Dolore agli occhi: cause, sintomi associati, trattamento.
Quali sono le cause del dolore oculare?
Le cause del dolore agli occhi possono essere molte: bisogna, però, distinguere il dolore oculare associato ad altri sintomi (occhi rossi, lacrimazione, gonfiore delle palpebre) dal dolore oculare puro e semplice (il paziente parlando con l’oculista riferisce di avere “mal di occhi”). Nel primo caso si tratterà di una patologia limitata all’occhio stesso, che andrà diagnosticata da un medico oculista. Nel secondo caso, invece, di solito il dolore è avvertito all’occhio ma in realtà si tratta di un dolore riflesso: nella maggior parte dei casi è causato da un’infiammazione del nervo trigemino, generalmente provocata a sua volta dalla sinusite (che va correttamente diagnosticata e curata).
Come bisogna comportarsi se si avverte dolore quando si muovono gli occhi?
Si può avvertire dolore alla muscolatura quando si spostano gli occhi in seguito a una forte infiammazione (di origine allergica, virale, batterica, ecc.). Nel caso in cui il dolore sia legato al movimento oculare, bisogna sottoporsi a visita oculistica per escludere una sclerite ed eventualmente sottoporsi a un esame del campo visivo (poiché la causa potrebbe essere persino una neurite ottica retrobulbare). Tra le possibili cause di dolore oculare, ci sono anche le uveiti, le cheratocongiuntiviti o un attacco acuto di glaucoma.
Quali sono le terapie necessarie per curare il dolore?
Naturalmente variano a seconda della patologia. Nel caso dell’infiammazione oculare è necessario che la terapia venga approntata da un medico oculista. E’ fondamentale non ricorrere all’automedicazione né cercare cure fai-da-te: al massimo si può provare a instillare lacrime artificiali lubrificanti. Ad esempio, un “rimedio” da evitare sono gli impacchi caldi con la camomilla: se l’occhio è dolorante e molto infiammato, nel momento in cui si applica l’impacco caldo si rischia di scottare la cute palpebrale e di far aumentare dolore e infiammazione; in secondo luogo, i fiori di camomilla possono, talvolta, scatenare allergie e sensibilizzazione.
Cosa bisogna fare se si è preso un colpo ad un occhio?
Bisogna recarsi urgentemente presso un pronto soccorso oculistico o andare tampestivamente dal proprio oculista di fiducia. Infatti le conseguenze di un trauma oculare – anche se possono non dare sintomi nell’immediato – possono portare a danni gravi (rottura o distacco della retina, emorragie, ecc.): per questo non vanno mai sottovalutati.
Che tipi di dolori oculari esistono?
Il dolore agli occhi può presentarsi unicamente al risveglio (il dolore agli occhi al risveglio si verifica maggiormente in chi soffre di occhio secco, in quanto durante la notte le lacrime tendono ad evaporare di più), oppure essere continuo nel corso della giornata. Molte persone, invece, lamentano un dolore localizzato (puntorio) della durata di poche frazioni di secondo (fitte all’occhio). Se vi siete già recati da un oculista e il sintomo si ripresenta non bisogna preoccuparsi, poiché si tratta di un fenomeno aspecifico e non è necessariamente segnale di una patologia: in questo caso è un piccolo “acciacco” quotidiano con cui si può convivere. Il fastidio oculare può interessare entrambi gli occhi, oppure può essere un dolore localizzato prettamente all’occhio destro o all’occhio sinistro. Il paziente può genericamente dire: “ho mal di occhi”, oppure specificare dove è localizzato il fastidio (dolori sopra gli occhi, male agli occhi che coinvolge l’orbita).
Comunque, generalmente, se il dolore si protrae nel tempo, occorre indagare per risalire alla sua causa e sottoporsi a cure adeguate. Ovviamente è sempre opportuno consultare uno specialista per la diagnosi specifica. Tuttavia il dolore potrebbe essere associato anche ad altre malattie che non originano direttamente dall’occhio, quali ad esempio la sinusite. In quest’ultimo caso bisognerà trattare la causa primaria consultando, tra l’altro, un otorinolaringoiatra.
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Pagina pubblicata il 10 luglio 2007. Ultimo aggiornamento: 9 luglio 2021.
Ultima revisione scientifica: 9 luglio 2021.
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È un sintomo d’ipersensibilità oculare caratterizzato da un eccessivo fastidio alla luce solare e a un’intensa illuminazione artificiale. Si presenta con un senso di avversione all’esposizione luminosa, di disagio e, in alcuni casi, persino di dolore all’occhio.
Perché si presenta?
Si manifesta nei casi in cui un’elevata quantità di luce entra nell’occhio, causando un’eccessiva stimolazione da parte dei fotorecettori retinici, con conseguente generazione dell’impulso elettrico che – attraverso le fibre del nervo ottico – viene trasmesso al cervello.
Quando si riscontra?
La fotofobia si può presentare in casi d’infiammazione e infezione dell’occhio, in presenza di determinate patologie oculari o a seguito di traumi. In particolare si può osservare intolleranza alla luce in caso di:
Inoltre, la fotofobia si può presentare anche in rapporto a stati febbrili, nella cefalea e nella meningite (malattia infiammatoria delle membrane che rivestono l’encefalo). Si manifesta frequentemente nelle persone con occhi chiari, nei soggetti affetti da cataratta, da distacco di retina e accompagna spesso l’albinismo (la retina degli albini è priva di pigmento o ne contiene una quantità ridotta; di conseguenza è particolarmente vulnerabile). Può essere associata ad irritazioni indotte dalle lenti a contatto e agli interventi di chirurgia refrattiva. Inoltre, può essere la conseguenza di un effetto indesiderato di alcuni farmaci come i cicloplegici (per la dilatazione della pupilla) e gli antibiotici (ad esempio, le tetracicline).
Sintomi associati alla fotofobia
In base alla causa che ha determinato l’insorgenza della fotofobia, il paziente può presentare una serie di sintomi associati all’intolleranza alla luce. Le manifestazioni oculari di più facile riscontro sono le seguenti:
vista offuscata;
occhio arrossato;
bruciore;
lacrimazione abbondante (a causa della quale a volte il paziente riferisce di vedere appannato);
difficoltà a tenere gli occhi aperti;
dolore all’occhio (a volte associato a mal di testa).
Si può curare?
Il trattamento è volto alla cura della patologia di base. Molte volte la fotofobia scompare rimuovendo il fattore che l’ha determinata. Le persone sensibili possono, comunque, indossare occhiali scuri con protezione a norma di legge contro i raggi ultravioletti, eliminando o almeno riducendo i disturbi visivi alla luce e, se presente, anche il dolore oculare.
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Pagina pubblicata il 20 luglio 2009. Ultimo aggiornamento: 5 luglio 2021.
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Descrizione:
Fosfeni: scintille, lampi di luce nel campo visivo? I fosfeni potrebbero essere sintomo di malattie retiniche o vitreo-retiniche. Gli oculisti IAPB Italia spiegano di cosa si tratta.
Cosa sono?
I fosfeni consistono nella visione all’interno del campo visivo, di scintille e lampi di luce, a volte colorati, che potrebbero essere sintomo di malattie retiniche o vitreo-retiniche (ovvero che colpiscono sia la retina che il corpo vitreo, il liquido gelatinoso che riempie la cavità del bulbo oculare).
Quali patologie esattamente possono provocare la comparsa di fosfeni?
Le alterazioni retiniche o le trazioni vitreali possono creare dei fenomeni avvertiti come lampi di luce o flash di una macchina fotografica. Questi sintomi possono essere causati da alterazioni retiniche periferiche (come fori retinici) o da patologie più gravi (come il distacco di retina). Possono essere provocati, inoltre, da un iniziale distacco posteriore del corpo vitreo o da sue alterazioni. Raramente si possono presentare in chi non ha alcuna patologia oculare.
Quando si manifestano?
Si possono manifestare quando si verifica un distacco del corpo vitreo dalla retina, soprattutto nei soggetti di età superiore ai 50 anni. Infatti il gel vitreale, quando si addensa, esercita uno stiramento sul tessuto retinico provocando la comparsa di lampi di luce che possono apparire o scomparire per diverse settimane. In questo caso è importante cercare di non fare sforzi (evitare di sollevare carichi troppo pesanti) per evitare danni alla retina. Quando aumenta la visione di corpi mobili e si restringe il campo visivo (con la comparsa tipo di una sorta di “tenda”) bisogna recarsi immediatamente da un oculista per esaminare il fondo dell’occhio, in quanto potrebbe essere avvenuto un distacco di retina.
Che sintomi presentano i pazienti affetti da fosfeni?
I pazienti affetti da fosfeni possono descrivere i loro sintomi in vari modi. Alcuni riferiscono disturbi visivi caratterizzati dalla presenza di lampi di luce negli occhi; altri dicono di vedere cerchi luminosi nel campo visivo o anche dei flash luminosi. A volte, tali disturbi visivi, possono essere percepiti anche ad occhi chiusi, in un singolo occhio o in entrambi.
Si possono curare?
Sì, in base alla patologia oculare che li ha determinati. Si dovrà procedere con un intervento chirurgico in caso di distacco di retina e con trattamenti laser fotocoagulativi per le rotture retiniche. Se i fosfeni sono causati da trazioni vitreali bisogna aumentare l’apporto di acqua e sali minerali. Una ridotta idratazione comporta l’alterazione vitreale che potrebbe essere causa di trazioni sulla retina.
Si manifestano solo in caso di malattie oculari?
No, la visione di scintille si può manifestare durante la fase che precede il mal di testa (aura emicranica), che non sempre è seguita dal dolore (aura senza emicrania, detta anche “abortiva”). Sono gli scotomi (macchie) scintillanti, presenti nel campo visivo solo per qualche minuto, che precedono in genere una cefalea. Questi casi non dipendono da una malattia oculare, ma l’occhio è una delle “vittime” della cefalea.
Le fotopsie, inoltre, possono essere causate da spasmi vascolari retinici: si possono presentare durante un brusco passaggio dalla posizione supina (clinostatismo) a quella eretta (ortostatismo).
In conclusione quando vediamo dei lampi di luce per la prima volta dobbiamo recarci dall’oculista per esaminare il fondo dell’occhio. Sarà questo specialista che, dopo aver esaminato la retina e il corpo vitreo, potrà dire se tali fenomeni siano o meno un segno di patologia.
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Pagina pubblicata il 27 maggio 2009. Ultimo aggiornamento: 21 giugno 2021.
Ultima revisione scientifica: 21 giugno 2021.
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Description: Occhi secchi. Scopri quali sono le cause della sindrome degli occhi secchi, i sintomi e rimedi. Leggi i consigli degli oculisti IAPB Italia.
Cos’è l’occhio secco?
Per sindrome dell’occhio secco si intende un’alterazione del delicato equilibrio che regola la secrezione e la distribuzione del film lacrimale. Infatti, quando si altera la quantità di lacrime oppure peggiora la loro qualità, l’occhio tende a seccarsi. Se viene a ridursi o a mancare la pellicola protettiva (film lacrimale) non risulta più lubrificata la superficie oculare esterna (cornea).
Occhio secco, cause: quali sono?
La secchezza oculare può essere determinata fondamentalmente da due fattori:
scarsa produzione di lacrime (ipolacrimia). Le ghiandole lacrimali non producono una quantità di lacrime sufficiente a mantenere la superficie oculare sempre ben idratata.
eccessiva evaporazione lacrimale (dislacrimia). Questa problematica di solito è causata da un’ostruzione o cattivo funzionamento della ghiandole di Meibomio, che si trovano nelle palpebre e sono responsabili della produzione della componente lipidica delle lacrime. Nel momento in cui la parte oleosa del film lacrimale diventa insufficiente, le lacrime evaporano velocemente con conseguente sviluppo di occhio secco.
La sindrome dell’occhio secco può, inoltre, essere causata da:
malattie sistemiche (sindrome di Sjogren, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, patologie della tiroide);
menopausa (a causa di uno squilibrio ormonale);
uso errato o prolungato delle lenti a contatto;
assunzione di alcuni tipi di farmaci (antipertensivi, ansiolitici, antistaminici, ecc.).
QUALI altre MALATTIE possono CAUSARe Occhio SECCO?
Tra le cause scatenanti ci possono essere le seguenti patologie: blefariti, congiuntiviti (anche allergiche) e ridotta secrezione lacrimale senile. Anche i trattamenti specifici per il glaucoma (colliri ipotensivi per abbassare la pressione oculare) sono una possibile causa della sindrome. Inoltre, l’occhio secco può essere provocato da deficit di vitamina A (detta anche “ipovitaminosi A”), il quale porta a una riduzione del numero di cellule caliciformi che producono lo strato mucoso del film lacrimale. Altra causa può essere un’alterazione della dinamica palpebrale (mediante l’ammiccamento il film lacrimale si distribuisce uniformemente sulla superficie oculare), che in condizioni estreme può avvenire in caso di paresi facciale, nell’esoftalmo determinato da ipertiroidismo o in seguito a traumi facciali.
OCCHI SECCHI, SINTOMI: QUALI SONO?
I sintomi che si evidenziano con maggiore frequenza nei pazienti che presentano occhi secchi sono:
difficoltà di apertura delle palpebre per occhio secco al risveglio (dovuto allo sviluppo di una spiccata secchezza oculare notturna);
annebbiamento visivo.
Il più delle volte questi sintomi si manifestano con disturbi minimi, in persone che si trovano, ad esempio, in ambienti ventosi, fanno uso prolungato di lenti a contatto, frequentano ambienti con aria condizionata o troppo riscaldati.
COME SI PUÒ DIAGNOSTICARE?
La diagnosi di occhio secco va fatta sempre dall’oculista attraverso un’accurata visita e l’utilizzo di appositi test per l’esame della lacrimazione. Lo studio del film lacrimale può essere effettuato sia attraverso un’analisi quantitativa della lacrima prodotta (test di Schirmer) che qualitativa (test di rottura del film lacrimale-BUT). Una volta ottenuti i risultati l’oculista provvederà ad impostare la terapia più adatta al singolo paziente, prescrivendo, di solito, sostituti lacrimali sotto forma di collirio e/o gel.
È VERO CHE È PIÙ FREQUENTE NELLE DONNE?
Sì, è vero. Si è visto che le donne – specialmente tra i 40 ed i 60 anni – soffrono più frequentemente di secchezza oculare. Molto probabilmente la sua maggiore incidenza è dovuta agli squilibri ormonali che avvengono durante la menopausa.
Non è sempre possibile curare alla radice la secchezza oculare come, ad esempio, nel caso delle patologie autoimmunitarie, ma è possibile comunque attenuarne i sintomi cercando di favorire e mantenere sempre una buona lubrificazione della superficie oculare. A tale scopo la terapia per l’occhio secco che viene più comunemente prescritta dall’oculista è l’instillazione di lacrime artificiali. Ovviamente tali prodotti riducono i sintomi soltanto per tempi brevi e, quindi, sono necessarie instillazioni frequenti. Possono essere d’aiuto anche lubrificanti sotto forma di gel oftalmici che, nei casi più gravi, permettono di umettare per un periodo prolungato l’occhio, rimanendo a contatto più a lungo con la sua superficie (soprattutto durante la notte). Tale gel si lega alle lacrime formando un film lubrificante particolarmente resistente. In caso la terapia con lacrime artificiali non risultasse sufficiente, o in situazioni in cui si dovesse evidenziare una spiccata sofferenza corneale, potrebbe essere utile l’utilizzo di particolari lenti a contatto per proteggere la superficie oculare dallo sfregamento delle palpebre. Esistono infine terapie a base di emoderivati, in particolare il collirio a base di autosiero o a base di farmaci immunosoppressori (come la ciclosporina). In qualche caso può essere utile l’occlusione del puntino lacrimale con dei piccoli dispositivi rimovibili, che bloccando il normale deflusso delle lacrime, permettono una maggiore lubrificazione dell’occhio.
Occhio secco, rimedi della nonna
Tra i rimedi naturali per l’occhio secco (conosciuti anche come rimedi della nonna), abbiamo gli impacchi fatti con la camomilla, da applicare sulle palpebre per alcuni minuti. Tale rimedio potrebbe risultare utile per far diminuire l’infiammazione palpebrale (quando presente) e garantire la produzione della componente “grassa” delle lacrime da parte delle ghiandole di Meibomio. In tal modo il film lacrimale risulterà più stabile e il paziente potrà avere un certo sollievo dai classici sintomi da occhio secco.
ConSigli utili per prevenire l’occhio secco
Ci sono alcuni semplici consigli da seguire per prevenire la secchezza oculare o quantomeno attenuarne i sintomi:
non fumare. Il fumo è un agente fortemente irritante per la superficie oculare, quindi in un soggetto che soffre di occhio secco, potrebbe provocare un peggioramento dei sintomi;
seguire una dieta sana e variegata, in particolare ricca di cibi contenenti omega-3 (come il pesce) e vitamina A;
bere molta acqua;
pause cicliche (ad esempio di un quarto d’ora ogni due ore) quando si trascorre molto tempo davanti a uno schermo. Durante queste soste bisogna consentire agli occhi di riposare guardando lontano. Si è tra l’altro visto che, almeno tra i bambini, chi soffriva di occhio secco e usava molto il cellulare (guardando lo schermo) doveva sospenderne l’uso per quattro settimane prima di vedere migliorare i propri sintomi soggettivi e i segni oggettivi. È comunque preferibile, quando possibile, ridurre al minimo l’utilizzo di pc, tablet, smartphone, ecc;
tenere l’ambiente pulito ed umidificato;
limitare l’uso delle lenti a contatto;
fare periodicamente delle visite oculistiche di controllo per verificare il proprio stato di salute oculare.
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Pagina pubblicata il 25 marzo 2013. Ultimo aggiornamento: 14 giugno 2021.
Description: Occhi stanchi, bruciore agli occhi, occhi secchi? Sono sintomi di affaticamento oculare o astenopia. Scopri di cosa si tratta.
COS’È l’astenopia?
Si tratta di stanchezza oculare dovuta a un sovraccarico lavorativo dei nostri occhi, più precisamente dell’apparato muscolare (intrinseco ed estrinseco) del bulbo oculare. Infatti, ogni volta che si osserva un oggetto da vicino, si azionano sia i muscoli esterni sia quelli interni dell’occhio per mettere a fuoco, compiendo un vero e proprio sforzo.
Quali persone colpisce?
Di solito tutti coloro sottoposti a stress visivo, in particolar modo chi trascorre molte ore al giorno di fronte al computer (videoterminalisti) o le persone con difetti visivi non corretti oppure corretti in modo errato.
I sintomi con cui l’astenopia può presentarsi sono molti:
occhio che lacrima;
bruciore agli occhi;
occhi secchi con sensazione di corpo estraneo (tipo sabbia);
fastidio alla luce (fotofobia);
dolore agli occhi e mal di testa;
il soggetto spesso riferisce vista annebbiata, vista offuscata, vista doppia
Come si esegue la diagnosi?
Per una corretta diagnosi è importante che l’oculista esegua una scrupolosa anamnesi, in modo da indagare sulle attività che il paziente svolge quotidianamente (soprattutto se queste richiedono un grosso sforzo visivo), sul tipo di sintomi che si sono manifestati (se solo a livello oculare o accompagnati anche da mal di testa), sulla frequenza con cui il paziente si è sottoposto a controlli oculistici per controllare l’acuità visiva e aggiornare la gradazione degli occhiali.
Si potrà poi passare alla visita vera e propria, che dovrà comprendere:
valutazione della refrazione (misurazione dell’acuità visiva);
esame alla lampada a fessura del segmento anteriore, in particolare per valutare il film lacrimale e se sia presente o meno secchezza oculare;
tonometria (misurazione della pressione dell’occhio);
esame del fondo oculare.
In alcuni casi può risultare utile eseguire anche un esame ortottico, con studio della fissazione e della motilità oculare.
QUALI SONO I RIMEDI PIÙ SPESSO INDICATI per L’astenopia?
I rimedi per gli occhi stanchi da adottare sono:
mettere occhiali dotati di correzione che tenga conto della distanza di lavoro;
fare periodicamente della pause quando si lavora al computer (ad esempio un quarto d’ora ogni due ore);
se si soffre di disturbi di abbagliamento si può eventualmente ricorrere a lenti filtranti speciali (da usare dietro indicazione di un oculista);
migliorare l’illuminazione dell’ambiente durante le ore lavorative (evitando fastidiosi riflessi: la fonte luminosa dovrebbe essere posta a 90° rispetto allo schermo);
correggere la propria postura (si è infatti notato che ha influenza sull’astenopia);
instillare, se necessario, sostituti lacrimali (le cosiddette “lacrime artificiali”), in grado di lubrificare costantemente la superficie oculare;
usare colliri a base di inositolo, sostanza che può contribuire a contrastare l’azione ossidante dei radicali liberi prodotti nelle situazioni di sforzo accomodativo, favorendo la risposta contrattile muscolare oculare.
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Pagina pubblicata il 25 luglio 2012. Ultimo aggiornamento: 29 gennaio 2019.
Ultima revisione scientifica: 7 giugno 2021.
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Vista offuscata? Cause, sintomi e trattamento dell’appannamento visivo.
Descrizione: Vista offuscata? Occhi stanchi? Occhi arrossati? Gli oculisti IAPB Italia ti spiegano quali sono i sintomi dell’appannamento visivo, le cause e i trattamenti possibili.
Cos’è?
È un’anomalia oculare che consiste in una riduzione della capacità visiva, ossia di quell’abilità che si ha di distinguere nitidamente gli oggetti nello spazio che ci circonda. Consiste, quindi, in un offuscamento delle immagini. Molto probabilmente a tutti noi è capitato, almeno una volta nella vita, di avere la vista appannata da un occhio o da entrambi, magari solo per pochi attimi, ma prima di farsi prendere subito dal panico, occorre sempre valutare con attenzione la gravità del sintomo. Analizziamo dunque di seguito quando “vedere appannato” è sinonimo di una patologia oculare o sistemica importante e quando invece il sintomo non assume particolare rilevanza patologica.
Quando si manifesta?
L’appannamento visivo si può presentare in qualsiasi fase della vita; tuttavia le cause variano a seconda dell’età. Il paziente può riferire una vista offuscata in generale, oppure riferire di vedere sfocato a destra o a sinistra (in base all’occhio interessato).
nei giovani quali malattie possono causare la vista offuscata?
La sensazione di appannamento si può verificare, ad esempio, a causa di un’uveite (infiammazione che coinvolge uno degli strati che compongono il bulbo oculare, detto ùvea). Il paziente affetto da uveite presenta occhio arrossato (i vasi intorno alla cornea assumono un aspetto violaceo e si dilatano, tanto da dare al paziente la sensazione di avere sangue nell’occhio), dolore agli occhi accompagnato a volte da mal di testa, vista offuscata indipendentemente dalla lacrimazione. La terapia si avvale dell’uso di colliri midriatici (che dilatano la pupilla), colliri antibiotici e cortisonici.
Un’altra patologia che può facilmente indurre a vedere sfocato è la cheratite (infiammazione della cornea), che può essere causata da agenti infettivi (virus, batteri, protozoi e funghi), agenti fisici (raggi ultravioletti) e malattie sistemiche (artrite reumatoide). L’infezione viene curata con l’uso di colliri antibiotici e antinfiammatori steroidei.
Anche la congiuntivite può causare appannamento a causa di alterazioni qualitative e/o quantitative del film lacrimale (ad esempio si possono avere secrezioni mucose o purulente e occhio che lacrima in maniera copiosa), così come le blefariti possono provocare analoghe alterazioni. Infine l’annebbiamento visivo può essere causato anche da un trauma oculare, con contemporanea presenza di occhio rosso e/o presenza di sangue nell’occhio per rottura di un capillare e conseguente stravaso ematico (emorragia sottocongiuntivale).
QUALI SONO LE CAUSE della vista offuscata PIÙ FREQUENTI NEGLI ANZIANI?
Con l’avanzare dell’età le cause sono più frequentemente legate alla perdita di trasparenza del cristallino ossia alla cataratta.
Generalmente la cataratta senile si instaura progressivamente col passare degli anni e chi ne soffre potrebbe non avvertire eventuali cambiamenti finché non supera un livello-soglia. L’evoluzione delle tecniche chirurgiche permette la sostituzione del cristallino opaco con uno artificiale (trasparente), che generalmente riporta l’acuità visiva a valori buoni o soddisfacenti. Un altro tipo di appannamento si può verificare durante l’attacco acuto di glaucoma, unitamente alla comparsa di altri segni e sintomi quali: occhi rossi, dolore oculare intenso, edema corneale, visione di aloni attorno alle luci, mal di testa.
QUALI CAUSE Di vista offuscata POSSONO NON DIPENDERE DALL’OCCHIO?
La diminuzione dell’irrorazione sanguigna può causare un annebbiamento visivo di varia entità, che può arrivare anche alla perdita temporanea della vista. Questa condizione si ha nel caso in cui, ad esempio, si soffra d’ipotensione sistemica (bassa pressione arteriosa). Si verifica in persone con problemi cardiocircolatori, in caso di disidratazione o dopo essersi alzati bruscamente in piedi. Anche l’ipoglicemia (bassa concentrazione di zuccheri nel sangue) può dare appannamento visivo. Intossicazioni, avvelenamenti o uso/abuso di farmaci possono portare ad abbassamento della vista per vari motivi, che spesso esordisce come una sensazione di appannamento. Lo stesso avviene in caso di infiammazione del nervo ottico (neurite ottica) che, in alcuni casi, in fase iniziale può manifestarsi con un appannamento: la visione potrebbe non essere più limpida come in precedenza.
APPANNAMENTO E SFOCATURA SONO LA STESSA COSA?
No, anche se i concetti sono affini. Per essere precisi la sfocatura è provocata da difetti visivi (miopia, ipermetropia e astigmatismo), che sono la causa più frequente nei giovani pazienti, mentre dopo i 40 anni si è colpiti da presbiopia: si vede sfocato da vicino e si ha, dunque, generalmente bisogno di lenti da lettura. In questi casi viene usata solo impropriamente l’espressione ‘appannamento visivo’; l’appannamento in senso proprio, invece, è provocato da un’alterazione della trasparenza dei tessuti dell’occhio o da un eccesso o difetto di lacrimazione. Ovviamente è importante riferirlo all’oculista per risalire alla sua causa.
Può essere provocato da disturbi della lacrimazione?
Sì. I disturbi della lacrimazione possono favorire la sensazione di appannamento. In particolare la sindrome da occhio secco può essere provocata da:
ridotta produzione di fluido lacrimale;
eccessiva perdita, per evaporazione, della componente acquosa delle lacrime.
Quando si ha una ridotta produzione di lacrime?
Tra le cause di una ridotta produzione ci sono le patologie autoimmuni (sindrome di Sjogren), soprattutto nei giovani, che determinano un’infiammazione cronica della superficie oculare, inducendo secchezza oculare. Con l’aumento progressivo dell’età, inoltre, si associa l’invecchiamento delle strutture oculari e la secrezione acquosa delle lacrime diminuisce, in particolare nelle donne in menopausa, a causa delle variazioni dell’assetto ormonale.
Quando si ha l’evaporazione delle lacrime?
Sono importanti le condizioni ambientali in cui si vive. Infatti l’uso di climatizzatori, l’inquinamento atmosferico e l’uso prolungato degli schermi aumentano l’evaporazione del film lacrimale, portando così talvolta ad avere occhi arrossati, visione appannata, secchezza oculare, occhi stanchi.
Si può curare questo problema?
Il trattamento dei disturbi della lacrimazione viene eseguito con sostituti lacrimali (lacrime artificiali) che migliorano il comfort della superficie oculare.
Può essere correlato a patologie della retina?
La difficoltà di lettura a distanza ravvicinata, con deformazione accompagnata da appannamento centrale dell’immagine, fa sospettare una maculopatia. In pratica chi ne è colpito riferisce di vedere molto bene, ma di avere una zona centrale – quella più importante per le attività quotidiane – appannata, distorta o addirittura nera. Un appannamento si può presentare anche in persone affette da malattie sistemiche quali, ad esempio, il diabete, che può indurre una retinopatia.
Se la vista è molto appannata ho qualcosa di grave?
Non necessariamente (spesso non vi è correlazione tra la gravità oggettiva della patologia e la sensazione soggettiva), ma se il problema persiste è importante consultare un oculista. Ci possono essere casi in cui la visione risulta molto appannata, per esempio se la cornea perde parte dell’epitelio, oppure se si soffre di una patologia come il glaucoma. In ogni caso, bisogna sempre sottoporsi periodicamente a visite di controllo.
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Pagina pubblicata il 12 dicembre 2012. Ultimo aggiornamento: 22 gennaio 2019.
Ultima revisione scientifica: 31 Maggio 2021.
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Description: Maculopatia occhi: sintomi, cause, come prevenirla. Maculopatia test: gli esami da fare per la diagnosi. Leggi l’articolo completo degli oculisti IAPB Italia.
Maculopatia: cos’è?
Per maculopatia si intende qualsiasi malattia dell’occhio che colpisce la macula, l’area che si trova al centro della retina e che serve alla visione distinta centrale (anche per leggere questo testo, oltre che per riconoscere i volti, guidare, ecc.). Al centro della macula c’è la fovea: si tratta di una depressione retinica dove si trova la foveola, la zona più sottile in cui sono presenti solo i coni. Questi ultimi sono dei fotorecettori – ossia cellule in grado di trasformare i segnali luminosi in impulsi bioelettrici – responsabili anche della percezione dei colori (a differenza dei bastoncelli, abbondanti nella periferia retinica, che vengono sfruttati per percepire forme e movimento in condizioni di scarsa luminosità).
Maculopatia occhi: quante forme esistono?
Le maculopatie si possono distinguere in ereditarie e acquisite. Le forme ereditarie sono le seguenti:
malattia di Stargardt o distrofia maculare giovanile;
malattia di Best o distrofia vitelliforme;
distrofia maculare pseudoinfiammatoria di Sorsby;
distrofia maculare North Carolina;
distrofia maculare tipo Butterfly;
edema maculare cistoide dominante.
Le forme acquisite, invece, includono:
degenerazione maculare legata all’età (AMD), di cui si riconoscono due tipologie:
la forma atrofica (secca ovvero non essudativa)
la forma essudativa (umida, neovascolare).
maculopatia miopica (riguarda soggetti con miopia elevata);
complicanze post-operatorie (edema maculare cistoide dopo intervento di cataratta);
maculopatia da assunzione di farmaci (quali antimalarici, tamoxifene, tioridazina e clorpromazina);
maculopatia correlata a patologie sistemiche (diabete).
Degenerazione maculare legata all’ età (amd)
L’AMD generalmente si presenta dopo i 55 anni e rappresenta la principale causa di cecità legale nel mondo occidentale. Come accennato in precedenza, può presentarsi in due forme diverse, quella atrofica e quella essudativa, che andremo ad analizzare un po’ più nel dettaglio. La maculopatia atrofica o secca è caratterizzata da una evoluzione lenta e meno aggressiva della forma umida; colpisce quasi sempre entrambi gli occhi, anche se in forma asimmetrica. In una percentuale tra il 10 e il 15 % la forma atrofica può evolvere nella forma più grave (essudativa); per questo è molto importante seguire attentamente la patologia con visite ed esami strumentali periodici (circa ogni 6 mesi a meno che non si riscontrino peggioramenti significativi della sintomatologia). La maculopatia essudativa o umida è meno comune, ma più aggressiva e ad evoluzione più rapida. È caratterizzata dalla presenza di nuovi vasi sanguigni retinici nella sede maculare (centro della retina), che possono evolvere fino a una cicatrice sottoretinica. Tale forma può essere trattata con iniezioni intravitreali ripetute di farmaci anti-VEGF (iniezioni nell’occhio), che hanno lo scopo di bloccare la crescita dei nuovi vasi (neovascolarizzazione) e facilitare il riassorbimento dell’essudazione retinica.
Maculopatia miopica
La miopia elevata (superiore alle 6 diottrie) favorisce spesso l’insorgenza di una particolare forma degenerativa che coinvolge il polo posteriore (maculopatia miopica). In particolare, sia la regione peripapillare che quella maculare presentano fenomeni di distrofia della coriocapillare e dell’epitelio pigmentato che ricordano gli aspetti della maculopatia degenerativa senile, pur avendo delle proprie peculiarità. La complicanza più grave della maculopatia miopica è la neovascolarizzazione sottoretinica, che causa un improvviso e importante calo del visus nel paziente.
Pucker maculare
Si tratta di una patologia secondaria ad alterazioni del vitreo, che colpisce principalmente soggetti oltre i 50 anni di età. Nel paziente affetto da pucker maculare si evidenzia la presenza di una membrana epiretinica che porta con il tempo alla distorsione della superficie retinica centrale (zona maculare) e quindi all’insorgenza di particolari disturbi visivi: metamorfopsie (immagini distorte), micropsie (immagini più piccole), calo del visus in generale (il paziente riferisce di avere la vista offuscata o la vista annebbiata).
Foro maculare
È in genere monolaterale e si presenta con maggiore frequenza nei soggetti di sesso femminile. I sintomi nella fase iniziale della malattia possono essere piuttosto sfumati, tanto da non essere percepiti dal paziente. Di solito i disturbi visivi più frequenti sono: metamorfopsie, riduzione del visus, scotoma.
Maculopatia occhi: edema maculare cistoide post-intervento di cataratta
Con il termine edema maculare cistoide s’intende l’accumulo di liquido all’interno degli strati retinici. Si tratta di una complicanza che può presentarsi dopo l’intervento di cataratta. All’esame alla lampada a fessura l’oculista può osservare un rigonfiamento retinico di grado variabile, la scomparsa del tipico riflesso maculare per la perdita della fisiologica depressione foveolare, la presenza delle tipiche “cisti” ripiene di liquido. Anche in questo caso il visus del paziente può risultare piuttosto ridotto.
Maculopatia: sintomi
Il sintomo principale della maculopatia è una caratteristica perdita della funzione visiva centrale: chi ne è affetto risulta avere una zona di non visione al centro del campo visivo (scotoma negativo, che si ha quando lo stimolo luminoso non viene percepito per riduzione o assenza di sensibilità), da non confondere con la visione di una macchia di intensità e colore vario (ad esempio nera) nella stessa zona (scotoma positivo) denunciata, ad esempio, da chi è colpito da neurite ottica. Altro sintomo comune nelle maculopatie è la distorsione delle immagini (metamorfopsia). Con minore frequenza il paziente può avere l’errata percezione delle dimensioni degli oggetti osservati, che possono essere sia sottostimate (micropsia) che sovrastimate (macropsia).
Maculopatia test: gli esami da fare per la diagnosi
L’acuità visiva è il test più importante per valutare la funzionalità maculare (in particolare l’acuità da vicino). I maculopatici, quando guardano attraverso un foro (detto stenopeico), vedono meno delle persone la cui vista è buona. L’esame del fondo oculare è ovviamente fondamentale perché consente di verificare lo stato della retina e l’eventuale progressione della malattia. Un test per la maculopatia estremamente importante è quello di Amsler – che consiste in una griglia a quadretti al cui centro compare un punto nero – che consente di valutare in maniera dettagliata la capacità visiva intorno al punto di fissazione (area foveale e quella parafoveale ad essa contigua): è fondamentale per seguire il decorso della malattia. I pazienti malati riferiscono di vedere linee curve (deformate) anziché segmenti retti e perpendicolari tra loro. Questi test sono fondamentali e devono essere sempre effettuati al fine di una corretta diagnosi di maculopatia. A questi esami può essere a volte indispensabile associare indagini strumentali, come l’OCT, l’angio-Oct, la fluorangiografia e l’angiografia al verde di indocianina.
Maculopatia: trattamento
Il trattamento dipende dal tipo di maculopatia. Per la degenerazione maculare senile atrofica, attualmente non esistono terapie, anche se per controllare la malattia e cercare di rallentarne l’evoluzione, è indicata una terapia di “supporto” per la retina a base di integratori specifici da assumere per via orale (sempre sotto il controllo dell’oculista). Attualmente i farmaci anti-VEGF somministrati mediante iniezione intravitreale rappresentano, invece, la terapia di riferimento nella maggior parte delle forme di AMD neovascolare, in assenza di controindicazioni sistemiche o locali. Il primo farmaco anti-VEGF ad essere introdotto e approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) è stato il Pegaptanib nel 2004. Tuttavia, in relazione alla limitata percentuale di pazienti con un significativo miglioramento dell’acuità visiva, questo trattamento è stato poi superato dall’uso di farmaci più efficaci, quali Ranibizumab, Bevacizumab e Aflibercept. La molecola del Ranibizumab si è dimostrata essere piuttosto efficace in termini di mantenimento dell’acuità visiva del paziente, garantendo inoltre un’elevata sicurezza locale e sistemica. Il Bevacizumab è una molecola più grande, utilizzata comunque per il trattamento della AMD neovascolare come molecola alternativa e più economica rispetto ad altre. Il trattamento con i suddetti farmaci intravitreali prevede un’iniezione al mese per i primi 3 mesi, ed eventuali successive somministrazioni in base alla risposta del paziente. Una relativamente nuova risorsa è rappresentata dall’Aflibercept, molecola per la quale è suggerito un regime di trattamento con iniezioni intravitreali mensili per i primi tre mesi, seguite da iniezioni ogni 8 settimane. Sempre nell’ambito dei farmaci anti-VEGF, come nuova cura (ottobre 2019) per il trattamento della AMD neovascolare, è stato approvato da parte della FDA il Brolucizumab. Tale approvazione è poi giunta anche per l’Europa nel 2020. Si tratta di una nuova molecola, che si è dimostrata di pari efficacia rispetto all’Aflibercept, per il cui utilizzo è prevista sempre una somministrazione intravitreale mensile per i primi tre mesi (dose di carico), per poi passare ad un intervallo di trattamento ogni 12 settimane. In caso di altre patologie maculari, quali ad esempio il pucker o il foro maculare, la terapia è di tipo chirurgico.
Maculopatia occhi: consigli utili per la prevenzione
Alcuni semplici consigli possono risultare sicuramente utili per ridurre il rischio d’insorgenza di una patologia maculare. Vediamo di seguito quali sono:
evitare il fumo di sigaretta (nocivo per la salute anche per altre ragioni);
seguire un’alimentazione ricca di sostanze antiossidanti (vitamina C, vitamina E, luteina, zinco, zeaxantina, ecc.). Inoltre, può essere consigliabile assumere alimenti ricchi di acidi grassi polinsaturi (Omega-3 e Omega-6), come ad esempio il pesce; ma è anche importante che la dieta sia povera di grassi animali mentre dovrebbe essere ricca di verdure a foglia verde, frutta fresca e noci;
fare attività fisica in maniera regolare;
difendersi dai raggi ultravioletti, soprattutto nei periodi estivi, al mare e sulla neve (leggi anche “Proteggere gli occhi dal sole”).
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Distacco posteriore di vitreo (DPV): cause, sintomi, trattamento.
Descrizione – Corpi mobili, lampi luminosi, visione offuscata: i sintomi, le cause e il trattamento in caso di distacco del vitreo.
cos’è il distacco posteriore di vitreo?
È la conseguenza della separazione del corpo vitreo (sostanza gelatinosa situata all’interno del bulbo oculare), dalla superficie retinica. Il distacco del vitreo avviene per un fenomeno di degenerazione vitreale. Il corpo vitreo – che costituisce approssimativamente i due terzi del volume oculare – è costituito per circa il 99% da acqua e per il resto da acido ialuronico, zuccheri, elettroliti e proteine di tipo collagene. Le caratteristiche anatomiche e fisico-chimiche del vitreo gli permettono di svolgere numerose funzioni. In particolar modo esso è un mezzo di rifrazione, contribuisce al mantenimento della tensione oculare, interviene nel metabolismo del cristallino e della retina. Le sue proprietà viscoelastiche gli consentono, inoltre, di svolgere un’azione protettiva nei confronti di retina e cristallino in caso di traumi contusivi.
quali sono le condizioni che possono determinare un distacco posteriore del vitreo?
Il distacco posteriore di vitreo può essere considerato normale dopo una certa età e quindi definito un fenomeno fisiologico dovuto all’ invecchiamento più che una vera e propria malattia dell’occhio. Nell’età adulta il vitreo subisce modificazioni sia della sua struttura che del suo volume. Si assiste infatti ad un processo di fluidificazione che determina una marcata alterazione dello stato di gel con conseguente diminuzione della stabilità vitreale. Venendo meno la sua consueta consistenza gelatinosa, il vitreo tende quindi a staccarsi dalla retina. Il distacco posteriore di vitreo oltre che dall’invecchiamento può essere causato anche da altri fattori, quali:
miopia elevata;
interventi chirurgici pregressi (come la cataratta);
processi infiammatori dell’occhio (come le uveiti);
pregresso trauma oculare.
vitreo occhio: quanto è frequente il distacco?
Essendo legato al processo fisiologico di invecchiamento delle strutture oculari, il distacco del vitreo aumenta la sua incidenza dopo i 40 anni. In particolare, nelle persone senza difetti della vista (emmetropi), tale condizione aumenta del 50% dopo i 70 anni. Anche se si è miopi il rischio che si verifichi è maggiore. Si pensi che la prevalenza nella miopia elevata (superiore a 6 diottrie) può raggiungere il 90-100% dei pazienti oltre i 70 anni. Quindi, l’inizio dei fenomeni degenerativi del corpo vitreo inizia più precocemente in caso di miopia elevata, ciò perché nei soggetti miopi il bulbo oculare risulta più lungo della norma alterando così l’equilibrio biochimico del gel vitreale.
vitreo occhio: come si esegue la diagnosi del distacco?
Mediante una normale visita oculistica, in particolare eseguendo un esame accurato del fondo oculare a pupilla dilatata (che consente di valutare con precisione le condizioni del vitreo e della retina).
quali sono i sintomi del distacco posteriore di vitreo?
In alcuni casi il distacco vitreale può verificarsi senza che il paziente avverta specifici sintomi, in altre occasioni il soggetto invece riferisce:
comparsa di corpi mobili vitreali (leggi anche scheda sulle miodesopsie), descritti come ragnatele, linee fisse o ombre nel campo visivo. Tali ombre sono tanto più fastidiose quanto più interessano le aree centrali della visione e, quindi, quanto più sono prossime alla macula (regione centrale della retina che permette la visione chiara e distinta). I corpi mobili sono aggregazioni cellulari che galleggiano all’interno del corpo vitreo: sono il segno di una degenerazione vitreale che quasi sempre accompagna il distacco posteriore di vitreo o, al contrario, ne è causa.
presenza di fosfeni (lampi luminosi simili al flash della macchina fotografica che solo la persona colpita nota). I fosfeni, di solito, compaiono quando il vitreo durante il processo di distacco esercita delle trazioni sulla superficie retinica; tali trazioni, nei casi più gravi, possono tirare in maniera piuttosto energica la retina fino a danneggiarla (come quando si toglie il nastro adesivo da un pacco, che si può rovinare). Ecco perché, quando si nota la comparsa improvvisa di numerosi corpi mobili nel campo visivo, accompagnata dalla presenza di lampi luminosi piuttosto frequenti, è bene recarsi subito dal proprio oculista per fare un esame del fondo oculare ed escludere la presenza di rotture o distacchi della retina. In attesa della visita (da eseguire il prima possibile) è consigliabile per il paziente evitare gli sforzi fisici (come sollevare pesi, chinarsi in avanti, praticare attività sportive faticose), così da non favorire l’insorgenza di ulteriori trazioni sulla retina.
visione offuscata in generale.
Si può curare il distacco del vitreo?
Non esiste una terapia che risolva completamente il disturbo che, in ogni caso, tende a regredire molto lentamente e spontaneamente. Infatti, col passare del tempo, le ombre appariranno sempre più sbiadite e si percepiranno sempre meno, dal momento che il cervello tende ad ignorare l’immagine fastidiosa (perché non rappresenta un nuovo stimolo). In questi casi si consiglia di idratare l’organismo, bevendo molta acqua (almeno 2 litri al dì o, comunque, più di quanta se ne beva già), di arricchire la dieta con frutta e verdura, o di assumere integratori mirati e specifici; infine, bisogna evitare traumi e sforzi fisici, effettuando visite oculistiche periodiche di controllo (soprattutto se aumentano i corpi mobili vitreali e i flash luminosi).
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Pagina pubblicata il 28 agosto 2009. Ultimo aggiornamento: 17 maggio 2021.
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Le miodesopsie (dal greco òpsis =“visione” e myōdes=“simile a mosche”) sono dei corpi mobili filiformi o puntiformi presenti all’interno del vitreo che proiettano sulla retina la loro ombra e, dunque, compaiono all’interno del campo visivo, generando il cosiddetto fenomeno delle “mosche volanti”, ossia la presenza di macchie nella visuale simili a delle mosche perennemente presenti davanti agli occhi. Tali ombre possono variare nella forma (tipo ragnatele, circolari o filamentose), nella dimensione (vedendo puntini neri davanti gli occhi o macchie più grandi mobili) e nella quantità (singole o molteplici). Si spostano quando muoviamo gli occhi.
A che età insorgono?
I corpi mobili si possono manifestare a qualunque età e accompagnarci anche per tutta la vita. In ogni caso, possono iniziare a svilupparsi tra i 20 e i 30 anni, ma si presentano con maggiore frequenza tra i 50 e i 60 anni.
Quali sono le cause delle miodesospie?
Le miodesopsie spesso si sviluppano naturalmente nei pazienti anziani, senza che alla base ci sia una particolare patologia oculare. Le cause della miodesopsia, infatti, sono correlate ad un fisiologico invecchiamento del vitreo (sostanza gelatinosa che si trova all’interno del bulbo oculare, formata principalmente da acqua e da fibre collagene). Con l’avanzare dell’età il corpo vitreo subisce un processo di deterioramento: inizialmente si assiste ad una fluidificazione della componente gelatinosa, seguita poi dalla formazione di piccoli frammenti o addensamenti proteici che, bloccando almeno parzialmente i raggi luminosi che penetrano nell’occhio, proiettano le loro ombre sulla retina. Quindi, le miodesopsie non sono considerate, il più delle volte, una patologia; questo lieve disturbo può essere però amplificato a livello psicologico (prestandoci un’attenzione eccessiva).
Quali sono le patologie correlate?
Nei casi più gravi le alterazioni della trasparenza del corpo vitreo si possono presentare a causa di determinate patologie:
distacco posteriore di vitreo: provoca la comparsa di corpi mobili e svolgendo un’azione meccanica trattativa, potrebbe predisporre al distacco della retina;
distacco della retina: evento che può essere indotto da diverse cause, ma che va immediatamente diagnosticato per intervenire in maniera repentina;
infezioni o emorragie del corpo vitreo;
traumi oculari;
tumori: retinoblastoma, melanoma della coroide;
cataratta evoluta.
Ci sono poi da ricordare alcuni fattori di rischio per lo sviluppo delle miodesopsie:
miopia: i soggetti miopi o fortemente miopi, hanno un bulbo oculare più lungo della norma. Tale fattore può portare ad una precoce degenerazione vitreale e quindi alla comparsa delle miodesopsie;
esiti di chirurgia oculare (ad esempio post-intervento di cataratta);
malattie sistemiche (diabete).
In alcuni pazienti alla presenza dei corpi mobili si può associare la visione di lampi di luce (fosfeni) indotta dalle sollecitazioni che il corpo vitreo esercita sulla retina. Una visita oculistica accurata, che preveda un esame del fondo oculare, è, in questi casi, fortemente consigliata, per verificare che le trazioni vitreali non abbiamo danneggiato la retina (provocando rotture o distacco della stessa).
Mosche volanti, vista annebbiata, vista offuscata: i sintomi delle miodesopsie
Le miodesopsie si evidenziano maggiormente quando si fissa una superficie o uno sfondo chiaro e luminoso (tipo una parete bianca o il cielo) oppure quando si usa il computer (monitor con sfondo bianco o, comunque, chiaro). A seconda della causa che ha determinato la comparsa delle miodesopsie i sintomi possono essere più o meno gravi/eclatanti. Il paziente può quindi:
avere vista annebbiata durante la lettura o quando guarda il pc;
percepire ombre diffuse nel campo visivo che si spostano quando sposta lo sguardo nelle diverse direzioni;
apprezzare la comparsa di flash luminosi nella parte periferica del campo visivo;
avere vista offuscata in generale
come si esegue la diagnosi?
Per una corretta diagnosi è sicuramente importante, per prima cosa, definire con precisione la storia clinica del paziente (anamnesi). L’oculista deve principalmente raccogliere le seguenti informazioni:
epoca d’insorgenza del disturbo ed eventuali sintomi associati;
caratteristiche delle miodesopsie presenti nel campo visivo: forma, dimensione, quantità, presentazione in un solo occhio o entrambi;
presenza di disturbi visivi specifici (spesso il paziente riferisce avere la vista offuscata o di vedere dei puntini neri davanti agli occhi);
presenza o meno di miopia;
traumi precedenti;
chirurgia oculare precedente;
condizioni di salute generale.
Poi si potrà procedere con la visita vera e propria: valutazione del visus (naturale e corretto), esame del segmento anteriore dell’occhio, tonometria, ed infine, a pupilla dilatata, esame del fondo oculare per controllare con attenzione il vitreo e la retina.
Quali sono le terapie?
Al momento non esiste una cura per la miodesopsia, non esiste una terapia farmacologica che elimini completamente il disturbo. È importante però che si dia spazio alla capacità di adattamento del cervello, evitando di concentrarsi ossessivamente sul corpo mobile e sulle ombre vaganti da esso proiettate. Bisogna, viceversa, cercare di concentrarsi sull’immagine. Infine, ruotando gli occhi i corpi mobili potrebbero non dare più fastidio perché talvolta si collocano proprio di fronte alla macula, l’area della retina deputata alla visione centrale; adottando questo semplice accorgimento si può quindi ridurre il fastidio da essi provocato. Una possibile cura per il trattamento delle miodesopsie, in alcuni casi, potrebbe consistere nella vitreolisi con yag laser. Se i corpi mobili non si localizzano troppo vicino ad altre strutture oculari, il laser può essere in grado di vaporizzarli o romperli in corpi mobili più piccoli, o semplicemente spostarli dall’area visiva centrale. Il trattamento non è molto invasivo, dura circa 20-30 minuti, non provoca dolore. Si tratta comunque di una procedura non del tutto priva di possibili complicanze (cataratta, aumento della pressione oculare, rottura o distacco della retina), ragion per cui la decisione di ricorrere o meno a tale trattamento spetta sempre all’oculista. L’unica alternativa terapeutica alla vitreolisi laser è la vitrectomia, una procedura chirurgica piuttosto invasiva e che può portare alla comparsa di eventi avversi significativi, pertanto eseguita dai chirurghi solo in casi selezionati.
Rimedi naturali e consigli utili per la cura delle miodesopsie
Per ovviare il problema delle “mosche volanti” ci sono alcuni rimedi naturali, come ad esempio mantenere sempre l’organismo ben idratato. In tal senso, quindi, è importante bere molta acqua (almeno due litri al giorno) soprattutto nei mesi più caldi. Si consiglia, inoltre, di condurre una vita sana e di seguire un’alimentazione ricca di frutta e verdura per integrare l’eventuale carenza di sali minerali, che vengono persi soprattutto con il sudore. Infine, possono essere utili integratori alimentari ricchi di vitamine e sali minerali, che spesso vengono prescritti dall’oculista. Altro piccolo consiglio da seguire, potrebbe essere quello di indossare occhiali con lenti scure quando si sta all’aperto e la giornata è molto luminosa, in modo da filtrare i raggi solari e mitigare l’effetto delle ombre proiettate sulla retina dai corpi mobili.
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Pagina pubblicata il 17 aprile 2009. Ultimo aggiornamento: 10 maggio 2021.
Ultima revisione scientifica: 10 maggio 2021.
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La cheratite è una malattia dell’occhio, caratterizzata dall’infiammazione della cornea, struttura che costituisce la parte anteriore del bulbo. Le caratteristiche principali della cornea sono: la specularità, l’avascolarità, la trasparenza.
Quali cause ha?
La cheratite può essere causata da vari fattori:
infettivi (batteri, virus, protozoi, funghi);
agenti fisici (ad esempio i raggi ultravioletti);
malattie sistemiche (artrite reumatoide).
Quali sono i sintomi e i segni della cheratite?
In presenza di una cheratite i sintomi più frequenti sono: dolore, occhi che lacrimano, intolleranza alla luce (fotofobia), secrezione mucosa o purulenta, riduzione del visus.
All’esame alla lampada a fessura i segni che l’oculista può riscontrare sono i seguenti: iperemia congiuntivale (occhio rosso), chemosi, gonfiore palpebrale. A livello corneale si può evidenziare la presenza di edema (eccesso di contenuto acquoso all’interno della cornea), piccole erosioni superficiali (a livello dell’epitelio), opacità disseminate all’interno della cornea (infiltrati stromali) e, a volte, torbidità dell’umore acqueo (reazione infiammatoria in camera anteriore).
Quali forme di cheratite infettiva esistono?
Le cheratiti infettive sono sicuramente quelle più comuni, vediamo di analizzarle più nel dettaglio in base all’agente eziologico che le provoca.
Cheratiti batteriche
Le infezioni batteriche corneali possono essere provocate da uno svariato numero di microrganismi Gram positivi e Gram negativi. Gli agenti maggiormente coinvolti nello sviluppo di una cheratite batterica sono lo Staphilococcus aureus e lo Pseudomonas Aeruginosa. Qualsiasi infezione corneale necessita di un pronto intervento e di una rapida diagnosi, ciò per fare in modo che i sintomi citati in precedenza non evolvano in situazioni più serie e pericolose. Si possono sviluppare infatti delle vere e proprie ulcere corneali che provocano dolore agli occhi associato, talvolta, a mal di testa. In caso di infezione con Staphilococcus aureus le ulcere di solito sono rotonde o di forma ovalare e tendono a rimanere circoscritte, con bordi ben evidenziabili, ma possono espandersi in profondità portando alla formazione di ipopion (raccolta in camera anteriore di materiale biancastro costituito da fibrina e neutrofili). L’ulcera da Pseudomonas insorge piuttosto rapidamente ed altrettanto velocemente si ingrandisce. È presente di solito edema corneale, secrezione muco-purulenta, ipopion.
In ogni caso per impostare una cura mirata ed efficace, si può ricorrere agli esami di laboratorio per identificare con precisione l’agente infettante.
Cheratiti virali
I virus maggiormente coinvolti nel determinare lo sviluppo di una cheratite sono il virus Herpes Simplex (HSV), il virus Herpes Zoster e l’Adenovirus.
Il paziente con infezione da herpes simplex presenta di solito gli occhi molto arrossati, capillari dilatati (alcuni si rivolgono all’oculista dicendo di avere sangue nell’occhio), lieve edema corneale e infiltrati subepiteliali, con formazione in seguito di una caratteristica ulcera dendritica (cheratocongiuntivite erpetica).
Simili sono le manifestazioni oculari anche in caso di infezione da parte del virus herpes zoster. Tale virus può riattivarsi dopo periodi di latenza e migrare attraverso un nervo sensoriale. In questi casi sono presenti anche sintomi a livello sistemico quali: mal di testa, malessere e febbre, seguiti a distanza di alcuni giorni da iperemia cutanea con eruzioni vescicolari lungo il decorso del nervo interessato.
Gli Adenovirus, che sono coinvolti nella maggior parte delle infezioni virali che si sviluppano a carico delle vie respiratorie (faringiti, raffreddori, tonsilliti, ecc.), possono determinare a loro volta infezioni della congiuntiva e della cornea (cheratocongiuntiviti). Il paziente che ha un’infezione da Adenovirus presenta quindi di solito i classici sintomi influenzali (febbre, raffreddore, ingrossamento dei linfonodi pre auricolari, malessere generale, vomito), ed in più i sintomi della cheratocongiuntivite virale: iperemia congiuntivale, occhio gonfio e che lacrima, infiltrati corneali sottoepiteliali, che possono localizzarsi nella parte centrale o periferica della cornea, e variare per numero e densità. Questi infiltrati sembra si formino a seguito di una reazione immunitaria nei confronti del virus, possono persistere per diverso tempo e purtroppo spesso incidono in maniera negativa sul visus del paziente.
Come possono evolvere?
Le cheratiti, se non curate, possono compromettere la trasparenza della cornea, indispensabile alla corretta visione. Possono essere complicate da perdita di tessuto, che assume la forma di un cratere (l’ulcera corneale, con rischio di perforazione); l’ulcera può evolvere in cicatrici che, se centrali, compromettono la visione. Questa condizione ha come terapia il trapianto di cornea o l’impiego di laser ad eccimeri se l’opacità è confinata nello stroma anteriore.
Quali sono le terapie?
Le terapie dipendono dalla causa che ha provocato la cheratite. In generale la terapia ha tre obiettivi principali:
Controllo dell’infezione
Controllo dell’infiammazione
Favorire la crescita dell’epitelio (riepitelizzazione).
L’infezione è controllata con farmaci antibiotici, sia per via topica (colliri) che per via orale, in caso di cheratite batterica. L’uso di antinfiammatori steroidei – utilizzati per ridurre o eliminare le cicatrici –, quando improprio, può favorire la formazione di ulcere e sono assolutamente controindicati in caso di infezione provocata dal virus dell’herpes. Infatti per la cheratite virale di natura erpetica la terapia è basata sull’uso di colliri o unguenti
antivirali ad applicazione topica (nei casi più gravi si può procedere anche alla somministrazione per via orale), farmaci analgesici e antinfiammatori per ridurre il dolore, colliri a base antibiotica per ridurre il rischio di una sovrainfezione batterica. I farmaci devono essere usati solo dopo la prescrizione di un medico oculista. La riepitelizzazione avviene utilizzando dei lubrificanti, con la temporanea chiusura della palpebra e/o applicazione di lenti a contatto terapeutiche.
Da pochi anni è disponibile anche in Italia un protocollo terapeutico che prevede il trattamento della cornea con staminali. Nel caso specifico di cheratiti che hanno danneggiato la superficie oculare, sono trattabili gli effetti avversi delle cheratiti infettive da batteri, miceti, Acanthamoeba, oltre a quelle di origine autoimmune (“cheratiti immununitarie”).
Inoltre c’è anche la possibilità di ricorrere all’impiego della membrana amniotica che può favorire il ripristino dell’integrità e della trasparenza corneale.
Infine si potrebbe anche utilizzare un collirio a base di NGF (Nerve Growth Factor) quando si è affetti da cheratite neurotrofica, sempre dietro prescrizione di un oculista.
Quali sono le persone più a rischio?
I portatori di lenti a contatto devono prestare massima attenzione alla manutenzione delle lenti; i liquidi di conservazione delle lenti possono essere infetti e, quindi, veicolare l’infezione nell’occhio mediante la lente a contatto (in caso di cheratite o forte congiuntivite l’analisi del liquido e del recipiente delle lenti a contatto può dare al medico informazioni sull’agente infettante e, una volta esaminato, vanno eliminati lenti, liquidi e contenitori). Particolare attenzione va riservata alla cheratite da Acanthamoeba. Si tratta di un agente infettante molto resistente, un protozoo che può trovarsi nelle acque di piscine, fiumi, laghi. L’uomo è altamente resistente, ma basta una minima lesione dell’epitelio corneale per sviluppare una cheratite di questo tipo. Per questo motivo i portatori di lenti a contatto sono particolarmente a rischio, perché la lente può provocare le lesioni microscopiche; questa cheratite è caratterizzata da un forte dolore agli occhi e da un annebbiamento visivo. È estremamente pericolosa e l’infezione può interessare anche il bulbo oculare.
Pazienti affetti da Herpes zoster, in particolare quelli che hanno lesioni sulla punta del naso, possono andare incontro ad un interessamento corneale.
Pazienti con sindrome dell’occhio secco possono contrarre cheratiti, in quanto presentano spesso erosioni dell’epitelio (prima difesa contro le infezioni).
Tutti coloro che guardano senza protezione Fonti di ultravioletti (lampade UVA, saldatrici ed esposizione diretta alla luce del sole) possono anche sviluppare la cheratite attinica, caratterizzata da appannamento visivo e dolore che di solito aumenta di notte.
Quali sono le cheratiti più pericolose?
La cheratite da Acanthamoeba sopra descritta è tra le più pericolose, soprattutto se la diagnosi e la terapia specifica non fossero tempestive. Le cheratiti da funghi, molto rare, possono avere effetti devastanti e possono facilmente penetrare nella camera anteriore (che si trova dietro la superficie esterna del bulbo oculare). In questi casi gli antinfiammatori di tipo steroideo possono favorire la progressione dell’infezione. La cheratite da Candida si sviluppa spesso in associazione con altre cheratiti o in pazienti con un sistema immunitario depresso.
Consigli utili per la prevenzione delle cheratiti
Ci sono una serie di consigli che possono essere utili per prevenire la cheratite:
lavare correttamente le mani prima di indossare o rimuovere le lenti a contatto;
utilizzare preferibilmente lenti a contatto giornaliere, piuttosto che le quindicinali o mensili;
non indossare le lenti a contatto al mare, in piscina, sotto la doccia;
non dormire con le lenti a contatto;
indossare occhiali da sole con appositi filtri UV;
utilizzare gli occhialini protettivi quando si fanno lampade o lettini solari;
in presenza di herpes labiale evitare di toccare la bocca e poi gli occhi;
in caso di occhio secco, tenere gli occhi sempre ben lubrificati in modo da ridurre il rischio di microlesioni che possano favorire infezioni.
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Pagina pubblicata il 12 febbraio 2008. Ultimo aggiornamento: 4 maggio 2021.
Ultima revisione scientifica: 4 Maggio 2021.
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