Trattamento laser delle malattie della retina
Come funziona?
Il laser retinico (argon laser) viene usato generalmente per “bruciare” zone della retina malata. In alcuni casi, invece, viene impiegato per fissare la retina sana intorno a zone patologiche (fori o lesioni). L’obiettivo è quello di ottenere delle cicatrici che rinforzino la retina nei suoi punti più delicati.
Cos’è l’argon laser?
È un tipo di laser il cui fascio luminoso – generato grazie all’argon, un gas nobile – ha un’azione termica: riscaldando la zona su cui si punta lo strumento si possono curare una serie di malattie della retina (in virtù di un fenomeno chiamato “fotocoagulazione”).
Quando si utilizza?
L’argon laser viene utilizzato per trattare:
- Retinopatia diabetica (forme ischemiche). In caso di ridotto apporto sanguigno e, quindi d’ossigeno, a certe zone della retina; per compensare questa mancanza si sviluppano nuovi vasi che possono provocare gravi danni (retinopatia diabetica proliferante). In questo caso si ricorre al laser per “uccidere” le aree di tessuto malato.
- Èdemi maculari (raccolta di liquido sotto il centro della retina): sono l’esito di un processo infiammatorio e/o di alterazioni dei vasi. Anche in questo caso il laser funziona distruggendo le zone che “impartiscono il comando” di creare nuovi vasi (secernendo un fattore di crescita chiamato VEGF).
- Rotture e le degenerazioni periferiche della retina. In questi casi c’è un elevato rischio che avvenga un distacco di retina. Quindi attraverso l’azione del laser si brucia le retina in prossimità delle rotture o delle degenerazioni potenzialmente dannose. La cicatrice che si viene a creare dopo il trattamento laser agisce come una saldatura, rinforzando la retina.
- Occlusioni venose dei vasi retinici. In questo caso si possono si possono sviluppare nuovi vasi, che hanno la tendenza ad invadere altre zone (angolo irido-corneale), causando una grave forma di glaucoma (detto “neovascolare”).
- Retinopatia del prematuro (ROP). Il trattamento laser serve per impedire la crescita di nuovi vasi retinici dannosi per la vista, attraverso la “distruzione“ della retina già danneggiata per ridotto apporto di sangue e, dunque, di ossigeno (aree ischemiche). Nel 2013 è stato pubblicato uno studio australiano che ha riportato un successo del 93% nei trattamenti effettuati col laser su bambini neonati molto piccoli (a dieci mesi d’età). [[Riferimento bibliografico: Gunn, D. J., Cartwright, D. W., Yuen, S. A. and Gole, G. A. (2013), “Treatment of retinopathy of prematurity in extremely premature infants over an 18-year period“, Clinical & Experimental Ophthalmology, 41: 159–166. doi: 10.1111/j.1442-9071.2012.02839]]
Come viene eseguito il trattamento?
Alla persona trattata, che deve aver prima firmato il consenso informato, viene anestetizzato temporaneamente l’occhio con gocce di anestetico locale. Successivamente si applica una lente a contatto con idonei filtri al trattamento. Il medico utilizza, quindi, un puntatore per mirare le zone della retina da trattare. Durante la procedura il paziente potrebbe sentire un lieve dolore, paragonabile a piccole punture, a seconda dell’energia impiegata col laser. Al termine del trattamento viene rimossa la lente, si istilla un collirio lubrificante e un antibiotico; quindi si potrà tornare a casa.
Quali precauzioni bisogna prendere prima e dopo il trattamento?
Nei giorni precedenti non è necessario seguire particolari indicazioni se non quelle legate alla malattia di base per la quale si rende necessario il trattamento laser. Il giorno stesso e nei giorni successivi (il cui numero varia a seconda dalla malattia) è invece importante non sottoporsi a compiti faticosi: per questo è possibile che il medico richieda un riposo assoluto. È importante una corretta idratazione e, se richiesto, l’utilizzo d’integratori a base di sali minerali per idratare al meglio il corpo vitreo.
Quali possono essere gli effetti collaterali?
Quando viene trattata la periferia della retina il paziente non nota alcun problema alla vista associato al trattamento. Nei trattamenti della macula (la zona centrale della retina che consente la visione distinta) è invece possibile un danno percepibile dal paziente: una piccola parte della retina viene bruciata e, quindi, il tessuto non è più in grado di trasmettere un segnale luminoso; in questo caso i vantaggi superano gli svantaggi, anche se si crea un danno minore per curarne uno maggiore. L’effetto collaterale più frequente, ma anche meno grave, può essere un arrossamento dell’occhio che è causato dalla lente a contatto utilizzata durante il trattamento; questo problema può risolversi spontaneamente nell’arco di pochi giorni o facilitato mediante l’utilizzo di colliri lubrificanti e/o antibiotici se presente una lieve abrasione corneale.
Secondo la Società Oftalmologica Italiana (SOI) le “complicanze gravi della fotocoagulazione laser sono rare”. Eccezionalmente vengono riportate:
- emorragia;
- distacco di retina;
- calo dell’acutezza visiva più o meno duraturo;
- alterazioni del campo visivo centrale o periferico.
Inoltre complicanze meno gravi sono:
- attacco di glaucoma acuto;
- irritazione della cornea (cheratite);
- infezione corneo-congiuntivale (batterica o virale);
- dilatazione pupillare prolungata.
“Nella maggioranza dei casi – scrive ancora la SOI – questo trattamento contribuisce a prevenire un calo ulteriore ma non migliora la vista. Eccezionalmente può sopraggiungere un calo definitivo della vista a seguito di questo trattamento. Le miodesopsie (mosche volanti), qualora presenti, non scompariranno dopo questo trattamento. Allo stesso modo, possono comparire dopo il laser”.
Cosa è consigliabile fare dopo il trattamento?
Oltre al riposo, durante i primi 15-20 giorni successivi al trattamento con argon laser è importante una corretta idratazione. È consigliabile, dunque, bere circa 1,5 litri d’acqua ogni giorno: il laser agisce scaldando la retina e, passando attraverso il bulbo oculare, inevitabilmente viene scaldato anche il liquido che lo riempie. Dunque la quantità di corpo vitreo, essendo composto per gran parte d’acqua, si riduce. La disidratazione del vitreo provoca una sua contrazione e, quindi, si accresce il rischio di trazioni vitreo-retiniche e di rotture periferiche della retina stessa.