Più ricerca su staminali e terapie innovative

Foto: ingranditore con libro

Foto: ingranditore con libro Più ricerca su staminali e terapie innovative Sono stati presentati progetti al Polo Nazionale Ipovisione

19 maggio 2008 – Più ricerca su
cellule staminali per la rigenerazione
della retina e più terapie innovative
per la cura di alcune malattie oculari. ù ciò che intende premiare il bando
– scaduto lo scorso 18 maggio – per tre progetti di ricerca del Polo Nazionale di servizi e ricerca per la
prevenzione della cecità e la riabilitazione visiva degli ipovedenti, una struttura che,
fortemente voluta dalla IAPB Italia onlus, è ospitata presso il Policlinico
Gemelli di Roma e sostenuta dal Ministero della Salute (ora confluito nel
Ministero del Welfare).

II suoobiettivo finale è quello di incentivare la
ricerca che, almeno in Italia, è spesso troppo penalizzata rispetto ad altriFoto: cellule staminali
Paesi avanzati (in particolare Usa e Giappone).

Il Polo
Nazionale per Ipovedenti
, inaugurato lo scorso ottobre, si occupa
di medicina preventiva, trattamenti riabilitativi per pazienti ipovedenti,
ricerca epidemiologica e ricerca di base; inoltre, in quella struttura si
sperimentano nuovi modelli riabilitativi ed avanzati ausili ottici ed
elettronici per gli ipovedenti, puntando soprattutto sulle nuove tecnologie. Si
conta molto sul lavoro d’_quipe, con un approccio multidisciplinare in cui
trovano posto varie competenze (oculista, psicologo, ortottista e infermieri).
Si può ridare così speranza a quegli ipovedenti che intendono intraprendere un
percorso di riabilitazione.

Numero Verde di assistenza oculistica (tutte le mattine dei giorni
feriali, dalle 10 alle 13). Risponde un medico oculista anche alle domande che
vengono poste nel forum
del sito della IAPB
Italia
onlus.

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Ipertensione e colesterolo, due nemici della vista

Foto: sigmomanometro (strumento di controllo della pressione sanguigna)

Foto: sigmomanometro (strumento di controllo della pressione sanguigna) Ipertensione e colesterolo nemici della vista
Possono
aumentare i rischi per la salute della retina

15 maggio 2008 – Alta pressione sanguigna e
colesterolo ‘cattivo’ sono due fattori di rischio per gli occhi. Infatti, se si
verifica un’occlusione della vena centrale retinica si può arrivare sino alla
perdita della vista. ù quanto mette in evidenza in numero di maggio della
rivista Archives of Ophthalmology, dove è stato pubblicato
uno studio irlandese.Copertina di Archives of Ophthalmology

Le conseguenze di un’occlusione venosa sono delle emorragie retiniche e l’edema maculare; quest’ultimo determina una grave riduzione visiva. Generalmente questi casi si trattano col laser ma anche col cortisone o farmaci intravitreali; nei casi migliori si riesce a
recuperare un visus discreto.

Paul
O’Mahoney, del Royal College of Surgeons
di Dublino, ha diretto lo studio passando in rassegna 21 ricerche precedenti che
hanno coinvolto quasi tremila persone colpite da occlusione della vena centrale
della retina e oltre ventottomila persone sane (gruppi di controllo). Quindi
sono state fatte una serie di analisi statistiche, calcolando il rischio per la
popolazione: è quasi il 50% più alto se si è colpiti da ipertensione, del 20%
se i valori del colesterolo ‘cattivo’ sono eccessivi, mentre se si è colpiti da
diabete si corre solo il 5% di rischio in più; tuttavia quest’ultima malattia
va tenuta sempre sotto controllo perché può causare la retinopatia
diabetica
, una delle principali cause di ipovisione e cecità dei Paesi
sviluppati.

In conclusione secondo i ricercatori i rischi, specialmente nel
caso dell’ipertensione e dell’iperlipidemia, sono più elevati non solo per la
salute cardiovascolare, ma anche per quella oculare.

Fonti : Eureka, Archives of Ophthalmology.

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Riabilitazione visiva contro la degenerazione maculare

Studio Usa conferma: si può imparare a vedere

Se si è ipovedenti in alcuni casi si possono recuperare parzialmente le capacità visive grazie alla riabilitazione, con risultati incoraggianti. Ad esempio, quando si è affetti dalla degenerazione maculare, che colpisce il centro della retina e affligge specialmente gli anziani.

Grazie a un programma di riabilitazione visiva approntato da medici oculisti e da altro personale specializzato si può imparare a sfruttare al meglio le proprie capacità visive residue. A questo argomento è dedicato un articolo pubblicato nel 2008 su Archives of Ophthalmology: si tratta di uno studio americano condotto su 126 pazienti dall’Università dell’Illinois di Chicago.

Durante la sperimentazione sono stati creati due gruppi: i 64 pazienti – con età media di 79 anni – che hanno intrapreso il percorso di riabilitazione hanno avuto effetti benefici già dopo quattro mesi, mentre coloro che non hanno partecipato ad alcun programma hanno sofferto di “piccole riduzioni” delle funzioni visive.

In Italia grande attenzione alla riabilitazione viene prestata, in particolare, dal Polo Nazionale presso il Policlinico Gemelli: si tratta di un centro all’avanguardia, ricco di competenze, dove un’équipe interdisciplinare è molto attenta ai casi individuali.

Fonte principale: Archives of Ophthalmology

Salvare gli occhi col virus del raffreddore

Immagine: dnaSalvare gli occhi col… raffreddore Sperimentata la terapia genica contro l’amaurosi di Leber congenita
29 aprile 2008 – Il virus del raffreddore può essere un prezioso alleato della battaglia contro le malattie genetiche, a partire da quelle oculari. Infatti, viene utilizzato come ‘vettoré, ossia come una sorta di cavallo di Troia che consente di trasportare nel Dna le sequenze sane.
Un nuovo studio pubblicato sul prestigioso The New England Journal of Medicine lascia benFoto: retina affetta da amaurosi congenita di Leber sperare per la cura dell’amaurosi congenita di Leber, una malattia ereditaria che colpisce la retina provocando un peggioramento progressivo della vista fino a culminare nella cecità. Infatti grazie a iniezioni sotto la retina si è potuto sostituire il gene malato (RPE65) con uno sano: con questa ‘terapia genica’ si è riparato il codice genetico, costituito da una lunga sequenza di basi (simili ai pioli di una scala a chiocciola).
Due iniezioni in giovani di età compresa tra i 17 e i 23 anni colpiti da una degenerazione retinica ad uno stadio avanzato hanno dimostrato che – scrivono i ricercatori, provenienti soprattutto dal University College di Londra (UCL) – “questo approccio è generalmente sicuro a breve termine, nonostante in un gruppo [di pazienti] si sia riscontrato un effetto collaterale (foro della macula)”, ossia della regione centrale della retina deputata alla visione distinta. Grazie a questa procedura, secondo gli studiosi inglesi, si sono riscontrati miglioramenti della funzione visiva.
Non è la prima volta che questo accade, poiché la tecnica si sta sperimentando in varie parti del mondo: già un’_quipe Immagine: geneamericana era riuscita a sostituire il gene malato RPE65 con un gene sano grazie a un virus modificato del comune raffreddore. Infatti se il gene non funziona correttamente si mina alla radice la possibilità di sintetizzare correttamente una proteina essenziale per la visione.
La sperimentazione sull’uomo è la prima nel suo genere e potrebbe avere un impatto significativo sul futuro delle terapie. Questo grave difetto genetico impedisce la normale funzionalità della retina: compare sin dalla nascita e attualmente non è curabile. Generalmente per i malati la cecità arriva quando si è trentenni.
Vedi anche: “Cecità ereditaria, il futuro è nella terapia genica

Fonte: The New England Journal of Medicine
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L’esotropia infantile provoca ritardi nello sviluppo

Foto: bimbo bendato per strabismo

Foto: bimbo bendato per strabismoL’esotropia infantile provoca ritardi nello sviluppo Gli strabismi devono essere curati tempestivamente sin da piccoli

21 aprile 2008 – L’esotropia infantile (i cosiddetti “occhi
storti”) provoca ritardi nello sviluppo motorio e del sistema
visivo dei bambini piccoli. Per combatterla è importante intervenire precocemente: si possono
mettere gli occhiali se la malattia è dovuta unicamente a motivi refrattivi. In alternativa si può praticare il bendaggio dell’occhio sano o si può ricorrere
all’intervento chirurgico ai muscoli oculari.

Nel numero di aprile
dell’Associazione americana di oftalmologia pediatrica e strabismo (AAPOS) si
riportano i risultati di uno studio: sono stati presi in considerazione 161 neonati
affetti da esotropia, facendo compilare ai genitori un questionario prima e dopo
l’operazione chirurgica, grazie a cui sono state valutate le abilità motorie
(comeFoto: intervento chirurgico si maneggiavano oggetti, come stavano seduti, in piedi o come camminavano).
Per effettuare il confronto è stato fatto ricorso a un gruppo di bambini
normali. Prima dell’operazione i neonati
soffrivano di ritardi dello sviluppo motorio; questi erano particolarmente
importanti e riflettevano, probabilmente, l’importanza della normale visione
binoculare nei compiti che impegnano i muscoli. Invece, i piccoli che – nei casi
indicati – si sono dovuti sottoporre a un’operazione chirurgica non hanno
manifestato ritardi nel medio e nel lungo periodo: correggere la visione binoculare ha consentito di
recuperare il gruppo dei bambini normali.

“Questo studio – conclude il
dott. David Hunter del Children’s Hospital di Boston – sostiene che la
chirurgia per correggere lo strabismo non aiuti solo gli occhi, ma tutto il
bambino”.

Fonti: American Association for Pediatric Ophthalmology, Eureka. ——————————–
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Combattere la cecità ereditaria a colpi di geni

Immagine: Dna rotante

Un’équipe italo-americana ha aumentato la capacità del virus vettore di riparare il Dna

Immagine: Dna rotante

18 aprile 2008 – E’ stato compiuto un nuovo passo verso la sconfitta della cecità ereditaria per mezzo della terapia genica. Il merito va ad un’équipe italo-americana, guidata dalla Fondazione Telethon, che ha condotto uno studio su cavie da laboratorio aumentando la capacità di un virus vettore che serve a ‘ripararé il Dna.

Una patologia come la malattia di Stargardt, che provoca la perdita progressiva dellaFoto: cieco vista, un giorno potrà essere curata ‘aggiustando’ i geni malati (unità del Dna che contengono le istruzioni per sintetizzare le proteine). La soluzione non sembra certo dietro l’angolo; ma si è capito già da tempo che si può utilizzare il virus del comune raffreddore come veicolo utile per sostituire le sequenze del codice genico che causano la malattia.

La squadra di ricercatori si è concentrata, in particolare, sulle malattie ereditarie che colpiscono la retina. “Finora i risultati delle applicazioni di questa tecnica alle malattie neurodegenerative – scrivono i ricercatori diretti da Alberto Auricchio (Fondazione Telethon) su The Journal of Clinical Investigation – sono state particolarmente promettenti”.

Ebbene, uno dei problemi che si trovano ad affrontare gli scienziati è l’aumento di capacità del virus vettore: da questo dipende la quantità di materiale genetico che si può riparare. Mentre in precedenza si era riusciti Foto: genea far trasportare al virus del raffreddore solo 4,7 kilobit, in questo studio i ricercatori sono riusciti quasi a raddoppiare la sua capacità, traghettando quindi più sequenze di Dna ‘sané. Questa tecnica è probabilmente una delle strade maestre e, in futuro, si spera che possa consentire di sconfiggere le malattie genetiche.

La ricerca è stata condotta da: Fondazione Telethon, Columbia University, Università della California di San Diego, Università della Pennsylvania e Università Federico II di Napoli.

Lenti a contatto, guardare all’igiene

Foto: lente a contatto

Foto: lente a contatto Lenti a contatto, guardare all’igiene Non vanno mai lavate sotto l’acqua corrente, attenzione al rischio infezioni 28 marzo 2008 – Con le lenti a contatto bisogna guardare all’igiene, fondamentale per preservare la salute oculare. Solo due utilizzatori su dieci seguirebbero una corretta prassi di utilizzo per le morbide, le mensili e le quindicinali (le più utilizzate). È questo uno dei risultati emersi da un’indagine commissionata dalla Società Oftalmologica Italiana (Soi) a Nextplora, presentata questo mese a Milano. Chi usa lenti a contatto ha generalmente fra i 25 e i 34 anni ed è per lo più di sesso femminile; però solo il 19% provvede a ‘massaggiare’ le lenti strofinandole leggermente tra le dita (tecnicamente detto rub) e a detergerle con apposite soluzioni prima della conservazione. “Procedure – afferma Antonio Mocellin, il vicepresidente della Soi – che sono invece fondamentali per laFoto: applicazione delle lenti a contatto conservazione della lente, oltre che per la corretta igiene dell’occhio. Il ‘massaggio’ della lente con la ‘soluzione unica’ – spiega l’oculista – serve a ripulirla delle proteine che vi si depositano con l’uso e bisogna farlo sempre, mentre i contenitori delle lenti devono essere sostituiti ogni mese. Differente discorso per le one day (le giornaliere) e le semirigide (gaspermeabili): le prime devono essere veramente buttate via dopo l’uso, anche se sono state portate per poche ore; le altre sono meno a rischio di infezioni, ma va ugualmente utilizzata una igiene scrupolosa”. Per tutti questi motivi le giornaliere sono, in linea di massima, più sicure. La Soi, inoltre, ricorda che la Foto: acanthamoebacosa assolutamente da non fare è lavare le lenti sotto l’acqua del rubinetto (e nemmeno farsi la doccia con le lenti a contatto). Perché con l’acqua corrente si possono contaminare le lenti: la più comune infezione e anche la più devastante è quella da acanthamoeba, che si trova soprattutto nell’acqua dolce: può provocare ascessi e cheratiti corneali irreversibili. Infine, è possibile infettarsi anche con candida (un fungo), streptococco, stafilococco e pseudomonas (batteri). Nonostante il 74% degli utilizzatori di lenti a contatto dichiari di usare la soluzione unica, c’è ancora chi cede alla tentazione di sciacquare la lente sotto l’acqua corrente. Molti ritengono che le soluzioni saline siano sufficienti ma, al contrario, esse servono solo per sciacquare le lenti senza sterilizzarle.

Bambini meno miopi all’aria aperta

Foto: bambino con madre che cammina sulla spiaggia

Studio australiano: la luce intensa inibisce l’allungamento del bulbo oculare

Bambini meno miopi quando praticano sport e altre attività ricreative alla luce e all’aria aperta. Se questa affermazione potrebbe suonare ovvia, in realtà è difficile trovare studi scientificamente rigorosi che ne dimostrino la fondatezza.

Ci ha pensato l’Università di Sidney, pubblicando una ricerca condotta su oltre quattromila bambini sulla prestigiosa rivistaFoto: bambino con madre che cammina sulla spiaggia Ophthalmology. Per l’esattezza lo studio ha coinvolto 1765 piccoli di sei anni e 2367 dodicenni. Gli oculisti dell’Università di Sidney si sono resi conto che ciò che conta è la maggior quantità di luce in cui si è ‘immersi’ quando si sta all’aria aperta: più è intensa e maggiore è la profondità di campo e la visione risulta distinta (ciò si verifica perché la pupilla si contrae e la profondità aumenta, come avviene col diaframma di una macchina fotografica).

Inoltre, l’aspetto più interessante è che la retina viene stimolata a rilasciare la dopamina, un neurotrasmettitore che sembra inibire o rallentare l’allungamento del bulbo oculare tipico dei miopi, a causa del quale il fuoco cade troppo avanti rispetto alla superficie retinica.

I ricercatori australiani hanno osservato questo fenomeno nei dodicenni. “Un numero maggiore di ore trascorse all’aria aperta, più che lo sport per sé, è stato associato a una minore miopia”. Tra l’altro si è tenuto conto anche di una serie di fattori che possono peggiorare la vista da lontano: molta attività oculare da vicino, genitori miopi e gruppo etnico.

Fonte originale: Ophthalmology

Pagina pubblicata il 17 marzo 2008. Ultima modifica: 28 ottobre 2011

Leggere il rischio ipertensione nel Dna

Leggere il rischio ipertensione nel
Dna con un chip Il progetto Hypergenes prevede screening genetici su 4mila soggetti

6 febbraio – Il rischio ipertensione è celato nel nostro Dna, ma in
futuro verrà messo a punto un chip per svelarlo. ù quanto si propone il
progetto di ricerca Hypergenes presentato
ieri a Milano, coordinato dall’Università degli Studi della stessa città e sostenuto
dall’Unione europea con un finanziamento di oltre 10 milioni e duecentomila
euro.

Verranno effettuati screening genetici su 4mila soggetti con
una pressione sanguigna troppo elevata o normale: solo così si potrà valutare
il rischio di contrarre l’ipertensione arteriosa programmata dai nostri geni,
andando alla ricerca di un milione di tracce contenute nel nostro Dna.

Una sorta di ‘oracolo’
scientifico, insomma, che si potrà conoscere per prevenire e curare disturbiFoto: sfigmomanometro
tempestivamente, consentendo di scegliere i farmaci migliori per ogni paziente,
determinando al contempo il momento più opportuno per l’inizio di un’eventuale terapia
(dietetica o a base di medicinali). Insomma: la medicina del futuro sarà
probabilmente sempre più spesso ritagliata sul singolo individuo e sulle
caratteristiche scritte nel genoma.

La pressione sanguigna troppo
alta può provocare, a livello oculare, una retinopatia ipertensiva che, nelle
forme gravi, può danneggiare la retina, a causa di microemorragie periferiche,
essudazioni ed un edema della testa del nervo ottico (ossia un suo
rigonfiamento). In questo caso, ovviamente, il fondo oculare presenta delle
alterazioni. Più in generale l’ipertensione provoca soprattutto problemi a
livello vascolare: la pressione del sangue più elevata comporta danni non
sempre reversibili.

Fonte: Università degli Studi di Milano

Leggere il rischio ipertensione nel Dna

Leggere il rischio ipertensione nel
Dna con un chip Il progetto Hypergenes prevede screening genetici su 4mila soggetti

6 febbraio – Il rischio ipertensione è celato nel nostro Dna, ma in
futuro verrà messo a punto un chip per svelarlo. ù quanto si propone il
progetto di ricerca Hypergenes presentato
ieri a Milano, coordinato dall’Università degli Studi della stessa città e sostenuto
dall’Unione europea con un finanziamento di oltre 10 milioni e duecentomila
euro.

Verranno effettuati screening genetici su 4mila soggetti con
una pressione sanguigna troppo elevata o normale: solo così si potrà valutare
il rischio di contrarre l’ipertensione arteriosa programmata dai nostri geni,
andando alla ricerca di un milione di tracce contenute nel nostro Dna.

Una sorta di ‘oracolo’
scientifico, insomma, che si potrà conoscere per prevenire e curare disturbiFoto: sfigmomanometro
tempestivamente, consentendo di scegliere i farmaci migliori per ogni paziente,
determinando al contempo il momento più opportuno per l’inizio di un’eventuale terapia
(dietetica o a base di medicinali). Insomma: la medicina del futuro sarà
probabilmente sempre più spesso ritagliata sul singolo individuo e sulle
caratteristiche scritte nel genoma.

La pressione sanguigna troppo
alta può provocare, a livello oculare, una retinopatia ipertensiva che, nelle
forme gravi, può danneggiare la retina, a causa di microemorragie periferiche,
essudazioni ed un edema della testa del nervo ottico (ossia un suo
rigonfiamento). In questo caso, ovviamente, il fondo oculare presenta delle
alterazioni. Più in generale l’ipertensione provoca soprattutto problemi a
livello vascolare: la pressione del sangue più elevata comporta danni non
sempre reversibili.

Fonte: Università degli Studi di Milano