Il nostro amico robot

Robot chirurgo

Robot chirurgoIl nostro amico robot L’Italia è seconda al mondo dopo gli Usa nella chirurgia robotica 24 ottobre 2008 – L’Italia può essere
all’avanguardia nelle nuove tecnologie mediche: è il caso della chirurgia
robotica, per la quale siamo secondi al mondo. Lo scorso anno sono stati, infatti, 1.585 i casi
trattati
con queste tecnologie avveniristiche in una trentina di ospedali.

A detenere il primato mondiale sono naturalmente gli Stati
Uniti che, su 719 sistemi installati nel mondo, ne hanno 545 (contro i 119 in Europa). L’Italia è
prima nel Vecchio continente: supera persino la Francia (18 ospedali con
un robot in sala operatoria), Germania (13) e Regno Unito (9). La chirurgia
robotica consente al medico di praticare un intervento chirurgico manovrando, a
distanza, un robot. ù una tecnica entrata in uso nell’ultimo
decennio e rappresenta un’evoluzione della chirurgia laparoscopica, che rende
possibile interventi chirurgici all’addome e al torace grazie a piccoli fori
cutanei.

Rispetto alla chirurgia tradizionale, però, quella
robotica presenta alcune differenze importanti. Ilumanoide chirurgo è distante
fisicamente dal campo operatorio e siede a una consolle, dotata di un monitor
che proietta immagini 3D, dalla quale comanda il movimento dei bracci robotici.
A questi vengono fissati i vari ferri chirurgici miniaturizzati (come pinze,
forbici, dissettori) che un’_quipe presente al tavolo operatorio provvede a
introdurre nella cavità sede dell’intervento.
L’impiego del robot ha il
vantaggio di consentire una visione tridimensionale con un’immagine più ferma e
di rendere le manovre più precise: gli strumenti chirurgici sono articolati
alla estremità del braccio robotico che resta più lontano dal corpo del
paziente rispetto a quanto sia possibile manualmente. Tuttavia ci possono essere dei problemi legati a una minore immediatezza rispetto all’intervento col bisturi tradizionale.

Forse un giorno si arriverà ad avere anche un robot che
eseguirà l’intervento laser per eliminare o ridurre i vizi refrattivi:
l’operazione, che consiste nel modellare la superficie oculare, è già altamente
tecnologica perché con i macchinari si decide quanta cornea asportare per poter modificare la traiettoria dei raggi luminosi.

Fonte: DoctornewsNumero
Verde di assistenza oculistica (tutte le mattine dei giorni feriali, dalle 10
alle 13). Risponde un medico oculista se si scrive anche nel forum del sito della IAPB Italia
onlus
.
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Ipovisione e informatica all’Umberto I di Roma

Policlinico Umberto I

Policlinico Umberto I“Ipovisione e informatica” a Roma, seminario all’Umberto I Se ne è discusso il 24 ottobre presso la clinica universitaria della Sapienza

“Ipovisione e
informatica”: è questo il titolo del seminario che si è tenuto il 24 ottobre a
Roma . Promosso dall’Agenzia internazionale per la prevenzione della
cecità-IAPB Italia onlus e dalla sua struttura per ipovedenti ospitata dal
Policlinico Agostino Gemelli (Polo Nazionale
per la
Prevenzione della Cecità e la Riabilitazione Visiva
degli Ipovedenti)
, ha avuto principalmente
l’obiettivo di aggiornare il
personale medico e gli altri addetti ai lavori. Si è svolto nell’Aula Magna del
Dipartimento di Scienze
Oftalmologiche-Università Sapienza diretto dal Prof. Corrado Balacco Gabrieli, che ha moderato gli interventi nella mattinata, sottolineando tra l’altro l’importanza della prevenzione e del controllo dei valori ematici di glicemia, ipertensione, ecc. che – se troppo elevati – possono avere effetti irreversibili a livello oculare (si prenda, ad esempio, una malattia come il diabete).

Il Polo Nazionale Ipovisione ha inteso coagulare le diverse competenze che si trovano nelle differenti realtà territoriali per individuare le best practices, per esplorare nuove strade di ricerca e per migliorare le tecnologie assistive. In questo modo ha svolto un ruolo di catalizzatore e di promotore del confronto, attivando positive sinergie che possano migliorare la vita di chi ha un visus moltoAvv. Giuseppe Castronovo, Presidente della IAPB Italia onlus ridotto. Il seminario ha ricevuto una notevole attenzione da parte degli operatori della riabilitazione visiva: si è fatto
il punto sullo
stato dell’arte dell’informatica per gli ipovedenti, sulle
opportunità offerte dai software, sulle
modalità di utilizzo e sulle novità, concentrandosi
sulle prospettive a livello medico e
tecnologico.

“Vogliamo
essere un punto di riferimento nella nostra bella e vecchia Europa nella
riabilitazione visiva – ha affermato l’avv. Giuseppe Castronovo, presidente
della IAPB Italia onlus, riferendosi al Polo Nazionale Ipovisione al Gemelli -. Questo per migliorare la qualità della vita e per
dare una maggiore autonomia ai minorati della vista”.

Dunque –
ha proseguito l’avv. Castronovo – “noi possiamo diventare come gliProf. Filippo Cruciani Usa, la Svezia e la Norvegia: possiamo essere
al primo posto per il benessere degli ipovedenti”.
Tra le relazioni più significative c’è stata quella del Prof. Filippo Cruciani, docente presso il Dipartimento di Oftalmologia dell’Università Sapienza di Roma: “Non esiste disabilità che non possa essere riabilitata” ha dichiarato ottimisticamente in apertura del suo intervento, che si è concentrato sulle potenzialità offerte dall’informatica e su come venga percepita la riabilitazione. Per scaricare il programma completo del seminario clicca
qui
.

Alla ricerca dello star bene

Alla ricerca dello
star bene
Censis: un
corretto stile di vita è considerato meno importante, ma aumentano le
preoccupazioni per fattori ambientali e genetici

Cosa vuol dire star bene
secondo gli italiani? A dare una risposta ha tentato il Censis, presentando nei
giorni scorsi uno studio molto accurato. Secondo il 27,6% degli italiani stare bene
vuol dire “ő‚sentirsi in forma, essere in grado di svolgere le normali attività“őé
(-7,9% rispetto alla precedente indagine del 1998). A crescere nell’ultimo
decennio è stato il consenso alla definizione di stato di salute come “ő‚assenza
di malattie“őé, fatta propria da quasi il 22% degli intervistati, con un balzo di
quasi 10 punti percentuali.

Naturalmente non contano solo gli stili di vita salutari, ma
anche ambiente e fattori ereditari. Cosa conta di più per il proprio benessere? Le campagne martellanti contro il fumo e altri comportamenti nocivi per la salute sembrano aver ridotto i propri effetti. Eppure ci sembra il caso di sottolineare come il
tabacco possa provocare dei danni anche a livello oculare: aumenta ad esempio
la possibilità di contrarre l’Amd, una malattia degenerativa che può colpire il
centro della retina degli anziani.

Tuttavia diminuisce la quota di italiani che individuano
nelle abitudini e nello stile di vita del soggetto i fattori che promuovono la
buona salute (-21,6% rispetto al 1998). Al contrario cresce in modo
significativo il richiamo alle condizioni ambientali (indicate dal 22,2% degli
intervistati, +10% rispetto al 1998), segno evidente di un’accresciuta
sensibilità ecologica, e ai fattori ereditari (8,9%, con un aumento del 6%),
anche grazie a una sempre maggiore attenzione – da parte della divulgazione
scientifica – riservata al Dna (a livello oculare c’è, ad esempio, la
retinopatia diabetica ad essere di origine ereditaria, ma anche malattie come
il glaucoma sembrano avere una matrice genetica).

Gli italiani dichiarano di seguire, nella stragrande
maggioranza dei casi, le prescrizioni dei medici per quanto concerne i farmaci. Nonostante
crescenti capacità critiche che talvolta rasentano lo scetticismo, la fiducia
nella classe medica è ancora alta. In caso di malattia grave è oltre il 90% a
rispettare le prescrizioni delle dosi e della durata della cura (percentuale
aumentata di oltre 10 punti rispetto al 1998), anche per le malattie lievi la
quota di coloro che seguono alla lettera le prescrizioni mediche è salita dal
38% a oltre il 54% degli intervistati.

Il ruolo riconosciuto ai
farmaci nel passato è di aver contribuito in maniera decisiva alla sconfitta
delle malattie mortali (lo pensa il 54% degli italiani, +14% rispetto al 2002).
L’80% ritiene che hanno contribuito molto alla possibilità di convivere con le
patologie croniche (percentuale aumentata di quasi 26 punti), il 76% riconosce
ai farmaci un merito sostanziale nel miglioramento della qualità della vita
(+15,7%). Complessivamente, nonostante la grande abbondanza di nuovi rimedi sul
mercato, sappiamo usare i farmaci meglio dei nostri genitori. Questo anche
grazie a una maggiore capacità di raccogliere informazioni utili.

Fonte originale: Censis

Quattro persone su dieci portano le lenti

Quattro persone su dieci portano le lenti Secondo l’Istat se ne fa più uso al Nord che al Sud 22 ottobre 2008 – Oltre il 41% della popolazione italiana fa uso di lenti. Gli occhiali e le lenti a contatto secondo l’Istat sono molto diffusi, tanto che questo tasso – che risale a uno studio del 2005 – se applicato alla popolazione odierna corrisponde a 24,5 milioni di persone. I vizi refrattivi vanno dalla miopia all’astigmatismo, passando per la presbiopia e l’ipermetropia. Come frequenza d’impiego delle lenti si va dal 10,7% per i bambini fino a 14 anni fino al 30% circa tra i 40 e i 44 anni, passando per il 26,4% tra i 15 e i 19 anni. Mentre tra i 45 e i 49 anni una persona su due ricorre alle lenti, dopo i cinquant’anni si supera la soglia del 60%, per arrivare – nella fascia compresa tra i 75 e i 79 anni – a un massimo del 67,6%. Tendenzialmente maggiore è l’età e più frequentemente si ricorre agli occhiali, innanzitutto per la presbiopia (la visione da vicino non è più nitida senza gli occhiali); tuttavia si registra una lieve flessione dopo gli 80 anni. La regione dove si impiegano più frequentemente le lenti è il Friuli Venezia Giulia (51,6%), seguita dalla Liguria (49,5%) e dalla Lombardia (48,1%), a pari merito con la Valle d’Aosta. La maglia nera va, invece, alla Campania (col 27%). Il Nord è complessivamente più attento agli ausili visivi per la correzione dei vizi refrattivi. L’importante è sottoporsi regolarmente a una visita oculistica, in modo tale da correggere tempestivamente eventuali difetti. Per ora il ricorso al laser per eliminare o ridurre i vizi refrattivi evidentemente non è ancora così frequente anche se – come si può immaginare – è in aumento. Persone che negli ultimi dodici mesi precedenti l’intervista hanno fatto uso di lenti (per regione, ripartizione geografica e tipo di comune). Istat, 2005 (per 100 persone della stessa regione).

TERRITORIO Lenti
REGIONI
Piemonte 46,1
Valle d’Aosta 48,1
Lombardia 48,1
Trentino-Alto Adige 45,8
– Bolzano-Bozen 43,4
-Trento 48,1
Veneto 47,6
Friuli-Venezia Giulia 51,6
Liguria 49,5
Emilia-Romagna 46,3
Toscana 43,9
Umbria 43,4
Marche 43,1
Lazio 38,1
Abruzzo 36,4
Molise 36,6
Campania 27
Puglia 35,7
Basilicata 29,9
Calabria 29,9
Sicilia 34,8
Sardegna 42
Italia 41,1
RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE
Italia Nord-Occidentale 47,7
Italia Nord-Orientale 47,4
Italia Centrale 41
Italia Meridionale 31,1
Italia Insulare 36,6
Italia 41,1

Fonte: Istat

Antiossidanti, un’arma contro la cecità

Non vedente con accompagnatore

Non vedente con accompagnatore Antiossidanti, un’arma contro la cecità Riducono la probabilità di contrarre l’AMD quando si è anziani Gli antiossidanti possono essere un’arma preziosa per prevenire la degenerazione maculare legata all’età (AMD) – una malattia oculare che colpisce il centro della retina –, soprattutto quando si è esposti frequentemente alla luce solare. A sostenerlo sono ricercatori della School of Hygiene & Tropical Medicine di Londra. Ben 4.753 persone con più di 65 anni sono state selezionate casualmente in Norvegia, Estonia, Inghilterra, Francia, Italia, Grecia e Spagna. L’età media dei partecipanti è stata di circa 73 anni (donne nel 55% dei casi). Durante lo studio è stato fotografato il fondo oculare (la retina) e sono stati effettuati dei prelievi sanguigni per conoscere il livello di antiossidanti. Inoltre sono stati fatte interviste per capire le abitudini di vita (grado d’istruzione, impiego di alcol e di fumo – che favorisce l’insorgere dell’Amd –, storia medica, tempo trascorso fuori casa, ecc.). Naturalmente è stato chiesto se si usassero occhiali, in particolare quelli scuri, oppure lenti a contatto. “I risultati – scrive l’università londinese – indicano che le persone con livelli di antiossidanti più bassi nel sangue sono più a rischio di contrarre l’Amd”. Dunque viene consigliato, particolarmente alle persone di mezza età, di proteggere i propri occhi dal sole e di assicurarsi che la dieta contenga le giuste sostanze nutritive e gli antiossidanti (per prevenire l’Amd è opportuno consumare pesce, noci, verdure a foglie verde…). L’occhio è particolarmente vulnerabile ai danni provocati dalla luce solare se non si fa ricorso a protezioni adeguate: soprattutto in caso di riverbero è opportuno ricorrere a filtri a norma di legge. “La radiazione ultravioletta – osserva l’università inglese – viene assorbita dal cristallino, ma la luce visibile ovvero quella ‘blu’ penetra fino alla retina e ci consente di vedere. Una protezione dagli effetti dannosi di questa luce viene fornita dalle vitamine antiossidanti C ed E, dai carotenoidi (luteina e zeaxantina) che la filtrano e dallo zinco”. “Non stiamo dicendo alla gente – precisa il Prof. Astrid Fletcher, che insegna epidemiologia dell’invecchiamento presso la London School of Hygene – di evitare il sole. I benefici della luce solare sono ben documentati, in particolare il suo ruolo nella sintesi della vitamina D”. Inoltre, conclude il docente, “non stiamo neanche raccomandando di assumere i complementi alimentari. È certamente possibile raggiungere le dosi giornaliere consigliate di questi antiossidanti essenziali seguendo una dieta equilibrata”.

Fonte: Londol School of Hygene and Tropical Medicine

Pagina pubblicata il 21 ottobre 2008.

Ultima modifica: 16 ottobre 2015

Diversi da chi-Radio 1

DIVERSI DA CHIdi Ilaria Sotis11 ottobre 2008Intervista all’avv.Giuseppe CastronovoPresidente della IAPB Italia onlus

Terapia genica, nuovo passo avanti contro la cecità

Topo mutante con Dna

Topo mutante con Dna Terapia genica, nuovo passo avanti contro la cecità Un giorno si potranno curare la retinite pigmentosa e la degenerazione maculare intervenendo sul Dna 17 ottobre 2008 – Un topo ci ‘salverà’ dalla cecità? Per ora si tratta solo di una terapia sperimentale, ma visto che si è intervenuti direttamente sul Dna – il codice della vita che struttura anche le capacità visive – la strada è molto promettente. Ricercatori del Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School (Usa), in collaborazione con studiosi giapponesi, sono riusciti a ridare la vista a cavie di laboratorio grazie a una strategia genetica a base di proteine sensibili alla luce. “Questa è la dimostrazione del principio che un giorno – prevede Richard Masland, direttore del laboratorio di neurobiologia cellulare dell’ospedale del Massachusetts – ci consentirà di rimediare allaDna ruotante cecità di persone affette da malattie come la retinite pigmentosa e la degenerazione maculare”. Questo perché – scrivono i ricercatori – la perdita dei fotorecettori […] porta alla cecità irreversibile. Mentre per un verso gli studiosi aspirano a nuove terapie, per un altro verso frenano: “Ci sono parecchi ostacoli che dobbiamo superare – avverte il Prof. Masland prima di poter cominciare i test clinici [sugli esseri umani], ma sono ottimista: questo lavoro un giorno potrebbe fare una grande differenza per chi altrimenti non vedrebbe affatto”. Lo studio ha indagato l’effetto di due proteine sensibili alla luce che si trovano nella retina: la melanopsina e la canal-rodopsina-2. Le cellule retiniche dette “gaglionali” sono specializzate: ricevono i segnali forniti dai coni e dai bastoncelli stimolati dalla luce, trasportando il segnale bioelettrico sino al cervello attraverso il nervo ottico (simile ad un cavetto dati). Dunque la squadra di ricercatori ha utilizzato come ‘cavallo di Troia’ un virus del raffreddore preventivamente reso innocuo: svuotato del suo contenuto genetico originale, è stato riempito con materiale genetico ‘sano’ ed è stato iniettato nell’occhio. In questo modo si è trasportato il gene responsabile della produzione di melanopsina e della canal-rodopsina-2 attraverso la retina delle cavie da laboratorio, i cui fotorecettori erano andati incontro a degenerazione proprio a causa della carenza di questa proteina.

Fonti: PNAS, Eureka Referenza originale: Bin Lin, Amane Koizumi, Nobushige Tanaka, Satchidananda Panda, and Richard H. Masland. “Restoration of visual function in retinal degeneration mice by ectopic expression of melanopsin“. PNAS 2008 105:16009-16014; published ahead of print October 3, 2008, published on paper October 14, doi:10.1073/pnas.0806114105. Per l’Abstract clicca qui

Radio 24-9 ottobre 2008


ESSERE E BENESSERE trasmissione condotta da
Nicoletta CarboneIntervista all’avv. Giuseppe Castronovo, Presidente dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus sulla Giornata mondiale della vista, in Italia contro il glaucoma9 ottobre 2008, ore 11