Laserterapia retinica

Trattamento laser delle malattie della retina

Come funziona?

Distacco di retina Il laser retinico (argon laser) viene usato generalmente per “bruciare” zone della retina malata. In alcuni casi, invece, viene impiegato per fissare la retina sana intorno a zone patologiche (fori o lesioni). L’obiettivo è quello di ottenere delle cicatrici che rinforzino la retina nei suoi punti più delicati.

Cos’è l’argon laser?

È un tipo di laser il cui fascio luminoso – generato grazie all’argon, un gas nobile – ha un’azione termica: riscaldando la zona su cui si punta lo strumento si possono curare una serie di malattie della retina (in virtù di un fenomeno chiamato “fotocoagulazione”).

Quando si utilizza?

L’argon laser viene utilizzato per trattare:

  1. Retinopatia diabetica (forme ischemiche). In caso di ridotto apporto sanguigno e, quindi d’ossigeno, a certe zone della retina; per Retina di diabeticocompensare questa mancanza si sviluppano nuovi vasi che possono provocare gravi danni (retinopatia diabetica proliferante). In questo caso si ricorre al laser per “uccidere” le aree di tessuto malato.
  2. Èdemi maculari (raccolta di liquido sotto il centro della retina): sono l’esito di un processo infiammatorio e/o di alterazioni dei vasi. Anche in questo caso il laser funziona distruggendo le zone che “impartiscono il comando” di creare nuovi vasi (secernendo un fattore di crescita chiamato VEGF).
  3. Rotture e le degenerazioni periferiche della retina. In questi casi c’è un elevato rischio che avvenga un distacco di retina. Quindi attraverso l’azione del laser si brucia le retina in prossimità delle rotture o delle degenerazioni potenzialmente dannose. La cicatrice che si viene a creare dopo il trattamento laser agisce come una saldatura, rinforzando la retina.
  4. Occlusioni venose dei vasi retinici. In questo caso si possono si possono sviluppare nuovi vasi, che hanno la tendenza ad invadere altre zone (angolo irido-corneale), causando una grave forma di glaucoma (detto “neovascolare”).
  5. Retinopatia del prematuro (ROP). Il trattamento laser serve per impedire la crescita di nuovi vasi retinici dannosi per la vista, attraverso la “distruzione“ della retina già danneggiata per ridotto apporto di sangue e, dunque, di ossigeno (aree ischemiche). Nel 2013 è stato pubblicato uno studio australiano che ha riportato un successo del 93% nei trattamenti effettuati col laser su bambini neonati molto piccoli (a dieci mesi d’età). [[Riferimento bibliografico: Gunn, D. J., Cartwright, D. W., Yuen, S. A. and Gole, G. A. (2013), “Treatment of retinopathy of prematurity in extremely premature infants over an 18-year period“, Clinical & Experimental Ophthalmology, 41: 159–166. doi: 10.1111/j.1442-9071.2012.02839]]

Come viene eseguito il trattamento?

Alla persona trattata, che deve aver prima firmato il consenso informato, viene anestetizzato temporaneamente l’occhio con gocce di anestetico locale. Successivamente si applica una lente a contatto con idonei filtri al trattamento. Il medico utilizza, quindi, un puntatore per mirare le zone della retina da trattare. Durante la procedura il paziente potrebbe sentire un lieve dolore, paragonabile a piccole punture, a seconda dell’energia impiegata col laser. Al termine del trattamento viene rimossa la lente, si istilla un collirio lubrificante e un antibiotico; quindi si potrà tornare a casa.

Quali precauzioni bisogna prendere prima e dopo il trattamento?

Nei giorni precedenti non è necessario seguire particolari indicazioni se non quelle legate alla malattia di base per la quale si rende necessario il trattamento laser. Il giorno stesso e nei giorni successivi (il cui numero varia a seconda dalla malattia) è invece importante non sottoporsi a compiti faticosi: per questo è possibile che il medico richieda un riposo assoluto. È importante una corretta idratazione e, se richiesto, l’utilizzo d’integratori a base di sali minerali per idratare al meglio il corpo vitreo.

Quali possono essere gli effetti collaterali?

Quando viene trattata la periferia della retina il paziente non nota alcun problema alla vista associato al trattamento. Nei trattamenti della macula (la zona centrale della retina che consente la visione distinta) è invece possibile un danno percepibile dal paziente: una piccola parte della retina viene bruciata e, quindi, il tessuto non è più in grado di trasmettere un segnale luminoso; in questo caso i vantaggi superano gli svantaggi, anche se si crea un danno minore per curarne uno maggiore. L’effetto collaterale più frequente, ma anche meno grave, può essere un arrossamento dell’occhio che è causato dalla lente a contatto utilizzata durante il trattamento; questo problema può risolversi spontaneamente nell’arco di pochi giorni o facilitato mediante l’utilizzo di colliri lubrificanti e/o antibiotici se presente una lieve abrasione corneale.

Secondo la Società Oftalmologica Italiana (SOI) le “complicanze gravi della fotocoagulazione laser sono rare”. Eccezionalmente vengono riportate:

  • emorragia;
  • distacco di retina;
  • calo dell’acutezza visiva più o meno duraturo;
  • alterazioni del campo visivo centrale o periferico.

Inoltre complicanze meno gravi sono:

  • attacco di glaucoma acuto;
  • irritazione della cornea (cheratite);
  • infezione corneo-congiuntivale (batterica o virale);
  • dilatazione pupillare prolungata.

“Nella maggioranza dei casi – scrive ancora la SOI – questo trattamento contribuisce a prevenire un calo ulteriore ma non migliora la vista. Eccezionalmente può sopraggiungere un calo definitivo della vista a seguito di questo trattamento. Le miodesopsie (mosche volanti), qualora presenti, non scompariranno dopo questo trattamento. Allo stesso modo, possono comparire dopo il laser”.

Cosa è consigliabile fare dopo il trattamento?

Oltre al riposo, durante i primi 15-20 giorni successivi al trattamento con argon laser è importante una corretta idratazione. È consigliabile, dunque, bere circa 1,5 litri d’acqua ogni giorno: il laser agisce scaldando la retina e, passando attraverso il bulbo oculare, inevitabilmente viene scaldato anche il liquido che lo riempie. Dunque la quantità di corpo vitreo, essendo composto per gran parte d’acqua, si riduce. La disidratazione del vitreo provoca una sua contrazione e, quindi, si accresce il rischio di trazioni vitreo-retiniche e di rotture periferiche della retina stessa.

Trombosi retinica

occlusione-vascolare-retina.jpg

(occlusione vascolare retinica)

Che cos’è?

occlusione-vascolare-retina-2.jpgPer occlusione vascolare s’intende un’interruzione del flusso sanguigno nella retina. Tale blocco può essere di due tipi: arterioso (in questo caso si tratta di una vera e propria “ischemia”) o venoso (“trombosi”).

Quali sono i sintomi e le cause?

Il sintomo principale è la riduzione brusca e improvvisa della vista; generalmente la perdita del visus colpisce un solo occhio e non è associata ad alcun dolore.

L’ischemia arteriosa di solito colpisce l’arteria centrale della retina (OACR), mentre la trombosi venosa può riguardare la vena centrale retinica in toto (OVCR) oppure solo una delle sue branche (trombosi di branca ovvero OBVR) ed è, in assoluto, il più comune accidente vascolare acuto del fondo: in quest’ultima situazione il calo del visus può anche non esserci o limitarsi alla percezione di un’«ombra» nel campo visivo.

Le cause sono da ricercare, per la maggior parte, nelle alterazioni della parete dei vasi (perdita di elasticità, loro deformazione, interruzione del flusso sanguigno, ecc.) provocate da diabete, ipertensione, arteriosclerosi e/o altre condizioni favorenti la formazione di emboli o trombi – in particolar modo a partire dai vasi del collo –, anche se spesso, nonostante tutte le analisi, non si riesce ad evidenziare un fattore scatenante preciso.

Nelle donne che desiderano iniziare una terapia anticoncezionale per bocca è fondamentale sottoporsi ad alcuni accertamenti, dal momento che la classica “pillola” è uno di quei farmaci che aumenta notevolmente il rischio di trombosi[[
In un foglietto illustrativo dell’Aifa (riferito a un farmaco anticoncezionale equivalente) si legge, per quanto riguarda la trombosi della vena retinica (coagulo sanguigno nell’occhio) : “Sintomi che si verificano più frequentemente in un occhio: perdita immediata della vista o offuscamento indolore della vista che può progredire a perdita della vista”.]].

Cosa accade?

Con l’interruzione dell’apporto di sangue (ischemia) non viene più nutrita ed ossigenata localmente la retina, per cui si possono verificare gravi danni come morte cellulare in alcune aree fondamentali per la visione.

In caso di trombosi, invece, viene ostruito il ritorno venoso, motivo per cui si formano numerose emorragie, essudati e, a volte, gonfiore del disco ottico (papilledema). In entrambe le patologie, in base al grado di ischemia raggiunto, si possono formare poi dei nuovi vasi molto dannosi, che possono sanguinare ed innalzare pericolosamente il tono oculare (glaucoma neovascolare), il che contribuisce a peggiorare ulteriormente il quadro clinico.

Quali sono i segni ?

In caso di occlusione dell’arteria centrale retinica (OACR), le arterie appariranno marcatamente assottigliate; la retina apparirà pallida, ad eccezione della macula (zona centrale della retina adibita alla visione distinta), col suo tipico aspetto rosso ciliegia: a volte è possibile anche visualizzare l’embolo che occlude il vaso.

Nel caso, invece, che si sia verificata un’occlusione a livello della vena centrale retinica (OVCR), le vene appariranno notevolmente congestionate, tortuose e dilatate; l’aspetto della retina, oltre a risultare pallido, sarà edematoso e caratterizzato dalla presenza di emorragie più o meno numerose.

Come si effettua la diagnosi?

La diagnosi si fa innanzitutto con l’esame del fondo oculare. Inoltre un esame molto utile è la fluorangiografia che, mediante iniezione del mezzo di contrasto, potrà fornire all’oculista dati preziosi ai fini di una diagnosi completa: grazie alle immagini si potrà infatti capire il punto esatto dove si è bloccato il flusso sanguigno e quest’informazione potrà essere usata per un’ eventuale trattamento laser (Argon). Come sottolineato prima è infatti di fondamentale importanza andare a colpire col laser le aree ischemiche per evitare che, a partire da queste, si formino i temutissimi neovasi.

Qual è la terapia?

Non esistono protocolli terapeutici standard nel trattamento dell’occlusione arteriosa/venosa centrale retinica; è comunque importante capire se ci siano anomalie di coagulazione ricorrendo agli esami del sangue e sottoporsi al videat cardiologico con eco-doppler dei vasi epiaortici e ad eventuali altri accertamenti.

Nel caso di un’occlusione arteriosa bisogna ricordarsi che questa è una vera e propria urgenza oculistica: se non si ripristina il flusso nel giro di qualche ora purtroppo l’occhio è destinato a diventare cieco. È di fondamentale importanza quindi recarsi immediatamente al pronto soccorso oculistico non appena si avverte un offuscamento visivo. Purtroppo nessun trattamento si è dimostrato fino ad ora efficace, ma un miglioramento si è riscontrato incidendo la cornea con fuoriuscita di umor acqueo (paracentesi immediata della camera anteriore).

Nel caso di un’occlusione venosa, invece, bisogna attendere qualche tempo prima di poter effettuare la fluorangiografia e, in base al risultato, poi sottoporsi al trattamento laser che va fatto per evitare la comparsa di nuovi vasi, complicanza assai comune che può portare al glaucoma neovascolare, con conseguente rischio di cecità. Ad oggi sono disponibili anche dei farmaci intravitreali a base di cortisone che possono aiutare a riassorbire l’edema maculare post-occlusivo che, in questi casi, spesso è presente, con risultati piuttosto incoraggianti sulla vista.

Ambliopia

Foto: bambino affetto da ambliopia e strabismo

Cos’è l’ambliopia?

È una condizione in cui la funzione visiva di un occhio è ridotta o assente senza che ci siano stati danni oculari organici. Si tratta di unaFoto: bambino affetto da ambliopia e strabismo patologia che si sviluppa in età pediatrica. È caratterizzata da una riduzione dell’acuità visiva, generalmente da un solo occhio.

Consiste in un deficit dell’apparato visivo: il cervello, non riuscendo a interpretare correttamente le informazioni che gli giungono, disattiva – parzialmente o del tutto – i segnali che provengono da uno dei due occhi. Nei bambini il danno è generalmente reversibile, in linea di massima fino a 4-6 anni, ma sull’età precisa non c’è concordanza della comunità medico-scientifica.

Perché si sviluppa l’ambliopia?

L’ambliopia si presenta quando il bambino non usa involontariamente un occhio. Questo avviene quando non vede più a fuoco da un occhio o perché il cervello non riesce più a “combinare” (fondere) le immagini che – in caso di strabismo – provengono dall’occhio deviato con quelle fornite dall’occhio sano o, più raramente, perché alla retina non arrivano affatto segnali visivi.

Quali sono le cause dell’ambliopia?

Astigmatismo e ipermetropia, se non vengono corretti adeguatamente e tempestivamente, possono portare all’ambliopia. In caso di strabismo il cervello non riesce a fondere le immagini provenienti dai due occhi. Questa sensazione è estremamente fastidiosa, per cui il bambino – il cui cervello sopprime le informazioni che derivano dall’occhio più debole – rischia che la sua funzionalità visiva sia compromessa da un occhio. Tale esclusione può avvenire per patologie congenite o della prima infanzia: la cataratta congenita, se non diagnosticata e asportata precocemente, può portare ad esempio ad ambliopia (così come una marcata ptosi, per cui le palpebre sono calanti).

Come si evita o si cura?

La prima cura consiste nel correggere il difetto visivo o eliminare gli ostacoli che impediscono la corretta visione. Si deve poi cercare di far lavorare l’occhio pigro; per fare questo generalmente si copre l’occhio sano (bendaggio dell’occhio dominante). Questa terapia consiste nell’applicazione di una benda o di un cerotto coprente sull’occhio dotato di migliore funzionalità e deve essere approntato seguendo precisamente le indicazioni di un medico oculista.

Queste terapie possono durare da alcuni mesi fino ad alcuni anni. Durante la cura i genitori non devono assecondare la richiesta, da parte del bambino, di togliere la benda. Infatti, se la si esaudisse, si verificherebbe un danno non recuperabile. In alcuni casi vengono impiegate, in alternativa, gocce di atropina instillate nell’occhio dominante (sano): poiché si dilata la pupilla, la visione diventa sfocata, e dunque l’occhio pigro si “riattiva”. Tuttavia bisogna tenere conto degli effetti indesiderati contenuti nel foglietto illustrativo.

Cosa comporta l’ambliopia?

Se non corretta per tempo può causare la perdita della capacità visiva di uno o di entrambi gli occhi. Ciò significa che viene meno la visione binoculare tridimensionale: non si riescono più ad apprezzare né la profondità né le distanze degli oggetti.

Cosa deve fare il genitore?

Per un genitore è molto difficile accorgersi se uno dei due occhi veda meno, soprattutto quando non è presente uno strabismo. È indispensabile, quindi, che venga effettuata una visita medica oculistica già in età pediatrica (la prima entro i tre anni). Questo perché il modo migliore per affrontare l’ambliopia è prevenirla mediante visite oculistiche pediatriche, cioè eliminare tutte le cause che possono provocarla.

Leggi anche: “Ambliopia, l’importanza del trattamento precoce

Etiopia, acqua pulita contro il tracoma

Etiopia bambini

113 punti pozzi realizzati col contributo della IAPB Italia onlus

La povertà dell’Africa può “ferire” gli occhi: è il continente dove il dramma delle malattie, a partire da quelle che colpiscono la vista, è presente più che altrove. Per questo l’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità (IAPB Italia onlus) sostiene attivamente un progetto per portare l’acqua pulita in Etiopia, in particolare nella regione Amhara, allo scopo di combattere il tracoma (che provoca cecità ma è prevenibile).

Sono stati realizzati 113 punti di approvvigionamento idrico (pozzi d’acqua manuali), consentendo alla popolazione locale di attingere acqua limpida, ridandole speranza e prevenendo gravi malattie. Quindi, dal 22 aprile al 28 aprile 2008, una delegazione della IAPB Italia è stata sul luogo per appurare quale sia attualmente la situazione sanitaria ed umanitaria, con tanto di giornalisti al seguito (missione in collaborazione con CBM Italia onlus).

Il progetto di realizzazione dei pozzi, che risale al 2006, è stato portato avanti facendo riferimento al motto “Chirurgia e Antibiotici”, ma anche alla pulizia facciale e alla bonifica ambientale, che si indicano con l’acronimo inglese SAFE (Surgery, Antibiotics, Facial cleaness ed Environmental sanitation).

Il fine ultimo è quello di eliminare la cecità causata dal tracoma entro il 2020, uno degli obiettivi che si pone l’Organizzazione mondiale della sanità. Per bloccare l’infezione oculare da tracoma, provocata da un batterio (Chlamydia Tracomatis), sono fondamentali le misure igieniche, a partire ovviamente dall’uso di acqua pulita. Grazie al progetto sostenuto dalla IAPB Italia onlus è stato possibile migliorare il complessivo stato di salute della popolazione rurale della zona dell’Etiopia dove si è intervenuti.

Nel corso del 2006 si è puntato ad alcuni obiettivi, tra cui:
-1) incrementare il livello di sicurezza delle forniture di acqua nei 19 comprensori della regione di Amhara di circa il 10%;
– 2) migliorare il livello di igiene facciale nei bambini (da 1 a 9 anni) all’interno dei comprensori di circa il 25% rispetto a quello precedente;
– 3) ridurre la prevalenza del tracoma e delle altre malattie trasmissibili attraverso l’acqua di circa il 25% tra i bambini.

Obiettivi specifici:
– 1) Realizzazione di 120 punti di approvvigionamento acqua;
– 2) formazione di 240 “custodi dell’acqua”, col compito di sorvegliare e mantenere l’efficienza nonché di impiegare correttamente le fonti di approvvigionamento;
– 3) creazione di 120 comitati per il controllo dell’acqua e delle condizioni sanitarie. In questo modo si è assicurata la sostenibilità del progetto, grazie a una partecipazione di tipo comunitario, cercando di prevenire eventuali abusi;
– 4) erogazione di acqua potabile per il miglioramento dell’igiene personale e ambientale a oltre 60.000 persone nell’area interessata, con la realizzazione di 83 pozzi con pompe manuali;
– 5) riduzione del tempo impiegato dalle donne per recarsi a una fonte d’acqua.

Le fonti idriche prima disponibili erano costituite da pozzi generalmente scavati a mano o da sorgenti spesso contaminate. La distribuzione dell’acqua riesce a coprire una superficie pari al 31% dell’intera area di Amhara (zona rurale 23%, urbana 96%). Inoltre, la popolazione rurale ha limitato accesso ai servizi più efficienti di approvvigionamento dell’acqua. La situazione è anche peggiore per quanto riguarda i servizi sanitari, che riescono a coprire soltanto il 6% (area rurale 3% area urbana 37%) e il numero di servizi igienici costruiti nelle campagne è molto basso, mentre la maggior parte della popolazione non conosce le norme basilari di igiene personale e bonifica dell’ambiente.

Il progetto, fortemente voluto e finanziato dalla IAPB Italia nonché dalla CBM Italia, è stato affidato ad una Ong locale con grande esperienza nella fornitura di acqua (si tratta della ORDA, acronimo inglese che sta per Organizzazione per la riabilitazione e lo sviluppo in Amhara). Anche il Lions Club ha contribuito.

Amhara è una delle 11 regioni autonome della nazione e si trova nel nord del Paese. La popolazione stimata era di 18 milioni di persone nel 1997, di cui l’11% vive nelle aree urbane e il restante 89% nelle aree rurali. Questa porzione di territorio, suddivisa in 11 zone amministrative e 115 comprensori, è densamente popolata ed è composta principalmente dall’etnia degli Amhara.

Circa il 60% della popolazione rurale vive nell’area montuosa che soffre di un’insufficiente rete stradale di collegamento col capoluogo della regione. La maggior parte delle infrastrutture è localizzata nella parte inferiore dei rilievi montuosi. Le caratteristiche topografiche rendono ancora più difficile il tradizionale approvvigionamento d’acqua da parte delle comunità locali.

I dati sulla cecità e l’ipovisione in Etiopia sono i seguenti: su circa 77 milioni di abitanti, i non vedenti sono indicativamente l’1,6% della popolazione (un milione e duecentomila), mentre gli ipovedenti sono il 3,7% (due milioni e ottocentomila); infine sono circa 9 milioni i bambini affetti da tracoma, pari al 40% della fascia d’età fino ai 9 anni.

Ethiopia, clean water against trachoma

Etiopia bambini

113 wells made with the contribution of IAPB Italy

The sight of Africa’s poverty can be painful. It is the continent where the tragedy of disease, starting from those affecting sight, is present more than anywhere else. This is why the International Agency for the Prevention of Blindness (IAPB Italy) actively supports a project to bring clean water to Ethiopia, particularly in the Amhara region, in order to combat trachoma (which causes preventable blindness).

A total of 113 manual water wells have been built, allowing the local population to draw clean water, providing them with hope and helping prevent severe disease. A delegation from IAPB Italy was in Ethiopia from 22nd to 28th April 2008, to evaluate the current health and humanitarian situation, , accompanied by journalists(the mission was arranged in cooperation with CBM Italia onlus).

The project for the construction of the wells, which dates back to 2006, has been inspired by the motto “Surgery and Antibiotics”, but also by the importance of facial cleanness and environmental remediation, which are referred to with the acronym SAFE (Surgery, Antibiotics, Facial cleanness and Environmental sanitation).

The ultimate objective is to eliminate blindness caused by trachoma by 2020, one of the goals of the WHO. To stop trachoma, an eye infection caused by a bacterium (Chlamydia Tracomatis), hygienic measures are imperative, starting with the use of clean water. Thanks to the project supported by IAPB Italy, it was possible to improve the overall state of health of the rural population in the area of Ethiopia where the intervention took place.

During 2006 we worked towards various objectives, including:
1) increasing the level of safe water supplies in the 19 districts of the Amhara region by about 10%;
2) improving the level of facial hygiene in children (from one to nine years old) within the districts by about 25%;
3) Reducing the prevalence of trachoma and other waterborne diseases by 25% among children.

Specific objectives:
1) construction of 120 water supply points;
2) training of 240 “water custodians”, who will monitor and maintain the water supply points, and ensure the correct use of resources;
3) creation of 120 committees to monitor water supply and health condtions. In this way the sustainability of the project is assured, thanks to the participation of entire communities in the prevention of possible abuses;
4) supply of drinking water for the improvement of personal and environmental hygiene to more than 60,000 people in the selected area, through the construction of 83 wells with hand pumps;
5) reduction of the time taken by women to reach a water source.

The water sources previously available consisted of wells generally dug by hand or sources that were often contaminated. The water distribution network is able to cover an area equal to 31% of the entire Amhara area (rural area 23%, urban area 96%). Furthermore, the rural population has limited access to the more efficient water supply services. The situation is even worse when it comes to health services, which cover only 6% of the region (rural area 3%, urban area 37%) and the number of actual toilets built in the countryside is very low. The majority of the population ignore the basic rules of personal hygiene and environmental remediation.

The project strongly supported and financed by IAPB Italy as well as by CBM Italy, has been entrusted to a local Ngo, with a great deal of experience in the supply of water, ORDA (Organization for rehabilitation and development in Amhara). The Lions Club has also contributed.

Amhara is one of the 11 autonomous regions of Ethiopia and it is located in the north of the country. The population was estimated to be 18 million people in 1997, of which 11% live in urban areas and the remaining 89% in rural areas. This part of the territory, divided into 11 administrative areas and 115 districts, is densely populated and is mainly composed of the Amhara ethnic group.

About 60% of the rural population live in mountainous areas, affected by an inadequate road connections to the regional capital. The majority of the infrastructure is located in the lower part of the mountains. The topographical features make the traditional supply of water to the local communities even more difficult.

Data on blindness and visual impairment in Ethiopia are as follows: out of about 77 million inhabitants, blind people make up approximately 1.6% (1,200,000) of the population, while visually impaired people total 3.7% (2,800,000); finally there are about 9 million children suffering from trachoma, equal to 40% of the age group up to 9 years old.

Retinopatia sierosa centrale

Foto (fondo oculare): retina colpita da sierosa centrale

Cos’è?

Si tratta di una malattia oculare caratterizzata dal sollevamento della zona centrale della retina a causa dell’accumulo di liquido sieroso. Per essere più esatti siFoto (fondo oculare): retina colpita da sierosa centrale verifica l’innalzamento di uno strato retinico intermedio (il neuro-epitelio) nella regione maculare, originato da un travaso di siero (essudazione vascolare). In genere il sesso maschile tra i 30 e i 50 anni di età è quello più colpito; molto spesso coinvolge entrambi gli occhi, ma il più delle volte non contemporaneamente.

Che cause ha?

Sulle cause che determinano la sierosa centrale non si hanno dati certi. Un elemento significativo, che accomuna quasi tutti coloro che ne sono affetti, è che sembrerebbe favorita dello stress (in persone particolarmente attive e competitive). Inoltre sono stati osservati importanti fattori genetici predisponenti ovvero familiarità. [van Dijk EHC, Schellevis RL, Breukink MB, Mohabati D, Dijkman G, Keunen JEE, Yzer S, den Hollander AI, Hoyng CB, de Jong EK, Boon CJF, “[Familial Central Serous Chorioretinopathy”, Retina, 2017 Nov 28. doi: 10.1097/IAE.0000000000001966 (Epub ahead of print)]]

Quali sono i sintomi?

Foto (Oct): sollevamento della retina per accumulo di liquido Riduzione dell’acuità visiva, sensazione di velo dinanzi agli occhi, con annebbiamento visivo e distorsione delle immagini. Spesso si ha l’impressione di guardare come attraverso una goccia d’acqua.

Come si effettua una diagnosi?

L’esame del visus può risultare alterato. È importante, quindi, sottoporsi a un controllo del fondo oculare. La fluorangiografia e l’OCT permettono d’individuare l’area di lesione (con quadri spesso caratteristici). Il liquido che si è accumulato tra gli strati retinici può riassorbirsi spontaneamente entro alcuni mesi e si può recuperare l’acuità visiva originaria; ma è comunque importante farsi seguire da uno specialista che possa prescrivere gli esami più opportuni, monitorando costantemente lo stato di salute della retina. Inoltre sono stati rilevati cambiamenti nel microcircolo retinico di persone cronicamente affette da corioretinopatia sierosa centrale. [Sugiura A, Fujino R, Takemiya N, Shimizu K, Matsuura M, Murata H, Inoue T, Obata R, Asaoka R, “[The association between visual function and retinal structure in chronic central serous chorioretinopathy“, Sci Rep. 2017 Nov 24;7(1):16288. doi: 10.1038/s41598-017-16339-9]]

C’è una terapia univoca?

No, non vi è un protocollo terapeutico specifico, perché nessun trattamento medico sino ad oggi si è dimostrato sempre valido. In passato terapie a base di cortisone, betabloccanti e diuretici sono andate per la maggiore, ma si sono dimostrate non del tutto efficaci.

Attualmente la letteratura medico-scientifica riporta buoni risultati ottenuti con la fotocoagulazione laser, che andrebbe ad agire proprio sul punto di perdita; ma questa eventualità, data la buona prognosi, deve essere valutata dal singolo oculista con molta attenzione e in casi particolari.

Cheratiti

cornea_sana-profilo_oculare-web.jpg

Cosa sono?

cornea_per_glossario-ok-2.jpgLe cheratiti sono infiammazioni della cornea.

Da che cosa sono causate?

Le cheratiti possono essere causate da vari fattori: quelli infettivi (virus, batteri, protozoi, funghi), gli agenti fisici (ad esempio i raggi ultravioletti) e le malattie sistemiche (artriti reumatoidi o vasculiti disseminate).

Come appaiono?

Foto: occhio affetto da cheratitePossono associarsi a calo della vista, dolore e intolleranza alla luce (fotofobia). Le cheratiti possono manifestarsi con piccole erosioni superficiali (mini affossamenti dell’epitelio) e opacità disseminate all’interno della cornea (infiltrati stromali).

Altra loro caratteristica è la crescita dei vasi sanguigni all’interno del tessuto corneale a partire dal limbus (zona tra stroma e sclera-congiuntiva), con la formazione di tessuto fibroso sotto l’epitelio (questa condizione è definita panno corneale). Inoltre la cheratite è spesso contraddistinta da edema corneale, cioè dalla presenza di un eccesso di contenuto acquoso all’interno della cornea. Le forme infettive si accompagnano di solito a dolore, secrezione e torbidità dell’umore acqueo (reazione infiammatoria in camera anteriore).

Come possono evolvere?

Le cheratiti, se non curate, possono compromettere la trasparenza della cornea, indispensabile alla corretta visione. Possono essere complicate da perdita di tessuto, che assume la forma di un cratere (l’ulcera corneale, con rischio di perforazione); l’ulcera può evolvere in cicatrici che, se centrali, compromettono la visione. Questa condizione ha come terapia il trapianto di cornea o l’impiego di laser ad eccimeri se l’opacità è confinata nello stroma anteriore.

Quali sono le terapie?

Le terapie dipendono dalla causa che ha provocato la cheratite. In generale la terapia ha tre obiettivi principali:

  • Controllo dell’infezione
  • Controllo dell’infiammazione
  • Favorire la crescita dell’epitelio (riepitelizzazione).

L’infezione è controllata con farmaci antibiotici, sia per via topica (colliri) che per via orale. L’uso di antinfiammatori steroidei – utilizzati per ridurre o eliminare le cicatrici –, quando improprio, può favorire la formazione di ulcere e sono assolutamente controindicati in caso di infezione provocata dal virus dell’herpes. Tali farmaci devono essere usati solo dopo la prescrizione di un medico oculista. La riepitelizzazione avviene utilizzando dei lubrificanti, con la temporanea chiusura della palpebra e/o applicazione di lenti a contatto terapeutiche.

Da pochi anni è disponibile anche in Italia un protocollo terapeutico che prevede il trattamento della cornea con staminali. Nel caso specifico delle cheratiti che hanno danneggiato la superficie oculari sono trattabili gli effetti avversi delle cheratiti infettive da batteri, miceti, Acanthamoeba, oltre a quelle di origine autoimmune (“cheratiti immununitarie”).

Inoltre c’è anche la possibilità di ricorrere all’impiego della membrana amniotica che può favorire il ripristino dell’integrità e della trasparenza corneale.

Infine si potrebbe anche utilizzare un collirio a base di NGF (Nerve Growth Factor) quando si è affetti da cheratite neurotrofica, sempre dietro prescrizione di un oculista.

Quali sono le persone più a rischio?

  • I portatori di lenti a contatto devono prestare massima attenzione alla manutenzione delle lenti; i liquidi di conservazione delle lentiFoto: lente a contatto possono essere infetti e, quindi, veicolare l’infezione nell’occhio mediante la lente a contatto (in caso di cheratite o forte congiuntivite l’analisi del liquido e del recipiente delle lenti a contatto può dare al medico informazioni sull’agente infettante e, una volta esaminato, vanno eliminati lenti, liquidi e contenitori). Particolare attenzione va riservata alla cheratite da Acanthamoeba. Si tratta di un agente infettante molto resistente, un protozoo che può trovarsi nelle acque di piscine, fiumi, laghi. L’uomo è altamente resistente, ma basta una minima lesione dell’epitelio corneale per sviluppare una cheratite di questo tipo. Per questo motivo i portatori di lenti a contatto sono particolarmente a rischio, perché la lente può provocare le lesioni microscopiche; questa cheratite è caratterizzata da un forte dolore e da un annebbiamento visivo. È estremamente pericolosa e l’infezione può interessare anche il bulbo oculare.
  • Pazienti affetti da Herpes zoster, in particolare quelli che hanno lesioni sulla punta del naso, possono andare incontro ad un interessamento corneale.
  • Pazienti con sindrome dell’occhio secco possono contrarre cheratiti, in quanto presentano spesso erosioni dell’epitelio (prima difesa contro le infezioni).
  • Tutti coloro che guardano senza protezione Fonti di ultravioletti (lampade UVA, saldatrici ed esposizione diretta alla luce del sole) possono anche sviluppare la cheratite attinica, caratterizzata da appannamento visivo e dolore che di solito aumenta di notte.

Quali sono le cheratiti più pericolose?

La cheratite da Acanthamoeba sopra descritta è tra le più pericolose, soprattutto se la diagnosi e la terapia specifica non fossero tempestive. Le cheratiti da funghi, molto rare, possono avere effetti devastanti e possono facilmente penetrare nella camera anteriore (che si trova dietro la superficie esterna del bulbo oculare). In questi casi gli antinfiammatori di tipo steroideo possono favorire la progressione dell’infezione. La cheratite da Candida si sviluppa spesso in associazione con altre cheratiti o in pazienti con un sistema immunitario depresso.

Cheratiti

cornea_sana-profilo_oculare-web.jpg

Cosa sono?

cornea_per_glossario-ok-2.jpgLe cheratiti sono infiammazioni della cornea.

Da che cosa sono causate?

Le cheratiti possono essere causate da vari fattori: quelli infettivi (virus, batteri, protozoi, funghi), gli agenti fisici (ad esempio i raggi ultravioletti) e le malattie sistemiche (artriti reumatoidi o vasculiti disseminate).

Come appaiono?

Foto: occhio affetto da cheratitePossono associarsi a calo della vista, dolore e intolleranza alla luce (fotofobia). Le cheratiti possono manifestarsi con piccole erosioni superficiali (mini affossamenti dell’epitelio) e opacità disseminate all’interno della cornea (infiltrati stromali).

Altra loro caratteristica è la crescita dei vasi sanguigni all’interno del tessuto corneale a partire dal limbus (zona tra stroma e sclera-congiuntiva), con la formazione di tessuto fibroso sotto l’epitelio (questa condizione è definita panno corneale). Inoltre la cheratite è spesso contraddistinta da edema corneale, cioè dalla presenza di un eccesso di contenuto acquoso all’interno della cornea. Le forme infettive si accompagnano di solito a dolore, secrezione e torbidità dell’umore acqueo (reazione infiammatoria in camera anteriore).

Come possono evolvere?

Le cheratiti, se non curate, possono compromettere la trasparenza della cornea, indispensabile alla corretta visione. Possono essere complicate da perdita di tessuto, che assume la forma di un cratere (l’ulcera corneale, con rischio di perforazione); l’ulcera può evolvere in cicatrici che, se centrali, compromettono la visione. Questa condizione ha come terapia il trapianto di cornea o l’impiego di laser ad eccimeri se l’opacità è confinata nello stroma anteriore.

Quali sono le terapie?

Le terapie dipendono dalla causa che ha provocato la cheratite. In generale la terapia ha tre obiettivi principali:

  • Controllo dell’infezione
  • Controllo dell’infiammazione
  • Favorire la crescita dell’epitelio (riepitelizzazione).

L’infezione è controllata con farmaci antibiotici, sia per via topica (colliri) che per via orale. L’uso di antinfiammatori steroidei – utilizzati per ridurre o eliminare le cicatrici –, quando improprio, può favorire la formazione di ulcere e sono assolutamente controindicati in caso di infezione provocata dal virus dell’herpes. Tali farmaci devono essere usati solo dopo la prescrizione di un medico oculista. La riepitelizzazione avviene utilizzando dei lubrificanti, con la temporanea chiusura della palpebra e/o applicazione di lenti a contatto terapeutiche.

Da pochi anni è disponibile anche in Italia un protocollo terapeutico che prevede il trattamento della cornea con staminali. Nel caso specifico delle cheratiti che hanno danneggiato la superficie oculari sono trattabili gli effetti avversi delle cheratiti infettive da batteri, miceti, Acanthamoeba, oltre a quelle di origine autoimmune (“cheratiti immununitarie”).

Inoltre c’è anche la possibilità di ricorrere all’impiego della membrana amniotica che può favorire il ripristino dell’integrità e della trasparenza corneale.

Infine si potrebbe anche utilizzare un collirio a base di NGF (Nerve Growth Factor) quando si è affetti da cheratite neurotrofica, sempre dietro prescrizione di un oculista.

Quali sono le persone più a rischio?

  • I portatori di lenti a contatto devono prestare massima attenzione alla manutenzione delle lenti; i liquidi di conservazione delle lentiFoto: lente a contatto possono essere infetti e, quindi, veicolare l’infezione nell’occhio mediante la lente a contatto (in caso di cheratite o forte congiuntivite l’analisi del liquido e del recipiente delle lenti a contatto può dare al medico informazioni sull’agente infettante e, una volta esaminato, vanno eliminati lenti, liquidi e contenitori). Particolare attenzione va riservata alla cheratite da Acanthamoeba. Si tratta di un agente infettante molto resistente, un protozoo che può trovarsi nelle acque di piscine, fiumi, laghi. L’uomo è altamente resistente, ma basta una minima lesione dell’epitelio corneale per sviluppare una cheratite di questo tipo. Per questo motivo i portatori di lenti a contatto sono particolarmente a rischio, perché la lente può provocare le lesioni microscopiche; questa cheratite è caratterizzata da un forte dolore e da un annebbiamento visivo. È estremamente pericolosa e l’infezione può interessare anche il bulbo oculare.
  • Pazienti affetti da Herpes zoster, in particolare quelli che hanno lesioni sulla punta del naso, possono andare incontro ad un interessamento corneale.
  • Pazienti con sindrome dell’occhio secco possono contrarre cheratiti, in quanto presentano spesso erosioni dell’epitelio (prima difesa contro le infezioni).
  • Tutti coloro che guardano senza protezione Fonti di ultravioletti (lampade UVA, saldatrici ed esposizione diretta alla luce del sole) possono anche sviluppare la cheratite attinica, caratterizzata da appannamento visivo e dolore che di solito aumenta di notte.

Quali sono le cheratiti più pericolose?

La cheratite da Acanthamoeba sopra descritta è tra le più pericolose, soprattutto se la diagnosi e la terapia specifica non fossero tempestive. Le cheratiti da funghi, molto rare, possono avere effetti devastanti e possono facilmente penetrare nella camera anteriore (che si trova dietro la superficie esterna del bulbo oculare). In questi casi gli antinfiammatori di tipo steroideo possono favorire la progressione dell’infezione. La cheratite da Candida si sviluppa spesso in associazione con altre cheratiti o in pazienti con un sistema immunitario depresso.

Usa, allo studio lenti a contatto elettroniche

Lente a contatto su computer

In futuro gli ipovedenti potrebbero essere facilitati a navigare sul web con la realtà aumentata

In futuro si potrà probabilmente “potenziare” la propria vista indossando delle speciali lenti a contatto elettroniche, che andranno ben oltre la semplice correzione di un difetto refrattivo (miopia, astigmatismo, ipermetropia).
Infatti in un possibile scenario futuro si potrà attivare la navigazione su internet e spostarsi in una realtà arricchita d’informazioni (realtà aumentata), analogamente a quello che avviene nella realtà virtuale tridimensionale; al momento in cui scriviamo, tuttavia, le lenti a contatto elettroniche non sono ancora disponibili.

Il possibile scenario evoca però i film di fantascienza: gli ingegneri della Washington University sono riusciti a realizzare – nell’ambito di un progetto quinquennale (2009-2013) – dei prototipi di lenti contenenti un circuito elettronico. Tra l’altro questi ausili potrebbero consentire, un giorno, di visualizzare a circa mezzo metro di distanza una serie di informazioni utili, rendendo più semplice l’orientamento e la mobilità.

Tuttavia alla fine del 2011 la risoluzione del prototipo di lente elettronica era ancora di un pixel (ossia un solo punto), una qualità decisamente lontana da quella delle immagini tridimensionali di tipo televisivo.Foto: lente a contatto elettronica applicata a occhi di coniglio

“Guardare attraverso una lente completa – annuncia Babak Parviz, che insegna ingegneria presso l’Università di Washington – significherebbe vedere ciò che il display genera, sovrapposto al mondo esterno”. L’immagine fluttuerebbe innanzi a chi indossa le lenti a contatto speciali a una distanza apparente compresa tra i 50 cm e un metro. Le lenti a contatto elettroniche sono fatte con materiali biocompatibili e sono alimentate grazie alle onde radio emesse da un dispositivo prossimo, che vengono captate da una microantenna ad anello. Le future versioni potrebbero però ricavare energia direttamente dal sole (con dei micropannelli) o da un cellulare, che al contempo trasmetterebbe informazioni visualizzabili dalle lenti a contatto in sovrapposizione con lo sfondo.

Eppure, nonostante i limiti di queste ricerche – ancora ampiamente sperimentali – si potranno dischiudere molte prospettive: non solo si potranno vedere immagini ibride, frutto di una sovrapposizione tra mondo reale e realtà virtuale, ma si potranno trovare molte applicazioni concrete come, ad esempio, l’insegnamento dell’orientamento nello spazio o le applicazioni ludiche.

I ricercatori dell’Università di Washington (Usa) e della Aalto University (Finlandia) il 19 settembre 2011 hanno presentato il progetto di un display incorporato in una lente a contatto elettronica alimentata senza fili (wireless) in un articolo pubblicato sul Journal of Micromechanics and Microengineering . Scrivono gli autori:

In futuro i sistemi di lenti a contatto potranno ricevere dati da piattaforme esterne (ad esempio telefoni cellulari) e fornire una notifica in tempo reale degli eventi.

La lente a contatto elettronica incorpora un microchip collegato a un’antenna ad anello che lo alimenta. Gli autori dello studio osservano che, almeno potenzialmente, si possono incorporare diversi circuiti nelle lenti a contatto. Concludono i ricercatori:

Sebbene il nostro display abbia un solo pixel controllabile, abbiamo fornito la prima tecnologia che dimostra come, in linea di principio, si possano ottenere immagini composte da molti pixel.

Nel 2016 è stato pubblicato un nuovo articolo su PNAS sulle lenti a contatto del futuro. Si tratta di un progetto degli Istituti nazionali di sanità americani: la lente hi-tech potrà essere utile, in futuro, ai presbiti e consentirà anche loro di misurare la pressione oculare. Il loro potere di correzione sarà regolabile: varierà a seconda del grado di presbiopia grazie a un liquido interno alla lente stessa, i cui circuiti sono alimentati da mini-celle solari.

lente__contatto__futuro_cortesia_dott.h.jiang-2016_pnas_-fonte_it-oftalmologia_sociale.jpg

Fonti: University of Washington, Journal of Micromechanics and Microengineering, New Scientist, PNAS.

Epiteliopatia

Immagine: cornea ed epitelio

Cos’è?

Col termine “epiteliopatia” si indica una patologia a carico dell’epitelio. Di solito coinvolge l’epitelio corneale o l’epitelio pigmentato (il cosiddetto foglietto esterno della retina).

Cos’è l’epitelio corneale?

Immagine: cornea ed epitelioL’epitelio corneale è il primo degli strati della cornea: è quello più esterno, a contatto col film lacrimale, indispensabile per la sua integrità (gli altri sono la membrana di Bowmann, lo stroma, la membrana di Descemet e l’endotelio).
Una sua alterazione provoca dolore e sensazione di corpo estraneo (è come se ci fosse sabbia negli occhi), che aumenta con l’apertura e la chiusura delle palpebre: si creano delle “rotture” dell’epitelio che lasciano scoperte le terminazioni nervose.

Quali sintomi dà l’epiteliopatia corneale?

In caso di epiteliopatia corneale si ha una visione annebbiata. Una lesione dell’integrità della cornea rende quest’ultima maggiormente vulnerabile alle infezioni.

Quali sono le sue cause?

Immagine: strati della corneaLe cause delle epiteliopatie sono varie: distrofie corneali che possono essere acquisite e cheratiti (infiammazioni della cornea), congiuntiviti allergiche, alterazioni del film lacrimale, come nel caso della sindrome di Sjogren. Tale condizione colpisce le ghiandole lacrimali che riducono la secrezione delle lacrime; quindi l’epitelio corneale non più protetto va incontro a un essiccamento e degenera (come un terreno che si secca al sole e, di conseguenza, si spacca).

Quando si può verificare?

Tutte le volte che si verifca una scarsa lacrimazione (quindi una diminuzione della protezione dell’epitelio grazie al film lacrimale) si possono verificare più facilmente dei danni causati, ad esempio, da corpi estranei nell’occhio, colpi di vento, impiego di saponi/shampoo non neutri, determinati cosmetici, ecc. Inoltre, ci sono altri soggetti a rischio: i portatori di lenti a contatto, chi va in motorino senza occhiali protettivi, le donne dopo la menopausa (sindrome dell’occhio secco). La terapia può essere basata sulla semplice somministrazione di lacrime artificiali, di antibiotici locali e sui riepitelizzanti.

Perché le lenti a contatto possono danneggiare l’occhio?

Un uso improprio delle lenti a contatto può provocare un danno epiteliale: se portate eccessivamente possono causare una condizione di ipossia (riduzione dell’apporto di ossigeno), creando un edema epiteliale. In caso di alterazione della lacrimazione la lente a contatto può, a volte, causare dei microtraumi della superficie esterna trasparente dell’occhio.

Che cosa può avvenire all’epitelio della retina?

L’epitelio pigmentato retinico può essere colpito da molti processi patologici a carico della retina; ad esempio, si può verificare un distacco dell’epitelio stesso, causato da una diminuzione della permeabilità della membrana di Bruch. Le possibili evoluzioni sono: atrofia geografica, distacco del neuroepitelio, rottura dell’epitelio pigmentato o una risoluzione spontanea – senza danni funzionali -, come avviene spesso nei soggetti giovani.

Quando la lesione dell’epitelio retinico è centrale, si ha un rapido peggioramento della vista, mentre quand’è integra la fovea (zona centrale della retina) l’acuità visiva si preserva. Inoltre, nelle persone con miopia elevata l’epitelio pigmentato (che “nutre” lo strato della retina neurosensoriale) è molto assottigliato.

Esiste qualche forma rara?

Si, ad esempio l’epiteliopatia acuta multifocale posteriore a placche di pigmento è una patologia rara bilaterale di cui non si conosce la causa, che non provoca danni visivi permanenti. Colpisce la retina, si presenta tra i 30 e i 50 anni con un calo visivo (inizialmente a un solo occhio ma diventa bilaterale in pochi giorni). È caratterizzata dalla presenza, a livello retinico, di lesioni a placche multiple, di grandi dimensioni e di color crema.