deve essere posto sullo stesso piano dell’osservatore (oculista) per valutare la direzione dell’esoftalmo, la sua unilateralità o bilateralità, la presenza di segni di accompagnamento tipo lo strabismo, la ptosi (abbassamento della palpebra), aspetti anomali delle palpebre (tipo cicatrici, edema) o della congiuntiva (iperemia, dilatazione abnorme dei vasi).
Inoltre, è importante, esaminare, con la palpazione, il bordo orbitario per individuare eventuali masse che spingono il bulbo ed, eventualmente il carattere pulsante della massa. Ovviamente non si può prescindere da un esame oftalmologico che comprende la misurazione dell’acuità visiva, l’esame del segmento anteriore dell’occhio (per valutare una eventuale sofferenza corneale), l’esame del fondo oculare e la valutazione della motilità oculare.

Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus 
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Pagina pubblicata il 6 novembre 2009. Ultimo aggiornamento: 15 settembre 2016. 

Ultima revisione scientifica: 6 novembre 2009.

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