Presbiopia

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Malattie oculari

Presbiopia: cause, sintomi, trattamento.

Presbiopia significato: qual è?

La presbiopia è un disturbo della vista caratterizzato dalla perdita graduale, progressiva e irreversibile, della capacità di mettere a fuoco da vicino, ma non è considerata un vizio refrattivo. Si tratta di una condizione fisiologica legata all’avanzare dell’età. Infatti, dopo i 40 anni il nostro cristallino, la lente naturale che si trova all’interno dell’occhio, perde progressivamente la capacità di mettere a fuoco gli oggetti alle differenti distanze ossia si verifica una diminuzione della capacità accomodativa.
presbiopia

PRESBIOPIA SINTOMI: SCOPRI QUALI SONO?

Il soggetto che sta iniziando a diventare presbite lamenta la vista annebbiata o la vista offuscata e riferisce stanchezza oculare (a volte accompagnata da una sorta di dolore/fastidio agli occhi e da mal di testa), soprattutto durante la lettura e altre attività che vengono svolte a una distanza ravvicinata. Altri sintomi riscontrati possono essere:

  • bruciore;
  • arrossamento oculare;
  • difficoltà a leggere le scritte molto piccole;
  • necessità di strizzare frequentemente gli occhi per vedere meglio;
  • necessità di allontanare l’oggetto che si sta osservando;
  • perdita di concentrazione durante la lettura;
  • necessità di ingrandire i caratteri su tablet, pc o smartphone.

La presbiopia, insorge solitamente intorno ai 40 anni e progredisce fino ai 60-65 anni nell’occhio che non ha altri disturbi visivi (emmetrope).

Che rapporto c’è tra la presbiopia e altri difetti visivi?

Nell’occhio miope (che vede male da lontano) il disturbo insorge più tardi in proporzione all’entità del difetto o, almeno apparentemente, non insorge affatto (perché i due difetti si compensano): infatti un soggetto che presenta miopia e presbiopia, molto spesso si abitua a togliere gli occhiali che usa per vedere da lontano, riuscendo comunque a svolgere tutte le attività a distanza ravvicinata. Discorso diverso è quello valido per il soggetto ipermetrope, che necessita da subito degli occhiali per vicino.

Che cause ha?

La causa principale della presbiopia è la perdita di elasticità del cristallino dovuta all’età, per cui la messa a fuoco da vicino risulta difficoltosa. Viceversa, un occhio più giovane possiede un meccanismo d’accomodazione efficiente ed automatico, grazie al cambiamento di forma del cristallino, che varia a seconda della distanza a cui si trova l’oggetto osservato. In sostanza, nel presbite è come se diventasse difettoso il meccanismo di messa a fuoco automatico tipico di alcuni apparecchi fotografici. Di solito chi ha questo difetto visivo, non riuscendo a leggere da vicino, allunga le braccia allontanando il piano di lettura.

Come si corregge la presbiopia?

Il modo più diffuso di correggere la presbiopia consiste nell’uso degli occhiali. presbiopia sintomi

I tipi di lenti a disposizione sono:

  1. lenti monofocali, con cui si può vedere bene da vicino;
  2. lenti bifocali, che permettono una visione corretta da lontano e a una sola distanza ravvicinata (occhiali con le lunette);
  3. lenti multifocali o progressive che consentono, con un solo paio d’occhiali, di vedere bene a più distanze.

Dopo aver scelto quale tipo di occhiali sia più indicato per le proprie esigenze, è importante ricordarsi che le lenti per vedere bene da vicino non saranno mai le stesse per tutta la vita. Infatti, ogni 4-5 anni ci accorgeremo che il disturbo è peggiorato: a quel punto sarà necessario sostituire le vecchie lenti con quelle nuove (con un ingrandimento maggiore fino ai 60-65 anni).

Sono state introdotte sul mercato, negli ultimi anni, le lenti a contatto multifocali che permettono di correggere – se pur ancora non perfettamente – i difetti visivi. È molto importante che chi le utilizza venga informato della difficoltà d’impiego che queste comportano e del fatto che la qualità della visione attualmente non è la stessa ottenuta con gli occhiali.

Quali novità e prospettive ci sono?

Una nuova frontiera nella correzione della presbiopia è rappresentata dalla chirurgia refrattiva e dallo sviluppo di evolute tecniche di chirurgia del cristallino. 

presbiopia significato

La correzione della presbiopia mediante chirurgia del cristallino si avvale dell’utilizzo delle lenti intraoculari (IOL) accomodative o multifocali.

Queste lenti vengono inserite al posto del cristallino durante l’intervento di cataratta; ma è importante sottolineare che non tutte le persone sono idonee per questo particolare tipo di lente.

Nel caso della chirurgia refrattiva laser (PRK o LASIK) vengono realizzate sulla superficie della cornea zone concentriche che hanno diverse capacità d’ingrandimento (ossia differente potere refrattivo), le quali consentono di mettere a fuoco oggetti collocati a distanze diverse.


Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus

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Pagina pubblicata il 9 novembre 2012. Ultimo aggiornamento: 13 Ottobre 2021.

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Daltonismo

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Difetti e disturbi

Daltonismo

Che cos’è il daltonismo?

daltonismo Il daltonismo è una condizione in cui si ha un’alterata percezione dei colori.

Quanti tipi di daltonismo esistono?

Le persone affette da acromatopsia hanno una visione monocromatica (in bianco e nero perché non percepiscono né il rosso né il verde né il blu), mentre coloro che sono colpiti da protanopia, deuteranopia o tritanopia hanno una visione bicromatica, in quanto non percepiscono uno dei tre colori primari.

Più in particolare si ha:

  1. protanopia (insensibilità al rosso) e protanomalia (insufficiente sensibilità al rosso);
  2. deuteranopia (insensibilità al verde) e deuteranomalia/teranomalia (scarsa sensibilità al verde);
  3. tritanopia (insensibilità al blu, al violetto e al giallo) e tritanomalia (insufficiente sensibilità a questi colori).

Per avere un’idea di ciò che questo significhi, si possono fare delle simulazioni: una persona non affetta da daltonismo può, su alcuni monitor, ridurre la percentuale di rosso/verde/blu fino ad eliminarla. Invece chi è affetto da acromatopsia vedrà come in un film in bianco e nero.

daltonismo tipi

daltonismo test

Perché si usa il termine “daltonismo”?

La parola daltonismo deriva dal nome del ricercatore britannico John Dalton che per primo, nel 1794, descrisse il disturbo nell’articolo “Fatti straordinari legati alla visione dei colori”. Lo stesso scienziato era affetto da discromatopsia rosso-verde o, più precisamente, da deuteranopia.

Daltonismo test: come si esegue la diagnosi?

daltonismo test

La diagnosi viene eseguita mediante un esame cromatico del riconoscimento dei colori. Spesso vengono utilizzate le tavole di Ishihara [[ il cosiddetto Test di Ishihara è stato ideato dal prof. Shinobu Ishihara, docente presso l’Università di Tokyo (Giappone), e pubblicato la prima volta nel 1917 ]].

Si ratta di tavole numeriche contenute in sequenza all’interno di un libro, disegnate per eseguire un test rapido nel riconoscimento dei colori. In pratica una serie di punti di dimensioni variabili, definiscono un numero (test numerico per daltonismo), che risulta facilmente riconoscibile per un soggetto che ha una normale percezione cromatica, in presenza, invece, di daltonismo, l’insieme di pallini colorati non viene visualizzato correttamente o può risultare confuso con lo sfondo.

Lo stesso test per il daltonismo si può utilizzare per i bambini, mostrando loro però delle tavole contenenti la rappresentazione di un simbolo, piuttosto che di un numero, oppure facendo individuare al piccolo paziente un percorso colorato all’interno della tavola.

Per approfondire maggiormente l’entità e le caratteristiche dell’ alterata percezione cromatica, si può effettuare il test di Farnsworth, che consiste nel mettere nella corretta successione tonale una serie di colori (è uno dei test per daltonici, considerati “difficili” dai pazienti, perché più complesso e più lungo da eseguire; viene utilizzato meno frequentemente).

Inoltre, sono stati elaborati dei software (ad esempio applicazioni per dispositivi elettronici come telefoni cellulari o tablet) che possono, in prima battuta, consentire di rilevare eventuali difetti nella percezione cromatica. Tuttavia, tale verifica non ha un valore diagnostico preciso: è sempre necessario, per una corretta diagnosi, rivolgersi a un medico oculista.

Qual è la causa del daltonismo?

La causa più frequente di questa patologia è un’alterazione ereditaria dei fotorecettori.
Per questa ragione dobbiamo esaminare alcuni principi base della genetica. Nell’uomo si trovano 22 coppie di cromosomi omologhi e una coppia di cromosomi diversi (detti eterosomi o cromosomi sessuali).

Eterosomi

UOMINIXY
DONNEXX

La forma congenita dei disturbi rosso-verde è dovuta a una mutazione recessiva sul cromosoma X e sono, quindi legati, al sesso dell’individuo. Perché un soggetto sia daltonico per i disturbi rosso verde non deve avere neanche un cromosoma X “sano”. Poiché gli uomini hanno un solo cromosoma X (ereditato sempre dalla madre), devono avere una madre che sia portatrice o affetta dalla malattia per avere, rispettivamente, il 50% o il 100% di possibilità di esserne colpiti. Al contrario, non è influente se il padre sia o meno daltonico, in quanto il figlio maschio non eredita mai il cromosoma X del padre.

In che modo si trasmette geneticamente?

Il daltonismo si trasmette geneticamente ai maschi nel seguente modo:

 Madre SanaMadre PortatriceMadre Malata
Padre SanoFiglio Sano (100%)Figlio Sano (50%) Figlio Malato (50%)Figlio Malato (100%)
Padre MalatoFiglio Sano (100%)Figlio Sano (50%) Figlio Malato (50%)Figlio Malato (100%)

La figlia femmina, invece, ha due cromosomi X, uno materno e l’altro paterno, e deve avere quindi la madre portatrice o malata e il padre affetto da daltonismo per essere malata anche lei:

 Madre SanaMadre PortatriceMadre Malata
Padre SanoFiglia Sana (100%)Figlia Sana (50%) Figlia Portatrice (50%)Figlia Portatrice (100%)
Padre MalatoFiglia Portatrice (100%)Figlia Portatrice (50%)Figlia Malata (50%)Figlia Malata (100%)

Questo spiega perché gli uomini siano maggiormente affetti da daltonismo rispetto alle donne. Infatti, essendo il difetto a carattere genetico sono colpiti entrambi gli occhi (anche se, a volte, il deficit è espresso in modo diverso nelle due retine).

Si può curare?

Attualmente il daltonismo non è curabile. Tuttavia, a livello sperimentale, il difetto – essendo di natura genetica – potrebbe in futuro avvalersi della terapia genica. Grazie a quest’ultima ricercatori dell’Università della Pennsylvania sarebbero riusciti a trattare la cecità cromatica nei cuccioli di cani. Quest’approccio – la cui efficacia dovrà però essere confermata da nuovi studi condotti anche sugli esseri umani – è basato sulla sostituzione di un gene difettoso (CNGB3) con uno sano. Inoltre, dal momento che esistono diverse forme di daltonismo bisogna considerare che la terapia genica potrebbe anche richiedere la sostituzione di più geni (mediante iniezioni sotto la retina) e, dunque, essere estremamente difficoltosa nonostante le buone premesse. Non sono, quindi, ancora note terapie risolutive per le varie forme di daltonismo.

Ciononostante, nel 2014 è stato pubblicato uno studio in cui si sostiene che nelle scimmie è possibile “curare” geneticamente una specifica forma di daltonismo (mancata distinzione tra rosso e verde), trasformando i primati con visione bicromatica in tricromatica [Vedi lo [studio pubblicato dall’Università di Washington (Pubmed)]]. Questa stessa università ha proposto anche un test genetico per la valutazione del daltonismo [[Vedi https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27622081]]. Nuove sperimentazioni sono in corso, ma al momento non esiste alcuna terapia genica efficace sull’essere umano. Tuttavia, esistono delle lenti per daltonici dotate di speciali filtri che consentono di avere una percezione dei colori più prossima a quella che hanno le persone non daltoniche.

Quant’è comune il daltonismo?

Si stima che siano affette da daltonismo circa 300 milioni di persone nel mondo (su una popolazione di 7,5 miliardi), mentre in Italia i daltonici sono 2,2-2,5 milioni. Nella maggioranza dei casi riguarda più i maschi (7-8%) che non le femmine (0,4-0,5%).

Più nel dettaglio:

Sessoprotanopiaprotanomaliadeuteranopiadeuteranomalia
Uomini1,01%1,08%1%5%
Donne0,02%0,03%0,1%0,35%

La tritanopia (“cecità” al colore blu) e la tritanomalia (ridotta percezione del blu) sono malattie genetiche molto rare, causate da un’alterazione sul cromosoma 7; gli uomini e le donne sono colpiti in egual misura. Invece la deuteranomalia [[il soggetto non percepisce il verde: è l’anomalia più frequente del senso cromatico]] è la forma più comune e colpisce molto più spesso i maschi.

Il daltonismo è solo ereditario?

Nella maggior parte dei casi lo è, ma non è solo così. Infatti i deficit di sensibilità cromatica possono essere anche acquisiti; in questo caso possono essere bilaterali (colpiscono entrambi gli occhi) o monolaterali (un solo occhio ne è affetto).
Inoltre:

  • l’opacità del cristallino (cataratta) può portare ad una lieve alterazione della sensibilità blu-giallo: le frequenze luminose sono “tagliate” dal cristallino opacizzato;
  • negli alcolisti si osserva una diffusa riduzione della sensibilità ai colori, maggiormente per il blu-giallo piuttosto che per il rosso-verde;
  • traumi cranici possono portare ad un’alterata sensibilità ai colori;
  • in soggetti affetti da maculopatia o otticopatie si può riscontrare un deficit del senso cromatico.
 
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Pagina pubblicata il 17 luglio 2007. Ultimo aggiornamento: 6 ottobre 2021.

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Uveiti

I tuoi occhi

Malattie oculari

Uveite: cause, sintomi, trattamento.

Cosa sono?

L’uveite è una patologia degli occhi dovuta ad un processo infiammatorio che interessa l’ùvea ovvero lo strato intermedio del bulbo oculare (situato tra la retina e la sclera), costituito da iride, corpo ciliare e coroide.

Come si classificano?

Uveite
Ci sono molti modi di classificare le uveiti.
A seconda della zona colpita, ovvero della sede anatomica:

  • Uveiti anteriori;
  • Intermedie;
  • Posteriori;
  • Panuveiti (in questo caso viene coinvolta tutta l’ùvea).

In base al decorso clinico:

  • Uveiti acute;
  • Uveiti croniche.

Infine, a seconda delle cause che le originano (eziologia):

  • Uveiti esogene (possono essere provocate da agenti provenienti dall’esterno);
  • Uveiti endogene (provocate da agenti già presenti nel nostro organismo);
  • Uveiti infettive (dovute a virus, batteri, funghi e parassiti);
  • Uveiti non infettive (in associazione o meno con patologie sistemiche).

Talvolta la causa esatta può rimanere ignota.

Quali sono i sintomi delle uveiti?

La sintomatologia dipende da quale parte dell’uvea è colpita dall’infiammazione:

  1. le uveiti anteriori acute si presentano con intolleranza alla luce (fotofobia), dolore all’occhio, vista offuscata e occhio che lacrima, mentre quelle anteriori croniche possono presentarsi con occhi rossi e visione di mosche volanti (miodesopsie) o essere quasi totalmente prive di sintomi (asintomatiche).
    All’esame oculistico nelle uveiti anteriori l’occhio appare molto arrossato (i vasi intorno alla cornea assumono un aspetto violaceo e si dilatano tanto che il paziente riferisce spesso, quando si presenta a visita, di avere un occhio “rosso sangue”); la cornea non è più trasparente, ma viceversa mostra delle opacità (precipitati corneali); l’umore acqueo, che occupa la camera anteriore, appare torbido per la presenza di cellule infiammatorie, mentre nell’iride possono comparire delle alterazioni visibili (noduli o aree atrofiche), segni che si attenuano nelle forme croniche;
  2. le uveiti intermedie possono presentarsi con mosche volanti (corpi mobili) o divenire maggiormente sintomatiche nel momento in cui si instaurano delle complicanze quali l’èdema maculare (liquido che si forma tra gli strati del centro della retina). All’esame oculistico il corpo vitreo apparirà torbido e la retina potrà apparire normale;
  3. le uveiti posteriori possono presentarsi come quelle intermedie, cioè con la comparsa di mosche volanti, accompagnate da una qualità visiva ridotta (i pazienti quando si rivolgono all’oculista, riferiscono di vedere appannato o di vedere sfocato). Si può anche verificare un rapido calo della vista nel caso in cui il processo infiammatorio colpisca la fòvea (zona centrale della macula deputata alla visione distinta). All’esame oculistico il corpo vitreo appare opaco, mentre la retina è colpita dall’infiammazione.

Che complicazioni si possono avere?

occhi rossi

Le uveiti anteriori si possono complicare con la formazione di adesioni tra l’iride e la superficie anteriore del cristallino (sinechie posteriori). Quando queste adesioni si formano attorno alla pupilla si può avere la cosiddetta seclusio pupillare, con conseguente mancato passaggio di umore acqueo dalla camera posteriore del bulbo oculare a quella anteriore, che può portare a un considerevole aumento della pressione oculare. Altre complicanze dell’uveite anteriore sono la cataratta e le sofferenze della cornea.
Le uveiti intermedie, invece, hanno come complicanze l’edema maculare cistoide e il distacco di retina per trazione.
Nelle uveiti posteriori le complicanze riguardano il diretto coinvolgimento della macula da parte dell’infiammazione che provoca l’èdema maculare; fenomeni di occlusione dei vasi della retina; formazione di nuovi vasi nella coroide e infiammazione del nervo ottico.

Sarcoidosi oculare

La sarcoidosi è una malattia infiammatoria rara che causa la formazione di piccoli noduli rossi e gonfi, chiamati granulomi. Gli organi più comunemente colpiti sono i polmoni, i linfonodi, la cute, l’occhio, il sistema nervoso, il fegato e le articolazioni.

La sarcoidosi può manifestarsi in persone di qualsiasi età ma, di solito, compare in età adulta, con maggiore frequenza nelle donne rispetto agli uomini. Non si sa quale sia la causa della malattia, ma si pensa possa dipendere da un’eccessiva risposta del sistema immunitario a fattori infettivi (virus e batteri) e ambientali, in persone geneticamente predisposte.

In circa la metà dei soggetti affetti da sarcoidosi, possono svilupparsi problemi a livello oculare, in particolare sotto forma di un’infiammazione nella parte anteriore dell’occhio (uveite anteriore), oppure nella parte posteriore (uveite posteriore), o in entrambe le parti contemporaneamente (panuveite). L’uveite può, inoltre, manifestarsi in in solo occhio o colpire entrambi. Il paziente affetto da sarcoidosi oculare presenta: occhio rosso, talvolta associato a dolore, vista annebbiata, fastidio alla luce (fotofobia), comparsa di macchie scure nel campo visivo.

Il trattamento dell’uveite in paziente con sarcoidosi consiste nella somministrazione di colliri cortisonici (per controllare l’infiammazione), midriatici (per dilatare la pupilla ed ostacolare la formazione di adesioni tra iride e cristallino). Nei casi più gravi, può essere indicata anche una terapia sistemica con cortisonici e immunosoppressori.

Cosa fare?

Le uveiti sono patologie che vanno trattate con tempestività: ci sono forme che, nei casi peggiori, possono portare alla cecità. È indispensabile, quindi, intervenire subito con una terapia medica: l’obiettivo è scongiurare le complicanze per evitare il calo visivo e ridurre il dolore e trattare la patologia di base.

Come si possono curare?

Il tipo di terapia dipende essenzialmente dalla forma di uveite. Le uveiti infettive necessitano di una terapia specifica topica (ossia farmaci sulla superficie oculare come colliri, gel o pomate) e sistemica anche antibiotica (per via generale) volta a combattere l’agente patogeno in causa. Escludere un’origine infettiva è fondamentale per iniziare qualsiasi terapia più o meno specifica a base di cortisone. I cortisonici possono essere usati sia per bocca che sotto forma di collirio (ossia sistemica e topica rispettivamente), ma sempre sotto il controllo di un medico oculista. Alcune forme di uveite possono, inoltre, necessitare di ulteriori opzioni terapeutiche quali gli immunosoppressori o i farmaci biologici.

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Pagina pubblicata il 27 aprile 2009. Ultimo aggiornamento: 29 Settembre 2021.

Ultima revisione scientifica: 29 Settembre 2021.

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Nistagmo

I tuoi occhi

Malattie oculari

Nistagmo

Cos’è?

È un’oscillazione ritmica e involontaria degli occhi. Si distinguono un nistagmo fisiologico (ossia un movimento oculare normale) da un nistagmo patologico.
nistagmo
Il nistagmo fisiologico è dovuto alla modalità di visione degli oggetti in movimento: tipico è l’esempio di una persona seduta su un treno in corsa che guarda fuori del finestrino e osserva, uno alla volta, i pali o gli alberi che si susseguono lungo i binari (a una fase di movimento più lento ne segue un’altra di movimento rapido o “di scossa”).

Nel nistagmo patologico, invece, ogni ciclo di movimento tende ad allontanare l’oggetto che si vuole osservare dalla fovea (centro retinico), facendolo uscire dalla zona centrale del campo visivo, causando così seri problemi alla visione stessa.

Come si presenta?

Il nistagmo si può presentare con un movimento pendolare (stessa velocità in tutte le direzioni) oppure con un movimento saccadico (a carattere erratico, ha una velocità diversa a seconda delle diverse direzioni); si compone di una fase rapida e di una lenta. A volte i pazienti quando si presentano a visita dall’oculista con un problema di nistagmo, riferiscono di avere l’occhio che “trema” o che “balla”.

Cosa provoca?

Il nistagmo patologico spesso riduce la visione in modo serio. Molte persone affette da questa condizione sono considerate ipovedenti. Infatti, la profondità di campo diminuisce, provocando instabilità nel movimento. Tuttavia, la capacità visiva può variare durante il giorno ed essere influenzata anche da fattori emozionali e fisici (come lo stress o la stanchezza).

occhio che trema

Come oscilla esattamente l’occhio?

Il piano di questi movimenti involontari e patologici può essere orizzontale, verticale, torsionale (circolare) o può essere aspecifico (non individuabile).

Le altre caratteristiche del nistagmo sono la frequenza del movimento oculare (bassa, elevata e moderata) – che indica il numero di scosse nell’unità di tempo – e l’ampiezza del movimento delle scosse (fine, media e larga). Può coinvolgere un occhio (nistagmo monoculare) oppure entrambi gli occhi (binoculare); è detto “coniugato” quando la direzione, la frequenza e l’ampiezza sono simili in entrambi gli occhi, altrimenti viene definito “dissociato”.

Quali sono le cause?

Il nistagmo patologico può essere dovuto a cause genetiche o può essere acquisito (può dipendere da diverse malattie). Si può manifestare, in particolare, in seguito a lesioni del sistema nervoso (cervelletto e tronco encefalico) o dell’apparato vestibolare (organo dell’equilibrio).

Il nistagmo congenito può avere un’ereditarietà legata al sesso e, in genere, si manifesta entro i primi 2-3 mesi dalla nascita. Fondamentale è, quindi, la diagnosi oculistica in età neonatale (in modo da evitare che ci sia deficit visivo che può provocare nistagmo). Le cause possono essere varie (ad esempio una cataratta congenita, uno strabismo, ecc.).

Il nistagmo si sviluppa in tutti quei bambini che hanno una perdita bilaterale della visione centrale entro i primi 2 anni di vita. In alcuni casi può presentarsi senza una causa nota e può insorgere nei gradi estremi di rotazione degli occhi, anche in persone perfettamente sane, soprattutto in caso di affaticamento. Ci sono malattie come l’albinismo che tipicamente lo causano.

Quali sono i sintomi del nistagmo oculare?

Oltre ai movimenti oculari citati in precedenza, un paziente affetto da nistagmo oculare, può presentare i seguenti sintomi:

  • Problemi di visione (vista offuscata, con oggetti che possono apparire tremolanti e ridotta percezione della profondità);
  • Oscillopsia (ossia una percezione instabile ed oscillante del campo visivo);
  • Posizione anomala del capo e del collo;
  • Fotofobia (sensibilità alla luce);
  • Vertigini e perdita di equilibrio;
  • Affaticamento e irritabilità (per gli sforzi eseguiti nel tentativo di avere una visione più nitida).

Come si esegue la diagnosi?

Si effettua valutando il movimento degli occhi mentre viene osservato un punto fisso; di solito si utilizza la lampada a fessura che, ingrandendo l’immagine, è anche in grado di rendere visibili i movimenti più piccoli. L’esame oculare deve mirare a valutare l’acuità visiva, la reattività delle pupille, la motilità degli occhi e il fondo oculare.

Esiste una terapia?

Quando possibile si deve eliminare la causa determinante il nistagmo. Nel caso in cui la causa sia congenita esistono terapie riabilitative che potrebbero ridurne la portata.

Come si classifica?

Distinguiamo i seguenti tipi:

  1. nistagmo a scosse, in cui il movimento lento è detto “di defoveazione” (allontanamento dalla zona di fissazione dell’oggetto, seguito da rapidi movimenti oculari correttivi);
  2. nistagmo pendolare, in cui entrambi i movimenti sono lenti;
  3. nistagmo misto, in cui a scosse in posizione primaria segue un nistagmo pendolare in posizione laterale di sguardo. Distinguiamo, per il nistagmo fisiologico, la posizione estrema dello sguardo (end point), in cui si riscontra un nistagmo a scosse con la fase rapida in direzione dello sguardo;
  4. nistagmo otto-cinetico, provocato da oggetti in movimento all’interno del campo visivo: vi è un inseguimento oculare lento;
  5. nistagmo vestibolare: a scosse, causato da alterazioni dei segnali che arrivano ai centri per il controllo dell’equilibrio corporeo che regolano anche lo sguardo orizzontale. Questo può essere provocato dalla stimolazione termica (acqua fredda o calda), per cui viene utilizzato dall’otorinolaringoiatra per valutare la funzionalità dei centri dell’equilibrio del sistema vestibolare.

 

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Pagina pubblicata il 10 settembre 2009. Ultimo aggiornamento: 21 settembre 2021.

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Strabismo

I tuoi occhi

Malattie oculari

Strabismo: cause, sintomi, trattamento.

Cos’è?

strabismo

Significato di strabismo: condizione in cui gli assi visivi dei due occhi non sono allineati (i cosiddetti “occhi storti”). Se insorge in età adulta può comportare la visione doppia (diplopia). Quando, invece, è presente già alla nascita il cervello del bambino esclude spontaneamente le immagini provenienti dall’occhio deviato: l’occhio non utilizzato viene automaticamente disattivato per evitare lo sdoppiamento dell’immagine. È importante, in questi casi, una diagnosi precoce, altrimenti la deviazione oculare potrebbe determinare un’importante riduzione permanente dell’acuità visiva del bambino (ambliopia).

Quanto è frequente?

Lo strabismo è una malattia relativamente comune: riguarda circa il 4% dei bambini. Se il trattamento viene effettuato troppo tardi l’ambliopia diventa permanente. Di regola più precocemente si tratta, migliore sarà il risultato a livello visivo. La comparsa di strabismo in età adulta provoca, invece, una visione doppia, poiché il cervello è ormai abituato a ricevere immagini dai due occhi e non può più ignorare l’immagine proveniente dall’occhio deviato.

Cosa significa vedere doppio?

In condizioni normali i due occhi puntano lo stesso oggetto e le immagini sono proiettate su due punti retinici ben precisi detti corrispondenti; in questo modo nel cervello avviene la fusione delle immagini percepite da ciascun occhio. Tra i due occhi esiste, però, una certa distanza: ciò consente la stereopsi ossia la visione tridimensionale binoculare. Per far avvenire la fusione delle immagini in una rappresentazione visiva unica è importante il coordinamento tra la funzione sensoriale e quella motoria. Quando viene meno l’equilibrio tra tali funzioni, le immagini stimolano punti retinici totalmente non corrispondenti e il cervello percepisce due immagini diverse senza riuscire a fonderle. In questo caso si può creare diplopia (stesso oggetto percepito in due luoghi diversi) oppure si crea confusione (due oggetti sovrapposto nello stesso punto).

Quali sono le cause?

vederci doppio

Lo strabismo può essere presente fin dalla nascita (strabismo congenito) oppure svilupparsi in età adulta (forma acquisita). Le cause che lo determinano possono essere di varia natura a seconda dell’età di insorgenza della patologia:

  • problemi refrattivi (quali miopia e, soprattutto, ipermetropia e astigmatismo);
  • malattie oculari congenite (quali ad esempio la cataratta e la ptosi);
  • malattie neurologiche, paresi cerebrali o dei muscoli oculari (strabismo da cause neurologiche);
  • malattie endocrinologiche (alterazioni della funzionalità tiroidea).

In caso di problemi refrattivi, se il bambino vede meglio con un occhio, il cervello ignora l’immagine dell’occhio che vede meno con la soppressione, un sistema di difesa spontaneo che il bambino ‘utilizza’ per evitare la diplopia (particolarmente fastidiosa). Il cervello ‘spegne’ un occhio per far tornare la visione unica. Tuttavia, così il cervello non impara ad utilizzare l’occhio escluso. La capacità di utilizzare entrambi gli occhi, se non viene acquisita nei primi anni di vita, non è più possibile recuperarla e, di conseguenza, l’occhio non utilizzato diventa pigro e tende a deviarsi assumendo il caratteristico atteggiamento dell’occhio strabico (occhio storto).

Nell’adulto lo strabismo può essere provocato da un’alterazione dei muscoli oculari di tipo restrittivo (come accade in caso di patologie della tiroide o nella miopia elevata), può presentarsi come scompenso di una forma infantile, oppure derivare da paralisi. In quest’ultimo caso i fattori che più frequentemente possono indurre strabismo sono: malattie di natura infettiva, malattie vascolari, traumi cranici, malattie neurodegenerative, diabete.

Interessanti, inoltre, sono gli studi effettuati negli anni riguardo il concetto di strabismo su base ereditaria. A tale proposito, vale le pena citare uno studio pubblicato nel 2018 [Sherin Shaaban et al., “[Genome-Wide Association Study Identifies a Susceptibility Locus for Comitant Esotropia and Suggests a Parent-of-Origin Effect“, Invest. Ophthalmol. Vis. Sci. 2018 Aug; 59(10): 4054-4064, doi:10.1167/iovs.18-24082]], secondo il quale l’esotropia, il tipo di strabismo concomitante più comune (occhi convergenti), presenti familiarità: “ha la sua maggiore incidenza tra le antiche popolazioni europee e si ritiene che sia ereditata come tratto [genetico] complesso”. Ulteriori studi saranno però necessari per comprendere meglio questa correlazione genetica.

Esistono diversi tipi di strabismo?

Sì. Lo strabismo viene distinto a seconda della deviazione o della direzione in cui guarda l’occhio. In particolare, a seconda della direzione verso cui l’occhio interessato è rivolto, abbiamo:

  • Strabismo convergente (o Esotropia): l’occhio è rivolto verso l’interno;
  • Strabismo divergente (o Exotropia): l’occhio è rivolto verso l’esterno;
  • Strabismo verticale: l’occhio è rivolto verso l’alto (Ipertropia) o verso il basso (Ipotropia).

Esiste, poi, lo strabismo concomitante, in cui l’angolo di deviazione è lo stesso in tutte le direzioni di sguardo e quello incomitante (o paralitico), in cui la deviazione varia a seconda della posizione degli occhi: è maggiore dove agisce il muscolo oculare deficitario.

Per quanto riguarda lo strabismo concomitante, ne esistono di tre tipi: accomodativo, tonico e misto.

Alla base dello strabismo accomodativo vi è un’alterazione del rapporto convergenza/accomodazione, generalmente causata da un’ipermetropia non corretta: il bambino ipermetrope tende a compensare il difetto di refrazione accentuando l’accomodazione, scatenando così lo strabismo. Nello strabismo tonico l’alterazione del rapporto convergenza/accomodazione è, invece, a favore della convergenza che viene aumentata per un difetto innervazionale, muscolare o orbitario. Nello strabismo misto coesistono sia la componente accomodativa sia quella tonica. Lo strabismo concomitante non dà sintomi particolari in quanto intervengono meccanismi di compensazione diversi a seconda dell’età del paziente (soppressione, alternanza).

Qual è lo strabismo più frequente nei bambini?

Lo strabismo concomitante è, in genere, quello più frequente nell’età infantile e, nel mondo occidentale, prevale lo strabismo convergente o esotropia (occhio deviato verso l’interno) su quello divergente o exotropia (occhio deviato verso l’esterno). L’exotropia o strabismo divergente si manifesta di solito verso i 10 anni, mentre il convergente o esotropia appare molto prima (tra i 2 e i 3 anni), nel periodo in cui si va sviluppando la visione binoculare.

Quale si presenta più spesso negli anziani?

Lo strabismo incomitante (paralitico) è, generalmente, quello più frequente negli anziani. È dovuto a ridotta efficienza di un muscolo oculare in seguito a una lesione nervosa, infiammatoria o traumatica. Gli occhi possono apparire in posizione corretta oppure presentare uno strabismo che si accentua in una posizione (in cui dovrebbe agire il muscolo paralizzato). L’angolo di deviazione oculare è massimo dove dovrebbe agire il muscolo difettoso: aumenta l’asimmetria perché, per compensazione, si ha un’accentuazione dell’azione del muscolo corrispondente dell’occhio sano. Infatti, in presenza di una paralisi dei muscoli dell’occhio, viene persa la capacità di muovere i due occhi allo stesso modo e nello stesso momento.

vertigini

La diplopia è il sintomo principale, accompagnata spesso da vertigini, difficoltà di orientamento e tendenza a inclinare la testa. Infatti la diplopia aumenta quando si guarda nella direzione del muscolo paralizzato: si tende a ruotare il capo dalla parte opposta per cercare di evitare di vedere doppio, causando così sovente anche un torcicollo (oppure si tiene un occhio chiuso per evitare il fastidio). Tra le cause di paralisi vi possono essere traumi cranici, malattie vascolari, malattie infettive, patologie degenerative del sistema nervoso centrale e diabete.

Quali sono i sintomi?

I sintomi dello strabismo possono essere:

  • Mal di testa
  • Stanchezza visiva (pesantezza e dolore agli occhi)
  • Bruciore agli occhi
  • Fotofobia (sensibilità alla luce)
  • Ammiccamento eccessivo degli occhi
  • Diplopia (visione doppia)
  • Talvolta inclinazione del capo
  • Vertigini e difficoltà di orientamento.

Qual è l’approccio diagnostico?

È importante eseguire un’attenta misurazione della vista con l’instillazione di un collirio cicloplegico che, bloccando l’accomodazione, permette di individuare vizi refrattivi importanti e correggere alcune forme di strabismo con gli occhiali. Questo è il caso, ad esempio, di strabismi convergenti dei bambini causati da ipermetropie elevate. È fondamentale, inoltre, eseguire l’analisi della motilità oculare per identificare i muscoli deficitari o iperfunzionanti, capendo così quali sono i muscoli da rinforzare (resezione) o indebolire (recessione) con l’intervento chirurgico.

Negli adulti, invece, prevalgono le forme paretiche; dunque, si usa soprattutto lo schermo di Hess, un esame eseguito adoperando lucette rosse e verdi: fornisce informazioni sulla capacità funzionale residua del/dei muscolo/i deficitari. Tale esame, monitorando l’evoluzione dello strabismo e l’eventuale sua stabilizzazione, permette di definire il momento ideale per eseguire un eventuale intervento chirurgico.

STRABISMO NEL NEONATO

I neonati fino ai tre mesi di vita non sono in grado di controllare bene i muscoli oculari, ma entro il sesto mese dovrebbero riuscire a seguire gli oggetti in movimento con entrambi gli occhi. Se ciò non si verificasse si potrebbe trattare di strabismo infantile.

In realtà, nei neonati è spesso difficile determinare la differenza tra occhi che sembrano essere deviati e il vero strabismo. I bambini molto piccoli, infatti, hanno spesso un naso largo, piatto e una piega di pelle tra quest’ultimo e le palpebre (che tende a coprire l’occhio durante lo sguardo laterale) che dà solo l’apparenza di occhi convergenti verso l’interno (impressione che scompare con la crescita del bambino). Qualsiasi oculista è, comunque, in grado di distinguere il vero strabismo da quello falso (anche detto pseudo-strabismo).

TRATTAMENTO DELLO STRABISMO

Quando lo strabismo s’instaura a causa dell’ambliopia l’occhio che vede bene deve essere bendato al fine di incoraggiare quello pigro (che vede meno) a lavorare di più, migliorando così la capacità visiva. Se lo strabismo si manifesta per un problema della vista (come l’ipermetropia) bisognerebbe prescrivere le lenti. In alcuni casi si può intervenire chirurgicamente sui muscoli degli occhi, ma si tratta di una eventualità rara; comunque, l’intervento non va mai eseguito prima dei due-tre anni di vita.

Invece, nel caso di strabismo che insorge in età adulta come conseguenza di patologie sistemiche (generali) quali diabete o ipertensione, l’unica terapia è la cura di queste ultime: la risoluzione dello strabismo può essere spontanea (anche dopo 6-7 mesi). Quando, invece, abbiamo uno strabismo paralitico stabile nel tempo la terapia possibile, per evitare la diplopia, è l’applicazione di prismi ossia di lenti che deviano le immagini. In sostanza, invece di raddrizzare l’occhio spostiamo l’immagine, facendo sì che cada al centro della retina. In questo modo non si elimina lo strabismo, ma si consente una visione stereoscopica in posizione frontale (evitando così la diplopia).

QUAL È LA CAUSA ESATTA DEGLI STRABISMI CHE NON SEGUONO A PARALISI?

Quelli non paralitici dipendono da anomalie dei fattori nervosi che regolano la posizione degli occhi: ogni muscolo preso singolarmente è normalmente funzionante, ma viene alterato l’equilibrio sotteso al meccanismo della visione binoculare. Se quest’alterazione non è costante e si manifesta solo in determinate condizioni si è in presenza di eteroforia o strabismo latente; se, invece, l’alterazione è ben visibile in qualsiasi condizione si è in presenza di eterotropia o strabismo manifesto. Nell’eteroforia o strabismo latente la deviazione viene mantenuta latente dal meccanismo della fusione: la deviazione oculare è quindi evidente solo quando viene interrotta la fusione.

CHE COS’È LO STRABISMO DI VENERE?

L’espressione “strabismo di Venere”, non fa parte della terminologia clinica vera e propria, ma è più che altro un termine popolare che viene utilizzato per descrivere una lieve forma di strabismo divergente (in ricordo del celebre quadro del Botticelli, in cui l’artista dipingeva Venere, dea dell’amore e della bellezza, con uno sguardo ammaliatore ma un po’ “particolare”).

Nello strabismo di Venere, gli occhi non risultano perfettamente allineati, mostrando una tendenza a deviare (più comunemente verso l’esterno) rispetto al proprio asse naturale. Di solito l’entità della deviazione è minima, non sempre evidente, e quindi si può parlare di un microstrabismo. Se lo strabismo di Venere si riscontra nei neonati, potrebbe essere legato alla non completa maturazione del sistema visivo e della motilità oculare, e quindi risolversi spontaneamente con la crescita. Occorre comunque sempre rivolgersi ad un oculista per definire le cause e l’entità di uno strabismo di Venere, e verificare se si tratti solo di un particolare tratto estetico (in questo caso sinonimo di bellezza e fascino) o di una patologia da studiare e trattare.

 

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Pagina pubblicata il 28 febbraio 2012. Ultimo aggiornamento: 1 febbraio 2019.

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Ambliopia

I tuoi occhi

Malattie oculari

Ambliopia (occhio pigro): cause, sintomi, trattamento.

Cos’è l’ambliopia?

È una condizione in cui la funzione visiva di un occhio (o più raramente di entrambi) è ridotta o assente.

ambliopia

Si tratta di una patologia che si sviluppa in età pediatrica (occhio pigro nel bambino). È caratterizzata da una riduzione dell’acuità visiva, generalmente in un solo occhio.

Consiste in un deficit dell’apparato visivo: il cervello, non riuscendo a interpretare correttamente le informazioni che gli giungono, disattiva – parzialmente o del tutto – i segnali che provengono da uno dei due occhi. Nei bambini il danno è generalmente reversibile, in linea di massima fino a 4-6 anni, ma sull’età precisa non c’è concordanza della comunità medico-scientifica.

Perché si sviluppa l’ambliopia?

L’ambliopia si presenta quando il bambino non usa (in maniera involontaria) un occhio. Questo avviene quando non vede più a fuoco da un occhio o perché il cervello non riesce più a “combinare” (fondere) le immagini che – in caso di strabismo – provengono dall’occhio deviato con quelle fornite dall’occhio sano o, più raramente, perché alla retina non arrivano affatto segnali visivi.

Quali sono le cause dell’ambliopia?

Astigmatismo, miopia e ipermetropia, se non vengono corretti adeguatamente e tempestivamente, possono portare all’ambliopia. In caso di strabismo il cervello non riesce a fondere le immagini provenienti dai due occhi. Questa sensazione è estremamente fastidiosa, per cui il bambino – il cui cervello sopprime le informazioni che derivano dall’occhio più debole – rischia una compromissione della sua funzionalità visiva in un occhio. Tale esclusione può avvenire per patologie congenite o della prima infanzia: la cataratta congenita, se non diagnosticata e asportata precocemente, può portare ad esempio ad ambliopia (così come una marcata ptosi, patologia in cui le palpebre sono calanti)

occhio pigro

OCCHIO PIGRO RIMEDI

La prima cura consiste nel correggere il difetto visivo o eliminare gli ostacoli che impediscono la corretta visione. Si deve poi cercare di far lavorare l’occhio pigro; per fare questo generalmente si copre l’occhio sano (bendaggio dell’occhio dominante). Questa terapia consiste nell’applicazione di una benda o di un cerotto coprente sull’occhio dotato di migliore funzionalità e deve essere approntata seguendo precisamente le indicazioni di un medico oculista.

Queste terapie possono durare da alcuni mesi fino ad alcuni anni. Durante la cura i genitori non devono assecondare la richiesta, da parte del bambino, di togliere la benda. Infatti, se la si esaudisse, si verificherebbe un danno non recuperabile. In alcuni casi vengono impiegate, in alternativa, gocce di atropina instillate nell’occhio dominante (sano): dilatando la pupilla, la visione diventa sfocata, e dunque l’occhio pigro si “riattiva” perché costretto a “lavorare”. Tuttavia bisogna tenere conto degli effetti indesiderati contenuti nel foglietto illustrativo del farmaco.

Cosa comporta l’ambliopia?

Se non corretta per tempo può causare la perdita della capacità visiva di uno o di entrambi gli occhi. Ciò significa che viene meno la visione binoculare tridimensionale: non si riescono più ad apprezzare né la profondità né le distanze degli oggetti.

Cosa deve fare il genitore?

Per un genitore è molto difficile accorgersi se uno dei due occhi veda meno, soprattutto quando non è presente uno strabismo. È indispensabile, quindi, che venga effettuata una visita medica oculistica già in età pediatrica (la prima entro i tre anni). Questo perché il modo migliore per affrontare l’ambliopia è prevenirla mediante visite oculistiche pediatriche, cioè eliminare tutte le cause che possono provocarla.

Ambliopia nell’adulto

Quando non si riesce ad avere una diagnosi precoce dell’ambliopia, e di conseguenza non si mettono in atto tutti i rimedi terapeutici menzionati in precedenza durante l’epoca infantile, il paziente si ritrova in età adulta ad avere un deficit visivo (di solito monolaterale) più o meno grave. Molti soggetti adulti che vivono tale condizione tendono a “trascurare” l’occhio ambliope, non facendo più visite oculistiche di controllo in maniera regolare, non aggiornando la gradazione della lente dell’occhio “debole”, adducendo la scusa: “tanto è un occhio che vede poco”. In realtà, si tratta di un atteggiamento scorretto. Bisogna sempre fare visite di controllo regolari, modificare gli occhiali (qualora fosse necessario) e mettere l’occhio pigro nella condizione di lavorare al meglio delle sue possibilità, altrimenti si rischia che, con il passare degli anni, venga ulteriormente escluso dall’occhio sano. Si può intervenire sull’occhio pigro in caso si fosse sviluppata una cataratta in età adulta, o eseguire un intervento di chirurgia refrattiva per annullare la presenza di vizi refrattivi che creino troppa differenza tra i due occhi (sempre previa consultazione con il proprio oculista). Ovviamente è ben noto che, una volta terminato il periodo di sviluppo del cervello, non si può più trattare l’ambliopia con gli stessi risultati che si ottengono su un bambino. Il cervello ha in pratica terminato il suo sviluppo, e ha perso, per la maggior parte, la sua capacità di modellarsi. Ci sono alcune teorie, però, riguardanti la “plasticità” del cervello umano, secondo le quali, l’attività fisica, appositi esercizi di ginnastica oculare, il bendaggio dell’occhio dominante, la chirurgia dello strabismo o altre misure, potrebbero essere in grado di migliorare l’acuità visiva di un occhio ambliope nell’adulto. Si tratta, tuttavia, di teorie sulle quali non tutti gli oculisti concordano e sulle quali si stanno facendo ulteriori studi.

 

Leggi anche: “Ambliopia, l’importanza del trattamento precoce

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Pagina pubblicata il 30 maggio 2008. Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2021.

Ultima revisione scientifica: 7 Settembre 2021.

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Lenti a contatto

I tuoi occhi

Difetti e disturbi

Lenti a contatto: applicazione, cura e caratteristiche

 

Cosa sono?

Le lenti a contatto (LAC) sono “dispositivi medici” per la correzione dei disturbi refrattivi (miopia, ipermetropia e astigmatismo). Soprattutto per difetti di una certa entità, grazie al loro impiego la visione è generalmente migliore e più ampia rispetto a quella che normalmente si ottiene con gli occhiali. Tuttavia la loro manutenzione e un loro corretto impiego sono fondamentali per preservare la salute oculare (bisogna seguire le norme igieniche).

Quali tipi esistono?

lenti a contatto

Anche se esistono centinaia di tipi diversi, possiamo dividere le lenti a contatto in due grandi gruppi: morbide e rigide (categoria che comprende quelle gas-permeabili, dette anche semirigide). Inoltre, ve ne sono di terapeutiche (senza alcun potere correttivo) che vengono impiegate esclusivamente dai medici oculisti: alcuni tipi sono in grado di rilasciare farmaci nell’occhio (ad esempio antibiotici) e, dunque, per alcune patologie possono essere di grande utilità. Lenti a contatto terapeutiche possono essere utilizzate anche in seguito a certi interventi chirurgici effettuati sulla cornea (ad esempio dopo il laser PRK), per consentire una rapida guarigione e alleviare il dolore.

Lenti a contatto rigide gas-permeabili, con una conformazione particolare detta “a geometria inversa”, vengono utilizzate nell’ortocheratologia. Si tratta di lenti realizzate con materiali estremamente permeabili all’ossigeno che si indossano durante la notte (cosa che normalmente non bisogna mai fare). Attraverso tale utilizzo le lenti per ortocherotologia sono in grado di cambiare la forma della superficie corneale (sfruttando le sue caratteristiche di plasticità) e, in questo modo, produrre una correzione temporanea del difetto refrattivo. Quando al mattino la lente viene rimossa, si ottiene un buona visione senza aver la necessità di indossare occhiali o lenti a contatto correttive (ovviamente occorre un tempo di adattamento dell’occhio all’utilizzo della LAC notturna per ottenere un risultato ottimale e duraturo nell’arco della giornata).

Quali difetti correggono?

Le LAC possono correggere diversi difetti visivi e di varia entità, quali ad esempio miopia e ipermetropia. Esistono poi le lenti a contatto toriche, adatte a correggere l’astigmatismo (lenti a contatto per astigmatici), ma anche adatte a correggere miopia e astigmatismo o ipermetropia e astigmatismo.

Negli ultimi anni ha avuto larga diffusione anche l’utilizzo di lenti a contatto bifocali (che contengono zone differenti per la visione da lontano e da vicino) o multifocali (utilizzate per la visione a breve, media e lunga distanza). Queste LAC sono quindi in grado di correggere miopia, ipermetropia, astigmatismo, in combinazione con la presbiopia (visione da vicino). La qualità visiva di queste LAC a volte può non essere ottimale come quella delle monofocali (che correggono solo per lontano) ma sono una valida alternativa per chi svolge una vita molto dinamica (sport, incontri di lavoro, ecc.) e non vuole dover ricorrere per forza agli occhiali (per questioni pratiche o semplicemente estetiche).

Una menzione a parte va fatta per le lenti a contatto colorate, che possono essere utilizzate per scopi cosmetici o terapeutici. Devono essere in ogni caso prescritte da un medico oculista (anche se si vuole indossarle solo per una questione estetica), per evitare gravi problemi agli occhi.

CHE CARATTERISTICHE HANNO?

Le lenti a contatto vengono applicate sulla superficie oculare e “galleggiano” sul film lacrimale. Inoltre le lenti morbide, ricche d’acqua, assorbono la componente acquosa delle lacrime. Dunque una buona funzionalità lacrimale è importante.

Sia le lenti a contatto morbide che quelle rigide sono costruite in base a una serie di parametri; infatti non tutti gli occhi sono uguali. I parametri fondamentali di una lente a contatto sono la geometria della lente (la forma), il raggio base, il diametro della lente, il materiale che la compone e, ovviamente, il suo potere refrattivo.

Come applicarle la prima volta?

lenti
È fondamentale che la prima applicazione di una lente a contatto venga fatta da una persona esperta, capace non solo di scegliere la lente migliore per la singola persona, ma anche di fornire informazioni sul suo corretto utilizzo. È, inoltre, essenziale provare le lenti stesse e verificare che non si avverta una sensazione di fastidio dopo un po’.

Che problemi si possono avere?

L’uso improprio delle lenti a contatto può portare a importanti complicanze dovute principalmente a:

  • ipossia cronica: dovuta al fatto che le lenti riducono la quantità di ossigeno che giunge alla cornea (però ne esistono di tipi che lasciano traspirare meglio la superficie oculare);
  • microtraumatismo: per la presenza continua di un corpo estraneo nell’occhio (la lente), che si può anche rompere;
  • infezioni: dovute alla presenza di germi patogeni nella lente, a causa delle manipolazioni o della non perfetta manutenzione (bisogna usare solo gli speciali liquidi di conservazione e sostituire periodicamente il contenitore portalenti).

Questi fenomeni possono essere la causa di vere e proprie cheratiti e/o congiuntiviti oppure di disturbi “minori” ma fastidiosi: bruciore, prurito, intolleranza alle lenti, sensibilità alla luce (fotofobia) e occhi arrossati. I disturbi più lievi possono portare all’impossibilità di continuare a portare le lenti a contatto, mentre quelli più gravi possono compromettere la funzione visiva stessa dell’occhio (come l’ulcera corneale).

Infine, è importante sottolineare la necessità di una corretta applicazione e gestione delle lenti a contatto, al fine di ottenere un’ottima qualità visiva e ridurre al minimo le possibili complicanze correlate al loro impiego, prestando sempre attenzione all’igiene (devono essere applicate con le mani lavate e asciutte, non vanno mai messe sotto l’acqua corrente, non vanno mai tenute oltre i tempi indicati).

Possono sostituire integralmente gli occhiali?

lenti a contatto morbide

Le lenti a contatto non dovrebbero sostituire integralmente gli occhiali: non bisogna esagerare col loro uso (anche perché, alla lunga, si rischia di avere fenomeni di sensibilizzazione). Il tempo massimo di utilizzo cambia da soggetto a soggetto e dipende da molti fattori, tra cui il tipo di lente utilizzata.

Comunque, quando le lenti cominciano a dare fastidio, si appannano e l’occhio si arrossa bisognerebbe rimuoverle senza indugio e utilizzare gli occhiali (generalmente dopo 6-8 ore al massimo). È, inoltre, consigliabile instillare lacrime artificiali senza conservanti, in modo tale da idratare adeguatamente l’occhio e prevenire un’eventuale secchezza.

lenti a contatto rigide

Leggi anche il Dodecalogo per l’uso corretto delle lenti a contatto

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Pagina pubblicata il 23 ottobre 2007. Ultimo aggiornamento: 30 agosto 2021.

Ultima revisione scientifica: 30 agosto 2021.

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Cefalea oftalmica

I tuoi occhi

Come vediamo

Mal di testa o cefalea oftalmica: cause, sintomi, trattamento.

Mal di testa o cefalea oftalmica: cos’è?

mal di testa

La cefalea, detta comunemente “mal di testa”, è uno dei disturbi più frequenti al mondo. Si presenta con una spiacevole sensazione di dolore cranico, che può essere localizzato o diffuso, pulsante o fisso, accompagnato a volte da altri sintomi (come vomito, nausea, febbre, vertigini, aumento della lacrimazione e fotofobia). Questo stato di malessere può presentarsi da qualche minuto a diverse ore, manifestandosi ad intervalli regolari (cefalea cronica) oppure sporadicamente (a distanza di tempo tra un “attacco” e il successivo).

Quali sono le cause del mal di testa?

Le cause della cefalea oftalmica non sono sempre note, ma può ad esempio avere come origine un difetto visivo non corretto (vizio refrattivo quale la miopia, l’ipermetropia o l’astigmatismo) oppure una nevralgia del nervo trigemino.

Il dolore che si avverte può derivare da anomalie che si manifestano a livello cerebrale per cause non sempre conosciute (cefalea primaria), come un ingrossamento dei vasi sanguigni (vasodilatazione), l’attivazione di alcune fibre nervose o la contrazione di alcuni muscoli pericranici (della testa).

In altri casi la cefalea è la conseguenza di differenti stati patologici ossia è un sintomo che, nel momento in cui viene curata la patologia che l’ha indotto, si attenua fino a scomparire.

Cosa fare in caso di cefalea?

La visita oculistica può rappresentare una tappa fondamentale nell’inquadramento della cefalea. Ne esistono, infatti, alcuni tipi che dipendono dagli occhi e altri che si manifestano con sintomi oculari ma hanno un’origine diversa (emicrania oftalmica e nevralgia del trigemino).

Cos’è l’emicrania oftalmica?

L’emicrania oftalmica è un disturbo caratterizzato da forte mal di testa e disturbi visivi (vista sfocata improvvisa seguita da mal di testa). In particolare, il dolore alla testa può essere preceduto da una fase chiamata “aura” (emicrania con aura tipica) caratterizzata dalla presenza di disturbi visivi, come ad esempio la comparsa di appannamento del visus o di scotomi scintillanti (visione di flash e lampi di luce colorati nel campo visivo) e/o neurologici (disturbi della forza muscolare, della sensibilità e del linguaggio), per una durata media che va dai 5 ai 20 minuti (comunque, generalmente non più di 60 minuti). Vi sono comunque forme d’emicrania in cui la sintomatologia che si presenta durante l’aura non è accompagnata da mal di testa (aura emicranica non seguita da cefalea). Il paziente spesso riferisce di avere una sorta di “nevralgia agli occhi”. Può accusare mal di testa frontale (sopra gli occhi), dolore a livello temporale (quindi un mal di testa al lato dell’occhio destro o dell’occhio sinistro), può riferire “mal di testa dietro gli occhi”.

Si può curare?

Gli attacchi emicranici sono spesso innescati da fattori e situazioni ricorrenti. Il primo approccio terapeutico consiste, quindi, ovviamente nell’adottare norme igieniche di vita, evitando comportamenti che tendono a scatenare le crisi. Inoltre, possono essere prescritti farmaci analgesici, antiemetici (contro la nausea), i derivati dell’ergot e molecole che inibiscono parzialmente la trasmissione tra neuroni (agonisti selettivi dei recettori serotoninergici 5-HT1).

Cos’è la nevralgia del trigemino?

È una condizione dolorosa che può essere causata da un’infiammazione della guaina mielinica che avvolge il trigemino (nei casi più gravi si può arrivare fino a un suo danneggiamento strutturale). Questo nervo molto ramificato veicola le informazioni sensoriali tattili, termiche e dolorifiche del volto. Nelle forme lievi o moderate, che interessano generalmente solo tratti del nervo, si ha un suo indolenzimento che può essere trattato con antinfiammatori e analgesici.

La forma grave di nevralgia del trigemino è invece caratterizzata da episodi d’intenso dolore (con tanto di scosse), che si avvertono a livello di occhi, naso, cuoio capelluto, fronte, mascella e mandibola. Può essere indotta da comuni attività quotidiane, dal freddo ambientale o dalla compressione dei cosiddetti trigger point (punti da cui emerge il trigemino, ad esempio sotto l’arcata sopraccigliare).

Il trattamento terapeutico della forma grave di nevralgia del trigemino si avvale dell’uso di farmaci anticonvulsivanti (normalmente utilizzati per trattare l’epilessia) ed antidepressivi, che spesso risultano in grado di migliorare il dolore neuropatico. Se la terapia non dovesse risultare efficace, possono essere necessari persino trattamenti chirurgici (che prevedono, ad esempio, la distruzione selettiva delle fibre termodolorifiche).

Quali sono le cause oculari?

Come abbiamo visto, alcune cefalee sono causate da difetti della vista (ipermetropia, miopia e astigmatismo) oppure da uno stato di affaticamento oculare.

Cosa comporta l’ipermetropia?

L’ipermetropia è un difetto della vista che, se non è elevato, può restare misconosciuto. Infatti, chi ne è affetto, come la persona emmetrope (senza difetti visivi), modificando la forma del cristallino, riesce ad aumentare il potere diottrico (capacità di ingrandimento), ovviando in questo modo all’ipermetropia. Questo meccanismo comporta un uso continuo dell’accomodazione, caratterizzato appunto dalla variazione della globosità del cristallino in base alla lontananza o vicinanza dei bersagli visivi.

I raggi luminosi provenienti dall’infinito vengono messi a fuoco sulla retina. In questa situazione il cristallino è a riposo accomodativo. Quando i raggi luminosi si avvicinano divengono sempre più divergenti: non venendo messi a fuoco sulla retina, rendono sfocata l’immagine. Ecco quindi che, con la variazione della forma del cristallino, aumenta il suo potere convergente e permette ai raggi di cadere a fuoco sul piano retinico.

Con l’aumentare dell’età si riduce fisiologicamente il potere accomodativo e l’ipermetropia si manifesta, anche nelle forme che prima risultavano misconosciute. Nel bambino e nel giovane ipermetrope la capacità visiva per lontano e vicino è buona, ma lo sforzo accomodativo dà origine ad una stanchezza oculare dovuta alla messa a fuoco (astenia accomodativa), a cui si accompagnano mal di testa dopo la lettura, bruciori oculari, lacrimazione, visione annebbiata, facili congiuntiviti e strabismo.

Cosa comporta la miopia?

mal di testa frontale

La miopia viene generata da una serie di fattori, quali la curvatura eccessiva della cornea o del cristallino e la lunghezza eccessiva del bulbo oculare. A causa di queste alterazioni i raggi luminosi non vengono messi a fuoco sulla retina, ma in un punto davanti ad essa; è per questo motivo che gli oggetti lontani risultano sfocati. Quindi il soggetto miope, quando cerca di mettere a fuoco gli oggetti posti in lontananza, senza correzione con occhiali fa un continuo sforzo che induce frequenti mal di testa e affaticamenti visivi.

Cosa comporta l’astigmatismo?

L’ astigmatismo è un difetto oculare in cui la cornea non è perfettamente sferica, ma ha una curvatura che varia nei suoi meridiani (la cornea è simile alla metà di un mappamondo). Tale diversità provoca una differente messa a fuoco dei raggi luminosi sulla retina e, quindi, un calo della vista sia per lontano che per vicino. È frequente, inoltre, un’astenopia accomodativa caratterizzata da bruciori oculari, lacrimazione, mal di testa, annebbiamento visivo e congiuntiviti.

Si può curare la cefalea da cause oculari?

Sì. La terapia mira principalmente a correggere i vizi refrattivi: ci si avvale di occhiali, lenti a contatto oppure si può fare ricorso a un trattamento laser.

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Pagina pubblicata il 12 novembre 2009. Ultimo aggiornamento: 26 luglio 2021.

Ultima revisione scientifica: 26 luglio 2021.

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Occhi rossi

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Difetti e disturbi

Occhi rossi: cause, sintomi e rimedi


occhi rossi

Di che si tratta?

L’occhio rosso, un disturbo molto frequente, è spesso il segno di un’infiammazione oculare.

Quali sono le cause degli occhi rossi?

Le cause sono le più varie: possono essere di origine virale, batterica, allergica, traumatica, ecc. In linea di massima si può distinguere un arrossamento dell’occhio di tipo transitorio (indicativamente fino a una durata di 1-2 giorni), che generalmente non ha conseguenze rilevanti, da un arrossamento che, al contrario, è indice di una malattia vera e propria. Quando l’arrossamento è persistente o si manifesta in maniera ricorrente è opportuno consultare un oculista. Inoltre, il rossore può interessare tutto l’occhio, oppure si può avere un arrossamento all’angolo esterno dell’occhio o a quello interno.

Qual è il mio caso?


occhi rossi bambini

Occhi rossi al risveglio
Si potrebbero presentare in soggetti affetti da congiuntiviti di varia origine (ad esempio allergica), in questi casi spesso il paziente riferisce anche presenza di lacrimazione abbondante, fotofobia, prurito. Ma si potrebbe anche trattare unicamente di secchezza oculare, per cui oltre al rossore potrebbe essere presente anche sensazione di sabbiolina nell’occhio, pesantezza oculare, difficoltà ad aprire le palpebre.

Bisogna inoltre distinguere i casi in cui gli occhi abbiano secrezioni da quelli in cui non ci siano. Nel primo caso molto probabilmente si tratta di una congiuntivite batterica, mentre nel secondo caso le cause possono essere varie.

Se il disturbo persiste è sempre opportuno sottoporsi ad una visita di controllo non facendo ricorso a colliri senza un’esatta diagnosi. Possono aiutare lacrime artificiali o gel oculari umettanti notturni. È comunque importante escludere che si sia affetti da un’uveite anteriore, frequentemente causa di occhio rosso e dolorante, accompagnato o meno da annebbiamento visivo.

Dopo uso prolungato dello schermo
Ci sono delle buone norme che vanno rispettate quando si trascorre molto tempo davanti a uno schermo. Innanzitutto è importante assicurarsi che un eventuale disturbo refrattivo sia corretto mediante occhiali (possibilmente antiriflesso) oppure con lenti a contatto. Secondo la normativa vigente per preservare la vista è importante che la distanza tra occhi e video sia compresa tra i 50 e i 70 cm. Inoltre, lo schermo deve essere posto in modo da consentire a chi lavora di poter agevolmente guardare oltre lo schermo stesso.
Ovviamente vanno evitati i riflessi: bisogna collocare la postazione di lavoro nella giusta posizione rispetto alle finestre e alle fonti di luce artificiale (non alle spalle ma eventualmente disposta perpendicolarmente). In particolare, le lampade devono essere fuori dal campo visivo di chi usa il computer (per non abbagliarlo). Per la normativa si può far riferimento alle Linee guida d’uso dei videoterminali, contenute in allegato al decreto pubblicato sulla Gazzetta il 18 ottobre 2000 (n. 244).

Dopo uso prolungato di lenti a contatto

Se gli occhi sono arrossati per prima cosa bisogna togliersi le lenti a contatto, in modo tale da far “respirare” l’occhio. In secondo luogo è opportuno instillare lacrime artificiali a volontà ma, se l’arrossamento e il bruciore persistono, è certamente il caso di sottoporsi a una visita oculistica di controllo.

Dopo l’esposizione al sole
Se gli occhi sono arrossati dopo una prolungata esposizione al sole si può ricorrere alle lacrime artificiali; ma se il disturbo non passa si potrebbe aver contratto una cheratite attinica o una congiuntivite causata dai raggi ultravioletti. Anche in questo caso è sempre meglio consultare un oculista.

Dopo uso del motorino o della bicicletta

È il caso di utilizzare sempre caschi a norma di legge dotati di filtri ai carboni attivi e di un buon sistema di protezione dal vento. L’utilizzo della visiera è fondamentale per ridurre il rischio di traumi da corpo estraneo. Ovviamente il contatto con pollini e agenti inquinanti atmosferici è più frequente e vi è, quindi, un rischio maggiore di reazioni allergiche. In quest’ultimo caso possono essere utili spray nasali, colliri antistaminici e/o antistaminici assunti per bocca (dopo aver consultato un allergologo e un oculista).

Occhi rossi nei bambini

Anche nei bambini, come negli adulti, può verificarsi con una certa frequenza la comparsa di occhi rossi. È importante, da parte dei genitori, non sottovalutare il sintomo, e se il rossore dovesse essere prolungato, comparire frequentemente o associarsi ad altri disturbi (bruciore, lacrimazione, secrezione, ecc.) è bene rivolgersi subito all’oculista. In fase di valutazione del bimbo, lo specialista dovrà prendere in considerazione vari aspetti. Innanzitutto se è presente nel bambino occhio rosso con secrezione o senza secrezione, se il piccolo paziente riferisce dolore, se al rossore si associa anche chemosi congiuntivale (gonfiore della congiuntiva), lacrimazione, fastidio alla luce, se è interessato un solo occhio o entrambi. In base alla causa dell’arrossamento oculare, l’oculista dovrà poi prescrivere apposita terapia, a base di solito di colliri antibiotici, cortisonici, o antistaminici (nelle forme allergiche).

Occhi rossi nei bambini: rimedi naturali

Nei bambini, in caso di arrossamento degli occhi o leggero gonfiore, può essere utile ricorrere a dei rimedi naturali, in modo da prevenire eventuali congiuntiviti. Ad esempio, in caso di occhio rosso con secrezione, si può utilizzare per la pulizia delle palpebre (magari prima di instillare eventuali colliri antibiotici prescritti dall’oculista) una garzina imbevuta di soluzione fisiologica. Può essere utile (sempre per provare a ridurre i fastidi del bimbo) fare degli impacchi tiepidi con acqua e camomilla o eufrasia.

Gli occhi rossi si sono arrossati all’improvviso: che fare?

Bisogna accertarsi che non si tratti di una ferita corneale o congiuntivale: la causa più comune possono essere piccoli corpi estranei.
L’occhio rosso, se accompagnato da un dolore molto forte, può essere causato da una pressione alta agli occhi (pressione intraoculare), come nel caso del glaucoma acuto; sarà quindi importante recarsi al più presto presso una struttura di pronto soccorso per iniziare rapidamente le cure. La comparsa di una macchia rossa intensa color sangue è, invece, spesso dovuta ad un’emorragia sottocongiuntivale.

Occhi arrossati, rimedi naturali

Nei casi più banali, almeno se non è presente un corpo estraneo nell’occhio, per curare gli occhi arrossati sarà utile l’uso di lacrime artificiali. In generale bisogna correggere bene i difetti visivi e proteggere gli occhi dagli agenti atmosferici. In ogni caso è sempre necessaria una diagnosi precisa e non bisogna accontentarsi di rimedi fai-da-te o ricorrere all’autodiagnosi, che può essere fuorviante. Fondamentale, invece, è affidarsi a bravi specialisti. Come rimedi naturali per gli occhi rossi è possibile, come abbiamo già accennato in precedenza per i bambini (e comunque sempre dopo aver consultato l’oculista), ricorrere ad impacchi tiepidi con acqua e camomilla, ed utilizzare per la pulizia palpebrale delle garze imbevute con soluzione fisiologica.

 

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Pagina pubblicata il 25 febbraio 2013. Ultimo aggiornamento: 19 luglio 2021.

Ultima revisione scientifica: 19 luglio 2021.

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Dolore oculare

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Dolore agli occhi: cause, sintomi associati, trattamento.

Quali sono le cause del dolore oculare?

dolore agli occhi

Le cause del dolore agli occhi possono essere molte: bisogna, però, distinguere il dolore oculare associato ad altri sintomi (occhi rossi, lacrimazione, gonfiore delle palpebre) dal dolore oculare puro e semplice (il paziente parlando con l’oculista riferisce di avere “mal di occhi”). Nel primo caso si tratterà di una patologia limitata all’occhio stesso, che andrà diagnosticata da un medico oculista. Nel secondo caso, invece, di solito il dolore è avvertito all’occhio ma in realtà si tratta di un dolore riflesso: nella maggior parte dei casi è causato da un’infiammazione del nervo trigemino, generalmente provocata a sua volta dalla sinusite (che va correttamente diagnosticata e curata).

Come bisogna comportarsi se si avverte dolore quando si muovono gli occhi?

Si può avvertire dolore alla muscolatura quando si spostano gli occhi in seguito a una forte infiammazione (di origine allergica, virale, batterica, ecc.). Nel caso in cui il dolore sia legato al movimento oculare, bisogna sottoporsi a visita oculistica per escludere una sclerite ed eventualmente sottoporsi a un esame del campo visivo (poiché la causa potrebbe essere persino una neurite ottica retrobulbare). Tra le possibili cause di dolore oculare, ci sono anche le uveiti, le cheratocongiuntiviti o un attacco acuto di glaucoma.

Quali sono le terapie necessarie per curare il dolore?

Naturalmente variano a seconda della patologia. Nel caso dell’infiammazione oculare è necessario che la terapia venga approntata da un medico oculista. E’ fondamentale non ricorrere all’automedicazione né cercare cure fai-da-te: al massimo si può provare a instillare lacrime artificiali lubrificanti. Ad esempio, un “rimedio” da evitare sono gli impacchi caldi con la camomilla: se l’occhio è dolorante e molto infiammato, nel momento in cui si applica l’impacco caldo si rischia di scottare la cute palpebrale e di far aumentare dolore e infiammazione; in secondo luogo, i fiori di camomilla possono, talvolta, scatenare allergie e sensibilizzazione.

Cosa bisogna fare se si è preso un colpo ad un occhio?

Bisogna recarsi urgentemente presso un pronto soccorso oculistico o andare tampestivamente dal proprio oculista di fiducia. Infatti le conseguenze di un trauma oculare – anche se possono non dare sintomi nell’immediato – possono portare a danni gravi (rottura o distacco della retina, emorragie, ecc.): per questo non vanno mai sottovalutati.

Che tipi di dolori oculari esistono?

Il dolore agli occhi può presentarsi unicamente al risveglio (il dolore agli occhi al risveglio si verifica maggiormente in chi soffre di occhio secco, in quanto durante la notte le lacrime tendono ad evaporare di più), oppure essere continuo nel corso della giornata. Molte persone, invece, lamentano un dolore localizzato (puntorio) della durata di poche frazioni di secondo (fitte all’occhio). Se vi siete già recati da un oculista e il sintomo si ripresenta non bisogna preoccuparsi, poiché si tratta di un fenomeno aspecifico e non è necessariamente segnale di una patologia: in questo caso è un piccolo “acciacco” quotidiano con cui si può convivere. Il fastidio oculare può interessare entrambi gli occhi, oppure può essere un dolore localizzato prettamente all’occhio destro o all’occhio sinistro. Il paziente può genericamente dire: “ho mal di occhi”, oppure specificare dove è localizzato il fastidio (dolori sopra gli occhi, male agli occhi che coinvolge l’orbita).

Comunque, generalmente, se il dolore si protrae nel tempo, occorre indagare per risalire alla sua causa e sottoporsi a cure adeguate. Ovviamente è sempre opportuno consultare uno specialista per la diagnosi specifica. Tuttavia il dolore potrebbe essere associato anche ad altre malattie che non originano direttamente dall’occhio, quali ad esempio la sinusite. In quest’ultimo caso bisognerà trattare la causa primaria consultando, tra l’altro, un otorinolaringoiatra.

 

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Pagina pubblicata il 10 luglio 2007. Ultimo aggiornamento: 9 luglio 2021.

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