FDA, ok a prima terapia genica sottoretinica

(Fonte: Ospedale S. Raffaele, Mi)

Autorizzato negli Usa un nuovo farmaco iniettabile per distrofie retiniche che coinvolgono mutazioni del gene RPE65, in particolare l’amaurosi congenita di Leber

Localizzazione del gene RPE 65 nelle cellule retiniche. Se mutato può provocare cecità (Credits immagine: Genome Decoration Page-NCBI, scritta ns)
Localizzazione del gene RPE 65 nelle cellule retiniche. Se mutato può provocare cecità (Credits immagine: Genome Decoration Page-NCBI, scritta ns)
Un gene indispensabile per il funzionamento della retina è stato corretto in persone con certe distrofie retiniche [sintetizza per una proteina che entra nel ciclo del retinolo, indispensabile per garantire la piena funzionalità della retina: approfondisci il funzionamento del [ciclo visivo]]: negli Stati Uniti l’RPE65 mutato ora si può sostituire grazie a particolari iniezioni sottoretiniche, sempre sotto stretto controllo medico specialistico. Ciò potrebbe bastare, infatti, a curare alcune forme di amaurosi congenita di Leber (7-9% dei casi) e forse anche di retinite pigmentosa (solo l’1-2% dei casi), malattie oculari che tipicamente compromettono la visione centrale nel primo caso e la visione periferica nel secondo, culminando infine nella cecità assoluta.

La Food and Drug Administration (FDA), l’Agenzia governativa americana per il farmaco, il 19 dicembre 2017 ha autorizzato un nuovo medicinale per effettuare questo tipo di terapia genica [[il principio attivo è il voretigene neparvovec]], di cui potrebbero beneficiare 1000-2000 persone solo negli Usa.

I trucchi per sostituire il gene difettoso

È stato effettuato negli Stati Uniti uno studio triennale su 31 persone con distrofie retiniche, coinvolgendo anche bambini piccoli, presso l’Università dello Iowa e l’Ospedale pediatrico di Philadelphia. Da un lato la diagnosi è stata formulata ricorrendo a test empirici, dall’altro è stato possibile verificare l’eleggibilità dei pazienti ricorrendo a un test molecolare che evidenziasse la presenza di una mutazione dell’RPE65.

(Fonte immagine: US National Library of Medicine)
(Fonte immagine: US National Library of Medicine)
I volontari – affetti esclusivamente da amaurosi congenita di Leber – avevano un’acuità visiva corretta all’occhio migliore di circa 3,3 decimi al massimo e/o un campo visivo ridotto [[inferiore ai 20 gradi per meridiano]], con una diagnosi genetica confermata di mutazioni presenti in entrambi gli alleli dell’RPE65 (due “copie” dei geni). La retina doveva essere sufficientemente vitale; è stata valutata anche la motilità oculare in rapporto alla luminosità ambientale.

Per trasportare il nuovo gene umano RPE65 fino all’epitelio pigmentato retinico [[strato che garantisce il nutrimento e il supporto alle cellule fotosensibili]] si è fatto ricorso a una sorta di “cavallo di Troia”: un vettore virale (adenovirus, il virus del raffreddore svuotato del suo contenuto genetico nocivo) capace di infettare rapidamente molte cellule: grazie a speciali “forbici molecolari” la porzione “malata” del DNA è poi stata sostituita con un gene sano. Le cellule retiniche trattate hanno prodotto, quindi, una proteina normale in grado di convertire correttamente la luce in impulsi retinici bioelettrici che, viaggiando attraverso il nervo ottico, arrivano alla corteccia cerebrale, ripristinando quindi la visione perduta.

Le iniezioni hanno coinvolto circa un quinto della superficie retinica. Ora si proseguirà comunque la sperimentazione – che si è già svolta dal 2012 al 2015 – fino a luglio del 2029, soprattutto per garantire un follow-up adeguato, ossia per verificare che il trattamento perduri nel tempo e, se necessario, perfezionarlo.

Lo studio che ha valutato la sicurezza e l’efficacia del farmaco in persone affette da amaurosi congenita di Leber è stato pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet.

Fonti principali: FDA, Clinical Trials, The Lancet

(Fonte: Ospedale S. Raffaele, Mi)
(Fonte: Ospedale S. Raffaele, Mi)

Creata una nuova illusione ottica

Illusione ottica di Kohske Takahashi (Fonte i-Perception, nov-dec 2017)

Le linee sinuose appaiono a zigzag se lo sfondo è grigio e la colorazione è ad hoc: lo ha scoperto un ricercatore giapponese

illusione_ottica_di_kohske_takahashi_fonte_i-perception_nov-dec_2017_-photospip579aa469a529b098f180bc82dc8ee669.jpgLinee sinusoidali oppure a dente? La distinzione sembra immediatamente percepibile, ma in particolari condizioni cromatiche il nostro cervello viene ingannato. Come? L’ha scoperto Kohske Takahashi, un ricercatore giapponese dell’Università di Chukyo che ha “creato” una nuova illusione ottica.

Su uno sfondo grigio compaiono alcune linee curve che sembrano a zigzag: si tratta di “cecità alla curvatura” (Curvature Blindness Illusion) ossia di una mancata percezione delle linee ondulate, che – per qualche particolare meccanismo cerebrale ancora da comprendere – vengono trasformate in spezzate. Gli stessi tracciati su sfondo bianco o nero si vedono invece correttamente: sono ondulati…!

Come si è svolto lo studio

L’esperimento è stato condotto in una stanza tranquilla in condizioni di penombra. Gli stimoli visivi sono stati visualizzati su un monitor a una distanza di 57 centimetri. I partecipanti dovevano indicare se si trattasse di una linea a zigzag oppure di una linea ondulata. Dopo sei prove pratiche sono state presentate le linee 16 volte in una sequenza pseudocasuale, arrivando in totale a 448 tentativi.

Aspetti neurofisiologici

Esperimenti precedenti hanno cercato di mettere in luce i meccanismi percettivi degli spigoli e delle linee curve. Ancora oggi non sappiamo esattamente come funzionino, ma certamente a livello percettivo la corteccia visiva ha dei “bug” (difetti), che in questo caso sono stati studiati dal Dipartimento di psicologia giapponese. Infatti, quando le curve sono percepite come lievi si è osservata la tendenza a considerarle come segmenti nei tratti in cui il colore diventa più scuro, per cui le sinusoidi si trasformano erroneamente in spezzate. Naturalmente occorreranno ulteriori studi per approfondire il fenomeno.

Vedi anche altre illusioni ottiche
Fonte: i-Perception

Facciamo festa con gli occhi aperti

Fuochi d'artificio

Tappi e fuochi d’artificio possono provocare danni oculari, ma i traumi sono prevenibili

fireworks-web.jpgLa maggior parte dei traumi oculari sono evitabili. La prevenzione è d’obbligo soprattutto durante i festeggiamenti (in casa o fuori): bisogna stare attenti ai possibili danni fisici e, in particolare, quelli agli occhi. Si tratta, infatti, della terza parte del corpo a subire più traumi dopo le mani e i piedi. Quando si stappa lo spumante, lo champagne o il vino frizzante oppure quando si esplodono petardi e fuochi d’artificio si corrono diversi rischi da non sottovalutare mai.

Stappa con cautela!

Chi stappa una bottiglia di spumante, champagne o vino frizzante non deve mai direzionarla verso altre persone. Anche nel rimuovere la gabbietta di sicurezza si deve sempre bloccare il tappocon la mano, ma è ancora meglio se si utilizza un panno per coprire la bottiglia stessa.

Si stima che il tappo possa viaggiare fino a 80 chilometri orari e, se colpisce l’occhio, può persino provocare lo scoppio del bulbo.

Rischio fuochi d’artificio

I fuochi d’artificio mal impiegati o, peggio, quelli illegali possono provocare, oltre a seri danni oculari, ustioni al viso e alle mani oppure vere e proprie lesioni. Lo stesso pericolo si corre con i petardi. In tutti questi casi è opportuno recarsi rapidamente al pronto soccorso o chiamare un’ambulanza contattando il 112 (numero unico per le emergenze) o direttamente il 118.

Per prevenire i danni oculari bisogna tenersi a distanza di sicurezza e, se si festeggia il Capodanno accendendo petardi e razzetti, è opportuno mettersi occhiali di protezione o una mascherina adatta allo scopo. Inoltre, è assolutamente sconsigliabile recuperare petardi rimasti inesplosi, che potrebbero deflagrare inaspettatamente.

Tenete d’occhio le bottiglie

Secondo l’American Academy of Ophthalmology solo negli Stati Uniti ogni anno si verificano oltre 9.000 incidenti, di cui quasi il 30% riguarda gli occhi.

L’Accademia americana di oftalmologia consiglia quindi quanto segue:

  • assicurarsi che la bottiglia sia ben fredda (a temperatura ambiente è invece più facile che il tappo salti a causa dell’anidride carbonica);
  • non agitare mai la bottiglia prima dell’uso;
  • aprire la bottiglia con la massima cautela, tenendo sempre il tappo ben pressato con la mano (meglio se coperto da un panno; non lasciare mai sul tavolo la bottiglia stessa priva della gabbietta di protezione sul tappo perché quest’ultimo potrebbe saltare da solo e provocare danni);
  • direzionare la bottiglia a 45° puntando lontano da chiunque;
  • ovviamente non utilizzare il cavatappi per aprire lo spumante, lo champagne né, in alcuni casi, il vino frizzante.

Queste semplici precauzioni renderanno tutte le feste molto più belle. bottiglia_tappo_spumante-anim.gif

Leggi anche: I traumi oculari

Fonte di riferimento: American Academy of Ophthalmology (AAO)

Prima versione della pagina: 23 dicembre 2015

Effettuato trapianto di retina autologo parziale

Retina di maculopatico a cui è stato effettuato un trapianto autologo prelevando una porzione retinica dalla periferia (asterisco) e collocandola nella zona maculare (freccia gialla). (Foto cortesia Retina 0:1-11, 2017)

Ottenuti risultati positivi in 5 persone con cecità centrale provocata da AMD essudativa avanzata

Retina di maculopatico a cui è stato effettuato un trapianto autologo prelevando una porzione retinica dalla periferia (asterisco) e collocandola nella zona maculare (freccia gialla). (Foto cortesia Retina 0:1-11, 2017)
Retina di maculopatico a cui è stato effettuato un trapianto autologo prelevando una porzione retinica dalla periferia (asterisco) e collocandola nella zona maculare (freccia gialla). (Foto cortesia Retina 0:1-11, 2017)
Per dirla in modo semplicistico, “ci hanno messo una toppa”: hanno prelevato una porzione di retina dalla periferia della persona malata di AMD e l’hanno impiantata al centro della sua retina. A riuscire nella straordinaria impresa – foriera probabilmente di ulteriori prospettive – è un’équipe composta da specialisti italiani [Istituto Clinico S. Anna, Brescia]] e americani [[Department of Ophthalmology, Duke University Medical Center, Durham, North Carolina]], che ha pubblicato uno studio scientifico sulla rivista [Retina [Parolini B, Grewal DS, Pinackatt SJ, Baldi A, Di Salvatore A, Besozzi G, Finzi A, Cardillo D, Mahmoud TH, “Combined autologous transplantation of neurosensory retina, retinal pigment epithelium, and choroid free grafts”, [Retina, 2017 Nov 23, doi: 10.1097/IAE.00000000000]].

Il trapianto di retina è stato effettuato in 9 occhi di altrettante persone all’ultimo stadio della forma umida o essudativa della degenerazione maculare legata all’età (AMD), malattia che può causare cecità centrale. Non vedendo ormai praticamente nulla – quasi tutti riuscivano a malapena a contare le dita della mano –, oltre metà dei soggetti (5 su 9) hanno avuto un miglioramento dopo essersi sottoposti all’intervento chirurgico citato.

Nel migliore dei casi sono stati recuperati due decimi, in altri tre casi un ventesimo, mentre in ulteriori quattro casi si è rimasti alla conta delle dita (ossia nessun miglioramento); invece un’altra persona è passata dalla mera percezione del movimento della mano alla conta delle dita.

L’età media di chi si è sottoposto a sperimentazione era di 74 anni; mediamente i volontari sono stati seguiti per 7 mesi dopo il trattamento chirurgico (follow-up). Non sono state notate complicanze importanti come il distacco di retina. Anche se saranno necessarie ulteriori sperimentazioni su un numero superiore di persone, il trapianto di retina rappresenta una della soluzioni chirurgiche che in futuro si potrebbero considerare. [[I ricercatori concludono quindi che “l’innesto combinato di porzioni di retina del complesso epitelio pimentato retinico-coriocapillare (RPE-choroid) e di retina neurosensoriale è una potenziale alternativa chirurgica per occhi con degenerazione maculare essudativa all’ultimo stadio, compreso un concomitante foro maculare refrattario”.]]

Fonte: Retina

Quasi 50 milioni d’italiani con piccoli disturbi

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Censis: aumentati i raffreddamenti, le congiuntiviti, i mal di schiena e i problemi gastrointestinali

Internet in mano
Internet in mano
Circa 49,4 milioni di italiani soffrono di piccoli disturbi di salute, di cui 17 milioni debbono affrontarli con grande frequenza e, quindi, incidono pesantemente sulla loro vita quotidiana. Lo attesta il Censis, che il 13 dicembre ha presentato a Roma una nuova pubblicazione intitolata “La virtuosa evoluzione dell’autoregolazione della salute degli italiani”. Tra i problemi oculari spicca l’aumento delle congiuntiviti in una popolazione che ha ormai superato i 60 milioni d’abitanti.

Gli “acciacchi” più comuni

I “malanni” più diffusi sono il mal di schiena (40,2%), raffreddore, tosse, mal di gola e problemi respiratori (36,5%), il mal di testa (25,9%), mal di stomaco, gastrite, problemi digestivi (15,7%), l’influenza (13,9%), i problemi intestinali (13,2%).
Rispetto a dieci anni fa, sono aumentate le persone alle prese con il mal di schiena e i dolori muscolari (dal 32,4% al 40,2% degli italiani), raffreddore, tosse, mal di gola (dal 34,7% al 36,5%), mal di stomaco e gastrite (dal 12,4% al 15,7%), problemi intestinali (dal 5,1% al 13,2%) e congiuntiviti (dall’1,5% al 3%).

Aumenta la tendenza all’automedicazione

internauta_bruna_schermo-spalle-web-photospip5073eaa54bbf75440d9a5d118a9b9d06.jpgIl 73,4% degli italiani è convinto che in caso di piccoli disturbi ci si possa curare da soli. La percentuale è aumentata nel tempo, visto che nel 2007 era pari al 64,1%. Per il 56,5% ci si può curare da sé perché ognuno conosce i propri piccoli disturbi e le risposte adeguate, per il 16,9% perché è il modo più rapido. Internet ha sicuramente accentuato questa rischiosa tendenza.

Occhio ai fake

Sono 15 milioni gli italiani che, in caso di piccoli disturbi (dal mal di testa al raffreddore), cercano informazioni sul web. Eppure, sempre secondo il Censis, 8,8 milioni sono stati vittime di notizie false (tra cui fake news oculistiche) nel corso dell’anno. In particolare, sono 3,5 milioni i genitori che si sono imbattuti in indicazioni mediche sbagliate.

Se il medico di medicina generale (53,5%) e il farmacista (32,2%) restano le principali fonti di informazione, è già decollato il ricorso ai diversi canali web (28,4%). Il problema si presenta principalmente quando ci si affida a fonti non attendibili.

Comunque si ricorda che internet non può mai sostituire una visita specialistica di persona. Ciò che si trova sul web nei siti ufficiali va comunque ben compreso e interpretato correttamente. Solo un medico può fare una diagnosi esatta.

Fonte: Censis

La sanità pubblica è la prima scelta

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Nel Rapporto PIT salute di Cittadinanzattiva si denunciano ritardi, difficoltà, burocrazia e costi eccessivi. Maglia nera per le attese in oculistica

cittadinanzattiva-presentazione-rapporto-pit_salute-2017-ok.jpgI cittadini vogliono curarsi nel servizio sanitario pubblico, ma fanno i conti con liste d’attesa spesso lunghe, spese per i ticket e i farmaci nonché con un’assistenza territoriale che, più del passato, mostra i suoi limiti. Tutto ciò viene analizzato nel XX Rapporto PIT Salute di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato – dal titolo “Sanità pubblica: prima scelta, ma a caro prezzo” –, presentato il 13 dicembre 2017 a Roma. La maglia nera per le liste d’attesa va a oculistica. Infatti chi si lamenta con Cittadinanzattiva di tempi troppo lunghi aspetta mediamente 6 mesi.

Aspettando una visita specialistica

Vengono segnalati tempi lunghi soprattutto per accedere alle visite specialistiche (dal 34,3% del 2015 al 40,3% del 2016). Seguono, col 28,1% delle segnalazioni, i tempi troppo dilatati per gli interventi chirurgici (comunque in riduzione: erano del 35,3% nel 2015); al terzo posto – in lieve peggioramento – ci sono le liste di attesa per gli esami diagnostici (passate dal 25,5% al 26,4%).

sagoma_oculista-web.jpgIl 37,4% denuncia i costi elevati e gli aumenti relativi ai ticket per la diagnostica e la specialistica, mentre il 31% esprime disagio rispetto ai casi di mancata esenzione dal ticket (in aumento).

Oculistica all’ultimo posto

Si rileva che le visite per cui si attende più spesso sono quelle oculistiche (15,6% nel 2016, dal 25% del 2015), quelle cardiologiche (12,5%) e quelle neurologiche (10,9%). L’attesa media per le visite specialistiche – neurologia, oncologia e chirurgia generale – nel 2016 è stata pari a 12 mesi. Per quanto riguarda le visite oculistiche, invece, tra i “segnalatori” l’attesa media è scesa da 9 a 6 mesi a livello nazionale.

I limiti del Rapporto

copertina-xx_rapporto_pit_salute-sintesi-web.jpgNonostante il notevole interesse dei dati contenuti nel Rapporto, vanno evidenziati alcuni limiti. Infatti molti dati costituiscono esclusivamente una finestra parziale della realtà del Servizio Sanitario Nazionale.

Ad esempio, verificando nel sito ufficiale della Regione Lazio circa la metà delle ASL dichiara di avere effettuato – nel mese di ottobre – una visita oculistica entro i 30 giorni dalla prenotazione previsti dalla legge: è una media comunque nettamente inferiore rispetto ai sei mesi rilevati da Cittadinanzattiva, ma il Corriere della Sera scrive che i tempi si attestano mediamente attorno agli 85 giorni (quasi il triplo del massimo consentito).

Ricordiamo, in conclusione, che i dati del Rapporto PIT Salute si riferiscono esclusivamente a coloro che hanno contattato una delle 300 sezioni locali del Tribunale per i diritti del malato.

Approfondisci con le infografiche

Fonte principale: Cittadinanzattiva

Pericolo falsi miti sulla vista

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La campagna “Vediamoci chiaro” del Ministero della Salute punta a sfatare le fake news in oculistica assieme alla IAPB Italia onlus

grafica-10_falsi_miti_vista-lente_ingrandimento-web-photospip80779f3ee7f2a87173d9d13ffc049acf.jpgI falsi miti sono duri a morire. Le famigerate bufale (fake news) hanno colpito anche il mondo dell’oculistica. Per questo il Ministero della Salute – in collaborazione con l’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità – ha promosso sin dallo scorso ottobre la campagna “Vediamoci chiaro: i dieci miti da sfatare sulla nostra vista”.

Proteggiamo gli occhi con abitudini corrette

Se, stando molte ore al giorno di fronte agli schermi, pensi che i tuoi occhi si possano ammalare, sappi che si tratta di un timore infondato. Al massimo, infatti, si può affaticare la vista in modo transitorio o si può avere un po’ di secchezza oculare:

Il computer, la tv e i cellulari non danneggiano l’occhio, ma è importante rispettare pause regolari di riposo e avere una buona illuminazione (senza riflessi) per evitare di affaticare la vista.

Usiamo le lenti con intelligenza

ti_aiutiamo_a_vederci_chiaro-icona-web.jpgRitieni che portare troppo gli occhiali faccia calare la vista? Si tratta di un’altra falsa idea. Semmai è vero il contrario: se metti le lenti che ti ha prescritto l’oculista i tuoi occhi non si sforzano impropriamente. Naturalmente è importante portare occhiali con una correzione esatta, non ricorrendo al fai-da-te (non prendendo gli occhiali sulla base di un’autovalutazione), ma affidandosi sempre a uno specialista qualificato.

Infine non bisogna portare le lenti a contatto in piscina o al mare e, inoltre, non bisogna mai usare l’acqua corrente per pulirle: è d’obbligo usare i liquidi appositi di conservazione rispettando sempre le corrette norme igieniche (approfondisci).

Leggi: Ti aiutiamo a vederci chiaro: i 10 falsi miti sulla salute degli occhi

Fonte: Ministero della Salute

Sottoscritta una dichiarazione sulla salute in città

Asti città

In linea con le raccomandazioni dell’OMS, il Ministero della Salute e l’ANCI hanno trovato un’intesa a Roma

Il Ministro della Salute Lorenzin al convegno sulla salute urbana (Roma, 11 dicembre 2017)
Il Ministro della Salute Lorenzin al convegno sulla salute urbana (Roma, 11 dicembre 2017)
La salute tende ad essere meno buona in città. Proprio per questo l’11 dicembre il Ministero della Salute ha organizzato a Roma una giornata di approfondimento sulla salute urbana: si tratta di una sfida globale sullo sfondo dei cambiamenti climatici, delle diseguaglianze sociali e dell’invecchiamento demografico.

Grazie a un ampio panel di esperti e di sindaci sono state condivise le migliori esperienze e gettate le basi per un futuro più vivibile nelle aree urbane (più sano, sicuro e sostenibile). Ad esempio, nelle zone urbane non solo ci sono maggiori rischi di essere colpiti da malattie respiratorie e cardiovascolari così come dal diabete, ma persino da alcune malattie oculari (come congiuntiviti allergiche [la loro insorgenza sarebbe favorita, secondo alcune ipotesi, dalla combinazione di pollini e smog. Si veda, tra gli altri, Szyszkowicz M, Kousha T, Castner J, “[Air pollution and emergency department visits for conjunctivitis: A case-crossover study“, Int J Occup Med Environ Health. 2016;29(3):381-93. doi: 10.13075/ijomeh.1896.00442]] e retinopatia diabetica).

Va segnalato che, a livello di dieta, c’è la tendenza a sostituire la frutta e la verdura con le merendine, particolarmente forte in Francia, Germania e Gran Bretagna, ma presente comunque anche in Italia [[Cecchini, The Lancet, 2014]]. Dunque gli stili di vita non sempre divengono più salutari, ma può avvenire esattamente l’inverso soprattutto laddove i ritmi sono più frenetici e magari non si pratica sport a sufficienza (ad esempio non si va in bicicletta). Tra l’altro durante i lavori è stato ricordato che esiste una rete di città europee per la salute – promossa dall’OMS – che attualmente comprende 1400 città, 30 Paesi e 165 milioni di persone.

Traffico sostenuto lungo una grande arteria urbana (attorno a un obelisco)
Traffico sostenuto lungo una grande arteria urbana (attorno a un obelisco)
In occasione dell’appuntamento promosso dal Ministero della Salute è stata sottoscritta una dichiarazione comune tra il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin e il Presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) Antonio Decaro. Questa Urban Health Rome Declaration

  • riconosce a ogni cittadino il diritto ad una vita sana ed integrata nel proprio contesto urbano e la salute dei cittadini come fulcro di tutte le politiche urbane.
  • Evidenzia che le amministrazioni devono impegnarsi nella promozione della salute dei cittadini, studiando e monitorando i determinanti della salute specifici del proprio contesto urbano, facendo leva sui punti di forza delle città e riducendo drasticamente i rischi per la salute.
  • Invita le Istituzioni sanitarie e i Sindaci ad assicurare un alto livello di alfabetizzazione (Health Literacy) e di accessibilità all’informazione sanitaria per tutti i cittadini, aumentando il grado di autoconsapevolezza.
  • Rileva la necessità di inserire l’educazione sanitaria in tutti i programmi scolastici, con particolare riferimento ai rischi per la salute nel contesto urbano.
  • Incoraggia ad attuare strategie per assicurare la promozione di stili di vita sani nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, nelle grandi comunità e nelle famiglie.
  • Propone l’attuazione di politiche d’incentivazione rivolte alle imprese socialmente responsabili che investano in sicurezza e prevenzione e che promuovano la salute negli ambienti di lavoro.
  • Esorta a promuovere una cultura alimentare appropriata, attraverso programmi dietetici mirati, prevenendo l’obesità, le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2.
  • Incoraggia la creazione di iniziative locali per promuovere l’adesione dei cittadini ai programmi di prevenzione primaria, con particolare riferimento alle malattie croniche, trasmissibili e non trasmissibili.
  • Richiama l’attenzione sulla necessità di ampliare e migliorare l’accesso alle pratiche sportive e motorie per tutti i cittadini, favorendo lo sviluppo psicofisico dei giovani e l’invecchiamento attivo.
  • Accoglie con estremo favore e incoraggia la condivisione di buone pratiche a livello locale, come la creazione di percorsi ciclo-pedonali per attività di running e walking [[rispettivamente corsa e camminata, ndr]], e l’utilizzazione degli spazi verdi pubblici attrezzati come “palestre a cielo aperto”. jogging-mare-web.jpg
  • Sollecita le amministrazioni locali a sviluppare politiche locali di trasporto urbano orientate alla sostenibilità ambientale e alla creazione di una vita salutare.
  • Sottolinea l’urgenza di agire direttamente sui fattori ambientali e climatici per ridurre i rischi legati allo sviluppo di malattie correlate all’inquinamento atmosferico e ambientale.
  • Ribadisce l’esigenza di considerare la salute delle fasce più deboli e a rischio, quale priorità per l’inclusione sociale nel contesto urbano.
  • Auspica una forte alleanza tra Comuni, Università, Aziende sanitarie, Centri di ricerca, industria e professionisti per studiare e monitorare a livello urbano i determinanti della salute dei cittadini.
  • Suggerisce la creazione della figura dell’Health City Manager, in grado di guidare il processo di miglioramento della salute in ambito urbano, in sinergia con le amministrazioni locali e sanitarie.

Fonte principale: Ministero della Salute

La disabilità visiva in Cina

cataratta_operazione_chirurgica_in_italia-web.jpg

Maculopatia miopica, glaucoma e AMD sono le principali cause di cecità nella zona di Shanghai. La cataratta è ancora un problema nel Paese

popolazione_cinese-passanti-web.jpgNon solo la maculopatia miopica [degenerazione della retina centrale nei miopi]] (23,3%), ma anche il [glaucoma (20,39%) e la degenerazione maculare legata all’età (AMD, circa il 18% dei casi). Sono tutte le principali cause di cecità nella zona di Shanghai, in Cina. Dove anche la retinopatia diabetica provoca il 7,27% dei casi d’ipovisione, mentre la prima causa d’ipovisione è la maculopatia miopica (58,86%) e la seconda è l’AMD (16,36%). Lo scrivono ricercatori Dipartimento di Oftalmologia dell’Ospedale di Shanghai (Jing-An District Center) su BMC Ophthalmology. Il loro studio è stato condotto su 646 persone, delle quali 206 non vedenti e 440 ipovedenti (periodo 2010-2015) su circa 300mila residenti nella zona.

In età lavorativa – in particolare tra i 30 e i 59 anni – la retinopatia diabetica è stata la prima causa di perdita della vista. Quest’ultima “pesa” sempre di più così come la maculopatia miopica.

Occhio a cataratta, retina e cornea

cataratta_operazione_chirurgica_in_italia-web.jpgIn uno studio molto più ampio si è visto che in Cina – dove vivono oltre 1,4 miliardi di persone su una popolazione mondiale che supera i 7,5 miliardi [Vedi: www.worldometers.info/world-population]] – la [cataratta (col 57,35% dei casi), patologie coroido-retiniche (9,8%) e problemi corneali (6,49%) causano negli adulti oltre il 70% dei casi di disabilità visiva. Sulla rivista International Journal of Environmental Research and Public Health ricercatori dell’Università di Pechino auspicano quindi maggiori sforzi “per migliorare i trattamenti e approntare la riabilitazione tra le persone con malattie oculari, al fine di prevenire la disabilità visiva”.

Secondo l’OMS a livello mondiale le principali cause di cecità sono la cataratta non operata, il glaucoma, l’AMD, le opacità corneali e la retinopatia diabetica.

Fonti: BMC Ophthalmology, Int J Environ Res Public Health, WHO

Diabete da tenere bene in vista

Fondo oculare di persona affetta da retinopatia diabetica

La malattia colpisce 422 milioni di persone nel mondo, soprattutto in città. Esperti riuniti a Roma per fare il punto

Visita di persona diabetica (controllo oculistico). Foto di Sumit Bajaj (per IAPB int.)
Visita di persona diabetica (controllo oculistico). Foto di Sumit Bajaj (per IAPB int.)
Seguire una dieta sana diventa più complicato nel periodo delle festività. Non bisogna però neanche trascurare il rischio diabete, non saltando screening periodici e seguendo opportune cure se già c’è una diagnosi [[insulina per il tipo più grave (tipo 1), una dieta corretta ed eventuali farmaci ipoglicemizzanti per quello più diffuso (tipo 2)]].

Il diabete è una malattia che, secondo l’OMS, colpisce circa 422 milioni di persone nel mondo e provoca seri danni alla retina, soprattutto se la malattia caratterizzata da una glicemia elevata [concentrazione eccessiva di zuccheri nel sangue]] non viene individuata e trattata tempestivamente. Uno stile di vita corretto è essenziale per fare prevenzione. Teniamo conto che la [retinopatia diabetica in Occidente è la prima causa di cecità in età lavorativa.

Esperti riuniti a Roma

foto_colosseo-low_res-2.jpgA studiare la correlazione tra diabete e stili di vita c’è da qualche tempo un gruppo di esperti dell’Health City Institute, che lavorano in particolare sull’influenza degli ambienti urbani: il 7 dicembre hanno fatto il punto a Roma [scelta come città del 2017 per il programma [Cities Changing Diabetes]]. In occasione dei lavori è stata evidenziata la necessità di percorsi terapeutici virtuosi e di un approccio al problema specifico per le aree considerate (comprese quelle all’interno delle singole città).

Il progetto delle città per il diabete è nato nel 2014 in Danimarca ed è un programma di partnership promosso dall’University College of London (UK) e dallo Steno Diabetes Center (Danimarca), in collaborazione con istituzioni, città metropolitane, comunità diabetologiche e sanitarie, amministrazioni locali, mondo accademico e terzo settore (è stata coinvolta anche la IAPB Italia onlus).

Vivi in città? Esiste il diabete urbano

Oltre metà della popolazione del mondo vive in città e la tendenza all’urbanizzazione prosegue. Questo ha un impatto sulla salute a molti livelli, non solo sui polmoni e sul sistema cardiovascolare.

Fondo oculare di persona affetta da retinopatia diabetica
Fondo oculare di persona affetta da retinopatia diabetica
In Italia, secondo l’Istat, il 5,3% della popolazione è diabetica, percentuale che sale al 16,5% dopo i 65 anni. Il 6,6% dei romani [[mediamente la popolazione di Roma è cresciuta del 17,3% dal 2001 al 2016]] soffrono di diabete (l’obesità è del 9,9%). Vivere in città, in particolare in certe zone più a rischio, favorirebbe l’insorgenza del diabete.

Scrivono, infatti, gli autori della Carta italiana sul diabete urbano:

Vivere in un’area urbana, e ancora di più in una megalopoli, si accompagna a cambiamenti sostanziali degli stili di vita rispetto al passato; cambiano le abitudini alimentari e il modo di vivere, i lavori diventano sempre più sedentari, l’attività fisica diminuisce.

Fattori sociali culturali che rappresentano un potente volano per obesità e diabete. Questo significa aumento dei rischi correlati alle complicanze legate al diabete e all’obesità, con esiti di mortalità cardiovascolare e di altre complicanze fortemente invalidanti.

Quando si parla di diabete urbano non parliamo di una nuova forma di diabete, ma facciamo riferimento al drastico aumento della prevalenza del Diabete tipo 2 che si osserva nelle città a causa dell’urbanizzazione.

Arrestare l’aumento del diabete in ambito urbano è una impresa difficile, ma è possibile diminuire l’impatto se si creano forti alleanze politico, sanitarie, cliniche e sociali.

In conclusione, andrebbero promossi maggiormente sani stili di vita, comprese le diete sane e l’attività fisica regolare a ogni età. Se si vive in città si è probabilmente più esposti a fattori che favoriscono l’insorgenza del diabete… che tu non vedi, ma lui vede te!

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Link utili: Italian Urban Diabetes Charter, Manifesto salute nelle città

Fonti: Cities Changing Diabetes, Italian Health Policy Brief