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Immagine: Dna rotante

Combattere la cecità ereditaria a colpi di geni

Un’équipe italo-americana ha aumentato la capacità del virus vettore di riparare il Dna

Immagine: Dna rotante

18 aprile 2008 – E’ stato compiuto un nuovo passo verso la sconfitta della cecità ereditaria per mezzo della terapia genica. Il merito va ad un’équipe italo-americana, guidata dalla Fondazione Telethon, che ha condotto uno studio su cavie da laboratorio aumentando la capacità di un virus vettore che serve a ‘ripararé il Dna.

Una patologia come la malattia di Stargardt, che provoca la perdita progressiva dellaFoto: cieco vista, un giorno potrà essere curata ‘aggiustando’ i geni malati (unità del Dna che contengono le istruzioni per sintetizzare le proteine). La soluzione non sembra certo dietro l’angolo; ma si è capito già da tempo che si può utilizzare il virus del comune raffreddore come veicolo utile per sostituire le sequenze del codice genico che causano la malattia.

La squadra di ricercatori si è concentrata, in particolare, sulle malattie ereditarie che colpiscono la retina. “Finora i risultati delle applicazioni di questa tecnica alle malattie neurodegenerative – scrivono i ricercatori diretti da Alberto Auricchio (Fondazione Telethon) su The Journal of Clinical Investigation – sono state particolarmente promettenti”.

Ebbene, uno dei problemi che si trovano ad affrontare gli scienziati è l’aumento di capacità del virus vettore: da questo dipende la quantità di materiale genetico che si può riparare. Mentre in precedenza si era riusciti Foto: genea far trasportare al virus del raffreddore solo 4,7 kilobit, in questo studio i ricercatori sono riusciti quasi a raddoppiare la sua capacità, traghettando quindi più sequenze di Dna ‘sané. Questa tecnica è probabilmente una delle strade maestre e, in futuro, si spera che possa consentire di sconfiggere le malattie genetiche.

La ricerca è stata condotta da: Fondazione Telethon, Columbia University, Università della California di San Diego, Università della Pennsylvania e Università Federico II di Napoli.

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