fbpx Skip to content
(Fonte: Ospedale S. Raffaele, Mi)

Coroideremia, parziale successo della terapia genica

Una sperimentazione condotta in Inghilterra ha consentito a 6 persone su 14 di recuperare almeno una riga sull’ottotipo

dna-animazione.gifCecità notturna e restringimento del campo visivo durante l’infanzia fino alla cecità dopo i 40 anni. È il tragico destino dei malati di coroideremia, una malattia rara del tessuto che nutre la retina (coroide): quest’ultima, senza un apporto sufficiente di nutrienti e ossigeno, va incontro a una progressiva degenerazione.

Tale meccanismo genetico – che fino a oggi appariva inesorabile – è stato in parte “invertito”: grazie a una terapia genica sperimentale sei occhi di altrettanti malati hanno recuperato oltre una riga sul tabellone utilizzato da un’équipe di medici inglesi (ottotipo).

Il gruppo di ricercatori, appartenenti principalmente all’Università di Oxford e ad altri atenei londinesi, ha pubblicato infatti su Nature una lettera [[Kanmin Xue, Jasleen K Jolly, Alun R. Barnard, Anna Rudenko, Anna P. Salvetti, Maria I. Patrício, Thomas L. Edwards, Markus Groppe, Harry O. Orlans, Tanya Tolmachova, Graeme C. Black, Andrew R. Webster, Andrew J. Lotery, Graham E. Holder, Susan M. Downes, Miguel C. Seabra & Robert E. MacLaren, “Beneficial effects on vision in patients undergoing retinal gene therapy for choroideremia”, Letter, 8 October 2018, Nature Medicine, volume 24, pp. 1507-1512 (2018)]] in cui si legge:

I [nostri] risultati suggeriscono che la terapia genetica retinica può aiutare a migliorare l’acuità visiva in una coorte di pazienti, principalmente con coroideremia all’ultimo stadio, per cui normalmente sarebbe prevista una rapida perdita dell’acuità visiva.

I geni sani da sostituire a quelli “difettosi” sono stati veicolati grazie al virus del raffreddore mediante iniezioni sotto la retina: come vettore si è fatto ricorso a un adenovirus preventivamente svuotato del suo contenuto nocivo.

La terapia sperimentale per la coroideremia è stata testata su 14 individui (un occhio per paziente). Dopo due anni, mentre il visus delle persone non trattate si è ridotto (-1,5 lettere in media per 14 occhi), c’è stato invece un parziale recupero entro i primi 6 mesi nelle persone sottoposte a trattamento. Tale miglioramento si è mantenuto fino ai 5 anni successivi.

Bisognerà vedere se il miglioramento del visus sarà stabile nel lungo periodo e se la terapia verrà tradotta in un protocollo clinico, ma per ora è meramente sperimentale.

Fonte: Nature

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su linkedin
LinkedIn