La terza e ultima sessione della maratona live, organizzata in occasione della Giornata Mondiale della Vista, ha approfondito il tema della prevenzione oftalmologica nel mondo e la necessità di comunicare con empatia l’importanza dello screening preventivo.
“La vista è un bene prezioso, tante sono le malattie che la colpiscono, ma non si presta mai abbastanza attenzione alla sua protezione”. Inizia così l’intervento di Silvio Paolo Mariotti, Responsabile per la Prevenzione della Cecità e Salute Oculare dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “Molte malattie oftalmiche sono degenerative ed è tardi andare dall’oculista solo quando si presentano i sintomi, perché è proprio lì che comincia la fase finale, il punto di non ritorno. Non bisogna aspettare, ma prevenire”, ha proseguito Mariotti. “C’è un problema di percezione delle malattie oftalmiche che, non essendo mortali, non vengono temute come pericolose e lo stesso sistema sanitario, fino a qualche tempo fa, non le includeva nelle cure primarie”.
“L’incapacità visiva ricade a livello sociale in tutti paesi, sia che abbiano un alto reddito, sia che ne abbiano uno basso”, interviene Alessandra Vari, Medico, esperta di medicina internazionale. “L’igiene e il lavaggio delle mani condizionano la salute dell’apparato visivo e ciò comporta l’aggravare della situazione in paesi con poche risorse come l’Africa, in cui c’è già una grande mancanza di professionisti per le cure e la prevenzione. Le persone perdono la vista perché non sono possibili operazioni con tecniche moderne che risultano essere insostenibili in posti in cui manca l’elettricità anche per le azioni quotidiane. Le risorse umane per le cure sul posto scarseggiano ed è complicato colmare questa assenza. Si è quindi pensato a tecniche di task-shifting attraverso cui si sta cercando di addestrare personale, come ad esempio le maestre dei villaggi, al fine di essere capaci almeno di attuare un primo screening della malattia. Lavorando in paesi in cui non c’è nulla, dispiace vedere come non ci sia interesse per la prevenzione in paesi sviluppati, che hanno invece libero accesso alla telemedicina e la possibilità di diagnosticare la malattia curandola per tempo”, conclude la dottoressa.
Bisogna accedere alle cure proprio perché nel nostro paese è possibile. La cultura della salute della vista deve diventare un’abitudine di vita ed è quindi necessario aiutare i pazienti a capire come avere accesso alle cure e, soprattutto, come poterle affrontare. Questo è ciò su cui convergono Mariotti e Vari.
“È necessario interessarsi alla persona che viene a chiedere le cure, prima come essere umano e poi come malato, ed accompagnarla attraverso un percorso fatto di scienza ed empatia al fine di avere un approccio umanistico completo”, è il messaggio conclusivo di Mariotti. “È doveroso comprendere – aggiunge – che davanti a noi c’è una persona e solo l’umanizzazione della medicina può riportare quel valore aggiunto che può costruire legami solidi e permettere la continuità delle cure attraverso la fiducia che il paziente ripone nel medico. Giornate come queste sono indispensabili per un cambiamento culturale e la prevenzione deve far parte della vita quotidiana al fine di evitare ciò che non si può più curare”.