Secondo l’Istat in Italia oltre un terzo degli anziani soffre di limitazioni visive gravi o moderate
Cecità e ipovisione “annebbiano” la salute del Vecchio Continente. Nell’Unione europea le gravi limitazioni visive colpiscono mediamente il 2,1% della popolazione dai 15 anni in su, mentre a partire dai 65 anni si arriva al 5,6% e dai 75 anni all’8,7% [[la popolazione Ue complessiva era di oltre 508,5 milioni nel 2015]]. Nel nostro Paese oltre un terzo degli anziani soffre di limitazioni visive almeno moderate, il che significa circa 4,5 milioni di persone.
Cosa accade nel Belpaese
L’Istat ha pubblicato, il 19 ottobre 2017, un nuovo Rapporto sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione europea”: in Italia le cifre sono indicativamente in linea con l’intera Ue a 28 Stati. Infatti nel nostro Paese due persone su cento, dai 15 anni in su, soffrono di gravi limitazioni sul piano visivo [[nel 2015 nel nostro Paese le persone con un’età uguale o superiore a 15 anni erano complessivamente 52.412.490 su un popolazione di oltre 60 milioni di abitanti]], percentuale che sale al 5,4% tra chi ha più di 65 anni e all’8,6% per chi ha almeno 75 anni.
Lo scenario diventa più preoccupante se si sommano le limitazioni visive moderate a quelle gravi: in questo caso dai 75 anni in poi ne soffrono 43 persone su 100, il 33,4% a partire dai 65 anni e il 17,6% dai 15 anni in su.
Quell’Italia che non si muove
Per preservarsi in salute contano anche gli stili di vita. La sedentarietà è invece un “virus” che ancora colpisce gli italiani: secondo Eurostat (2015) in Italia 65 persone su cento con almeno 15 anni non dedicano neanche un minuto la settimana al movimento fisico contro il 48,8% dell’intera Unione europea. Tale forma di pigrizia sembra risparmiare, tra le nostre Regioni, solo il Trentino Alto Adige; il Veneto e l’Emilia Romagna si attestano invece attorno alla media europea, mentre tutte le altre fanno decisamente peggio.
Nel Belpaese complessivamente fa movimento regolarmente solo il 16,8% della popolazione over 15 (contro il 20,4% della media Ue) per un tempo fino a 149 minuti (circa due ore e mezzo la settimana), che si riduce al 9,4% (il 14,2% nell’Ue) se si considerano dalle due e mezzo alle cinque ore d’esercizio; infine ci attestiamo a circa la metà della media Ue quando si va oltre le cinque ore settimanali d’esercizio (8,9% dell’Italia contro il 16,6% dell’Unione europea).
Troppe disuguaglianze sociali in sanità
Si confermano, secondo l’Istat, le disuguaglianze sociali nelle condizioni di salute. Il 55,7% degli anziani del primo quinto di reddito sono colpiti da più di una malattia cronica contro il 40,6% dell’ultimo quinto. Analogamente accade per chi soffre di almeno una malattia cronica grave (46,4% contro 39,0%), vive una seria riduzione di autonomia nelle attività di cura della persona (13,2% contro 8,8%) e in quelle quotidiane di tipo domestico (35,7% contro 22,0%) oppure per chi ha gravi limitazioni motorie.
Nel Mezzogiorno si stima una prevalenza del 56,4% di persone con almeno due patologie croniche (contro il 42,7% del Nord) e una presenza di anziani affette da malattie croniche gravi del 49,4% (contro il 39,4% del Settentrione), oltre che colpite da gravi limitazioni motorie (il 27,7% contro il 17%) o sensoriali (il 16,5% contro il 12,8%).
Tra gli anziani con grave riduzione di autonomia nelle attività di cura della persona il 58,1% dichiara di aver bisogno di aiuto o di averne in misura insufficiente. La quota di aiuto non soddisfatto appare superiore al Sud (67,5%) e, sempre nella terza età, tra i meno abbienti (64,2%).
Oltre un anziano su quattro (25,9%) dichiara di poter contare su una solida rete di sostegno sociale, il 18% su una debole assistenza e uno su due si colloca invece in una situazione intermedia. Gli anziani soli più frequentemente riferiscono uno scarso supporto, in particolare i maschi (24,7%) e gli over65 che vivono in aree popolate (20,2%) sia nel Nord-ovest che nel Sud.
Fonti: Istat, Quotidiano Sanità, Eurostat