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La riabilitazione visiva nelle eredodegenerazioni retiniche

La riabilitazione visiva nelle eredodegenerazioni retiniche

Le eredodegenerazioni retiniche comprendono un’ampia gamma di patologie oculari, tuttora causa irreversibile di ipovisione centrale, periferica, mista, fino ad arrivare alla completa cecità. L’approccio riabilitativo del Polo Nazionale Ipovisione varia in base al tipo e alla gravità del deficit funzionale, oltre che alle difficoltà specifiche della vita quotidiana riferite dal paziente.

Le patologie ereditarie retiniche causa di deficit visivo centrale (maculopatia di Stargardt, maculopatia di Best, ecc.) sono riabilitate presso il Polo Nazionale Ipovisione attraverso l’uso di ausili ottici e/o elettronici ingrandenti, lenti prismatiche costruite per fissazioni eccentriche, filtri fotoselettivi, per poter sfruttare al meglio il residuo visivo.

A supporto della riabilitazione visiva è possibile per i pazienti affetti sottoporsi a cicli di biofeedback, dove il paziente impara dei movimenti di fissazione specifici guidato da uno stimolo acustico. Questo attraverso microperimetri che permettono una perimetria computerizzata dell’area maculare ed uno studio accurato della fissazione in termini di localizzazione e stabilità. Stabilizzare la fissazione aiuta a migliorare tutti i parametri della funzionalità visiva ad essa correlati quali ad esempio la velocità di lettura e la sensibilità al contrasto.

Sempre con lo scopo di potenziare la performance visiva il Polo Nazionale di Ipovisione utilizza il software di riabilitazione EyeFitness (NIDEK Technologies) e lo configura per ciascun paziente scegliendo gli esercizi in base alle capacità percettive residue (acuità visiva e sensibilità al contrasto), e alle abilità visuo-specifiche da migliorare, come ad esempio la coordinazione oculo manuale, i movimenti oculari lenti (inseguimento) ed i movimenti oculari veloci (saccadi).

Le patologie ereditarie retiniche responsabili di deficit visivo periferico (la più nota tra queste è la Retinite Pigmentosa), sebbene determinino una limitazione funzionale più “tardiva” rispetto a quelle determinanti ipovisus centrale, sono le più difficili da riabilitare. L’utilizzo degli ausili ottici ed elettronici esclude la possibilità di ricorrere ad ingrandimenti, che risulterebbero in una ulteriore riduzione del campo visivo, di conseguenza il ricorso all’ausilioteca per supportare i pazienti è piuttosto limitato.

Nell’esperienza presso il Polo Nazionale Ipovisione, la dotazione di filtri fotoselettivi per interno e/o per esterno, che riducano l’abbagliamento e potenzino il contrasto, è il primo step del percorso riabilitativo; la prova di lenti prismatiche a basso o ad elevato potere, allo scopo di ampliare il campo di visione, con relativo addestramento, segue nelle prove con ausili ottici, che includono anche i magnificatori (telescopi invertiti).

In linea con le più recenti ricerche scientifiche del settore, è stata testata l’efficacia della stimolazione elettrica con corrente alternata, somministrata per via transorbitaria, nel determinare un “restoring” del campo visivo di pazienti affetti da Retinite Pigmentosa e, a seguito di uno studio preliminare condotto, sono stati riportati migliori risultati associando alla metodologia sedute di stimolazione visiva effettuate con il microperimetro MP1. I dati sono incoraggianti a perseguire la linea di studio.

Nel momento in cui il restringimento di campo visivo è tale da limitare l’autonomia di movimento del paziente, diviene necessario il coinvolgimento di un’altra figura del team, il consulente di orientamento e mobilità e di autonomia personale.

L’articolo è a firma di Margherita Guidobaldi, ortottista e Francesca De Rossi, Medico Oculista presso il Polo Nazionale per la Prevenzione della Cecità e la Riabilitazione Visiva degli Ipovedenti.

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