Facendo movimento si aumenta la plasticità cerebrale e persino la visione ne risente positivamente
Una lunga pedalata può, in qualche modo, fare bene alla vista. Se la strada contro la cecità può essere talvolta in salita, un buono stile di vita comunque può aiutare i nostri occhi a stare meglio.
Grazie a un nuovo studio si è riscontrato un miglioramento della visione grazie al movimento fisico: se un occhio viene bendato, la capacità visiva dell’occhio scoperto migliora per via indiretta, usando una cyclette in precise condizioni sperimentali (agli adulti volontari veniva mostrato un film durante il quale pedalavano a cicli di 10 minuti e per altri 10 si riposavano, per un totale di due ore, coprendo un occhio).
Questo risultato potrebbe, quindi, contribuire a migliorare le tecniche di neuroriabilitazione visiva. La ricerca è stata pubblicata a firma di due ricercatori italiani dell’Istituto di neuroscienze del CNR di Pisa e del Dipartimento di ricerca traslazionale e nuove tecnologie in medicina e chirurgia (Università di Pisa). “L’esercizio fisico – scrivono gli scienziati su Current Biology risulta essere particolarmente interessante per le sue potenziali applicazioni cliniche”. Dunque i ricercatori puntano a migliorare il recupero visivo in chi è ambliope (affetto da occhio pigro): normalmente si possono prevenire danni all’apparato visivo se interviene sin da bambini, coprendo l’occhio sano e spingendo, quindi, quello non attivo a lavorare. Questa ricerca, concludono i due autori, però dimostra per “la prima volta che l’attività fisica aumenta negli esseri umani, a breve termine, la plasticità della corteccia visiva degli adulti”.
Se da un lato è vero che la plasticità neuronale è massima da bambini (durante lo sviluppo), è anche vero che si può – almeno in parte – migliorare la plasticità del cervello degli adulti: nonostante sia molto più limitata, essa resta cruciale per la neuroriabilitazione. Per questo livelli moderati di attività fisica potrebbero contribuire a ottenere risultati migliori a livello visivo.
Fonte originale: Current Biology