Spegni la sigaretta, celebra la Giornata mondiale senza tabacco

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Ricorre il 31 maggio con l’OMS: il fumo uccide fino alla metà dei fumatori. Raddoppia anche il rischio di cecità

tabacco-giornata_mondiale_who-2017.jpgLa nostra salute rischia seriamente di andare in fumo… se non si smette di fumare. Il 31 maggio l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e i suoi partner celebrano la Giornata mondiale senza tabacco, evidenziando i rischi per la salute associati al consumo di sigari e sigarette.

Per l’occasione si è tenuto a Roma un convegno organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, dove tra l’altro è stata ricordata l’importanza delle politiche contro il tabacco.

I numeri del fumo, la salute si “annebbia”

In Italia i fumatori sono circa il 22,3% della popolazione, pari a 11,7 milioni di persone e il fumo di tabacco rappresenta la principale causa di morte nel nostro Paese.

Nel mondo il tabacco – scrive l’OMS – “uccide ogni anno oltre 7 milioni di persone. Oltre 6 milioni di quei decessi sono l’effetto diretto del suo consumo, mentre circa 890 mila sono il risultato dell’esposizione di non fumatori al fumo passivo”. Ancora più shockante è che, prosegue, l’OMS, “il fumo uccida fino a metà dei suoi consumatori”. Infine l’Agenzia Onu ricorda che quasi l’80% su oltre un miliardo di fumatori nel mondo vive in Paesi a medio e basso reddito.

Tabagismo, prima causa di morte evitabile

fumo_causa_cecit-pacchetto_australiano-verticale-web-photospipa19627a6c93285034f4d1648666fbdeb.jpgIl tabagismo è la seconda causa di morte nel mondo e la principale causa di decesso evitabile. Tra i fattori di rischio che concorrono maggiormente alla perdita di anni vita in buona salute, un posto di primo piano spetta sicuramente al fumo, uno dei più gravi problemi di salute pubblica al mondo.

Persino respirare piccole quantità di fumo può danneggiare la salute (ossia fumare una sigaretta ogni tanto); infatti degli oltre 4.000 costituenti chimici che si sprigionano con la combustione del tabacco più di 50 sostanze sono considerate tossiche e/o cancerogene. Tra le più pericolose c’è sicuramente il catrame, le cui sostanze cancerogene vanno a depositarsi nei polmoni (riducendo le capacità respiratorie) e nelle vie aeree, oltre a essere presenti sostanze irritanti che favoriscono l’insorgere di infezioni, bronchite cronica ed enfisemi.

Un’attenzione particolare va rivolta poi alla nicotina che, oltre ad essere tossica, induce dipendenza. Quindi se sei un fumatore contatta subito il Numero Verde antifumo 800 554 088 (lun.-ven., 10-16).

L’abitudine al fumo di tabacco incide negativamente sulla salute aumentando il rischio di malattie respiratorie, cardiovascolari e oncologiche, oltre a generare un effetto negativo sul sistema riproduttivo riducendo la fertilità nell’uomo e nella donna.

Il fumo aumenta anche il rischio di cecità

Per quanto riguarda la vista, è ormai ampiamente dimostrato che fumare tabacco aumenta la probabilità di essere colpiti da degenerazione maculare legata all’età (AMD) e da cataratta. Si stima che all’incirca il rischio di cecità sia doppio nei fumatori (approfondisci).
Oltre a smettere di fumare, affinché la vista non si “annebbi” troppo presto è importante praticare regolarmente un’attività sportiva o, comunque, camminare almeno mezz’ora al giorno. Infine l’alimentazione dev’essere varia e ricca (soprattutto di verdure e possibilmente di pesce). Per inciso bisogna proteggersi opportunamente anche dai raggi solari utilizzando occhiali scuri dotati di filtri a norma di legge negli ambienti particolarmente assolati e nei luoghi dove c’è molto riverbero (ad esempio al mare e sulla neve).

Il nuovo Rapporto sul fumo in Italia

Diminuiscono i maschi tabagisti in Italia secondo il nuovo Rapporto sul fumo dell’Istituto Superiore di Sanità: nel 2017 sono 6 milioni rispetto ai 6,9 milioni del 2016, ma aumentano le donne (da 4,6 milioni dello scorso anno salgono a 5,7 milioni di quest’anno).

sigarette_in_digitale-fonte_freedigitalphotos.net-photospip7d4defc5de6c05efbefca886fa47194a.jpgGli ex fumatori sono il 12,6% e i non fumatori il 65,1%. Si fuma di più tra i 25 e i 44 anni (il 28%); invece tra i 15 e i 24 anni fuma il 16,2%. Si fumano in media 13,6 sigarette al giorno!

L’età in cui si accende la prima bionda è di 17,6 anni per i ragazzi e 18,8 per le ragazze. Il 12,2% dei fumatori ha iniziato a fumare prima dei 15 anni.

La sigaretta elettronica

Scrive l’Istituto Superiore di Sanità:

La maggior parte (83,4%) degli utilizzatori è rappresentata da fumatori, quindi da consumatori duali che fumano le sigarette tradizionali e contemporaneamente l’e-cig, in particolare quelle contenenti nicotina. Chi ha usato la sigaretta elettronica dichiara di aver diminuito il consumo di sigarette tradizionali leggermente (il 13,8%) o drasticamente (l’11,9%), mentre il 34,9% non ha cambiato abitudine tabagica, il 10,4 ha iniziato a fumare e l’11,7% ha ripreso il consumo delle sigarette tradizionali. Soltanto nel 14,4% dei casi l’e-cig ha portato a smettere definitivamente. In totale gli utilizzatori (abituali e occasionali) sono circa 1,3 milioni, in lieve calo rispetto allo scorso anno. Il 64% dei consumatori di e-cig utilizza quelle contenenti nicotina. Le ricariche sono acquistate nei negozi specializzati (54,7%) o dal tabaccaio (37,3%).

Fumo passivo

fumo_campagna_contro_tabacco-who-fumo_passivo-particolare_locandina.jpgSecondo l’indagine dell’ISS quasi il 90% degli italiani e l’86% dei fumatori è d’accordo con il divieto di fumare in macchina in presenza di minori e donne in gravidanza. Soltanto il 5,3% dei fumatori ha dichiarato di aver fumato in auto con bambini o donne incinte.

La legge del 2003 ha di certo modificato il comportamento dei fumatori e dei padroni di casa nei confronti di chi si accende una sigaretta. Mentre nel 2006, infatti, il 43,1% degli intervistati dichiarava di consentire ai propri ospiti di fumare in casa, nel 2017 soltanto il 12,4 lo consente. Inoltre il 10% dei non fumatori dichiara di essere stato esposto al fumo passivo in auto.

Link utile: Ministero della Salute

Fonti principali: Istituto Superiore di Sanità, OMS

OMS, eletto il nuovo Direttore generale

Tedros Adhanom Ghebreyesus al momento del giuramento da Direttore generale OMS (Ginevra, 23 maggio 2017)

È l’ex ministro della salute etiope Adhanom Ghebreyesus: ha 52 anni ed è esperto di malaria

Tedros Adhanom Ghebreyesus al momento del giuramento da Direttore generale OMS (Ginevra, 23 maggio 2017)
Tedros Adhanom Ghebreyesus al momento del giuramento da Direttore generale OMS (Ginevra, 23 maggio 2017)
È stato eletto il 23 maggio 2017 il nuovo Direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (WHO). Si chiama Tedros Adhanom Ghebreyesus, è già stato ministro della salute e ministro degli esteri in Etiopia. E’ il primo Direttore africano e rimarrà in carica cinque anni; potrà essere rieletto una sola volta. A esprimersi mediante il loro voto sono stati i delegati dei 194 Paesi riuniti a Ginevra, dov’è in corso la 70ª Assemblea generale dell’Agenzia Onu per la salute (22-31 maggio).

Nel suo discorso prima del voto Adhanom Ghebreyesus, etiope di 52 anni, ha sottolineato l’importanza degli interventi salva-vita e di un’assistenza sanitaria per tutti, a prescindere dal reddito (anche per affrontare il problema delle malattie non trasmissibili).

Combattere le diseguaglianze puntando a una copertura sanitaria universale, dare più strumenti ai singoli Paesi per affrontare emergenze quali il virus Ebola e più trasparenza nell’azione dell’OMS. Sono i tre punti principali evidenziati dal neodirettore esperto di malaria.

Foto di L.Cipriani/WHO
Foto di L.Cipriani/WHO
“Rifiuto di accettare che la povertà possa causare la morte…. Ho dedicato la mia vita a combattere le diseguaglianze”. Inoltre, ha aggiunto Adhanom Ghebreyesus, bisogna affrontare le malattie non trasmissibili anche migliorando gli stili di vita, contrastando “killer silenziosi quali l’obesità, il tabacco e la sedentarietà”. Per farlo punta anche a raccogliere più fondi: “Dobbiamo allargare la base dei donatori”, ma soprattutto “dobbiamo avere una chiara visione dei progressi e la capacità di monitorarli”.

Bisogna, ha proseguito nell’ultimo discorso prima della sua elezione, “portare salute e speranza alla nostra gente”, investendo nella salute delle future generazioni e puntando alla qualità dell’assistenza. “Molti Paesi – ha concluso – hanno identificato delle soluzioni che si adattano al loro contesto”.

L’incarico del nuovo Direttore generale sarà effettivo a partire dal primo luglio 2017.

Leggi anche: “Etiopia, acqua pulita contro il tracoma

Fonti: WHO, ONU

Accesso all’assistenza sanitaria, Italia 12ª al mondo

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Secondo The Lancet l’Europa è il continente con le nazioni più virtuose. I Paesi scandinavi, la Svizzera e la Spagna sono nella top ten

indice_di_qualita_dell_assistenza_sanitaria_fonte_the_lancet_2017_-800pix.jpgSecondo la rivista The Lancet tra i primi dieci posti al mondo nell’accesso all’assistenza sanitaria ci sono i Paesi scandinavi. Però brilla anche l’Italia col suo dodicesimo posto. Non sarà il secondo Paese dopo la Francia come qualità della sanità pubblica in rapporto alla spesa (come aveva sentenziato l’ONU molti anni fa). Però è sempre un buon piazzamento, pressoché a pari merito con Giappone (11°) e Lussemburgo (10°).

Chi sono i più virtuosi

I tre Stati più virtuosi al mondo – secondo questa vasta ricerca internazionale che ha considerato il periodo 1990-2015 [[GBD 2015 Healthcare Access and Quality Collaborators, “Healthcare Access and Quality Index based on mortality from causes amenable to personal health care in 195 countries and territories, 1990-2015: a novel analysis from the Global Burden of Disease Study 2015”, Lancet. 2017 May 18. pii: S0140-6736(17)30818-8. doi: 10.1016/S0140-6736(17)30818-8, epub ahead of print]] – sono Andorra, Islanda e Svizzera. Nazioni poco popolose.

Nella top ten però troviamo anche Paesi come Spagna e Olanda (rispettivamente all’ottavo e al nono posto). Dopo di noi si piazzano anche la Francia (15° posto) e la Germania (20°). Si classificano ancora peggio, pur rimanendo nel gruppo dei Paesi di testa, la Gran Bretagna (30°) e gli Usa (35°). Il maggior numero di Stati virtuosi si trova, comunque, in Europa.

Il metodo

2-photospip055baee9ec0b2098dd6bff8930f6ac9c.jpgPer costruire la classifica si è considerato anche il tasso di mortalità in 195 Stati: ci si è basati su una lista di 32 malattie potenzialmente molto compromettenti per la nostra salute (gestibili grazie all’assistenza sanitaria), dal diabete al cancro, dalle malattie cardiovascolari agli ictus. Dunque si sono considerate sia malattie croniche che patologie potenzialmente mortali.

Miglioramento globale, ma più divari

A dispetto del miglioramento globale nell’assistenza sanitaria, oggi è presente un maggior divario tra i Paesi più virtuosi e gli ultimi della Terra. Ad avere spesso cattive performance, anche per scarsità di risorse economiche, sono gran parte degli Stati dell’Africa subsahariana. Neanche l’America Latina e la maggior parte dell’Asia sono però messe particolarmente bene. Nonostante il grande balzo in avanti compiuto, in un quarto di secolo, da Cina, Corea del Sud e Turchia. A cui si aggiungono, tra gli altri, il Perù e le Maldive.

Fonte: The Lancet

SOI, appuntamenti con l’oftalmologia a 360°

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Dal 24 al 27 maggio a Milano il 15° Congresso internazionale della Società Oftalmologica Italiana

congresso_internazionale_soi_milano_24-27_maggio_2017-web.jpgDal 24 al 27 maggio si è tenuto a Milano il 15° Congresso internazionale della Società Oftalmologica Italiana (SOI). Numerosi i corsi, i master e i simposi riservati ai professionisti del settore: dalla cataratta al glaucoma, passando per la chirurgia vitreoretinica e le tecniche laser più sofisticate. Tra le innumerevoli sessioni d’aggiornamento per gli oculisti segnaliamo quelle dedicate a “semeiotica hi-tech in oftalmologia pediatrica”, “corso avanzato di biometria”, “miopia e strabismo”. Tra l’altro è stata proposta anche quest’anno la chirurgia effettuata in diretta (intervento di cataratta). Si sono tenute, inoltre, relazioni di esperti del Polo Nazionale per la Riabilitazione Visiva di Roma… (continua a leggere)

Italia più vecchia e in modesta ripresa

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Presentato il Rapporto annuale Istat: il 22% della popolazione ha almeno 65 anni, più diffuse le malattie cronico-degenerative

istat-alleva-presentazione_rapporto-2017.jpg“L’invecchiamento della popolazione è l’aspetto demografico che più contraddistingue l’Italia nel contesto internazionale”: lo ha affermato il 17 maggio il Presidente dell’Istat Giorgio Alleva illustrando il suo nuovo Rapporto annuale 2017-La situazione del Paese [Sala della Regina di Palazzo Montecitorio]]. Tant’è vero che, in Italia, 22 persone su cento hanno dai 65 anni in su. Con annessa maggiore diffusione delle malattie croniche e degenerative correlate all’età (nel caso degli occhi si pensi all’[AMD e ad altre forme di retinopatia, cataratta o al glaucoma). (Si tenga conto che gli ultraquarantenni sono circa il 58,6% della popolazione italiana, ndr).

Si legge nel Rapporto Istat:

L’aumento della sopravvivenza genera l’incremento costante di una fascia di popolazione più esposta a problemi di salute di natura cronico-degenerativa. Tutto ciò pone, e porrà sempre di più in futuro, i sistemi sanitari dei paesi avanzati sotto forte pressione per l’aumento della domanda di cure, con conseguenti problemi di sostenibilità.

Più controlli di routine

Scrive l’Istituto Nazionale di Statistica a proposito delle visite mediche periodiche e alle analisi del sangue:

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I controlli di routine dei livelli di colesterolo e glicemia nel sangue e della pressione arteriosa sono semplici esami che consentono una diagnosi tempestiva. I controlli, pertanto, non riguardano solo la popolazione a rischio di insorgenza di malattia croniche, ma tutta la popolazione, con una cadenza appropriata. I comportamenti di prevenzione non possono però prescindere dalla prevenzione primaria, che riguarda gli stili di vita: in particolare l’adozione di stili di vita salutari (sana alimentazione, riduzione nel consumo di sale, lotta all’obesità e al tabagismo, promozione dell’attività fisica) durante tutto il percorso di vita a partire dalla prima infanzia.

Nel 2015 – con riferimento alla popolazione di 15-64 anni – l’Istat nota come l’Italia abbia mostrato un comportamento complessivamente più virtuoso della media europea con riferimento ai controlli del livello di colesterolo e glicemia nel sangue e meno virtuoso per quanto riguarda il controllo della pressione arteriosa. I risultati mostrano come, a parità di altre caratteristiche, le donne abbiano una maggiore propensione a svolgere controlli, così come i residenti nel Nord e nel Centro in confronto a chi risiede nel Mezzogiorno.

Prendendo come riferimento il gruppo delle famiglie a basso reddito di italiani, la propensione a svolgere controlli di prevenzione è inferiore per le famiglie a basso reddito con stranieri. È invece più elevata per la classe dirigente e le famiglie d’impiegati.

Sempre più persone rinunciano alle visite specialistiche

Una percentuale crescente di persone – conferma l’Istat – ha rinunciato a una visita specialistica negli ultimi 12 mesi perché considerata troppo costosa. Si è passati, infatti, tra il 2008 e il 2015, dal 4% al 6,5% della popolazione (un incremento pari al 55,5%, ndr). Questo fenomeno di rinuncia riguarda soprattutto il Mezzogiorno, dove si è passati a un tasso di rinuncia delle visite specialistiche del 6,6% a un preoccupante 10,1%. Questo problema riguarda naturalmente soprattutto i più poveri. Con conseguente riduzione della possibilità di prevenzione delle malattie, comprese quelle oculari, che invece necessitano di controlli periodici di uno specialista.

Lieve miglioramento della salute percepita

anziane-solidali-teste-web-photospip2a1629ff8e3b5d1f0067084612ec4791.jpgAumenta il numero di anni vissuti senza limitazioni nelle attività della vita quotidiana dopo i 65 anni: da 9 a 9,9 per gli uomini tra il 2008 e il 2015, e da 8,9 a 9,6 per le donne. Anche la percezione dello stato di salute mostra un lieve miglioramento al netto degli effetti dell’invecchiamento: si dichiara in buone condizioni il 67,7% della popolazione nel 2016 rispetto al 64,8% del 2009.

Disuguaglianze più pronunciate

Nonostante alcuni segni di ripresa (considerati volatili), perdura la crisi economica e sono sempre più accentuate le disuguaglianze socio-economiche. Anche tra un gruppo sociale e l’altro le diseguaglianze nelle condizioni di salute sono notevoli. Nel gruppo della classe dirigente tre quarti delle persone si dichiarano in buone condizioni, mentre nel gruppo più svantaggiato [[persone anziane sole e giovani disoccupati]] la quota scende al 60,5%.

L’edizione di quest’anno del Rapporto Istat affronta in modo non convenzionale il tema della struttura socioeconomica, letta attraverso le caratteristiche dei gruppi sociali. Descrive dei gruppi sociali italiani troppo cristallizzati attorno a posizioni d’interesse, una mobilità sociale troppo ridotta, con un Paese che ha numeri da record a livello d’età.

Fonte principale: Istat

Sanità, Italia divisa in tre

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Rapporto Eurispes presentato il 16 maggio a Roma: liste d’attesa più lunghe al Sud, troppe le strutture fatiscenti

eurispes-presentazione_rapporto_italia-2017.jpgSul piano dell’assistenza sanitaria l’Italia è divisa in tre: “Al Nord, nonostante i casi problematici, prevale un servizio accettabile, il Centro si colloca in una posizione intermedia, nel Mezzogiorno i disagi sono estremamente frequenti”. Lo scrive l’Istituto di ricerca Eurispes, che il 16 maggio a Roma ha presentato un nuovo Rapporto.

Le pazienti attese

Dall’Eurispes vengono denunciate lunghe attese per visite ed esami in tutto il Paese, ma se al Nord-Ovest le ha sperimentate il 49,8%, la quota tocca punte del 93,2% al Sud e del 90% circa nelle Isole. Per gli interventi chirurgici le attese sono state vissute da meno della metà dei residenti del Centro e del Nord-Ovest, ma da oltre il 66% al Sud e nelle Isole.

Netto divario Nord-Sud

visita-oculistica-anziana-struttura-ospedaliera-2.jpgDal “Rapporto Italia” emerge un netto divario relativo alle condizioni delle strutture sanitarie. Vengono definite fatiscenti dal 18% degli intervistati al Nord-Ovest, dal 34,5% nel Nord-Est, dal 46,6% al Centro e dal 60% al Sud, con un massimo del 69,3% nelle Isole (circa il doppio del Nord-Est). Una tendenza analoga è stata registrata nelle indicazioni relative a strutture igienicamente non adeguate.

Gli errori medici, sperimentati al massimo nel 30% dei casi al Centro-Nord, vengono citati dal 55,3% dei residenti al Sud e dal 40,9% di chi abita Sicilia e Sardegna. La tendenziale peggiore offerta di servizi sanitari nelle aree del Mezzogiorno coinvolge anche la disponibilità del personale medico ed infermieristico, considerata insoddisfacente da oltre la metà degli intervistati.

Servono fiducia, efficienza e senso del dovere

Spiega il Presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara, fondatore dell’Istituto di ricerca:

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Dallo studio emerge l’immagine di un Paese che sembra non voler esercitare nessuno sforzo in direzione del cambiamento. Il Rapporto conferma, inoltre, che esistono più Italie: una che produce ritardi, lentezze e che non si innova e un’altra che invece traina l’economia, la produzione, i servizi, con fiducia nel futuro e senso del dovere. Ad una Italia chiusa in se stessa se ne contrappone una che resiste e che si impegna.

Fonte: Eurispes

Più rischio d’infarto con retinopatia diabetica proliferante o edema retinico

Fondo oculare di persona affetta da retinopatia diabetica

Il cuore di un diabetico può essere più a rischio: consigliabili regolari visite cardiologiche così come quelle oculistiche

cuore-battente-gif.gifSicuramente grazie a un’analisi sistematica retrospettiva degli studi scientifici condotti sui diabetici, ricercatori americani, australiani e singaporiani hanno concluso che chi soffre di retinopatia diabetica proliferante o di edema maculare corre un maggiore rischio di avere malattie cardiovascolari che potrebbero persino essere fatali.

Come si è svolto lo studio

Questa ricerca – pubblicata su Jama Ophthalmology – ha preso in considerazione 7604 persone affette da diabete di tipo 2, che hanno partecipato a 656 studi. Sarebbero più a rischio infarto [[dunque dovrebbero recarsi regolarmente da un cardiologo per prevenirlo]] coloro che hanno una forma particolarmente devastante di retinopatia (detta “proliferante” perché i vasi retinici dannosi si moltiplicano rapidamente) oppure hanno un accumulo di liquido sotto al centro della retina (èdema retinico).

La connessione tra la retinopatia diabetica [[che in almeno in un terzo dei casi provoca retinopatia diabetica]] e l’infarto è indiretta. Un indice del potenziale devastante del diabete può essere proprio lo stato della retina (una sorta di finestra sulla salute vascolare). Durante lo studio si sono verificati 1203 eventi cardiovascolari in quasi sei anni di monitoraggio. Infatti, l’elevata concentrazione di zuccheri nel sangue per periodi prolungati tende a danneggiare il cuore e i vasi.

Quando sottoporsi a visita oculistica

Fondo oculare di persona affetta da retinopatia diabetica
Fondo oculare di persona affetta da retinopatia diabetica
Se ci si sottopone a una visita oculistica completa almeno annualmente (con dilatazione della pupilla) non si dovrebbero correre rischi visivi. Un’eventuale diversa frequenza potrà essere raccomandata dallo stesso oculista al diabetico. In ogni caso bisogna monitorare accuratamente l’andamento della glicemia, soprattutto se si soffre da molti anni di diabete; ciò si può fare con un esame chiamato “emoglobina glicosilata” o “emoglobina glicata”, che fornisce l’andamento degli zuccheri nel sangue negli ultimi 2-3 mesi. Ai primi segni di retinopatia diabetica i controlli oculistici andrebbero fatti con una maggior frequenza [Vedi [sito di SID Italia]].

Leggi anche: “Prendere a cuore la salute

Fonti: Jama Ophthalmology, New England Journal of Medicine

Crescono problemi visivi in età prescolare

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Studio americano su bambini dai 3 ai 5 anni con proiezioni fino al 2060: in aumento i piccoli ipovedenti

centro_pediatrico_pluridisabili_sensoriali-gemelli-iapb-inaugurazione13dicembre2012-bimbo-stanza-sx-gallery-6-photospipdb77eabf10ab71e4697252b3ac952bb6.jpgÈ in aumento il numero dei bimbi tra i 3 e i 5 anni con problemi visivi che causano ipovisione. Un nuovo studio americano prevede che, tra il 2015 e il 2060, ci sarà un incremento di oltre un quarto dei casi nei soli Stati Uniti (+26,3%), passando da oltre 174 mila bambini ipovedenti affetti da vizi refrattivi non corretti (forte miopia, ipermetropia, astigmatismo) e/o occhio pigro (ambliopia bilaterale) a più di 220 mila piccoli con gli stessi problemi visivi, principalmente ispano-americani.

occhi_azzurri_bambino_foto-hodan-web.jpgUna diagnosi precoce è fondamentale per evitare futuri problemi o danni oculari, soprattutto se si tratta dell’occhio pigro: se non viene individuato per tempo può impedire il corretto sviluppo dei circuiti cerebrali perché solo l’occhio dominante fornisce informazioni alla corteccia cerebrale visiva (mentre l’altro viene “disattivato”). Infatti una buona visione stereoscopica è importante per una buona qualità della vita.

Secondo i ricercatori di Los Angeles e di Seattle, che hanno pubblicato la loro ricerca su Jama Ophthalmology:

I problemi visivi nella prima infanzia possono danneggiare significativamente lo sviluppo della funzione visiva, motoria e cognitiva e portare a conseguenze psicosociali avverse.

Concludono, quindi, i ricercatori:

Questi dati suggeriscono che un’alta proporzione di bambini in età prescolare vive un’inutile perdita della vista che potrebbe essere prevenuta mediante una diagnosi precoce e la correzione di un errore refrattivo significativo [nel 2015 l’avevano circa il 69% dei piccoli ipovedenti americani, ndr].

Fonte: Jama Ophthalmology

Morbillo, crescono i casi in Italia

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Un terzo dei casi con complicanze: dalla cheratocongiuntivite alla neurite ottica, passando per polmonite, otite e diarrea

morbillo-web.jpgIn Italia si è arrivati, dall’inizio dell’anno al 3 maggio 2017, a 1920 casi di morbillo [[http://www.epicentro.iss.it/problemi/morbillo/bollettino/Measles_WeeklyReport_N6.pdf]], mentre in tutto il 2016 si sono avuti 866 casi. [[http://www.epicentro.iss.it/problemi/morbillo/epidItalia.asp]] I contagiati sono quindi aumentati di 6,6 volte confrontando i primi due quadrimestri di questo biennio.

In Europa il nostro Paese e la Romania vivono un’epidemia di morbillo. Però anche in Belgio e in Germania ci sarebbero dei rischi superiori alla media, così come in Francia, Polonia, Svizzera e Ucraina. [[http://www.thejournal.ie/measles-outbreak-europe-who-3312030-Mar2017]]

Si tratta di una malattia infettiva esantematica virale: circa un terzo delle persone è colpito da complicanze; tra queste ci sono la cheratocongiuntivite e, anche se rara, la neurite ottica retrobulbare. Tra le altre possibili complicanze segnaliamo la diarrea, la stomatite (infiammazione della mucosa della bocca), la polmonite, l’insufficienza respiratoria e l’otite.

Cosa dice l’OMS

L’OMS scriveva, a fine marzo, che i Paesi più colpiti dal morbillo in Europa erano l’Italia e la Romania. [[http://www.euro.who.int/en/media-centre/sections/press-releases/2017/measles-outbreaks-across-europe-threaten-progress-towards-elimination]] Eppure, nonostante questa situazione, l’Organizzazione mondiale della sanità parla di una drastica diminuzione dei decessi grazie alle vaccinazioni (-79% di vittime nel mondo tra il 2000 e il 2015). A livello planetario due anni fa circa l’85% dei bambini aveva ricevuto il suo primo vaccino entro il primo anno di vita (era il 73% nel 2000).

Il Ministro Lorenzin: lontani dal 95% di copertura vaccinale

La copertura vaccinale non è ancora sufficiente, in Italia, a impedire un contagio su ampia scala del morbillo, per cui è già scattato l’allarme delle autorità sanitarie (che raccomandano la vaccinazione). Oggi siamo infatti ancora solo attorno all’85% di bambini vaccinati. Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha spiegato:

Nonostante il Piano di eliminazione del morbillo sia partito nel 2005 e la vaccinazione contro il morbillo sia tra quelle fortemente raccomandate e gratuite, nel 2015 la copertura vaccinale contro il morbillo nei bambini a 24 mesi (coorte 2013) è stata dell’85,3% […], ancora lontana dal 95% che è il valore soglia necessario ad arrestare la circolazione del virus nella popolazione.

ministro_lorenzin-ministero_salute-web.jpgÈ ora indispensabile intervenire rapidamente con un impegno e una maggiore responsabilità a tutti i livelli, da parte di tutte le istituzioni e degli operatori sanitari, per rendere questa vaccinazione fruibile, aumentandone l’accettazione e la richiesta da parte della popolazione. Analogamente le amministrazioni regionali e delle aziende sanitarie, così come pediatri e medici di medicina generale devono promuovere una campagna di ulteriore responsabilizzazione da parte dei genitori e delle persone non immuni di tutte le età affinché non rinuncino a questa fondamentale opportunità di prevenire una malattia che può essere anche letale.

Intanto ai turisti stranieri che intendono viaggiare in Italia viene consiglia una copertura con vaccino contro il morbillo. [[https://wwwnc.cdc.gov/travel/notices/watch/measles-italy]]

Link utile: il morbillo (sito del Ministero della Salute)

Fonti: Epicentro, WHO, Secolo XIX, Ministero della Salute

Diabete, il Belpaese è spaccato

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Prevalenza nazionale al 5,4%. Calabria, Campania e Lazio le tre regioni peggiori. Presentati a Roma dati allarmanti

retinopatia_diabetica_visione_alterata-macchie-tablet-web-300pix.jpgCalabria (8,2%), Campania (6,7%) e Lazio (6,6%) sono le tre regioni italiane più colpite dal diabete. Quelle con meno diabetici in rapporto alla popolazione sono, invece, il Trentino Alto-Adige, il Veneto, la Liguria e la Lombardia. Soprattutto a causa di una dieta migliore e di un’attività fisica più regolare.

Mentre Bolzano e Trento sono città decisamente virtuose, la situazione è molto preoccupante soprattutto a Roma e provincia, dove risiedono più persone con diabete di tutto il Piemonte (286 mila). Gli zuccheri raffinati, i grassi animali e la sedentarietà sono, da questo punto di vista, i principali nemici della salute.

Il 5 maggio sono stati presentati a Palazzo Valentini questi e altri dati preliminari del progetto internazionale Cities Changing Diabetes per Roma [[il progetto, a livello nazionale e capitolino, è coordinato dall’Health City Institute in collaborazione con il Ministero della Salute, l’Anci, Roma Città Metropolitana, l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istat, la Fondazione Censis, Coresearch, l’Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation, Medi-Pragma e tutte le Università di Roma, le Società scientifiche del diabete e dell’obesità nonché con associazioni pazienti e di cittadinanza]], volto a studiare il legame fra una malattia cronica come il diabete e la città, promuovendo al contempo nuove iniziative per salvaguardare la salute dei suoi cittadini. Si può infatti prevenire la patologia nella sua forma più comune (il diabete di tipo 2) o, almeno, si può diagnosticare tempestivamente (in particolare il diabete di tipo 1 [[richiede insulina e rappresenta circa il 10% dei casi, ndr]]).

Occhio alla salute in città, nel mondo è pandemia

Dopo Città del Messico, Copenhagen, Houston, Shanghai, Tianjin, Vancouver, Johannesburg è stata Roma la metropoli scelta per il 2017 col progetto nato tre anni fa in Danimarca [[promosso dall’University College London (UCL) e il danese Steno Diabetes Center, in collaborazione con istituzioni nazionali, amministrazioni locali, mondo accademico e terzo settore, con l’obiettivo di studiare il legame fra il diabete e le città e promuovere iniziative per salvaguardare la salute e prevenire la malattia]]. Nelle grandi città vivono oggi la gran parte delle persone con diabete di tipo 2.

Il diabete, secondo l’OMS, colpisce 422 milioni di persone: si tratta di una “pandemia” e mostra una tendenza alla crescita. Solo in Italia sono più di 3,2 milioni. Oltre a Calabria, Campania e Lazio, superano la prevalenza nazionale del diabete (5,4%) l’Emilia Romagna, la Sicilia, la Puglia, la Basilicata e il Molise.

Retinopatia diabetica: serve più prevenzione

Fondo oculare di persona affetta da retinopatia diabetica
Fondo oculare di persona affetta da retinopatia diabetica
La retinopatia diabetica è una delle numerose complicanze [[come problemi cardiaci, vascolari (soprattutto alla circolazione dei piedi), renali, dei nervi (riduzione della sensibilità periferica)]] della malattia correlata a una concentrazione eccessiva di zuccheri nel sangue: colpisce circa un terzo dei diabetici. È considerata la prima causa di cecità in età lavorativa ed è responsabile di circa il 13% dei casi di handicap visivo. Per prevenire i danni retinici è indispensabile controllare periodicamente la glicemia e sottoporsi regolarmente a visite oculistiche (con controllo del fondo oculare).

La maggior parte dei costi del diabete è legata alle sue complicanze e spesso non c’è consapevolezza della malattia. Anche per questo bisogna sempre prestare attenzione alla prevenzione.

Roma e Lazio non virtuosi

Ketty Vaccaro (Censis), coordinatrice di Roma Cities Changing Diabetes, ha dichiarato:

Il Lazio e, in particolare, Roma registrano un aumento di obesità e invecchiamento della popolazione, entrambi fattori di rischio strettamente legati all’incremento della prevalenza del diabete… Non solo l’obesità, l’invecchiamento della popolazione, la sedentarietà, ma anche fattori sociali come istruzione, accesso alle cure, risorse disponibili incidono fortemente sul suo incremento.

Spiega il prof. Andrea Lenzi, Presidente del Comitato di Biosicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Presidente dell’Health City Institute:

Nelle città aderenti al programma Cities Changing Diabetes i ricercatori svolgono ricerche per individuare le aree di vulnerabilità, i bisogni insoddisfatti delle persone con diabete e identificare le politiche di prevenzione più adatte e come migliorare la rete di assistenza. Il tutto nella piena collaborazione tra le diverse parti coinvolte.

diabete-lente.jpgL’aumento delle malattie croniche non trasmissibili come diabete e obesità, infatti, è strettamente legato alla crescita della popolazione urbana, fenomeno sociale inarrestabile e apparentemente una tendenza irreversibile, proprio per via del cambiamento degli stili di vita (alimentazione) e di movimento. Dunque in città occorre ricercare persino più attivamente il benessere adottando stili di vita più sani.

Vedi anche: Prevalenza del diabete in Italia (Istat)

Link utile: Roma Cities Changing Diabetes Atlas 2017 (pdf).

Leggi anche: “Diabete, troppi zuccheri ammazza-vista”

Fonte principale: Cities Changing Diabetes