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Retina
La retina è una sottile membrana che riveste la superficie interna dell’occhio. Si tratta di un fine tessuto nervoso sensibile alla luce (fotosensibile).
Com’è fatta?
È composta da sei tipi di cellule nervose disposte su una decina di strati. È suddivisa in due aree: una centrale, chiamata macula, ricca di coni (cellule nervose deputate alla percezione e al riconoscimento dei colori e alla visione distinta), e un’area media e periferica, dove prevalgono invece i bastoncelli (altri fotorecettori deputati alla visione con poca luce).
La retina resta nella sua sede naturale grazie alla pressione del corpo vitreo, un liquido gelatinoso che riempie il bulbo ed esercita un effetto tampone, spingendo la retina stessa sulla parete interna del bulbo e proteggendola da eventuali traumi provenienti dall’esterno.
Come funziona?
La retina si potrebbe paragonare a un sensore di una macchina fotografica digitale: ha l’importante compito di trasformare le immagini in impulsi nervosi che il nervo ottico trasmette poi al cervello (le aree corticali deputate alla visione si trovano principalmente nella zona occipitale).
Quando gli stimoli luminosi entrano nell’occhio e colpiscono la retina, i coni e i bastoncelli vengono attivati: sono strutture biologiche altamente specializzate che dapprima captano la luce e poi la trasformano in impulsi elettrici (interagendo con altre importanti cellule nervose della retina), che viaggiano attraverso il nervo ottico fino alla corteccia cerebrale.
Quanti sono i fotorecettori?
I coni sono 5-7 milioni e sono responsabili della visione centrale e dei colori, concentrandosi nell’area retinica centrale (fovea, il centro della macula).
I bastoncelli, invece, sono compresi tra i 100 e i 130 milioni circa, sono specializzati nella visione periferica a bassa luminosità: basta un solo fotone per eccitare un singolo bastoncello, mentre ce ne vogliono un centinaio per attivare un cono. I neuroni retinici umani formano una rete funzionale che permette un’ampia elaborazione parallela degli stimoli visivi e rende possibile ottenere differenti tipi d’informazione in base alle risposte dei fotorecettori alla luce. Tali informazioni giungono infine alla corteccia cerebrale, ove avviene la maggior parte dell’elaborazione degli input visivi (in particolare nella corteccia occipitale).
La retina quant’è grande?
Ricopre indicativamente un’area di 2.500 mm2. Il suo spessore oscilla tra i 100 e i 230 micron, ma in genere è di circa 120 micron (ossia 0,12 decimi di millimetro).
Come si osserva?
È possibile osservarla con l’esame del fondo oculare, che deve essere effettuato da un oculista. Dopo aver instillato un collirio per dilatare la pupilla (midriatico), lo specialista, attraverso l’utilizzo di apposite lenti ingrandenti e mediante un sistema di illuminazione, è in grado di esplorare perfettamente la superficie retinica. In primis osserva la parte centrale, con particolare attenzione nei riguardi della macula e dei vasi retinici (studiandone il decorso e le dimensioni); dopodiché passa all’osservazione della media ed estrema periferia, per essere certo che non ci siano alterazione anatomiche retiniche in queste zone (assottigliamento, degenerazioni, fori, ecc.).
Che sintomi dà una malattia retinica?
Alterazioni retiniche possono provocare numerosissimi sintomi, diversi per intensità e precocità (in base alla localizzazione ed estensione dell’area coinvolta), che molto spesso però non coinvolgono prettamente o, comunque, esclusivamente la retina. I sintomi più frequenti sono, nelle patologie retiniche centrali, un calo della vista, la distorsione delle immagini (metamorfopsie), un’anomala percezione dei colori e la comparsa di una macchia scura centrale (scotoma).
Un quadro elementare ma completo della patologia retinica distingue tre grandi classi:
1) distacco di retina;
2) retinopatie acquisite e legate a malattie sistemiche;
3) corioretinopatie ereditarie.
Dal punto di vista topografico vengono, invece, distinte:
a) le maculopatie, quando l’interessamento del polo posteriore domina il quadro clinico e sintomatologico;
b) le retinopatie diffuse o periferiche, quando gli elementi patologici di maggior rilievo interessano l’intera retina o la sua periferia.
La retina è l’unica parte visibile del sistema nervoso e del sistema cardiovascolare. Quindi permette di osservare gli effetti di molte patologie: dall’ipertensione fino al diabete.
Cosa sono le maculopatie?
Sono malattie che colpiscono la zona centrale della retina. Tra queste ricordiamo la degenerazione maculare legata all’età, la retinopatia miopica e la retinopatia diabetica. Esse danno spesso sintomi caratteristici, tra cui la compromissione della visione centrale (scotoma), la visione distorta delle immagini (metamorfopsie) e, talvolta, le immagini appaiono più grandi o più piccole del normale (micropsie e macropsie).
Cosa sono le retinopatie periferiche?
Le retinopatie periferiche – tra cui ricordiamo l’amaurosi congenita di Leber, la retinite pigmentosa e le forme correlate – sono caratterizzate da un processo degenerativo che inizia principalmente a livello dei bastoncelli, per cui il sintomo comune iniziale è tipicamente la difficoltà di vedere bene la sera o, comunque, in condizioni di scarsa illuminazione (emeralopia). Vanno, infine, menzionate le maculopatie causate da certi farmaci [1] e le maculopatie fototraumatiche (danno da esposizione a luce intensa: vedi: proteggere gli occhi dal sole).
Come si possono curare le malattie retiniche?
Il trattamento varia a seconda dalla patologia retinica e della sua causa. In caso di distacco di retina regmatogeno o trazionale il trattamento è esclusivamente chirurgico; nel distacco di retina essudativo, invece, si può beneficiare di una terapia sia medica che chirurgica.
Le retinopatie acquisite vengono distinte in patologie retiniche vascolari, infiammatorie, degenerative e retinopatie associate a malattie generali (sistemiche). Spesso si verificano sovrapposizioni tra le varie categorie, come avviene fra retinopatie vascolari e quelle associate a patologie sistemiche quali il diabete (vedi retinopatia diabetica) e l’ipertensione (vedi retinopatia ipertensiva). In questi casi, quando possibile, va trattata innanzitutto la patologia di base ricorrendo a terapia medica.
In seconda istanza il trattamento può variare: si può ricorrere al laser per aree di ischemia retinica, come nella retinopatia diabetica proliferante e in alcune occlusioni vascolari retiniche o a iniezioni intravitreali nel caso di complicanze edematose; iniezioni intravitreali di anti-VEGF nella degenerazione maculare legata all’età essudativa o nella maculopatia miopica essudativa; chirurgia per il foro maculare miopico o idiopatico oppure per il pucker maculare.
Le corioretinopatie ereditarie sono forme degenerative a carattere familiare. Tra le forme più comuni ricordiamo la retinite pigmentosa, l’amaurosi congenita di Leber, la malattia di Best (degenerazione vitelliforme della macula), la malattia di Stargardt (degenerazione giovanile della macula), la coroideremia. Per tali malati il futuro delle cure potrebbe risiedere nelle cellule staminali e nella terapia genica. In alcuni malati che hanno perso la vista a causa della retinite pigmentosa sono state impiantate protesi retiniche artificiali (i cosiddetti “occhi bionici”).
[1] Ad esempio principi attivi quali clorochina e idrossiclorochina utilizzati in caso di malaria, ma anche nell’artrite reumatoide e lupus eritematoso sistemico (LES); tioridazina e clorpromazina assunti dai pazienti schizofrenici; metossiflurano, farmaco anestetico; tamoxifene, usato nel carcinoma della mammella.
Scheda informativa a cura dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus
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Pagina pubblicata il 14 novembre 2013. Ultimo aggiornamento: 24 gennaio 2019.
Ultima revisione scientifica: 27 gennaio 2017.
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