Screening neonatali, in futuro probabili più esami La prevenzione passa anche per le visite sin dalla nascita: al neonatologo si può affiancare un oculista 12 febbraio 2015 – Anche l’occhio vuole la sua parte. Quando si tratta di sottoporre un neonato a un controllo medico non bisogna trascurare né il neonatologo né, possibilmente, l’oculista. Il pediatra può decidere se effettuare un check-up medico di base oppure uno più approfondito. In alcuni casi può rinviare a uno specialista. Ora a livello normativo potrà esserci un’estensione degli obblighi legati agli screening neonatali. “Lo screening è l’attività di sanità pubblica finalizzata – scrive l’Ospedale Bambino Gesù di Roma – all’ individuazione precoce di malattie per le quali esiste una cura il cui inizio nei primi giorni di vita è in grado migliorare in modo significativo la prognosi, riducendone la morbilità , il rischio di disabilità e di mortalità. In Italia lo screening neonatale per la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo è obbligatorio per tre malattie congenite: l’ ipotiroidismo , la fenilchetonuria e la fibrosi cistica . Da una decina d’anni a questa parte, è disponibile uno screening allargato, per permettere di identificare alla nascita la presenza di un rilevante numero di altre malattie metaboliche”. Lo screening esteso è iniziato in Toscana sin dal 2004, passando dalle tre obbligatorie a oltre 40 malattie metaboliche. Lo scopo è quello di individuare, prima della comparsa dei sintomi, le malattie genetiche: una diagnosi precoce consente di iniziare rapidamente terapie specifiche laddove queste siano disponibili. Nuovi provvedimenti legislativi potrebbero riordinare gli screening neonatali allargati. “Non esistono – scrive il Bambino Gesù – ostacoli di natura tecnologica allo screening allargato, ma rimane l’esigenza di mantenere saldi i criteri della disponibilità di un trattamento in grado di migliorare la qualità e l’aspettativa di vita del paziente e la possibilità di offrire una consulenza genetica alla famiglia per una riproduzione responsabile”.
Fonte: Ospedale Bambino Gesù