Con l’invecchiamento della popolazione aumentano i centenari all’anagrafe ma aumentano, anche, i casi di multimorbidità e i decessi per malattie croniche. Una delle missioni dell’Istituto Superiore di Sanità è comprendere come invecchiare in salute e divulgare alla popolazione i corretti stili di vita. L’inclusione sociale è tra gli elementi che influenzano la longevità. Una condizione alla quale vista e udito contribuiscono in maniera determinante. Ma anche il Sistema Sanitario Nazionale è un fattore di rischio che entra nell’equazione.
“Non è raro, soprattutto in età avanzata, che la morte di un coniuge venga seguita, dopo pochi tempo, da quella del coniuge sopravvissuto. È come se qualcosa venisse meno e la persona lasciasse la presa sulla vita. È per questo che, quando esercitavo come Geriatra, la prima domanda che rivolgevo ai pazienti era: «Lei con chi vive?». La vita di relazione è un elemento importante nella salute della persona anziana e l’isolamento sociale è un problema sanitario grandemente sottostimato”.
Da pochi mesi Graziano Onder è Direttore del Dipartimento di malattie cardiovascolari, endocrino metaboliche e dell’invecchiamento presso l’Istituto Superiore di Sanità. Attraverso la ricerca sulle malattie croniche e la divulgazione, l’obiettivo del Dipartimento è quello di favorire l’invecchiamento in salute.
“Esiste una forte correlazione tra invecchiamento e malattie croniche: è l’età, infatti, il loro principale fattore di rischio. E, siccome la popolazione invecchia, così aumentano le malattie croniche che sono responsabili, ormai, dell’85 per cento dei decessi[1]. Queste patologie – prosegue Onder – interessano complessivamente 25 milioni di persone in Italia e vanno dalle bronchiti croniche alle cardiopatie, dall’osteoporosi e all’artrite. È nell’anziano, però, che sono endemiche e, in due anziani su tre, sono presenti almeno due patologie croniche in contemporanea”.
La correlazione tra invecchiamento demografico e incremento delle cronicità pone al centro la questione della prevenzione.
“La genetica è il primo fattore connesso alla longevità e pesa, circa, per un 25 per cento sull’aspettativa di vita. Altri elementi, già noti, sono gli stili di vita: l’alimentazione sana, il movimento, il non fumare e il non bere alcolici. Meno conosciuta – perché meno spesso elencata tra i fattori di rischio – è la qualità del sistema sanitario nazionale. Una sanità che investe negli screening, nei controlli periodici e nelle campagne di vaccinazione è una sanità che aiuta le persone a vivere più sane e più a lungo. Ecco perché, tra i diversi Paesi industrializzati, gli Stati Uniti hanno l’aspettativa di vita più bassa: manca un sistema sanitario gratuito per tutti. La vaccinazione influenzale per gli anziani, in questo periodo è, per esempio, particolarmente importante perché sono migliaia, ogni anno, i morti per le complicazioni da influenza tra le fasce di età più alte[2]”.
“Infine – spiega Onder – c’è un altro fattore che è collegato alla longevità: il livello di inclusione sociale. Persone anziane inserite in una rete di relazioni forti e stabili hanno maggiori probabilità di vivere a lungo. Delle famose Zone Blu in Sardegna, Giappone, Stati Uniti, Grecia e Costa Rica nelle quali la percentuale di centenari è particolarmente alta, tutte manifestano un forte intreccio relazionale del quale gli anziani beneficiano. L’Italia, in questo, è ancora un’oasi felice grazia non solo alla coesione delle famiglie ma alla ‘rete informale’ di persone – vicini di casa, volontari, etc – che può venire incontro ai bisogni, materiali e non, di chi non è più giovane”.
È in questo ottica che i deficit sensoriali si rivelano particolarmente rilevanti. Vista e udito sono strumenti importanti per garantire quella stessa inclusione sociale che influisce su salute e aspettativa di vita. Parlando al simposio organizzato dal Polo nazionale per la riabilitazione visiva durante il 99° Congresso SOI, Graziano Onder ha sottolineato “la correlazione tra deficit sensoriali e deterioramento cognitivo, per esempio nel caso della perdita delle vista connessa al peggioramento della memoria”. Ma anche in concomitanza con gravi patologie come l’Alzheimer i deficit sensoriali “peggiorano sensibilmente le probabilità di un comportamento aggressivo, di fuga e di difficile ambientazione e relazione tra pazienti e care giver. Tutto ciò non avviene per caso, ma conferma che, in qualsiasi situazione, l’inclusione e la capacità di relazionarsi con le persone rappresenta un elemento importante nella prospettiva di salute della persona anziana”.
“Di individui con più di 110 anni
– conclude Onder – se ne contano
veramente pochi, segno che, oltre quell’età, l’umanità incontra verosimilmente
il suo limite fisiologico. I centenari, viceversa, continuano ad aumentare
–soprattutto tra le donne che vivono, in media, 5 anni più degli uomini. In
Italia si aggirano tra i 17 e i 18mila. Questo ci dice che l’avvicinarsi al secolo di vita comincia ad
essere una prospettiva realistica. Ed è proprio in quest’ottica che tutti –
e a qualsiasi età – dovrebbero sforzarsi di sottoporsi regolarmente a controlli
medici tenendo conto di tutti i fattori
di rischio a noi noti che influiscono sulla longevità. Anche quelli meno pubblicizzati
come inclusione sociale, vista e udito”.
[1] Rielaborazione dati Istat da parte di “Osserva Salute”
[2] Influenza, ogni anno in Italia più di 7mila morti per complicanze – Corriere.it – 2015 (LINK)