Prevenzione, struttura sociale e istruzione
Presentato a Roma il nuovo Rapporto “L’Italia per l’equità nella salute”
Se il livello d’istruzione e la posizione sociale sono di basso livello si è più propensi a seguire stili di vita nocivi. La stratificazione sociale influenza, infatti, l’esposizione ai principali fattori di rischio per la nostra salute. Però tale esposizione è diseguale e la prevenzione potrebbe non essere sufficientemente presa in considerazione. In Italia – a parità d’età – molti degli stili di vita malsani sono in genere più frequenti tra le persone che hanno studiato meno. Quest’analisi è contenuta nel Rapporto “L’Italia per l’equità nella salute”, presentato a Roma il primo dicembre dall’INMP e dal Ministero della Salute. [[La pubblicazione è stata curata dallo stesso Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP), assieme all’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS), all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e all’Istituto Superiore di Sanità (ISS)]]
Migliora la salute percepita
Nella pubblicazione si fa il punto sulle disuguaglianze socioeconomiche che colpiscono il nostro Paese e i loro effetti, diretti e indiretti, sul benessere dei cittadini. Inoltre fornisce una vasta ricognizione delle principali politiche pubbliche avviate nei recenti anni per contrastare tali disuguaglianze e avanza alcune proposte d’intervento (indirizzo per le politiche regionali per ridurre gli effetti sfavorevoli dei determinanti sociali sulla salute).
I dati mostrano che la salute percepita dagli italiani intervistati è migliorata nel tempo, nonostante la crisi economica. Infatti l’età in cui più della metà della popolazione dichiara di essere in non buona salute ha continuato a crescere. Esistono, comunque, ancora oggi barriere culturali nell’accesso alle cure appropriate (ad esempio tra le donne immigrate).
Si legge nel Rapporto:
Solo il 13% delle persone con alta istruzione fuma, percentuale che sale al 22% tra coloro che hanno frequentato al massimo la scuola dell’obbligo. Analogamente, solo il 7% di chi ha un titolo di studio elevato è obeso e il 52% è sedentario, contro il 14% e il 72% rispettivamente tra i meno istruiti. Lo stesso può dirsi del consumo inadeguato di frutta e verdura, ossia al di sotto delle 3 porzioni giornaliere, soglia non raggiunta dal 41% dei più istruiti, a fronte del 58% dei meno istruiti.
I piani di prevenzione
Nell’ambito delle politiche sanitarie sono stati interpellati gli interlocutori che si occupano della prevenzione e dell’organizzazione dell’assistenza, già coinvolti su aspetti che riguardano, ad esempio, lo sviluppo del Piano Nazionale di Prevenzione o la definizione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (LEA).
A livello di prevenzione il fatto d’includere il contrasto alle disuguaglianze nei Piani Regionali di Prevenzione è stato rafforzato dal fatto che l’equità sarebbe uno dei criteri di valutazione e approvazione del Ministero della Salute. Tuttavia, nonostante un quadro migliore rispetto al passato, nel nostro Paese – secondo gli autori del volume – l’offerta di interventi di prevenzione non mira ancora abbastanza, in modo coordinato, a un “esplicito obiettivo di riduzione delle disuguaglianze”.
Fonti: INMP, Ministero della Salute
Migliora la cultura della prevenzione in Italia
Presentato a Roma il 51° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese: c’è più insicurezza e disparità nonostante alcuni progressi
In Italia c’è una nuova centralità riservata alla prevenzione. Questo progresso riguarda principalmente la cultura della salute. Lo evidenzia il Censis, che il primo dicembre 2017 ha presentato a Roma il suo 51° Rapporto annuale sulla situazione sociale del nostro Paese. Nel quale viene riproposto anche l’annoso problema delle liste d’attesa per le visite specialistiche.
Meno fumatori e sedentari
Migliorano alcuni comportamenti di massa ossia certi stili di vita. Nel periodo 2006-2016 i fumatori sono diminuiti dal 22,7% al 19,8%, mentre i sedentari assoluti sono passati dal 41,1% al 39,2%. Tuttavia quest’ultima percentuale è ancora nettamente al di sopra della media Ue.
Si è ridotto, invece, l’incremento delle coperture vaccinali. Il 36,2% degli italiani è favorevole solo alle vaccinazioni coperte dal Servizio Sanitario Nazionale, il 31,2% si fida sempre e comunque delle vaccinazioni, il 28,6% è dubbioso e decide di volta in volta (consultando pediatra o medico).
Più spesa sanitaria privata e disparità
Insicurezza e disparità: si tratta di difficili sfide per la sanità italiana. Continua, infatti, a crescere la spesa sanitaria privata delle famiglie, pari a 33,9 miliardi di euro nel 2016 (+1,9% rispetto al 2012).
Una disfunzione classica dell’offerta pubblica è la lunghezza delle liste di attesa. Nel periodo 2014-2017 si rilevano +60 giorni di attesa per una mammografia, +8 giorni per visite cardiologiche, +6 giorni per una colonscopia e un pari incremento per una risonanza magnetica.
I tempi per accedere a una visita oculistica nella sanità pubblica sono variabili. Ad esempio, ad ottobre 2017 nel Lazio [Dati ottenuti dal [sito ufficiale della Regione Lazio]] si andava da un minimo di 2 giorni a un massimo di 227 giorni d’attesa, a seconda della ASL considerata (solo circa la metà ha rispettato il tetto massimo previsto dalla legge).
Circa il 64% dei cittadini è soddisfatto del servizio sanitario della propria regione, quota che scende però al 46,6% nel Sud. Durante l’ultimo anno il servizio sanitario della regione di appartenenza è peggiorato secondo il 30,5% degli italiani, quota che sale nel Sud al 38,1% e al Centro al 32,6%.
Fonte principale: Censis