Autorizzato negli Usa un nuovo farmaco iniettabile per distrofie retiniche che coinvolgono mutazioni del gene RPE65, in particolare l’amaurosi congenita di Leber
Un gene indispensabile per il funzionamento della retina è stato corretto in persone con certe distrofie retiniche [sintetizza per una proteina che entra nel ciclo del retinolo, indispensabile per garantire la piena funzionalità della retina: approfondisci il funzionamento del [ciclo visivo]]: negli Stati Uniti l’RPE65 mutato ora si può sostituire grazie a particolari iniezioni sottoretiniche, sempre sotto stretto controllo medico specialistico. Ciò potrebbe bastare, infatti, a curare alcune forme di amaurosi congenita di Leber (7-9% dei casi) e forse anche di retinite pigmentosa (solo l’1-2% dei casi), malattie oculari che tipicamente compromettono la visione centrale nel primo caso e la visione periferica nel secondo, culminando infine nella cecità assoluta.
La Food and Drug Administration (FDA), l’Agenzia governativa americana per il farmaco, il 19 dicembre 2017 ha autorizzato un nuovo medicinale per effettuare questo tipo di terapia genica [[il principio attivo è il voretigene neparvovec]], di cui potrebbero beneficiare 1000-2000 persone solo negli Usa.
I trucchi per sostituire il gene difettoso
È stato effettuato negli Stati Uniti uno studio triennale su 31 persone con distrofie retiniche, coinvolgendo anche bambini piccoli, presso l’Università dello Iowa e l’Ospedale pediatrico di Philadelphia. Da un lato la diagnosi è stata formulata ricorrendo a test empirici, dall’altro è stato possibile verificare l’eleggibilità dei pazienti ricorrendo a un test molecolare che evidenziasse la presenza di una mutazione dell’RPE65.
I volontari – affetti esclusivamente da amaurosi congenita di Leber – avevano un’acuità visiva corretta all’occhio migliore di circa 3,3 decimi al massimo e/o un campo visivo ridotto [[inferiore ai 20 gradi per meridiano]], con una diagnosi genetica confermata di mutazioni presenti in entrambi gli alleli dell’RPE65 (due “copie” dei geni). La retina doveva essere sufficientemente vitale; è stata valutata anche la motilità oculare in rapporto alla luminosità ambientale.
Per trasportare il nuovo gene umano RPE65 fino all’epitelio pigmentato retinico [[strato che garantisce il nutrimento e il supporto alle cellule fotosensibili]] si è fatto ricorso a una sorta di “cavallo di Troia”: un vettore virale (adenovirus, il virus del raffreddore svuotato del suo contenuto genetico nocivo) capace di infettare rapidamente molte cellule: grazie a speciali “forbici molecolari” la porzione “malata” del DNA è poi stata sostituita con un gene sano. Le cellule retiniche trattate hanno prodotto, quindi, una proteina normale in grado di convertire correttamente la luce in impulsi retinici bioelettrici che, viaggiando attraverso il nervo ottico, arrivano alla corteccia cerebrale, ripristinando quindi la visione perduta.
Le iniezioni hanno coinvolto circa un quinto della superficie retinica. Ora si proseguirà comunque la sperimentazione – che si è già svolta dal 2012 al 2015 – fino a luglio del 2029, soprattutto per garantire un follow-up adeguato, ossia per verificare che il trattamento perduri nel tempo e, se necessario, perfezionarlo.
Lo studio che ha valutato la sicurezza e l’efficacia del farmaco in persone affette da amaurosi congenita di Leber è stato pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet.
Fonti principali: FDA, Clinical Trials, The Lancet