Degenerazione maculare legata all’età (AMD o DMLE)

I tuoi occhi

Malattie oculari

Degenerazione maculare legata all’età (AMD o DMLE)

Cos’è?

AMDCon l’espressione “degenerazione maculare” si indica una malattia che colpisce la zona centrale della retina (la macula), provocando tutta una serie di alterazioni anatomiche e funzionali, in grado di portare ad una perdita della visione centrale. La patologia viene spesso indicata come degenerazione maculare legata all’età (AMD o DMLE), perché si manifesta principalmente in soggetti con età superiore ai 60 anni.

Cosa provoca?

È causa di un’importante e irreversibile riduzione della funzionalità visiva a livello del campo visivo centrale. Il fenomeno correlato più comune è il processo d’invecchiamento dell’occhio: la macula, contenente numerosi fotorecettori (vi sono concentrati i coni), si altera sino a perdere le sue caratteristiche. Ciò è dovuto alla morte delle cellule retiniche, che può essere lenta e progressiva oppure più rapida e drammatica.

Quant’è diffusa?

La degenerazione maculare legata all’età (AMD o DMLE) è attualmente considerata la prima causa di cecità centrale nei Paesi di maggior benessere e la terza in assoluto. Indicativamente il 5% della cecità mondiale è attribuibile all’AMD, una percentuale che sale però al 41% nei Paesi benestanti. Inoltre è un’importante causa d’ipovisione.

degenerazione maculare Si prevede che, nel 2020, circa 196 milioni di persone saranno colpite da degenerazione maculare legata all’età, una cifra che probabilmente è destinata a crescere con l’invecchiamento demografico mondiale (soprattutto nei Paesi di maggior benessere).

L’incidenza dell’AMD è rara prima dei 55 anni, ma aumenta soprattutto dopo i 75 anni. La forma più grave della malattia, detta “umida”, è meno frequente e a più rapida evoluzione ma attualmente è l’unica considerata trattabile.

Quali sono i suoi sintomi?

I sintomi iniziali della degenerazione maculare può essere una distorsione delle immagini nella parte centrale del  campo visivo (dove si punta lo sguardo). Altri sintomi piuttosto comuni sono: diminuzione dell’acuità visiva, difficoltà nella lettura e nello svolgimento di attività a distanza ravvicinata (in cui è richiesta la visione dei piccoli dettagli), necessità di utilizzare una fonte di luce sempre più intensa per vedere da vicino, perdita della brillantezza dei colori, difficoltà a riconoscere i volti delle persone, difficoltà nell’adattamento al buio. La degenerazione maculare comporta dunque una severa penalizzazione visiva, ma è bene sottolineare che essa (anche nei casi più gravi), non provoca la cecità totale, in quanto la visione paracentrale e quella laterale vengono solitamente conservate. Comunque si tratta di una patologia fortemente invalidante, che può avere anche gravi ripercussioni sul piano psicologico.

CAUSE

L’eziologia dell’AMD non è stata tuttora dimostrata, ma sono stati evidenziati numerosi fattori di rischio associati alla sua comparsa, quali:

  • età superiore ai 55 anni;
  • sesso (le donne sono maggiormente predisposte a sviluppare la malattia);
  • fumo di sigaretta;
  • abuso di alcol;
  • diabete mellito;
  • vita sedentaria;
  • dieta povera di vitamine e acidi grassi (in particolare omega-3);
  • ipertensione arteriosa;
  • disturbi della coagulazione;
  • esposizione prolungata e ripetuta a sorgenti di luce molto intense.

Inoltre è ormai acclarata la familiarità come principale fattore di rischio nello sviluppo della malattia da parte di soggetti con parenti di primo grado che ne sono affetti (l’origine è infatti genetica). [1]

Numerosi sono i fattori genetici che sono stati associati a un incremento del rischio di sviluppare la maculopatia. Tra questi vi sono soprattutto i geni CFH e ARMS2: in particolare la variante del gene CFH (chiamata rs1061170) è stata associata a un aumento di almeno cinque volte del rischio di ammalarsi di AMD.

Tra l’altro è possibile effettuare un test genetico mediante tampone orale per conoscere il rischio di ammalarsi di AMD, ma la sua affidabilità non è ancora molto alta [2]. Uno studio pubblicato a novembre del 2012 individua, inoltre, un meccanismo genetico che, provocando l’aumento dell’espressione di una proteina nella retina (IL17RC), promuoverebbe l’infiammazione della macula e l’attacco, da parte di cellule del proprio sistema immunitario, delle sue stesse cellule (che di conseguenza muoiono).

CLASSIFICAZIONE

Esistono due forme di degenerazione maculare legata all’età (detta anche degenerazione maculare senile), entrambe associate ad alterazioni del microcircolomacula capillare, tipiche dell’età avanzata: la forma secca (o atrofica) e quella umida (o essudativa); queste andrebbero considerate come due patologie distinte, poiché le loro prognosi ed eventuali terapie sono del tutto diverse.

La forma secca o atrofica (85-90% dei casi) è caratterizzata da un assottigliamento progressivo della retina centrale, che risulta scarsamente nutrita dai capillari (poco efficienti) e, di conseguenza, si atrofizza (muoiono le cellule nervose fotosensibili), determinando la formazione di una cicatrice in sede maculare con un aspetto detto a “carta geografica” (areolare).

L’altra forma di degenerazione maculare, quella più grave e a più rapida evoluzione, è detta umida o essudativa (10-15% dei casi): è complicata dalla formazione di nuovi capillari con una parete molto fragile. Questi vasi sono permeabili al plasma (la parte liquida del sangue) e possono dare origine, quindi, a distacchi sierosi dell’epitelio pigmentato retinico e, nei casi più avanzati, si possono rompere facilmente, provocando un’emorragia retinica. I ripetuti episodi emorragici e di riparazione tissutale sono responsabili della formazione di una cicatrice centrale più o meno esuberante.

Entrambe le forme di degenerazione maculare si accompagnano, a livello maculare, alle drusen, ossia a corpi colloidi: si tratta di depositi di “scarto” di forma irregolarmente rotondeggiante, situati sotto la retina (depositi subepiteliali piccoli e polimorfi). Se ne possono distinguere essenzialmente due tipi: hard drusen (meno gravi) e soft drusen (potenzialmente più nocive per la vista). degenerazione maculare legata all'età

La cosiddetta fase delle drusen è generalmente priva di sintomi e solitamente non dà origine a riduzione dell’acutezza visiva. A volte si può presentare tuttavia una distorsione centrale delle immagini, principalmente delle linee rette (metamorfopsie).

Secondo uno studio pubblicato su Jama Ophthalmology il 2 aprile 2015, l’età senile e la mutazione di due alleli (CFH e ARMS2) sono i due principali fattori di rischio associati allo sviluppo di accumuli proteici:

La copresenza di drusen medie e di anomalie nell’epitelio pigmentato retinico è segno di un rischio maggiore di progressione dell’AMD avanzata rispetto alla sola presenza delle drusen di medie dimensioni.

DIAGNOSI

La diagnosi di degenerazione maculare può essere fatta dall’oculista a seguito di una visita completa. In particolare lo specialista dovrà: raccogliere l’anamnesi del paziente (in modo da rilevare la presenza di eventuale familiarità per la malattia e risalire all’epoca d’insorgenza dei primi disturbi visivi); misurare l’acuità visiva (sia da lontano che da vicino); eseguire l’esame del fondo oculare, che consiste nell’osservare la retina centrale (macula) e quella periferica, tramite l’utilizzo di uno strumento detto oftalmoscopio e apposite lenti (dopo aver dilatato le pupille). Oftalmoscopicamente le drusen appaiono come piccoli depositi di colore giallastro.

Un esame molto facile da eseguire ed utilissimo per monitorare nel tempo l’evoluzione della patologia è il reticolo di Amsler (una griglia a quadretti con un punto centrale), che consente di riconoscere distorsioni o zone cieche centrali. Uno dei sintomi della malattia è, infatti, una distorsione delle linee rette (righe di un quaderno, linee formate dalle mattonelle del pavimento) in prossimità del centro del campo visivo. In presenza di tali alterazioni visive, è importante sottoporsi al più presto ad un controllo medico oculistico per una diagnosi precisa.

In alcuni casi, per meglio inquadrare la situazione clinica, l’oculista può richiedere anche degli esami diagnostici strumentali, quali: l’OCT (tomografia a coerenza ottica),, l’angio-OCT, l’angiografia con fluoresceina (FAG) e l’angiografia al verde di indocianina (ICG). L’OCT permette di studiare le alterazioni ultrastrutturali retiniche nelle fasi precoci della malattia, visualizzando e misurando lo spessore della retina e dei singoli strati retinici; l’angio-OCT ,consente di studiare i vasi retinici  senza utilizzare il mezzo di contrasto; l’angiografia con fluoresceina e quella al verde di indocianina,  consentono di ottenere immagini molto dettagliate della circolazione sanguigna, sia della retina che della coroide, dopo aver iniettato in vena un mezzo di contrasto.

Tali indagini sono utili allo specialista per fare la diagnosi e studiare l’evoluzione della malattia nel tempo, oltre a essere una guida preziosa per un eventuale trattamento.

Trattamenti 

A seconda che si tratti della forma secca oppure di quella umida l’approccio è differente. Le forme secche sono considerate ancora oggi incurabili; tuttavia potrebbe essere possibile, una volta diagnosticata, rallentarne almeno in parte l’evoluzione (ad esempio mediante un corretto stile di vita che va da esercizi fisici regolari a una dieta variata), anche se la questione resta scientificamente controversa. Inoltre esistono alcuni casi in cui le forme secche evolvono in quelle umide.

Alcuni ricorrono a integratori alimentari a base di sostanze antiossidanti, che potrebbero aiutare a combattere la formazione dei radicali liberi e l’ischemia del tessuto retinico maculare (ossia la sua morte dovuta alla riduzione o all’arresto dell’apporto di sangue alla retina). Quelli più comunemente utilizzati sono la luteina, le vitamine A ed E, i sali minerali (quali lo zinco, il rame e il selenio) e gli antiossidanti vegetali (quali la zeaxantina e l’astaxantina). Tuttavia la loro possibile efficacia è stata ridimensionata dallo studio AREDS2.

La terapia fotodinamica (PDT)

La forma umida (essudativa) è stata trattata, soprattutto in passato (oggi si predilige l’uso delle iniezioni intravitreali con farmaci anti-vegf), con la terapia fotodinamica, attuata mediante un tipo particolare di laser, previa iniezione endovenosa di una sostanza chiamata verteporfina. Tale trattamento laser, consente l’occlusione selettiva dei nuovi vasi (crea dei trombi che chiudono i capillari nocivi), cercando di bloccare l’evoluzione della malattia.. Il trattamento può essere ripetuto nel tempo se la malattia dovesse ripresentarsi a distanza di mesi (recidiva).

Le iniezioni intravitreali

Attualmente il trattamento di prima scelta per la maculopatia essudativa è rappresentato dalle iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF. Si tratta di sostanze che agiscono inibendo la proliferazione di nuovi vasi sanguigni della retina (azione antiangiogenica), che provocano la comparsa di membrane sottoretiniche e di sanguinamenti. Questi farmaci, pegaptanib sodico,  bevacizumab[3], ranibizumab [4], aflibercept, e brolucizumab (sono i nomi dei principi attivi), permettono solitamente di ottenere dei buoni risultati nella cura delle degenerazioni maculari essudative, cercando di rallentare/bloccare la malattia e mirando ad ottenere una stabilizzazione del visus del paziente.

La loro somministrazione deve essere effettuata in ambiente sterile e affinché il trattamento possa essere efficace va ripetuto per alcuni mesi. Se, invece, non dovessero esserci benefici o  le corrette indicazioni, ovviamente la somministrazione delle iniezioni dovrà essere sospesa.

Ricerche scientifiche relative ai primi farmaci anti-VEGF utilizzati per la maculopatia essudativa

In concomitanza all’utilizzo dei primi farmaci anti-vegf somministrati per via intravitreale, sono state condotte una serie di ricerche scientifiche per verificarne l’efficacia e la sicurezza. In particolare, una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine [5] nel 2011, è giunta alla conclusione che, a distanza di un anno dall’inizio del trattamento con iniezioni intravitreali, le due molecole generalmente utilizzate (soprattutto all’inizio) contro l’AMD umida (bevacizumab e ranibizumab) avevano i medesimi effetti sull’acuità visiva. “Test clinici – puntualizzano i ricercatori dello studio chiamato CATT (Comparison of Age-related Macular Degeneration Treatments Trials) – hanno stabilito l’efficacia del ranibizumab per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età (AMD) neovascolare. Inoltre il bevacizumab viene usato off-label (ossia esulando dalle indicazioni del foglietto illustrativo, ndr) per trattare l’AMD, nonostante l’assenza di analoghi dati a supporto”. In Italia può essere utilizzato come off-label ossia andando oltre le indicazioni contenute nel foglietto illustrativo stesso.

Durante lo studio citato, condotto su 1208 pazienti affetti da AMD neovascolare, “sono state somministrate iniezioni intravitreali di ranibizumab o di bevacizumab in base a una cadenza mensile oppure al bisogno con valutazione mensile. Il risultato primario è stato un cambiamento medio nell’acuità visiva a un anno, con un limite non inferiore di 5 lettere [guadagnate] sull’ottotipo”. Come risultati – prosegue il New England Journal of Medicine – bevacizumab somministrato mensilmente è stato equivalente al ranibizumab somministrato mensilmente, rispettivamente con 8,0 e 8,5 lettere guadagnate“. Inoltre, proseguono i ricercatori, “la diminuzione media dello spessore retinico centrale è stata maggiore nel gruppo del ranibizumab mensile (196 µm) rispetto agli altri gruppi (da 152 a 168 µm)”. In conclusione, si legge ancora sulla prestigiosa pubblicazione britannica, “ad un anno il bevacizumab e il ranibizumab hanno avuto effetti equivalenti sull’acuità visiva quando somministrati secondo lo stesso protocollo. Il ranibizumab somministrato al bisogno, con una valutazione mensile, ha avuto effetti sulla visione equivalenti a quelli del ranibizumab somministrato mensilmente”. Tuttavia, conclude il CATT, “le differenze nell’incidenza di seri effetti collaterali richiedono ulteriori studi”.

Il 2 maggio 2012 la rivista Ophthalmology (rivista dell’Accademia Americana di Oftalmologia) ha pubblicato on-line uno studio (a firma degli stessi ricercatori del CATT) in cui si concludeva quanto segue: “In un periodo di due anni il ranibizumab e il bevacizumab hanno effetti simili sull’acuità visiva”. Lo studio – multicentrico (condotto in diverse università americane e presso il National Eye Institute statunitense) e randomizzato (ossia il trattamento è stato scelto casualmente) – è stato condotto su 1107 pazienti affetti da degenerazione maculare correlata all’età di tipo neovascolare. Anche l’American Academy of Ophthalmology ha dato risalto alla notizia nel proprio sito ufficiale, specificando tra l’altro che “nello studio biennale i tassi di gravi eventi come l’ictus, l’infarto e il decesso sono stati simili in chi ha ricevuto uno dei due farmaci”. Come avvenuto il primo anno – scrive ancora l’AAO – anche nel secondo si è manifestata una percentuale più alta di effetti collaterali non specifici gravi nei pazienti a cui veniva somministrato bevacizumab (40%) rispetto a quelli trattati con ranibizumab (32%). “I ricercatori, osserva ancora l’American Academy of Ophthalmology, sostengono che l’importanza degli effetti collaterali non è chiara; tuttavia potrebbe essere correlata al fatto che l’età media dei pazienti del CATT era di 80 anni, una fascia della popolazione in cui le malattie croniche o acute sono più comuni e ci si attende un tasso di ospedalizzazione più elevato”.

In un altro studio pubblicato nel 2013 sempre su Ophthalmology i ricercatori scrivono che entrambi i principi attivi (ranibizumab e bevacizumab) “sono trattamenti molto efficaci nel preservare l’acuità visiva (VA) nelle persone con degenerazione maculare correlata all’età (AMD)” [6].

Nelle conclusioni di una ricerca pubblicata on-line su Retina il 7 agosto 2014 si legge: “Il bevacizumab e il ranibizumab hanno avuto un’efficacia equivalente sulla migliore acuità visiva corretta nel trattamento della degenerazione maculare legata all’età. Il ranibizumab ha avuto la tendenza a consentire un miglior risultato anatomico. Non ci sono state differenze tra i due farmaci nei tassi di mortalità, di eventi aterotrombotici o di eventi trombotici venosi”; ma saranno necessari ulteriori studi per averne ulteriori conferme [7].

Evoluzione dei farmaci anti-VEGF 

Il primo farmaco anti-VEGF ad essere introdotto e approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) è stato il Pegaptanib nel 2004. Tuttavia, in relazione alla limitata percentuale di pazienti con un significativo miglioramento dell’acuità visiva, questo trattamento è stato poi superato dall’uso di farmaci più efficaci, quali Ranibizumab, Bevacizumab e Aflibercept. La molecola del Ranibizumab si è dimostrata essere piuttosto efficace in termini di mantenimento dell’acuità visiva del paziente, garantendo inoltre un’elevata sicurezza locale e sistemica. Il Bevacizumab è una molecola più grande, utilizzata comunque per il trattamento della AMD neovascolare come molecola alternativa e più economica rispetto ad altre. Il trattamento con i suddetti farmaci intravitreali prevede un’iniezione al mese per i primi 3 mesi, ed eventuali successive somministrazioni in base alla risposta del paziente.
Una relativamente nuova risorsa è rappresentata dall’Aflibercept, molecola per la quale è suggerito un regime di trattamento con iniezioni intravitreali mensili per i primi tre mesi, seguite da iniezioni ogni 8 settimane.
Sempre nell’ambito dei farmaci anti-VEGF, come nuova cura (ottobre 2019) per il trattamento della AMD neovascolare, è stato approvato da parte della FDA il Brolucizumab. Tale approvazione è poi giunta anche per l’Europa nel 2020. Si tratta di una nuova molecola, che si è dimostrata di pari efficacia rispetto all’Aflibercept, per il cui utilizzo è prevista sempre una somministrazione intravitreale mensile per i primi tre mesi (dose di carico), per poi passare ad un intervallo di trattamento ogni 12 settimane.

Infine, a Settembre 2022 la Commissione europea (CE) ha approvato Faricimab come nuovo farmaco per il trattamento della AMD umida. Il consenso informato della SOI cita: “Il trattamento della degenerazione maculare senile umida con Faricimab prevede iniezioni intravitreali ripetute a distanza di un mese per i primi 4 mesi. Successivamente, sulla base degli esiti anatomici e/o visivi a giudizio del medico oculista tra 20 e 24 settimane dopo l’inizio del trattamento, si raccomanda una valutazione dell’attività della malattia in modo da potere personalizzare la terapia. Nei pazienti senza attività di malattia, deve essere considerata la possibilità di somministrare faricimab ogni 16 settimane (4 mesi). Nei pazienti con attività di malattia, deve essere considerato il trattamento ogni 8 settimane (2 mesi) o 12 settimane (3 mesi). Esistono dati di sicurezza limitati per intervalli tra le iniezioni pari o inferiori a 8 settimane”.

Prospettive future di trattamento dell’AMD 

Una delle possibili prospettive future della terapia potrà essere basata su studi a carattere genetico. Inoltre, molto promettente è l’impiego di cellule staminali (in particolare quelle adulte riprogrammate), con cui negli anni a venire si potrà probabilmente rigenerare la retina. Risultati incoraggianti sono stati ottenuti, ad esempio, nel caso dell’AMD secca negli USA (approfondisci).

Altri gruppi di ricerca si stanno concentrando sugli accumuli proteici dannosi per la retina (drusen), cercando di rendere più efficiente la loro rimozione (autofagia). Tali meccanismi, tuttavia, necessitano di ulteriori studi.Bisogna però considerare che, essendo l’AMD una malattia retinica dovuta a diversi fattori, una cura risolutiva (specialmente per la forma secca) non è facile da mettere a punto.

In ambito riabilitativo, si sta utilizzando con un certo successo la tecnica del biofeedback, che consiste nella fotostimolazione neuronale dei recettori retinici attraverso degli spot di luce ad una particolare frequenza, emessi da dispositivi dedicati. Il biofeedback, viene effettuato nella riabilitazione dei pazienti con maculopatia in modo da aumentare la stabilità della fissazione e potenziare l’acutezza visiva. Utili anche gli ausili per gli ipovedenti quali i videoingranditori (disponibili oggi in molti centri ospedalieri). E’ importante diagnosticare precocemente i primi sintomi della degenerazione maculare legata all’età, in modo da attuare le misure preventive più idonee. Tuttavia i pazienti devono comprendere che si tratta di una patologia degenerativa e che, come tale, può lentamente aggravarsi nel tempo; talvolta tutte le terapie effettuate potrebbero non essere sufficienti e, quindi, è il caso di non avere aspettative eccessive.

UN CORRETTO STILE DI VITA: ALIMENTAZIONE VARIA, NIENTE FUMO E PIU’ ESERCIZIO FISICO

alimentazione sanaAll’aumentare dell’incidenza della degenerazione maculare legata all’età è cresciuto anche il numero degli studi effettuati.

Eliminare il fumo è la prima buona pratica di vita. Inoltre controlli accurati del sistema cardiovascolare sono assolutamente raccomandabili. È stato stimato che in chi fuma il rischio di essere colpiti da AMD aumenta fino a tre volte. [14]

Non va assolutamente trascurato l’esercizio fisico moderato, importante ad ogni età. Numerosi studi hanno ipotizzato, infatti, che per chi lo pratica regolarmente sia più difficile essere colpiti dalla degenerazione maculare legata all’età o, se questo avviene, la sua evoluzione è generalmente più lenta. Infine, non bisogna assolutamente trascurare il fatto che i raggi ultravioletti possano contribuire a danneggiare la macula: specialmente se si sono avuti altri casi di AMD in famiglia, bisogna prestare più attenzione al corretto uso di occhiali scuri con lenti a norma di legge (vedi consigli utili). Uno dei principali fattori di rischio potrebbe proprio essere l’esposizione prolungata e cumulativa ai raggi ultravioletti, oltre naturalmente all’età, dunque può essere importante far uso di filtri di buona qualità.

Leggi l’opuscolo sull’AMD

Carta dei diritti del paziente colpito da maculopatia.

 

[1] Nei familiari di primo grado malati di AMD il rischio di svilupparla è superiore, rispetto alla popolazione generale, dalle 3 alle 6 volte. Esistono indicativamente cinque categorie di geni coinvolti: quelli che controllano l’infiammazione e la risposta cellulare, il metabolismo e il trasporto
dei lipidi, la matrice extracellulare e l’adesione cellulare, l’angiogenesi e la risposta allo stress cellulare.

[2] è stimata attorno al 75%

[3] L’Avastin, originariamente sintetizzato come principio attivo di un trattamento antitumorale (contro il cancro del colon retto), è stato poi impiegato anche per altri scopi, compresi quelli oftalmici, vista la sua proprietà di inibire la proliferazione incontrollata dei vasi retinici dannosi. Viene utilizzato esclusivamente a scopi di ricerca; ad uso oftalmico è impiegato in Italia solo come off-label, ossia esulando delle indicazioni terapeutiche riportate nel foglietto illustrativo.

[4] nome commerciale Lucentis

[5] “Ranibizumab and Bevacizumab for Neovascular Age-Related Macular Degeneration”, The CATT Research Group, N Engl J Med. 2011 Apr 28., e-pub. Lo studio è stato finanziato dal National Eye Institute (ClinicalTrials.gov number, NCT00593450).

[6] Glenn J. Jaffe, Daniel F. Martin, Cynthia A. Toth, Ebenezer Daniel, Maureen G. Maguire, Gui-Shuang Ying, Juan E. Grunwald, Jiayan Huang, “Macular Morphology and Visual Acuity in the Comparison of Age-related Macular Degeneration Treatments Trials”, Comparison of Age-related Macular Degeneration Treatments Trials Research Group, Ophthalmology– September 2013 (Vol. 120, Issue 9, Pages 1860-1870, DOI: 10.1016/j.ophtha.2013.01.073)

[7] Chen G, Li W, Tzekov R, Jiang F, Mao S, Tong Y, “Bevacizumab versus ranibizumab for neovascular age-related macular degeneration: a meta-analysis of randomized controlled trials”, Retina, 2014 Aug 7 (Epub ahead of print)

[8] Si veda ad esempio: Evans JR et al, “28,000 cases of age related macular degeneration causing visual loss in people aged 75 years and above in the UK may be attributable to smoking”, British Journal of Ophthalmology (2005)

Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus

Leggi le condizioni generali di consultazione di questo sito

Pagina pubblicata il 31 luglio 2007. Ultimo aggiornamento: 14/02/2023

Ultima revisione scientifica: 14/02/2023 

Contatta l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
 
Il Numero Verde di consultazione oculistica è attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13.
Scrivi nel Forum: un medico oculista ti risponderà gratuitamente.

Retinopatia miopica

I tuoi occhi

Malattie oculari

Retinopatia miopica

Cos’è?

retinopatia miopica La retinopatia miopica è una patologia della retina tipica delle persone affette da miopia elevata (errore refrattivo > – 6 diottrie o lunghezza assiale > 26,5 mm). La gravità delle alterazioni retiniche aumenta al crescere del vizio refrattivo. Alcune alterazioni tipiche di questi occhi si possono trovare, comunque, anche in persone con una lieve miopia o persino emmetropi (prive di difetti visivi); dunque sono sempre consigliabili visite oculistiche periodiche di controllo.

Da cosa è causata? 

Distacco di retina 

Nella miopia l’occhio è più allungato rispetto alla norma, proporzionalmente al difetto refrattivo, provocando una serie di alterazioni anatomiche, a carico di sclera, coroide, retina e disco ottico.. La retina, in particolare, subisce degli stiramenti con formazione di  lesioni in periferia (piccoli fori, anche microscopici),  in quanto non riesce ad adattarsi bene all’allungamento del bulbo. Tale processo di “stiramento” coinvolge anche la coroide, provocando un assottigliamento del complesso vascolare coroideale e rendendo il tessuto retinico meno irrorato per mezzo dei vasi sanguigni. L’ipossia retinica, in seguito, può portare al rilascio del fattore di crescita endoteliale vascolare, che fa da mediatore per lo sviluppo di neovasi a livello della coroide (CNV). A livello della retina periferica, il processo di assottigliamento del bulbo, può indurre tutta una serie di processi degenerativi, con formazione di piccoli fori, rotture, fino ad arrivare alla complicanza più grave: il distacco di retina.

A che età può presentarsi?

In genere la miopia insorge in età scolare, aumenta nel periodo dello sviluppo e tende a stabilizzarsi intorno ai 20-25 anni, aumentando solo lievemente dopo quell’età. La miopia patologica o degenerativa, invece, insorge già nei bambini piccoli (tipicamente a 2-3 anni d’età) e progredisce col passare degli anni arrivando anche a valori molto elevati (ad esempio 30 diottrie), poiché il bulbo oculare continua ad allungarsi in modo patologico (anche al termine del periodo di crescita), arrivando a compromettere l’integrità di tutte le strutture anatomiche. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, tutta la serie di processi descritti relativi alla miopia patologica, conducono ad un importante deterioramento dell’ acuità visiva, colpendo spesso i pazienti durante l’età lavorativa e impedendo loro di svolgere anche le più semplici attività quotidiane.

Ci sono forme di prevenzione?

La miopia è dovuta sia a fattori ereditari che a fattori ambientali. È necessario, quindi, far crescere i bambini all’aria aperta, evitare che leggano o giochino in condizioni di scarsa luminosità e bisogna seguire uno stile alimentare (a tutte le età), prediligendo le sostanze antiossidanti. L’assunzione d’integratori alimentari retinici – tra cui la mirtillina – rappresenta una forma di prevenzione importante soprattutto per la protezione dei vasi.

Quali sono le terapie esistenti?

Non esiste una terapia medica che curi la retinopatia miopica. Al contrario, si possono curare le complicanze che insorgono nella retina di un occhio miope, intervenendo in base alle degenerazioni o lesioni che si vengono ad instaurare. Le rotture, i fori e le aree di maggior assottigliamento retinico (degenerazioni regmatogene) vengono trattate con il laser argon. Contro la formazione di nuovi vasi sottoretinici in zona maculare (CNV), la terapia fotodinamica (PDT) si è dimostrata efficace, soprattutto in passato, così come anche (più di recente) l’utilizzo di iniezioni intravitreali di farmaci detti antiangiogenici (o anti-VEGF, che inibiscono la proliferazione di vasi retinici indesiderati).

Si può diventare ciechi a causa della retinopatia miopica?

No, anche se può comportare una minorazione visiva rilevante a causa delle sue complicanze (come la neovascolarizzazione coroideale, detta CNV). La CNV può avere un’evoluzione lenta; infatti, dopo un brusco peggioramento iniziale della vista si può assistere a un miglioramento dovuto alla riduzione dei fenomeni emorragici ed essudativi e all’instaurarsi di una fissazione non più centrale, mantenendo quindi una discreta visione anche al termine della sua evoluzione.

Quando il processo di neovascolarizzazione  va incontro a cicatrizzazione si può osservare uno scotoma (macchia scura) che col tempo può allargarsi, con conseguente diminuzione della vista sino alla cecità legale ). Altra causa di minorazione visiva può essere lo stafiloma miopico, generalmente presente in giovane età, la cui gravità può aumentare negli anni; la prognosi visiva dipende però dalla sua localizzazione. Infatti, quando lo stafiloma è centrale, nel 50% dei casi il paziente diventa legalmente cieco dopo i 60 anni.

Alterazioni dovute alla retinopatia miopica:

  1. Stafiloma miopico: si osserva con l’esame del fondo oculare. È localizzato a livello della zona posteriore del bulbo (polo posteriore). È presente in giovane età e consiste in uno sfiancamento posteriore del bulbo, che lascia intravedere i vasi sanguigni della sottostante coroide (strato intermedio dell’occhio posto tra la retina e la sclera); si può associare a un’atrofia dell’epitelio pigmentato retinico (strato esterno della retina neurosensoriale, attaccato alla coroide, che nutre le cellule visive).
  2. Distrofia e atrofia corioretinica: è causata dall’assottigliamento dell’epitelio pigmentato retinico che rende visibile la vascolarizzazione coroideale. Si creano, in pratica, delle isole di atrofia corio-capillare completa, più o meno confluenti e attraversate da vasi coroideali profondi ben visibili sullo strato bianco-giallastro della sclera. In base alla loro localizzazione (in particolare se coinvolgono la fovea), sono causa di deterioramento funzionale più o meno grave, sino a poter indurre anche l’abolizione completa della visione centrale.
  3. Tilted discè caratterizzato da uno stafiloma decentrato. Il nervo ottico appare di forma ovale con un maggiore asse orizzontale. Si può riscontrare anche in miopie inferiori a 6 diottrie, ma spesso si associa a un astigmatismo.
  4. Rotture membrana di Bruch: si evidenziano maggiormente negli occhi con una lunghezza assiale superiore a 26 mm. All’esame del fondo oculare appaiono come linee giallastre. Possono essere prive di sintomi o si possono accompagnare ad emorragie sottoretiniche tondeggianti, piccole e a contorni ben definiti. Se presenti a livello foveale (zona centrale della macula) provocano una riduzione della vista.
  5. Neovascolarizzazione coroideale (CNV): è la complicanza più temibile. Si presenta come una lesione grigiastra al polo posteriore come conseguenza di una rottura della membrana di Bruch. È caratterizzata da essudazione ed emorragie retinica. Provoca visione distorta, annebbiamento e scotoma centrale (zona di non visione al centro del campo visivo).
  6. Distacco di retinapuò essere posteriore, partendo da un foro maculare o si può originare da una rottura retinica periferica.
  7.  

 

Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus 
Leggi le condizioni generali di consultazione di questo sito

Pagina pubblicata il 14 maggio 2009. Ultimo aggiornamento:15/12/2022

Ultima revisione scientifica: 15/12/2022

Contatta l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
 
Il Numero Verde di consultazione oculistica è attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13.
Scrivi nel Forum: un medico oculista ti risponderà gratuitamente.

Retinoblastoma

I tuoi occhi

Malattie oculari

Retinoblastoma

Cos’è?

retinoblastoma

Il retinoblastoma è il tumore maligno oculare più frequente in età pediatrica e rappresenta il 4% dei tumori pediatrici. Statisticamente colpisce annualmente la retina di un bambino ogni ventimila nati vivi; può svilupparsi sia in un solo occhio (60% dei casi) che in entrambi (40% dei casi). I primi segni e sintomi sono riscontrati in bambini di età inferiore ai 3 anni; le diagnosi dopo i 6 anni sono piuttosto rare. Nel 40% dei casi ha un’origine ereditaria. In Italia, come nel resto dei paesi industrializzati, la sopravvivenza dei pazienti affetti da retinoblastoma supera il 95%, mentre nei paesi in via di sviluppo si aggira intorno al 50%. Tale differenza è strettamente correlata ad una diagnosi precoce e all’utilizzo di trattamenti adeguati, maggiormente disponibili nei paesi più industrializzati.

Da cosa è causato?

Da una mutazione del gene oncosoppressore RB1, che comporta la proliferazione incontrollata di cellule e lo sviluppo del tumore all’interno dell’occhio. La mutazione può essere trasmessa per via ereditaria o insorgere spontaneamente (mutazione sporadica).

Quali sono i sintomi?

Purtroppo, è in genere privo di sintomi, per cui spesso viene diagnosticato tardivamente. Il segno più frequente è la leucocoria ovvero un riflesso bianco nella pupilla simile a una piccola macchia dovuto alla massa tumorale che si sviluppa all’interno della camera vitrea. Frequente è anche lo strabismo (la deviazione di uno o entrambi gli occhi verso l’interno o verso l’esterno).

Come si effettua la diagnosi?

Inizialmente attraverso l’esame del fondo oculare. In seconda battuta è fondamentale che i bambini siano sottoposti ad ecografia oculare; talvolta, nei centri ad alta specializzazione vengono sottoposti anche a fluorangiografia. È importante sempre che gli esami siano eseguiti in tutti e due gli occhi, in quanto le forme inizialmente unilaterali possono poi coinvolgere anche l’altro occhio. Il bambino deve essere sottoposto, se possibile, a TAC e Risonanza Magnetica per valutare il coinvolgimento del nervo ottico e/o la presenza di eventuali metastasi.

Quali sono le terapie disponibili?

Attualmente esistono dei protocolli terapeutici stabiliti dalla comunità scientifica che impongono determinati trattamenti a seconda dello stadio della malattia. I trattamenti locali includono: fotocoagulazione laser, crioterapia, termoterapia transpupillare e brachiterapia (applicazione di placche radioattive). A questi trattamenti viene associata attualmente una chemioterapia per via sistemica. Negli ultimi tempi si sta affermando l’utilizzo di chemioterapia per via arteriosa, attraverso l’arteria oftalmica. Purtroppo nelle forme più avanzate di malattia è necessario rimuovere chirurgicamente il bulbo oculare malato (enucleazione).

Con che frequenza bisogna fare visitare i malati?

I bambini affetti da retinoblastoma devono essere seguiti con controlli in tempi molto ravvicinati per via della velocità di progressione della malattia e, anche dopo essere stati curati, devono essere sottoposti a controlli semestrali per i primi 5 anni dalla fine della terapia.

Approfondisci

Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus 
Leggi le condizioni generali di consultazione di questo sito

Pagina pubblicata il 12 dicembre 2007. Ultimo aggiornamento: 15 febbraio 2019. 

Ultima revisione scientifica:02/11/2022

Contatta l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
 
Il Numero Verde di consultazione oculistica è attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13.
Scrivi nel Forum: un medico oculista ti risponderà gratuitamente.

Fondo oculare

I tuoi occhi

Esami e interventi

Fondo oculare

fondo oculare

Cos’è?

L’esame del fondo oculare (detto anche fundus oculi o oftalmoscopia) è un esame  diagnostico che viene utilizzato per visualizzare le strutture interne del bulbo,  ovvero il corpo vitreo, la testa del nervo ottico, la retina centrale (la macula) e la retina periferica.

Come si esegue?

Si effettua dopo aver dilatato la pupilla mediante instillazione di speciali colliri (detti midriatici). Si esegue in ambiente scarsamente illuminato, seduti o distesi. Si tratta di un esame non invasivo né doloroso, il paziente potrebbe però avvertire un lieve fastidio, dovuto all’abbagliamento provocato dal fascio di luce indirizzato nell’occhio durante l’esplorazione.

Con quali strumenti si effettua?

Con uno strumento chiamato “oftalmoscopio”.

L’oftalmoscopio diretto è un apparecchio simile ad una torcia, munito di una sorgente luminosa posizionata nella testina e di un sistema di lenti in grado di correggere eventuali vizi refrattivi del paziente o dell’esaminatore.   Consente di ottenere un’immagine del fondo oculare diritta (non capovolta), con un discreto ingrandimento e buona percezione dei dettagli; il campo d’osservazione non è molto ampio, consente infatti una buona visualizzazione della parte centrale della retina, non si riesce invece ad apprezzare la periferia retinica. L’oftalmoscopio indiretto è uno strumento che viene posizionato sul capo dell’esaminatore, provvisto a sua volta di un sistema di illuminazione. Consente di avere una visualizzazione della retina molto più ampia, così da osservare bene anche la periferia, offre però un’immagine meno ingrandita e invertita. Inoltre, con l’oftalmoscopio indiretto si utilizza una lente tra l’apparecchio e l’esaminato. Anche con la lampada a fessura è possibile eseguire  l’esame del fondo oculare utilizzando lenti addizionali, posizionate tra lo strumento e l’occhio del paziente.

Quando serve?

Tutte le persone si devono sottoporre all’esame del fondo dell’occhio con una periodicità che dipende dall’età, dalla presenza di eventuali patologie sistemiche e/o oculari.
esame del fondo oculare

Persone che non hanno alcun disturbo e hanno meno di 40 anni possono sottoporsi all’esame una volta ogni 18-24 mesi. Potrebbe bastare una volta l’anno per chi è affetto da miopia o da patologie oculari non gravi (oppure per individui sani con più di 40 anni).

Chi ha problemi retinici o di diabete e ipertensione dovrà sottoporsi a controlli ravvicinati, la cui cadenza esatta deve essere decisa dal singolo oculista a seconda della situazione specifica.

Comunque è importante sottoporsi a un esame del fondo oculare anche quando si vedono per la prima volta dei fosfeni (lampi luminosi) o miodesopsie (mosche volanti). Nel primo caso il corpo vitreo potrebbe esercitare una trazione sulla retina, con rischio di un suo distacco.

Cosa consente di osservare?

L’esame del fondo oculare permette di osservare lo stato del corpo vitreo (il gel che riempie il bulbo oculare) e  sue eventuali degenerazioni e di visualizzare l’albero vascolare arterioso e venoso retinico. Permette, inoltre, di osservare la macula, la zona centrale della retina che consente la visione distinta, in grado di farci percepire chiaramente i dettagli degli oggetti, di leggere i caratteri piccoli, riconoscere i volti delle persone.  Eventuali degenerazioni e anomalie (distrofie) della macula possono essere dunque diagnosticate e monitorate con  l’esame del fondo oculare. Si può, infine, valutare la conformazione della testa del nervo ottico individuando eventuali patologie (locali o sistemiche).

Quali malattie?

Retina Il diabete o l’ipertensione sono patologie che colpiscono i vasi: ciò che accade nell’occhio avviene, ad esempio, anche nel rene e nel cuore. Il vantaggio è che, con il fondo dell’occhio, si riescono a visualizzare le vene e le arterie con sistemi non invasivi. Per quanto riguarda le patologie oculari il semplice esame del fondo dell’occhio ci permette di diagnosticare e monitorare nel tempo diverse patologie quali: maculopatie, retinite pigmentosa, distacco di retina, neuriti ottiche, occlusioni venose e arteriose retiniche, distacco posteriore del vitreo, emorragie vitreali, glaucoma.    In questo modo l’oculista può impostare, in maniera tempestiva,  una terapia mirata, per scongiurare che si sviluppino danni  gravi e irreversibili per i nostri occhi.

Quali sono le controindicazioni di un esame del fondo oculare?

Generalmente non ha controindicazioni. Tuttavia, bisogna stare attenti se si ha   la camera anteriore dell’occhio (spazio compreso tra l’iride e la cornea) poco profonda. Instillando le gocce midriatiche (per dilatare la pupilla), si corre il rischio di provocare la chiusura dell’angolo irido-corneale e di ostacolare così il normale deflusso dell’umore acqueo, provocando un innalzamento improvviso ed importante della pressione oculare. Ecco perché, in tali casi, l’esame del fondo oculare potrebbe essere effettuato con la pupilla non dilatata, riuscendo ad esplorare in tal modo esclusivamente il polo posteriore della retina.

Inoltre possono presentarsi reazioni avverse ai colliri che si usano per la dilatazione: possono andare da una semplice reazione allergica a fenomeni sistemici più gravi. Tali effetti sono molto rari e, comunque, controllabili. I midriatici (gocce per dilatare le pupille) sono molti; nel caso in cui vi siano effetti collaterali è bene ricordare quale tipo di farmaco abbia creato problemi, comunicandolo tempestivamente all’oculista o recandosi a un pronto soccorso (possibilmente oculistico). Infine bisogna far passare un lasso di tempo sufficiente per riacquistare la visione che precedeva la dilatazione della pupilla: non ci si può mettere subito alla guida per motivi di sicurezza, dato che si vede annebbiato (leggi anche i consigli utili).

Si può fotografare il fondo dell’occhio?

Sì, con uno strumento chiamato “retinografo”. La retinografia è appunto un esame che permette di documentare lo stato del fondo oculare grazie a immagini digitali a colori, senza dover dilatare la pupilla.

 

Ultima revisione scientifica: 27/10/2022

home

rubon14
IAPB Italy
International Agency for the Prevention of Blindness

IAPB Italy

International Agency for the Prevention of Blindness

Keep updated about news and events.
Discover our National Low Vision Research Centre.
Call us to resolve your doubts.

Read about the events and campaigns of IAPB Italy.

This Centre is run by IAPB Italy at the Gemelli Polyclinic Hospital in Rome.

Our toll-free number allows you to speak directly to an ophthalmologist from Monday to Friday, 10 a.m.-1 p.m. (from Italy only)

Chiama l'oculista al numero verde 800-068-506

Events & news

Fibromyalgia and optic neuritis: why and how they are connected

A study conducted on data collected by the Korea National Institute of Health, South Korea, has allowed a ground-breaking analysis on fibromyalgia, confirming its association with optic neuritis, thus paving the way to further studies on the connections between fibromyalgia and similar pathologies

Differences and discordance in dry eye disease symptoms between men and women

Research carried out by the Chang Gung Memorial Hospital in Keelung, Taiwan, found significant differences between men and women with regard to initial presentation symptoms of the dry eye syndrome (DED). Being female was one of the factors associated with a higher symptom severity score

Children diagnosed with sickle cell disease can develop retinopathy

Data presented at the annual meeting of the American Academy of Ophthalmology (AAO) in San Francisco revealed that one in three children with sickle cell disease suffers from retinopathy

Alexei Efros: what artificial intelligence can teach us about sight

Computer scientist Alexei Efros transformed his vision problems into his superpower. Through an innovative approach, he has managed to change the current perspective on machine vision by focusing on its ability to adapt, rather than only on data
gmv 2022

Our sight, a precious asset to be protected and preserved

World Sight Day, which took place on 13 October 2022, was an opportunity to meet and discuss issues related to managing and preventing blindness and low vision, with the purpose of improving the Italian healthcare system response

Glaucoma prematurely affects people of African descent

A study by the New York Eye and Ear Infirmary of Mount Sinai (NYEE) points to the importance of early screening strategies for populations of African heritage to prevent blindness

Corioretinite

I tuoi occhi

Malattie oculari

Corioretinite

Cos’è la corioretinite?

È un’infiammazione che colpisce la zona posteriore dell’occhio (in particolare coroide, retina e corpo vitreo) [1].

Parlare di “uveite posteriore” è la stessa cosa?

La differenza è più teorica che clinica. Si parla allo stesso modo di coroidite, retino-coroidite (l’infiammazione ha inizio a livello retinico e successivamente colpisce la coroide) e vasculite retinica: la nomenclatura varia principalmente a seconda della localizzazione iniziale dell’infiammazione.

Quali possono essere le cause?

Possono essere distinte in corioretiniti con causa infettiva e quella non infettiva. Più in particolare:

Come si manifesta?

Generalmente il sintomo principale è la riduzione della vista sia a causa dell’infiammazione che del conseguente intorbidamento del corpo vitreo.

Come si presenta?

È caratterizzata dalla presenza di focolai infiammatori sulla superficie della retina. La malattia può essere a focolaio unico, a focolai multipli e disseminati oppure diffusa. Si può presentare in forma purulenta o essudativa. La prima forma è causata da agenti infettivi (batteri, virus, funghi, parassiti), mentre quella essudativa è rara, di origine ignota e si presenta in età giovanile, con emorragie retiniche seguite da fenomeni degenerativi.

Quali sono i sintomi?

I disturbi dipendono dalla localizzazione dei focolai infiammatori sulla retina. Infatti, se si localizzano a livello della macula (centro della retina) o si presentano in maniera diffusa, la funzione visiva è gravemente compromessa. Inoltre, se vi è un interessamento infiammatorio del vitreo (corpo vitreo torbido) si ha la comparsa di miodesopsie e sintomi legati alla retinite concomitante: sensazioni luminose come fosfeni (lampi di luce), metamorfopsie (distorsione delle immagini) e micropsie (rimpicciolimento delle immagini).

Come si esegue la diagnosi?

La diagnosi si esegue con l’esame del fondo oculare [2]. Inoltre, altri esami di approfondimento includono la fluoroangiografia ed esami del sangue che mirano a individuare eventuali agenti patogeni.

Quali possono essere le complicanze?

La vasculite può essere responsabile di complicanze anche invalidanti per la funzione visiva come, ad esempio, l’èdema papillare (del nervo ottico), la maculopatia cistoide, il distacco di retina e le endoftalmiti.

Qual è la terapia?

A prescindere dalla causa alla base dell’infiammazione, la terapia si avvale fondamentalmente di cinque categorie di farmaci: i corticosteroidi, i midriatici e i cicloplegici, gli immunosoppressori, gli antinfiammatori non steroidei e antibiotici. I cortisonici rappresentano il cardine del trattamento antiuveitico. Possono essere somministrati per via locale (colliri o pomate), sistemica (orale, intramuscolo o endovena) e per via perioculare (iniezioni dietro al bulbo oculare). Ovviamente per le uveiti causate da determinati agenti patogeni (come sifilide, toxoplasmosi e tubercolosi) sarà necessario effettuare terapie specifiche e mirate.

[1La corioretinopatia sierosa centrale è una malattia caratterizzata da un distacco sieroso del neuroepitelio al polo posteriore, causato dal passaggio di fluido dalla coroide nello spazio sottoretinico attraverso un difetto dell’epitelio pigmentato; non è però caratterizzato da un processo infiammatorio (come nel caso delle corioretiniti).

[2I focolai infiammatori di corioretinite possono essere isolati o confluenti fra loro e, all’esame oftalmoscopico, appaiono come chiazze bianco-grigiastre a bordi sfumati, che spiccano sul restante fondo rosso. Il vitreo sovrastante è di solito lievemente torbido. Nella forma essudativa attiva si riscontra la presenza di un focolaio infiammatorio che ha l’aspetto di un nodulo sfumato biancastro con vitreo sovrastante torbido. All’esame oculistico può essere evidenziata l’infiammazione all’interno del bulbo oculare (camera vitrea), talvolta così intensa da rendere impossibile l’esplorazione della retina retrostante. Molto spesso si riscontra una vasculite retinica: i vasi si infiammano, si possono restringere fino all’occlusione. A guarigione avvenuta, ossia il focolaio si spegne, la lesione si cicatrizza e assume l’aspetto di un’area retinica con pigmentazione irregolare e vitreo sovrastante rischiarato.

Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
Leggi le condizioni generali di consultazione di questo sito

Pagina pubblicata il 5 luglio 2010. Ultimo aggiornamento: 20 settembre 2022.

Ultima revisione scientifica: 20 settembre 2022

Contatta l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
 
Il Numero Verde di consultazione oculistica è attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13.
Scrivi nel Forum: un medico oculista ti risponderà gratuitamente.

Rivista (archivio) 2022

Media

Rivista (archivio)

Ottobre-Dicembre 2022
Ottobre-Dicembre 2022

“Oftalmologia Sociale” è una rivista di sanità pubblica, la pubblicazione trimestrale dell’Agenzia Internazionale per la prevenzione della Cecità-IAPB Italia onlus.

 

Scarica oftalmologia_sociale-n.4-2022.pdf

Luglio-Settembre 2022
Luglio-Settembre 2022

“Oftalmologia Sociale” è una rivista di sanità pubblica, la pubblicazione trimestrale dell’Agenzia Internazionale per la prevenzione della Cecità-IAPB Italia onlus.

 

Scarica oftalmologia_sociale-n.3-2022.pdf

Aprile-Giugno 2022
Aprile-Giugno 2022

“Oftalmologia Sociale” è una rivista di sanità pubblica, la pubblicazione trimestrale dell’Agenzia Internazionale per la prevenzione della Cecità-IAPB Italia onlus.

In questo numero i controlli gratuiti di “Vista in Salute”, uno speciale sull’assistenza oculistica sul territorio e l’evoluzione delle tecniche chirurgiche della cataratta e del cristallino. 

Scarica oftalmologia_sociale-n.2-2022.pdf

Gennaio-Marzo 2022
Gennaio-Marzo 2022

“Oftalmologia Sociale” è una rivista di sanità pubblica, la pubblicazione trimestrale dell’Agenzia Internazionale per la prevenzione della Cecità-IAPB Italia onlus.

 

Scarica oftalmologia_sociale-n.1-2022.pdf

Contatta l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
 
Il Numero Verde di consultazione oculistica è attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13.
Scrivi nel Forum: un medico oculista ti risponderà gratuitamente.

home_test

Precedente
Successivo
Precedente
Successivo

Sostenendo IAPB Italia Onlus, sosterrai la riabilitazione visiva e la lotta alla cecità

È una struttura della IAPB Italia onlus presso il Policlinico A. Gemelli di Roma.

Il servizio gratuito di consultazione oculistica telefonica è disponibile dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13.

Chiama l'oculista al numero verde 800-068-506

Eventi & news

La cecità notturna è una condizione oculare caratterizzata da una ridotta capacità visiva in condizioni di scarsa illuminazione.
Leggi la scheda aggiornata dai nostri esperti e conosci al meglio la patologia del Glaucoma, per prevenirla e curarla.
L'importanza della protezione oculare nei gesti quotidiani: uno studio rivela come un fitopatogeno fungino possa causare gravi infezioni oculari negli esseri umani.
Un team della NYU Tandon School of Engineering sviluppa una cintura con feedback aptico e sonoro per superare i limiti degli ausili tradizionali e facilitare la navigazione autonoma
Uno studio su oltre 77.000 persone rivela che il consumo di alcol aumenta il rischio di secchezza oculare, soprattutto nelle donne
Il presidente della Royal Society for Blind Children parla di una nuova forma di discriminazione derivante dall'IA che deve essere arginata.

Pucker maculare

I tuoi occhi

Malattie oculari

Pucker maculare: cause, sintomi, terapia e guarigione

COS’È IL PUCKER MACULARE?

pucker maculare

Il pucker maculare (membrana epiretinica) è un’alterazione anatomica dell’interfaccia vitreoretinica  (zona di confine tra il corpo vitreo e la retina): consiste nello sviluppo di una sottile membrana traslucida sopra la macula (zona centrale della retina). Quando tale membrana si ispessisce e tende a raggrinzirsi (il significato di pucker in inglese è appunto raggrinzimento), causa una deformazione e una progressiva distorsione della retina, con conseguente peggioramento della visione centrale.

Pucker maculare QUALI SONO LE CAUSE?

Il pucker maculare chiamato anche membrana epiretinica o maculopatia cellophane, nella maggior parte dei casi si forma spontaneamente per ragioni ancora non note.
Il corpo vitreo, sostanza gelatinosa che riempie il bulbo oculare, in condizioni normali è attaccato alla superficie retinica. Con l’invecchiamento o in presenza di altre circostanze, il vitreo  inizia a ritirarsi e a modificare i suoi normali rapporti con la retina, fino ad arrivare a staccarsi (distacco posteriore del vitreo). Nella maggior parte dei casi tale evento non ha nessuna ripercussione sulla retina, in alcune circostanze, invece, come conseguenza del distacco, si può formare un tessuto fibroso-cicatriziale, con successiva contrazione della retina e quindi sviluppo del pucker maculare.
Si è visto che le membrane epiretiniche sono composte da diversi tipi di cellule, in particolare: cellule gliali, fibroblasti, macrofagi e cellule dell’epitelio pigmentato. Altre cause che potrebbero portare alla formazione del pucker maculare, sono:

  • età (la malattia si presenta principalmente nei soggetti oltre i 50 anni);
  • processi infiammatori;
  • complicanza di un trattamento laser retinico (particolarmente in caso di panfotocoagulazioni in pazienti affetti da diabete e che hanno sviluppato una retinopatia diabetica);
  • pregresso intervento chirurgico oculare;
  • distacco della retina;
  • trauma oculare.

I SINTOMI del pucker maculare

I sintomi più frequenti che si possono presentare in un paziente affetto da pucker maculare sono:

  • visione sfocata;
  • distorsione della vista: il soggetto può percepire le immagini come distorte (metamorfopsie), ad esempio quando guarda la televisione;
  • vedere gli oggetti di dimensione minore (micropsia) o maggiore (macropsia) rispetto a quella reale;
  • vedere delle linee rette, come ondulate o interrotte;
  • nella lettura dei testi scritti, soprattutto quelli con caratteri più piccoli, le righe possono apparire ondulate.

Con il passare del tempo tali sintomi possono rimanere stabili, oppure andare incontro ad un peggioramento.  Se la malattia evolve, si crea una sofferenza dei fotorecettori della zona centrale della retina con conseguente comparsa di una macchia che impedisce la visione centrale.

COME avVIENE LA DIAGNOSI del pucker maculare?

È importante che l’oculista, per prima cosa, esegua in maniera scrupolosa l’anamnesi del paziente, in particolare che ponga attenzione ai sintomi che gli vengono riferiti (ad esempio la presenza di difficoltà di messa a fuoco o di alterazioni delle immagini, che possono essere percepite distorte, più piccole o più grandi). Poi, durante la visita, lo specialista può effettuare un test per valutare l’effettiva entità della distorsione delle righe mediante una griglia (test di Amsler).

La diagnosi precisa comunque viene fatta grazie all’esame del fondo oculare, che permette di visualizzare la membrana. Tuttavia, la conferma deve essere ottenuta tramite OCT (tomografia a coerenza ottica), ossia un esame che consente di analizzare gli strati della retina, in particolare la macula, e di valutare così l’entità della trazione e l’evoluzione della patologia nel tempo.

Intervento pucker maculare quando operare

Inizialmente si valuta l’evoluzione del pucker, senza effettuare un’azione diretta ma – come abbiamo detto – eseguendo soltanto controlli frequenti del fondo oculare e l’OCT.  Una risoluzione spontanea del pucker maculare è un’evenienza piuttosto rara e comunque limitata alle fasi iniziali della malattia. Negli anni si è cercato di trovare delle nuove terapie per il pucker maculare, nel tentativo di migliorare il visus del paziente e permettergli di svolgere tranquillamente la maggior parte delle sue attività quotidiane, senza dover ricorrere per forza all’intervento chirurgico. Come terapia farmacologica, in casi selezionati, è stata proposta la somministrazione tramite iniezione intravitreale, di una molecola chiamata ocriplasmina (è simile alla plasmina umana, un enzima naturalmente presente nell’occhio in grado di demolire le proteine responsabili dell’adesione presente tra corpo vitreo e retina, riducendone in tal modo il rigonfiamento e migliorando la vista).

Quando, invece, bisogna operare una membrana epiretinica? 

Nel momento in cui la trazione comporta una riduzione dell’acuità visiva rilevante: in questi casi, infatti, si rende necessario l’intervento chirurgico di vitrectomia con peeling della membrana. Questa operazione permette di bloccare i meccanismi di trazione e, in molti casi, di appianare la retina, con un possibile miglioramento della sintomatologia (la distorsione viene ridotta). E’ comunque un intervento molto delicato, in quanto si agisce direttamente sulla zona più importante della retina (la macula) e purtroppo non sempre consente di ottenere il risultato sperato.

Cosa succede dopo l’intervento di pucker maculare?

I tempi di recupero dopo intervento di pucker maculare possono essere piuttosto variabili e comunque strettamente correlati alla gravità della malattia prima della chirurgia. Il recupero dell’acutezza visiva, è progressivo, ma può anche essere nullo, scarso o incompleto, sempre in relazione alle condizioni oculari preesistenti (non solo della macula, ma anche ad esempio del nervo ottico e della cornea). In ogni caso il recupero visivo non potrà definirsi completo prima di 6 mesi; a volte, il visus, può stabilizzarsi del tutto anche a distanza di un anno. A guarigione avvenuta, l’occhio andrà sempre controllato periodicamente dall’oculista; nei mesi e negli anni successivi all’intervento è necessario sottoporsi a controlli periodici che potranno poi essere progressivamente diradati.

Link utile: Consenso informato SOI

Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
Leggi le condizioni generali di consultazione di questo sito

Pagina pubblicata il 2 ottobre 2007. Ultimo aggiornamento: 14 aprile 2022.

Ultima revisione scientifica: 14 aprile 2022.

Contatta l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
 
Il Numero Verde di consultazione oculistica è attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13.
Scrivi nel Forum: un medico oculista ti risponderà gratuitamente.