AMD, alla ricerca delle cause

Macula colpita da un fascio luminoso (Immagine di Fredrik Ghosh, Lund University)

Macula colpita da un fascio luminoso (Immagine di Fredrik Ghosh, Lund University) AMD, alla ricerca delle cause Un’alterazione del meccanismo di rimozione delle proteine di scarto è all’origine della prima causa di cecità in Occidente 22 agosto 2013 – Decifrare i meccanismi biologici che provocano la degenerazione maculare legata all’età (AMD) potrà aiutare a prevenire e a curare la prima causa di cecità e ipovisione in Occidente. Un’équipe di scienziati finlandesi, italiani, tedeschi e ungheresi ha approfondito le cause che portano alla perdita della visione centrale, dovute principalmente all’accumulo di ‘spazzatura’ proteica nella retina. L’AMD è la prima causa di disabilità visiva in Occidente e colpisce soprattutto gli anziani. Si presenta in due forme: quella umida (10-15% dei casi), più grave, che può essere trattata; quella secca che, al contrario, non ha ancora possibilità di cura. Eppure una serie di studi hanno accertato che, almeno in qualche misura, l’AMD si può prevenire assumendo integratori alimentari e praticando un corretto stile di vita (niente fumo, esercizio fisico regolare, alimentazione varia e completa). La degenerazione maculare inizialmente causa la distorsione delle linee in corrispondenza del centro del campo visivo fino a provocare la scomparsa dei volti, delle parole durante la lettura e delle altre immagini che compaiono frontalmente. Naturalmente diventa impossibile anche la guida. L’invecchiamento cellulare di uno strato chiamato epitelio pigmentato retinico ha effetti nefasti: si accumulano scarti proteici indesiderati (lipofuscina) che si aggregano anche fuori dalle cellule (presentandosi come chiazze bianco-giallastre chiamate “drusen”). Tali accumuli “soffocano” le cellule retiniche fino a causarne la morte. Gli scienziati, che hanno pubblicato il loro studio su Plos One , si sono resi conto che l’accumulo di una specifica proteina (chiamata SQSTM1/p62), associata alla mancata eliminazione dei materiali indesiderati (deficit nell’autofagia), è all’origine di diverse malattie degenerative retiniche.

Fonti: Plos One, University of Finland

Ultima modifica: 28 agosto 2013

Oli vegetali per proteggere la retina

Oli vegetali per proteggere la retina Mentre i grassi animali sono tendenzialmente dannosi, l’olio crudo possiede proprietà benefiche 21 agosto 2013 – Gli oli vegetali contribuiscono a proteggere la retina, mentre i grassi animali non fanno bene al nostro tessuto nervoso fotosensibile. Ad accertare che i primi siano benefici è stata un’équipe di ricercatori canadesi: l’olio d’oliva e quello di mais, d’argan e di camelina possiedono la capacità di migliorare la fisiologia delle cellule nervose. Secondo i test effettuati in vitro sottolineano gli studiosi sul Canadian Journal of Physiology and Pharmacology mettendo le cellule retiniche a contatto con gli oli vegetali “si inducono cambiamenti biochimici e biofisiologici nella membrana cellulare, il che può avere un effetto benefico nel prevenire o rallentare lo sviluppo di una retinopatia” (soprattutto quella legata all’età ossia l’AMD). Il grado di fluidità della membrana di una cellula è, infatti, uno dei segni distintivi del suo funzionamento: “Una diminuzione della sua fluidità – spiega il Prof. A. Khalil, docente presso l’Università di Sherbrooke e direttore dello studio – può incidere sulla rotazione e la diffusione delle proteine nella membrana e su quella di altre biomolecole… Viceversa, un aumento della fluidità della membrana facilita la trasmissione della luce attraverso l’occhio”. Condire il nostro cibo con olio di qualità è, insomma, una sana abitudine da non perdere mai di vista. Così come anche mangiare pesce ricco di omega-3 (ad esempio tonno, salmone e pesce azzurro), verdure a foglia verde, noci… Per cercare di preservare una buona funzionalità retinica la nostra dieta deve essere, quindi, varia, ricca di vitamine e acidi grassi polinsaturi (omega-3 e omega-6, contenuti tra l’altro nell’olio). Nota Contenuti, ad esempio, nel burro e nella carne.

Fonte principale: Canadian Journal of Physiology and Pharmacology

No all’uso scorretto delle lenti a contatto

No all’uso scorretto delle lenti a contatto D’estate, soprattutto in spiaggia o in piscina, si è più esposti a infezioni oculari se non si seguono le norme prescritte Non fare mai il bagno né in mare né in piscina senza levare le lenti a contatto, toglierle prima di fare la docciaOcchio colpito da cheratite e maneggiarle sempre con mani pulite e asciutte. Naturalmente per conservarle correttamente bisogna sempre utilizzare il liquido apposito e mai l’acqua corrente. Sono queste le principali indicazioni per un corretto uso delle lenti a contatto che, specialmente d’estate, possono essere disattese. Con conseguenti maggiori rischi per la nostra superficie oculare: si possono, ad esempio, contrarre una cheratite e/o una congiuntivite, malattie oculari prevenibili rispettando semplici norme (leggi il decalogo da spiaggia). L’importanza di un corretto impiego delle lenti a contatto viene ricordata da Parwez Hossain, oculista dell’Ospedale universitario di Southampton, in Gran Bretagna: lo specialista sottolinea come le infezioni oculistiche dovute a un uso scorretto delle lenti a contatto si verifichino quasi sempre tra la prima settimana di agosto e metà di settembre a causa della mancanza del rispetto delle norme igieniche (in particolare se si trascorrono le ferie in Paesi caldi). Quando malauguratamente si sciacquano le lenti a contatto sotto l’acqua di rubinetto invece che con l’apposito liquido, così come se si nuota o si fa la doccia senza levare le lenti, i rischi d’infezione oculare sono in agguato: ci si espone a microrganismi che proliferano in ambienti umidi (ad esempio lo Pseudomonas oppure l’Acanthamoeba), che minacciano la vista. Nei casi più gravi può essere necessario un trapianto di cornea. Raramente – quando né i trattamenti farmacologici né il trapianto hanno successo – si può arrivare all’ipovisione o alla cecità. Infine, l’esperto britannico ricorda come il liquido di conservazione non vada mai lasciato al sole e debba essere versato in un apposito contenitore solo al momento in cui vi si depositano le lenti a contatto (il contenitore deve essere pulito e va sostituito periodicamente). Altri pazienti visitati presso l’ospedale inglese hanno subìto ulcere alla cornea a causa di granelli di sabbia che sono rimasti intrappolati tra la lente a contatto e la superficie dell’occhio. Anche per questa ragione in spiaggia è, quindi, sconsigliabile indossare le lenti a contatto.

Leggi anche: “Occhio alla salute oculare al mare

Fonte: Medicalnews Notizia pubblicata il 20 agosto.

Ultima modifica: 2 settembre 2013 Per le condizioni generali di consultazione di questo sito clicca qui

Riabilitiamo una nuova visione

Riabilitazione visiva presso il Polo Nazionale del Policlinico A. Gemelli di Roma (fondato e gestito dalla IAPB Italia onlus)

Riabilitazione visiva presso il Polo Nazionale del Policlinico A. Gemelli di Roma (fondato e gestito dalla IAPB Italia onlus) Riabilitiamo l’altra visione Negli Usa è stata simulata la perdita della vista centrale: si può sfruttare efficacemente un nuovo punto di fissazione 19 agosto 2013 – Si può guardare il mondo con un altro sguardo. Chi ha malauguratamente perso la visione centrale – ad esempio a causa di una malattia retinica degenerativa come l’AMD – può sempre sfruttare al meglio la zona della retina ancora sana. Per far questo bisogna scegliere, rivolgendosi a oculisti riabilitatori, un altro punto di fissazione (paracentrale). Di conseguenza anche i movimenti oculari rapidi e involontari (sàccadi) si adegueranno al nuovo punto di fissazione. Questa capacità di adattamento alla nuove condizioni visive è stata dimostrata in sei persone simulando uno scotoma centrale, ossia una zona di non visione ‘frontale’. Insegnando loro a fissare con un nuovo punto esterno a questa zona cieca, i volontari sono riusciti a svolgere mansioni quotidiane con uno sguardo ‘diverso’. Tale capacità è durata diverse settimane persino dopo la rimozione della zona cieca: lo hanno accertato ricercatori dell’Università della California, del Salk Institute for Biological Studies e del dipartimento di oftalmologia dell’Università di Harvard (Boston). Insomma, i risultati della riabilitazione visiva vanno… riabilitati.

Link utile: Centri di cura e riabilitazione visiva in Italia

Fonti: Current Biology, Cell Press

Apnea notturna, maggior rischio di glaucoma

Apnea notturna, maggior rischio di glaucoma Controllare la pressione oculare periodicamente è importante per prevenire eventuali danni al nervo ottico 9 agosto 2013 – Chi soffre di apnea notturna non dorme sonni tranquilli. Ne ha ora un motivo in più: si è scoperto che corre maggiori rischi di essere colpito/a dal glaucoma , una malattia oculare che potenzialmente può danneggiare il nervo ottico (se non è diagnosticata per tempo), di cui soffrono quasi 60 milioni di persone nel mondo. A sostenerlo è un’équipe di ricercatori di Taiwan, che ha pubblicato un articolo sulla rivista Ophthalmology . Esaminando i dati relativi a 1.012 pazienti di quarant’anni o più, a cui era stata diagnosticata un’apnea ostruttiva notturna, i ricercatori hanno constatato che dopo cinque anni la probabilità di soffrireControllo della pressione oculare con tonometro della forma più comune di glaucoma, detta ad angolo aperto, era 1,67 volte più elevata rispetto al gruppo di controllo (6.072 pazienti sani). L’apnea notturna è una malattia cronica che blocca temporaneamente il respiro durante il sonno a oltre 100 milioni di persone nel mondo e può provocare forte russamento e sonnolenza persistente durante il giorno (a causa del deficit notturno nell’apporto di ossigeno). I check-up oculistici periodici sono, quindi, tanto più consigliati a queste persone perché il glaucoma è una malattia oculare subdola: può colpire senza sintomi e restringere il campo visivo (visione a cannocchiale o tubulare), provocando ipovisione e, nei casi estremi, cecità. Bisogna quindi farsi controllare periodicamente la pressione oculare: se è troppo alta è necessario ricorrere a una terapia, generalmente basata su colliri specifici. Abbassando la pressione intraoculare si impedisce, infatti, che la compressione del nervo ottico provochi la morte delle sue cellule nervose. Così come la pressione sanguigna troppo alta alla lunga provoca danni al sistema cardiocircolatorio, analogamente la pressione oculare eccessiva nuoce alla vista.

Fonti: Ophthalmology , AAO

Ultima modifica: 19 agosto 2013

Occhialini 3D controindicati sotto i 6 anni

Occhialini 3D controindicati sotto i 6 anni Una circolare del Ministero della Salute e del Dicastero dello Sviluppo Economico ammonisce: tutelare la vista degli spettatori 8 agosto 2013 “L’utilizzo degli occhiali 3D in ambito domestico per la visione di spettacoli televisivi è controindicato per i bambini al di sotto dei 6 anni d’età”. è questo il ‘verdetto’ del Ministero della Salute che, assieme al Dicastero dello Sviluppo Economico, nei giorni scorsi ha firmato una circolare ufficiale per tutelare la salute visiva dei telespettatori dei film tridimensionali. I due ministeri hanno, quindi, recepito appieno le Immagine visibile in 3D (anaglifo) con occhialini bicromatici (una lente rossa e l'altra blu)indicazioni del Consiglio Superiore della Sanità, non dando invece credito a pareri meno restrittivi espressi da altri esperti. Il Ministero della Salute già si era espresso tre anni fa, sconsigliando fortemente la visione dei film tridimensionali per chi ha meno di sei anni anche nelle sale cinematografiche. Infatti, “qualche disturbo di ordine funzionale, senza determinare danni o patologie irreversibili, può insorgere – aveva comunicato il Consiglio Superiore di Sanità –in soggetti di tenera età, sia perché ancora la visione binoculare non è presente o non è del tutto consolidata, sia perché essi possono essere affetti da strabismo o da ambliopia o da altro difetto visivo (diagnosticato o meno)”. La nuova circolare dei due ministeri ricorda, inoltre, che occorre pulire periodicamente gli occhialini 3D e, in particolare, disinfettarli in caso di eventuali infezioni oculari (come le congiuntiviti virali, altamente contagiose). Se nelle sale cinematografiche sono i gestori a dover provvedere, in casa ovviamente bisogna fare da sé. Ministero della Salute (sede di Roma Eur)Infine, durante la visione dei film tridimensionali non bisogna togliersi gli occhiali da vista o le lenti a contatto . Infine, ammoniscono il Ministero delle Salute e quello dello Sviluppo Economico, “è opportuno interrompere la visione in 3D in caso di comparsa di disturbi agli occhi o di malessere generale e, nell’eventualità di una persistenza degli stessi, consultare un medico” (innanzitutto un oculista). Tutte queste avvertenze dovranno essere contenute in un foglietto che sarà allegato obbligatoriamente alle televisioni 3D e agli speciali occhialini che consentono la visione stereoscopica. Insomma, sì alla visione 3D con gli occhialini, ma meglio risparmiarla ai più piccoli. È opportuno, infatti, evitare sforzi visivi anomali nei primi anni di vita, fino all’ingresso nelle scuole primarie.

Leggi anche: “CSS, occhialini 3D solo dopo i 6 anni”, “Tar, ok con riserva agli occhialini 3D”, “Occhiali 3D, per la SOI non nuocciono alla vista

Fonte principale: Ministero della Salute (leggi il documento originale della circolare)

Alla ricerca di una cura per l’atrofia ottica di Leber

Mitocondrio cellulare (Immagine: Università di Oslo)

Mitocondrio cellulare (Immagine: Università di Oslo)Alla ricerca di una cura per l’atrofia ottica di Leber Negli Usa si è scoperta una terapia genica che cura i mitocondri mutati 7 agosto 2013 – Intorno ai vent’anni un ragazzo di nome Giovanni perde rapidamente la visione centrale: la sua vista si annebbia e i colori sono sempre più sbiaditi, tranne che nella zona periferica del campo visivo. Giovanni potrebbe essere stato colpito dall’atrofia ottica di Leber (LOHN), una malattia genetica rara che coinvolge i suoi mitocondri, le ‘centrali energetiche’ delle cellule. Essa provoca, tra i 15 e i 30 anni, la rapida degenerazione del nervo ottico, il ‘cavetto biologico’ che trasmette le informazioni visive dalla retina al cervello. La diagnosi dell’oculista dovrà però essere confermata almeno da un genetista. Il segreto della cura dell’atrofia ottica di Leber potrebbe risiedere nell’eliminazione del tratto di DNA mutato nei mitocondri malati: questa è la strategia che è stata adottata da un’équipe di neurologi dell’Università di Miami ( Miller School of Medicine , Florida, Usa). Questi scienziati hanno preso in prestito uno strumento molecolare ricavato dai batteri che infestano le piante, riscontrando che in coltura i mitocondri ‘guarivano’ in gran numero (correggendo il loro genoma).DNA (modello elicoidale) Per verificare l’efficacia del nuovo approccio terapeutico bisognerà però attendere i test sulle cavie di laboratorio e sugli esseri umani: siamo ai primi stadi della ricerca. Giovanni forse, un giorno, potrà curarsi con una nuova terapia genica mirata e recuperare almeno parzialmente la visione centrale perduta. Attualmente non esistono cure efficaci contro le malattie mitocondriali, che possono colpire diverse parti dell’organismo. Nel caso dell’atrofia ottica di Leber “sembra tuttavia – scrive Telethon – che alcuni pazienti beneficino del trattamento con l’antiossidante idebenone (che riduce la quantità di radicali liberi, ndr ). Inoltre, agli individui portatori si consiglia di azzerare il consumo di sigarette e alcolici per ridurre il rischio di ammalarsi”. N. B. Lo studio statunitense è stato finanziato dall’Istituto Oftalmologico Nazionale americano (National Eye Institute o NEI), che appartiene ai National Institutes of Health (NIH).

Fonti: Nature Medicine , Telethon , Medicalnews

Cataratta, caccia ai meccanismi di formazione

Degenza di persona operata di cataratta (India, nei pressi di Hyderabad. Foto © G. Galante - IAPB Italia onlus)

Degenza di persona operata di cataratta (India, nei pressi di Hyderabad. Foto © G. Galante - IAPB Italia onlus) Cataratta, caccia ai meccanismi di formazione Scienziati americani mirano alla sua prevenzione, ma è la prima causa di cecità al mondo 6 agosto 2013 – Una singola proteina sembra essere la chiave di volta per garantire la trasparenza del cristallino, la lente contenuta nel nostro occhio: si chiama acquaporina zero (AQP0). Intervenendo sui meccanismi di formazione della cataratta, in futuroVisione con cataratta (simulazione) quest’ultima potrebbe essere prevenuta. Questo è l’ambizioso obiettivo cui mira un’équipe di scienziati americani dell’Università della California, che ha recentemente pubblicato un articolo sulla rivista scientifica Nature Structural & Molecular Biology. Quando si manifesta la cataratta (generalmente nella terza età) la vista tende ad appannarsi, si vede più sbiadito e la luce abbaglia più che in passato. È come se si guardasse attraverso un vetro sporco o smerigliato. Nelle fasi iniziali l’unica soluzione che può aiutare è far Catarattaricorso a filtri ottici, ma l’operazione chirurgica è generalmente, in ultima analisi, l’unica strada praticabile: si sostituisce il cristallino divenuto opaco con una lentina artificiale che si inserisce dentro l’occhio, restituendo una visione limpida. Per l’Istat la cataratta colpisce in Italia circa l’8,5% della popolazione tra i 70 e i 74 anni, il 12,4% nei cinque anni successivi e il 17,1% di chi supera gli 80 anni. Stando all’Oms è la prima causa al mondo di cecità e di ipovisione, sebbene quasi sempre sia reversibile (ricorrendo all’operazione chirurgica). Le si possono attribuire il 53% dei casi di disabilità visiva, principalmente concentrati nei Paesi in via di sviluppo, dove spesso non si hanno le risorse necessarie per sostenere il costo degli interventi.Cristallino opacizzato (sezione di bulbo oculare). (Immagine: Mission for Vision) Tra i fattori che aumentano il rischio di cataratta ci sono l’esposizione al sole, la mancanza di esercizio fisico, il fumo, il diabete e le immodificabili cause genetiche. Le fibre da cui è costituito il cristallino sono composte quasi esclusivamente da acqua e proteine cristalline. “Fondamentalmente la calmodulina (proteina che lega il calcio ed è presente in ogni cellula, ndr) – spiega James Hall dell’Università della California, che ha diretto la squadra di ricercatori assieme al collega Doulglas Tobias – attiva un interruttore molecolare che [regola] il Operazione di catarattapompaggio dell’acqua attraverso i pori verso l’interno e verso l’esterno, come una valvola di un dispositivo idraulico”. Tale canale, precisa il dott. Houmam Araj, “si ritiene che giochi un ruolo vitale nel mantenere la trasparenza del cristallino e nel regolare il volume d’acqua contenuto nelle sue fibre”. Questa nuova scoperta può essere considerata, conclude Hall, “un progresso nella comprensione di come prevenire o ritardare le cataratte”. La ricerca è stata finanziata dal National Eye Institute (l’Istituto Oftalmologico Nazionale NEI), appartenente ai prestigiosi National Institutes of Health americani (NIH).

Riferimento bibliografico: Reichow SL, Clemens DM, Freites JA, Németh-Cahalan KL, Heyden M, Tobias DJ, Hall JE, and Gonen T. “Allosteric mechanism of water-channel gating by Ca2+–calmodulin.”, Nature Structural & Molecular Biology, July 2013. DOI: 10.1038/nsmb.2630.

Fonti: National Eye Institute (Usa), Nature Structural & Molecular Biology

Ultima modifica: 7 agosto 2013

Se le sostanze causticanti entrano negli occhi

Se le sostanze causticanti entrano negli occhi Con la prevenzione si possono impedire gravi danni oculari alle strutture oculari anteriori 2 agosto 2013 – Basta una disattenzione per mettere a repentaglio la vista. Quando si tratta di sostanze causticanti non si scherza: possono bruciare rapidamente la superficie dell’occhio (la cornea) e danneggiare le altre strutture oculari anteriori (palpebre e congiuntiva), facendo poi calare un velo sui nostri sguardi. Mentre si maneggiano sostanze chimiche, come la soda caustica o l’acido fosforico, è opportuno mettere degli occhialini di protezione. Se ci sono bambini è fondamentale mantenere tutti i prodotti per la pulizia e i disgorganti in luoghi inaccessibili. In caso di contatto oculare con sostanze causticanti o irritanti è opportuno risciacquare l’occhio con acqua tiepida e pulita almeno per 10-15 minuti, in attesa dell’intervento del pronto soccorso oculistico. Questi e altri consigli sono contenuti in una nuova scheda informativa pubblicata in questo sito tra i consigli utili. In casi estremi, quando il danno della superficie oculare è profondo, può essere necessario ricorrere a un trapianto di cornea. Però ricorda: chiudere un occhio sulle precauzioni può significare… spegnere la vista almeno da un occhio.

Fonti: Policlinico A. Gemelli , Occhio rosso

Ultima modifica: 27 agosto 2013

Troppi farmaci per gli anziani italiani

Troppi farmaci per gli anziani italiani Metà della popolazione con più di 65 anni prende da 5 a 9 medicinali al giorno, ma senza la necessaria regolarità 1 agosto 2013 – Vengono prescritti molti farmaci agli anziani, ma pochi si curano con costanza. Secondo l’Agenzia italiana del farmaco nel nostro Paese le persone con più di 65 anni assumono da cinque a nove medicinali al giorno, mentre l’11% arriva addirittura a prenderne più dieci. In totale quasi sette milioni e mezzo di anziani italiani fanno ricorso ad almeno cinque farmaci al giorno. Però questa pratica di cura non avviene con la necessaria regolarità e, dunque, può non essere efficace: circa il 50% degli ipertesi (che possono soffrire di retinopatia) o le persone colpite da osteoporosi non fanno bene i ‘compiti’ a casa. Le percentuali sono ancora più elevate per i farmaci contro il diabete (con rischio di retinopatia diabetica) e per gli antidepressivi: troppe persone non si curano come dovrebbero. I bassi livelli di aderenza alle terapie implicano che i malati non traggono tutto il beneficio possibile dalle medicine: controllo della pressione, della concentrazione di zuccheri nel sangue (glicemia), varie forme di prevenzione, ecc. Insomma, meglio pochi farmaci ma assunti secondo quanto ha prescritto il medico, in conformità col foglietto illustrativo. In conclusione, se per un verso i medici dovrebbero prescrivere farmaci solo in caso di effettiva necessità, dall’altro gli anziani dovrebbero seguire le cure in modo più scrupoloso.

Fonte principale: Aifa

Ultima modifica: 2 agosto 2013