La riabilitazione visiva come parte fondamentale della cura assieme agli esami oculistici per aiutare gli ipovedenti ad utilizzare al meglio il residuo visivo.
La storia di Ida Wheeler, 103 anni, è la storia di tanti ipovedenti che nel corso della propria vita hanno perso progressivamente la vista a causa della degenerazione maculare legata all’età, ritenendo che nulla fosse possibile per tornare a svolgere in autonomia la propria vita. “A questo punto – spiega il Dott. Donald C. Fletcher in un video dell’American Academy of Ophthalmology – non è possibile recuperare la vista, ma possiamo aiutare le persone ad addestrare più efficacemente il residuo visivo grazie ad ausili visivi ed elettronici”.
Dispositivi ottici ed elettronici, quali lenti d’ingrandimento illuminate e videoingranditori da tavolo, che grazie ad una telecamera ingrandiscono testi e immagini riflettendole sullo schermo, hanno aiutato la paziente nella lettura, oltre che ad eseguire attività che richiedono la coordinazione occhio-mano.
Attraverso la riabilitazione visiva, la paziente ha potuto conoscere le tecniche per rinforzare il residuo visivo in relazione alla mobilità, all’orientamento e all’accesso all’informazione, in un percorso di continuità delle cure assieme alle visite oculistiche.
È questa la filosofia utilizzata da una sponda all’altra dell’Atlantico e, in Italia, il Centro di riferimento è il Polo Nazionale Ipovisione e Riabilitazione visiva, Collaborating Centre dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La bella storia è racconta in un video (in inglese) sul sito della AAO: https://youtu.be/j4Mcx-82Dzw