La discussione al tavolo di Welfair – Fare Sanità, con Mario Barbuto, Presidente di IAPB Italia ETS, e alcuni dei maggiori esperti dell’oculistica italiana, ha messo in luce le sfide future del settore, concentrandosi sui rischi di una privatizzazione crescente dell’oculistica e sugli impatti di tale evoluzione sulla qualità e sull’accesso alle cure.
La questione dell’oculistica e della sua collocazione all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) è al centro di un acceso dibattito. La domanda fondamentale che ha alimentato la discussione all’interno del tavolo di Welfair – fare Sanità è: L’oculistica sta seguendo lo stesso percorso di privatizzazione dell’odontoiatria?
Problemi attuali e rischi di privatizzazione
Uno dei principali problemi legati agli attuali LEA è l’ulteriore abbassamento dei rimborsi, in particolare per la chirurgia della cataratta, che è l’intervento chirurgico più eseguito al mondo. A partire dal 1° gennaio 2025, i nuovi LEA prevedono un rimborso di circa 800 euro per l’intervento, una cifra insufficiente a coprire le spese di personale e materiali per ospedali pubblici e cliniche convenzionate.
Con un rimborso così basso, alcuni attori temono un progressivo processo di privatizzazione dell’oculistica in Italia. Le strutture pubbliche e, soprattutto, quelle private convenzionate, non saranno più in grado e non avranno più interesse a sostenere la chirurgia della cataratta a causa del margine di guadagno minimo. Di conseguenza, crescerà il numero di cliniche private specializzate in questo tipo di chirurgia e nell’oculistica in generale. I primi segnali di questa trasformazione sono già visibili, con fondi internazionali e gruppi sanitari italiani che stanno acquisendo numerosi centri oculistici in previsione di questo scenario.
Le difficoltà economiche, indipendentemente dai nuovi LEA, colpiscono anche altri interventi: trapianti di cornea, distacchi di retina e vitrectomie. Anche le operazioni per il glaucoma con protesi valvolari o stent sono particolarmente in perdita, e si prevede che gli ospedali pubblici possano continuare a effettuarle, ma con tempi di attesa sempre più lunghi. Questo scenario favorirà l’emergere della medicina privata, con rischi per la qualità dei servizi, medici sottopagati e pazienti costretti a sostenere i costi degli interventi.
Le proposte emerse: DGR formativi
Il tavolo, moderato dal dottor Domenico Schiano Lomoriello, della Fondazione IRCCS G.B. Bietti, ha sollevato perplessità anche sull’aumento post-Covid dei posti per specializzandi in oculistica, ritenuto ingiustificato rispetto alle reali esigenze del settore. Questo sovraffollamento formativo, infatti, può portare a una preparazione meno approfondita e diminuire il potere contrattuale dei futuri oculisti, soprattutto nel settore privato.
Tra le proposte condivise, Mario Barbuto, Presidente di IAPB Italia ETS e dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, ha suggerito un’azione coordinata tra associazioni di pazienti, oculisti e altri attori, per rafforzare la presenza dell’oculistica nel SSN e puntare a un miglioramento dei LEA, evitando riduzioni. In quest’ottica sarebbe utile un’azione congiunta tra le diverse branche mediche per esprimere una richiesta collettiva.
È emersa anche la riflessione sul ruolo delle assicurazioni che permettano di sostenere gli interventi extra SSN in un’ottica di passaggio da un modello sanitario universalistico ad uno integrato.
Per ottenere un’attenzione reale, è fondamentale il supporto delle associazioni di pazienti, che dovrebbero alzare la voce e farsi portavoce delle esigenze dei professionisti e dei pazienti stessi.
Un’altra proposta riguarda l’introduzione di DRG didattici, che permettano di coprire i costi degli interventi chirurgici eseguiti a scopo formativo. Gli interventi didattici richiedono più tempo e risorse, e con i rimborsi standard le strutture subiscono perdite. DRG specifici per la formazione pratica garantirebbero invece un sostegno per la didattica chirurgica.
Conclusione: una riforma strutturale del sistema sanitario
In sintesi, è emersa la necessità di una riforma strutturale del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), che vada oltre le singole specialità per rivedere l’intero sistema. I partecipanti auspicano che l’Italia possa ispirarsi a modelli sanitari esteri, come quello francese, pur rispettando le peculiarità locali.