Secondo uno studio sino-americano pubblicato sulla rivista Cell i fotorecettori muoiono perché non vengono più nutriti
I ricercatori di oftalmologia dell’Università di Louisville hanno constatato che nella retinite pigmentosa la perdita della vista è il risultato di un’interruzione del flusso di glucosio che serve a nutrire i coni e i bastoncelli. Questo stop arriva a causare, nello stadio più evoluto, la morte dei fotorecettori per “fame”.
Lo studio, condotto assieme a ricercatori cinesi e pubblicato su Cell, descrive i cambiamenti metabolici della retina che culminano in una ridotta disponibilità di glucosio per le cellule nervose fotosensibili. Ciò potrà contribuire a mettere a punto nuove terapie per trattare una malattia che, pur essendo rara, è la più comune tra queste (si stima che colpisca una persona su quattromila a livello globale).
Nella retinite pigmentosa – malattia ereditaria causata da almeno una sessantina di geni con mutazioni – i bastoncelli si deteriorano per primi, provocando una perdita della visione periferica e della sensibilità a scenari con poca luce. Purtroppo quando la malattia è molto evoluta, agli ultimi stadi coinvolge anche i coni, compromettendo infine la percezione cromatica e la visione centrale.
Il dott. Douglas C. Dean, che ha diretto la ricerca [[sostenuta dal National Eye Institute, BrightFocus Foundation and Research to Prevent Blindness]], ha affermato:
È interessante il fatto che questi cambiamenti metabolici siano simili a quelli che stiamo studiando, nel corso di altre ricerche, nei laboratori che si occupano di cancro ai polmoni. Sia il tumore ai polmoni che i neuroni della retina utilizzano, per il loro metabolismo, come fonte primaria [di nutrimento] il glucosio. Intervenire su questo meccanismo è una strategia importante per combattere il tumore polmonare. Questo legame inatteso tra il metabolismo retinico e quello tumorale ci ha condotto a collegare questi sistemi apparentemente non interrelati, in modo da poter cercare farmaci simili [efficaci] sia sul cancro ai polmoni che sulla degenerazione retinica.
Fonti: University of Louisville, Cell