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Malattie oculari
Distrofie retiniche
cosa sono le distrofie retiniche?
Le distrofie retiniche sono un gruppo eterogeneo di patologie oculari rare, la maggior parte delle quali ha un’origine genetica. Sono caratterizzate da un’alterazione morfofunzionale che si sviluppa a seguito di modificazioni del normale trofismo retinico. Possono colpire non solo la retina, ma anche la coroide, provocando gravi danni visivi. Ad oggi sono riconosciute clinicamente diverse forme di distrofia retinica, differenti tra di loro per età d’insorgenza, manifestazioni cliniche, gravità, rapidità evolutiva e tipo di ereditarietà.
COSA SONO LE MALATTIE RARE?
Per malattie rare s’intende un gruppo eterogeneo di patologie che colpiscono l’uomo, definite tali per la loro bassa prevalenza nella popolazione. Viene infatti considerata rara, ogni malattia che colpisce non più di 5 abitanti su 10.000.
Circa l’80% dei casi è di origine genetica, mentre per il restante 20% si parla di malattie multifattoriali, dipendenti cioè da svariate cause come ad esempio: suscettibilità individuale, fattori ambientali, fattori alimentari o interazione tra cause genetiche e ambientali.
Le malattie rare possono colpire varie fasce d’età, alcune possono manifestarsi già in fase prenatale, altre alla nascita o durante la primissima infanzia, altre ancora in età adulta. Gli elementi principali che accomunano le malattie rare sono: diagnosi difficoltosa e non sempre raggiungibile in tempi brevi, andamento cronico, rara disponibilità di trattamenti terapeutici efficaci. Lo scopo della ricerca scientifica è quindi quello di approfondire sempre di più le possibili cause delle malattie rare, in modo da riuscire a sviluppare terapie nuove ed efficaci.
QUALI SONO LE CAUSE DELLE DISTROFIE RETINICHE?
Come accennato in precedenza, le cause delle anomalie che colpiscono la retina, sono per la maggior parte da ricercarsi in mutazioni genetiche trasmissibili su base ereditaria. È sicuramente molto complicato isolare le alterazioni genetiche responsabili delle varie malattie, anche se ad oggi sono stati fatti molti passi in avanti e si è riusciti ad identificare mutazioni in più di 270 geni diversi. Il sottogruppo più frequente è quello della famiglia delle retiniti pigmentose caratterizzate da percezione luminosa ridotta e riduzione progressiva del campo visivo. Le conoscenze sui meccanismi patogenetici di queste malattie si sono notevolmente incrementate grazie alle tecniche sempre più avanzate di genetica molecolare.
Il denominatore comune di tutte le distrofie retiniche è l’estrema eterogeneità. Lo spettro di presentazione è quanto mai ampio, anche nei membri di una stessa famiglia; velocità di progressione e severità variano tantissimo, così come il quadro clinico che può differire profondamente in pazienti affetti dalla stessa patologia. L’eterogeneità riguarda anche gli aspetti genetici. Esiste una sorta di “sovrapposizione” tra quadri clinici e geni responsabili, infatti, uno stesso gene può dare origine a forme cliniche estremamente diverse fra loro.
QUALI SONO I SINTOMI?
I pazienti affetti da distrofia retinica possono presentare una serie di sintomi visivi, come ad esempio:
- comparsa di macchie scure nel campo visivo (scotomi);
- calo del visus;
- difficoltà di adattamento nel passaggio dalla luce al buio;
- comparsa di metamorfopsie (percezione distorta o deformata degli oggetti, che indica alterazioni a livello della parte centrale della retina, ossia la macula);
- fastidio alla luce (fotofobia);
- anomala percezione dei colori;
- alterazioni del campo visivo.
COME SI EFFETTUA LA DIAGNOSI?
Le distrofie retiniche possono essere diagnosticate in molti modi. Spesso l’esame diretto ed accurato del fondo oculare può già fornire informazioni rilevanti per una diagnosi precisa e affidabile, in altri casi, saranno necessari esami strumentali complementari per comprendere al meglio le caratteristiche della malattia: l’autofluorescenza e l’OCT (tomografia a coerenza ottica) permettono di eseguire un esame accurato della morfologia oculare, esami come l’elettroretinogramma (ERG), l’elettrooculogramma (EOG) e i potenziali evocati visivi (PEV), consentono di valutare/approfondire la situazione a livello funzionale. In presenza di dubbio diagnostico o per una conferma finale, si può far ricorso all’indagine genetica per rilevare la presenza del gene o dei geni mutati, responsabili dello sviluppo della malattia.
In caso di cecità retinica congenita, oltre agli esami già indicati, può essere eseguita una RMN dell’encefalo per escludere ulteriori problematiche a livello del sistema nervoso centrale.
CLASSIFICAZIONE CLINICA DELLE DISTROFIE RETINICHE
Si riconoscono diverse forme di distrofie retiniche, le principali sono le seguenti:
- amaurosi congenita di Leber;
- distrofia dei coni e dei bastoncelli;
- distrofia ialina della retina;
- distrofia vitelliforme di Best;
- distrofia vitreoretinica;
- malattia di Stargardt;
- retinite pigmentosa;
- retinite puntata albescente.
AMAUROSI CONGENITA DI LEBER?
L’amaurosi congenita di Leber (ACL) è una malattia genetica che colpisce la retina e si trasmette con modalità autosomica recessiva. La ACL provoca cecità o grave riduzione dell’ acuità visiva centrale fin dalla primissima infanzia, infatti in genere l’esordio è entro i primi sei mesi di vita. Gran parte delle persone affette dalla Leber presentano segni e sintomi caratteristici, come nistagmo, fotofobia, cecità notturna, strabismo convergente, alterazione della percezione dei colori, ipermetropia, alterazioni del campo visivo, cheratocono.
Per una trattazione più dettagliata consulta anche la scheda sull’ amaurosi congenita di Leber.
DISTROFIA DEI CONI E DEI BASONTCELLI
La distrofia dei coni e dei bastoncelli è una grave forma di malattia retinica che colpisce i fotorecettori, le cellule nervose dell’occhio che trasformano il segnale luminoso in segnale elettrico per generare poi la risposta visiva. Ci sono due tipi di fotorecettori, i coni e i bastoncelli, i primi sono concentrati nella parte centrale della retina e sono deputati alla visione dei colori e alla visione distinta, i secondi si concentrano invece nella zona periferica della retina e sono utilizzati per la visione al buio. La distrofia dei coni e dei bastoncelli, compare nei primi sei mesi di vita, può portare a cecità o ipovisione ed è caratterizzata dalla contestuale presenza di nistagmo. Di solito la patologia non si associa a malformazioni o disfunzioni a carico di altri organi e apparati. A livello sintomatologico i piccoli pazienti presentano una progressiva diminuzione della visione centrale e della capacità di distinguere i colori, oltre ad una spiccata fotofobia. Ad oggi, sono stati identificati una decina di geni associati alla distrofia dei coni e alle sue varianti, quello più frequentemente coinvolto è ABCA4, che causa anche la malattia di Stargardt, ed ha una trasmissione di tipo autosomico-recessivo (per manifestare i sintomi occorre ereditare la mutazione genetica da ciascuno dei genitori, entrambi portatori sani).
Purtroppo, ad oggi, non esiste alcuna terapia risolutiva, per attenuare i disturbi visivi è possibile utilizzare lenti dotate di filtri per proteggersi dalla luce. Gli ausili per ipovedenti possono essere utili se l’acuità visiva è piuttosto ridotta.
DISTROFIA IALINA DELLA RETINA
La distrofia ialina della retina è caratterizzata dalla perdita graduale della vista, cecità notturna e presenza di segni oculari caratteristici quali alterazioni del corpo vitreo, retinoschisi maculare, atrofia corioretinica, sviluppo precoce della cataratta, distacco di retina. La malattia colpisce in ugual misura sia maschi che femmine e si manifesta clinicamente entro i primi venti anni d’età, ma l’ERG può risultare estinto o fortemente alterato già entri i primi anni di vita. La trasmissione è autosomica recessiva. Non è disponibile al momento una terapia, può essere indicato eseguire dei trattamenti laser retinici per prevenire il distacco di retina.
DISTROFIA VITELLIFORME DI BEST
La distrofia vitelliforme di Best è una patologia ereditaria della retina. Viene trasmessa in forma autosomica dominante (un genitore trasmette il difetto genetico al figlio o alla figlia). La malattia è causata da una mutazione di un gene (chiamato VMD2, localizzato sul cromosoma 11q13), che nella retina regola il trasporto di determinate sostanze (acidi grassi polinsaturi) e comporta l’accumulo di un materiale di scarto biologico (lipofuscina) in uno strato della retina chiamato epitelio pigmentato retinico. I sintomi consistono nella riduzione della vista generalmente in forma lieve, con una progressione lenta. I pazienti riferiscono disturbi maggiori nelle visione da vicino, a cui si possono accompagnare la distorsione dell’immagine e gli scotomi centrali (macchie nere nel campo visivo).
Per un approfondimento leggi anche la scheda sulla malattia di Best.
MALATTIA DI STARGARDT
La malattia (o maculopatia) di Stargardt è una patologia ereditaria della retina che si manifesta generalmente prima dei vent’anni. Il più delle volte viene trasmessa in forma autosomica recessiva (entrambi i genitori presentano il difetto genetico pur potendo essere portatori sani), ma sono stati descritti anche casi di forme autosomiche dominanti (un solo genitore trasmette il difetto del DNA). La malattia è provocata da una mutazione di un gene (ABCA4), che comporta l’accumulo di materiale di scarto (simile alla lipofuscina) nella retina (in uno strato esterno chiamato epitelio pigmentato). Questo materiale è originato dalla degradazione di sostanze presenti nei coni e nei bastoncelli (fotorecettori retinici). I sintomi, consistono soprattutto nella riduzione della visione centrale (spesso in forma grave) che può iniziare durante l’adolescenza o anche nell’infanzia. Inoltre, chi ne è affetto può lamentare disturbi nella percezione dei colori (discromatopsia), scotomi centrali (macchie nere nel campo visivo) e fotofobia (intolleranza alla luce).
Consulta anche la scheda sulla malattia di Stargardt.
RETINITE PIGMENTOSA
Si tratta di una patologia rara di tipo ereditario, caratterizzata da una degenerazione progressiva della retina in entrambi gli occhi. Provoca la perdita graduale della visione notturna e del campo visivo periferico, ma agli ultimi stadi si può verificare anche una perdita della visione centrale. I principali sintomi che possono indurre il medico a sospettare di trovarsi di fronte ad un caso di retinite pigmentosa sono essenzialmente due: cecità crepuscolare e notturna e restringimento del campo visivo (visione tubulare).
Per un approfondimento consulta la scheda sulla retinite pigmentosa.
RETINITE PUNTATA ALBESCENTE
La retinite puntata albescente è una forma atipica e progressiva di retinite pigmentosa, con modalità di trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata dalla presenza di chiazzette retiniche biancastre. Tali chiazzette, sparse su tutta la retina, possono precedere o coesistere con la pigmentazione tipica della retinite pigmentosa. I sintomi caratteristici della malattia sono la cecità notturna e il restringimento progressivo del campo visivo, l’ ERG può risultare fortemente alterato o estinto. Purtroppo non esistono ad oggi trattamenti terapeutici efficaci.
E’ POSSIBILE CURARE LE DISTROFIE RETINICHE?
Attualmente non ci sono delle terapie per la cura delle distrofie retiniche. Sono molte però le strade di ricerca aperte, i filoni più promettenti sono la terapia genica, il ricorso alle cellule staminali, il trapianto di retina, l’occhio bionico.
Leggi anche: Trattamenti possibili delle distrofie retiniche.
Riabilitazione visiva nelle distrofie retiniche.
Pagina pubblicata nel 2023. Ultimo aggiornamento: 23 giugno 2023.
Ultima revisione scientifica:23 giugno 2023.
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Ultimo aggiornamento: 12 Giugno 2023
Ultima revisione scientifica: 17 Aprile, 2019