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Nervo ottico
Cos’è?
Il nervo ottico è uno dei dodici nervi cranici. Appartiene al sistema nervoso centrale. Si tratta di un prolungamento delle terminazioni nervose dei fotorecettori della retina: tali cellule trasformano le immagini in impulsi elettrici, che vengono trasmessi al cervello tramite i nervi ottici (simili a dei cavetti che trasportano la corrente). Dopo circa cinque centimetri i nervi provenienti dai due occhi si incrociano e si suddividono: comincia un tratto chiamato “chiasma”.
Com’è fatto?
Il nervo ottico è avvolto dalle meningi che proteggono anche l’intero cervello (sono composte da tre strati: dura madre, aracnoide e pia madre). È simile a un cavo elettrico costituito da tanti fili al proprio interno, ciascuno dei quali è protetto da una guaina chiamata “mielina”. Ogni singola fibra (che si potrebbe paragonare a un filo di rame) corrisponde a una piccola zona della retina, mentre ogni fascio corrisponde a un’intera area retinica. Le fibre che si trovano al centro del nervo ottico trasportano i segnali bioelettrici provenienti dalla macula, la zona centrale e quella più sensibile. Questa organizzazione si mantiene sino alla corteccia cerebrale occipitale ossia all’area del cervello deputata all’interpretazione dei segnali visivi che si trova sopra alla nuca (ma sono coinvolte anche aree corticali parietali).
Qual è il percorso del nervo ottico?
Inizia nel bulbo oculare (porzione intrabulbare), continua nell’orbita (porzione intraorbitaria), da cui esce attraverso il canale ottico (porzione intracanicolare) giungendo, infine, al chiasma ottico (porzione intracranica).
Quali sono gli esami principali per studiarlo?
Gli esami strumentali permettono di studiare il nervo ottico sia osservando la sua morfologia (grazie a tecniche di imaging come la risonanza magnetica), sia di valutarne la funzionalità (esami elettrofunzionali e campo visivo). Possiamo studiare la parte visibile del nervo ottico (papilla ottica) direttamente – attraverso l’esame del fondo oculare – oppure mediante HRT (tomografia laser per l’esame delle fibre del nervo ottico). Inoltre, le fibre nervose che costituiscono la papilla ottica possono essere esaminate mediante l’OCT. La risonanza magnetica (RM), invece, ci consente di seguire e visualizzare il nervo nel suo percorso interno alla testa (tratto intracranico).
Gli esami elettrofunzionali (in particolare i potenziali evocativi visivi o PEV) consentono di studiare l’attività bioelettrica del nervo ottico e della retina.
Un altro esame, il campo visivo, ci permette poi di sapere che tipo di danni si siano verificati. La capacità visiva dipende dalla funzionalità dell’occhio stesso, dal sistema di conduzione del segnale tra quest’ultimo e il cervello nonché dall’elaborazione della corteccia cerebrale. L’analisi del campo visivo ci permette di vedere a che punto sia l’eventuale deficit nelle vie che portano il segnale dell’occhio alle aree deputate all’elaborazione delle informazioni visive.
Cosa succede quando c’è un’alterazione del nervo ottico?
Si ha una riduzione dell’acuità visiva sia per lontano che per vicino (sintomo frequente in molte altre malattie). Si ha una ridotta capacità della pupilla a reagire alla luce contraendosi (alterazione del riflesso pupillare). La visione dei colori è alterata, specialmente per tinte come il rosso, il verde e una combinazione dei due: un test molto facile per evidenziare difetti da un solo occhio è quello di osservare un oggetto rosso con un occhio per volta, confrontando la percezione del colore.
Anche la riduzione della sensibilità luminosa – come la sensibilità al contrasto – si riduce in caso di sofferenza del nervo ottico. I difetti del campo visivo sono vari e possono andare da una generalizzata depressione del campo visivo centrale ad aree di non visione. Comunque, l’esame del campo visivo permette di evidenziare in maniera molto precisa le alterazioni del nervo ottico.
Quali sono le principali patologie del nervo ottico?
Sono molteplici e, se non trattate tempestivamente, possono portare a cecità. Si distinguono in acquisite e congenite. Le cause sono varie: patologie metaboliche, infettive, tossiche, dovute a malattie demielinizzanti (che danneggiano il rivestimento esterno dei nervi), autoimmuni (il sistema immunitario attacca il proprio corpo), vascolari (infarti, compressioni aneurismatiche) e dovute a farmaci.
Le infiammazioni del nervo ottico si dividono in neuriti ottiche anteriori o retrobulbari. Queste ultime hanno l’aspetto della papilla ottica inizialmente normale (esame del fondo dell’occhio negativo) e nell’adulto si associano spesso alla sclerosi multipla; ciò può essere dovuto a cause metaboliche come l’intossicazione da alcol e tabacco (che causa un ridotto apporto di vitamine del complesso B).
Le neuropatie ottiche anteriori di origine non arteritica possono essere considerate un infarto totale o parziale della papilla ottica. Fondamentale, per la preservazione delle vista, è riconoscere la forma arteritica della neuropatia ottica anteriore (dovuta a un’arterite a cellule giganti). Questa malattia colpisce i pazienti con età superiore ai 65 anni, è associata a dolore alla masticazione, aumento della Ves e PCR; porta a cecità se non trattata, oltre a un coinvolgimento dell’altro occhio in misura compresa tra il 30 e il 50%.
Il papilledema è una condizione in cui entrambi i nervi ottici appaiono rigonfi a causa di un’aumentata pressione all’interno del cervello (dovuta, per esempio, a tumori ed emorragie). Si tratta di una patologia che colpisce il nervo ottico a causa dell’aumento della pressione non celebrale, ma dell’occhio: è il glaucoma, che comporta caratteristici deficit del campo visivo e un tipico aspetto della papilla ottica, che accresce la sua normale caratteristica a forma di coppa. L’escavazione aumenta in ragione della progressione della patologia.
Cos’è l’atrofia ottica?
L’atrofia ottica è un segno importante di malattia del nervo ottico in fase avanzata o di patologie delle vie ottiche. Ad esempio, il glaucoma in fase terminale è caratterizzato proprio dall’atrofia ottica.
Si può rigenerare il nervo ottico?
Allo stato attuale delle ricerche non si può rigenerare una volta che è stato lesionato. Tuttavia sono in corso diversi studi che, in futuro, potrebbero avere sviluppi positivi.
In sintesi gli approcci adottati dai ricercatori a livello sperimentale – generalmente consistenti in test condotti su cavie animali – sono: 1) massimizzare il potenziale intrinseco della capacità di crescita delle cellule ganglionari retiniche; 2) disattivare i fattori inibitori estrinseci che ne impediscono la rigenerazione; 3) ottimizzare la connessione degli assoni rigenerati (reinnervazione). [1]
Ci sono esempi, nel regno animale, di rigenerazione del nervo ottico (in particolare vengono studiati i pesci zebra). Tuttavia nell’uomo non si è ancora ottenuto alcun risultato analogo. [2]
[1] Per una rassegna retrospettiva degli studi si veda la seguente pubblicazione: Chun BY, Cestari DM, “Advances in experimental optic nerve regeneration“, Curr Opin Ophthalmol. 2017 Nov;28(6):558-563. doi: 10.1097/ICU.0000000000000417
[2] Si legga, ad esempio, Madelaine R, Mourrain P, “Endogenous retinal neural stem cell reprogramming for neuronal regeneration“, Neural Regen Res. 2017 Nov;12(11):1765-1767. doi: 10.4103/1673-5374.219028
Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
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Pagina pubblicata il 23 gennaio 2009. Ultimo aggiornamento: 28 gennaio 2019.
Ultima revisione scientifica: 13 maggio 2016.
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