OMS, 94% della popolazione subisce il fumo passivo L’Organizzazione mondiale della sanità denuncia: in molti Paesi non esistono leggi per tutelare i non fumatori 10 dicembre 2009 – La salute può andare… in fumo. A essere colpiti dagli effetti nocivi del tabacco non sono solo i fumatori, ma anche chi lo subisce passivamente. Una vera e propria piaga planetaria se è vero, come sostiene l’Oms in un nuovo Rapporto presentato ieri, che il 94% della popolazione mondiale non viene protetta dall’ombrello della legge per difendere i polmoni e il resto dell’organismo da composti che nuocciono gravemente alla salute. Le spire del fumo avviluppano persino la vista: è ormai dimostrato che il tabacco favorisce l’insorgenza dell’AMD, prima causa di cecità nei Paesi sviluppati, la cui forma secca è attualmente incurabile. Inoltre, naturalmente il fumo passivo può provocare anche arrossamenti oculari. Le sigarette ‘bruciano’ persino la sopravvivenza: ogni anno, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, perdono la vita cinque milioni di persone per questa causa (principalmente per tumore). Se il trend attuale proseguirà è stato stimato che nel 2030 le vittime saranno circa il doppio (per l’80% nei Paesi in via di sviluppo): si potrebbe arrivare a un miliardo di vite umane falcidiate dal tabacco solo in questo secolo. Dunque, quest’anno l’Oms ha puntato alla sensibilizzazione: bisogna rendere gli ambienti liberi dal fumo. Il fumo, d’altronde, è ricco di ‘veleni’. Secondo la Fondazione Veronesi attualmente si stima che siano oltre 14 milioni gli italiani che portano ripetutamente la sigaretta alla bocca e, fra questi, 5 milioni sono donne, un numero in costante crescita. È aumentato il numero delle donne fumatrici e sono cresciuti i numeri delle patologie legate al fumo. La prima sigaretta si accende a soli 11 anni. Fra i 15 e i 17 anni consuma tabacco quasi il 7% delle ragazze (negli anni 90 erano meno del 4,5%). Tra i 18 e i 19 anni il 15% e fra i 20 e 24 anni la percentuale raggiunge il 20%. Who Report on the Global Tabacco Epidemic 2009
Fonti: Oms, Fondazione Veronesi. Ultimo aggiornamento di questa pagina: 11 dicembre 2009