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Protesi retinica organica ridà la vista a cavie

Sperimentata su ratti con retinite pigmentosa, malattia che può portare alla cecità

protesi_organica_subretinica-cavie_animali-fonte_nature_materials-6_marzo_2017.jpgUna protesi retinica organica ha restituito parzialmente la vista a cavie animali affette da retinite pigmentosa causata da una mutazione genetica spontanea.

Chi ne è affetto inizialmente non riesce più a vedere alla periferia del proprio campo visivo (con la “coda dell’occhio”) e quando c’è poca luce. Senza i nostri fotorecettori, in particolare con i bastoncelli, non potremmo avere una visione buona in tutti i luoghi. Ad oggi però non esistono trattamenti efficaci per la retinite pigmentosa, una malattia retinica ereditaria. La degenerazione dei fotorecettori retinici è una delle principali cause di cecità negli esseri umani.

Nuove speranze nascono grazie a un’importante sperimentazione guidata dall’Istituto italiano di tecnologia di Genova (ITT), che l’ha condotta su ratti e ora già punta a test sugli esseri umani. Questa versione dell’“occhio bionico” non prevede né occhiali speciali né telecamere esterne.

Scrivono i ricercatori italiani:

Il recupero della funzione visiva è accompagnato da un aumento dell’attività metabolica basale della corteccia visiva primaria, come dimostrato dalla tomografia a emissione di positroni. I nostri risultati evidenziano la possibilità di sviluppare una nuova generazione di protesi fotovoltaiche per impianti subretinici, completamente organiche, altamente biocompatibili e funzionalmente autonome, per trattare la cecità degenerativa.

Quanto è durato l’effetto positivo? “Analisi elettrofisiologiche e comportamentali – scrivono i ricercatori su Nature Materials – hanno rivelato un recupero di sensibilità alla luce e acuità visiva dipendente dalla protesi che è persistito fino a 6-10 mesi dopo l’intervento chirurgico”.

Per valutare l’attività retinica dopo l’impianto di protesi retinica artificiale gli scienziati hanno considerato, tra l’altro, la reattività pupillare: avendo recuperato parte della sensibilità visiva, la pupilla delle cavia si contraeva quando l’occhio veniva esposto a flash (vedi filmato). Per utilizzare questo tipo di protesi occorre che i danni siano limitati ai fotorecettori, mentre il nervo ottico, la corteccia cerebrale e le altre strutture anatomiche coinvolte devono essere perfettamente integre e funzionanti.

Fonti principali: Nature Materials, Osservatoriomalattierare.it

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