Gli ultimi anni sono stati particolarmente fruttuosi per quanto riguarda la ricerca sulla sindrome dell’occhio secco e la cheratite: diversi studi e articoli scientifici hanno raccolto importanti novità inerenti la diagnostica e il trattamento di tali condizioni
La sindrome dell’occhio secco
La sindrome dell’occhio secco è una condizione che, oggigiorno, affligge un numero sempre maggiore di pazienti e le motivazioni sono molteplici: l’invecchiamento generale della popolazione, l’utilizzo giornaliero delle lenti a contatto che possono svolgere un’azione irritante sulla superficie oculare, ed infine, un’esposizione costante agli schermi elettronici.
L’ultimo fattore, in particolare, è in grado di riprogrammare il nostro cervello alterando la dinamica del battito delle palpebre (ammiccamento) e, di conseguenza, causare non solo la sindrome dell’occhio secco ma anche la disfunzione delle ghiandole di Meibomio o, nel peggiore dei casi, la Cheratite.
Ovviamente l’aumento dei casi ha significato anche una maggiore attenzione da parte della comunità scientifica nello studio di questi disturbi e un corrispettivo aumento dei possibili trattamenti.
Un nuovo paradigma preventivo
Per quel che concerne il trattamento e la prevenzione della Cheratite, la dottoressa Sandra Lora Cremens, membro dell’American College of Surgeons, ha illustrato durante il recente Women in Ophthalmology Summer Symposium un nuovo paradigma preventivo.
Per i pazienti con un’esposizione maggiore alle 4 ore giornaliere agli schermi elettronici, oltre ad una Meibografia annuale, alla classica igiene delle palpebre e ad una riduzione dell’utilizzo di strumenti elettronici, il trattamento proposto prevede anche l’instillazione di lacrime artificiali senza conservanti ai primi segni di secchezza oculare e l’utilizzo di colliri a base di steroidi.
Questo nuovo paradigma per la prevenzione della cheratite si concentra sul salvataggio e sul ripristino funzionale di cellule e strutture oculari in particolare attraverso il trattamento specifico delle ghiandole di Meibomio, con l’uso di impacchi caldi, massaggi, terapia con luce pulsata intensa, nonché il sondaggio delle ghiandole stesse.
Inoltre, sia per il trattamento delle ghiandole lacrimali che delle cellule mucipare caliciformi si sono rivelate utili iniezioni di plasma ricco di piastrine nelle ghiandole e di cellule staminali adipose della frazione vascolare stromale.
Ovviamente al trattamento terapeutico va associato un cambiamento nello stile di vita dei pazienti, in particolare per ciò che concerne i bambini.
La dottoressa Cremens consiglia per questi ultimi di evitare un’esposizione prolungata agli schermi elettronici (rimanendo sotto le 4 ore giornaliere).
Un ampliamento nelle possibilità di trattamento
Negli ultimi 20 anni il focus dei medici è passato dal semplice trattamento del problema a uno studio approfondito delle sue cause.
Oltre al Perfluorohexyloctane che agisce andando ad impedire l’evaporazione delle lacrime e quindi risultato particolarmente efficace nei pazienti con disfunzione delle ghiandole di Meibomio, i dottori David Wirta e George N. Magrath, segnalano anche l’utilizzo di spray nasali contenenti vareniclina, agonista parziale dei recettori nicotinici che stimola i nervi secretori, aumentando quindi l’attività della ghiandola lacrimale e di soluzioni oftalmiche a base di Ciclosporina.
Al fianco dei più tradizionali medicinali, si affiancano trattamenti come luce pulsata (Lumenis), sistemi di pulsazione termica (LipiFlow), sistemi che applicano compressione e calore (iLux) e trattamenti termici localizzati (TearCare System).
Vi sono inoltre una serie di formulazioni topiche attualmente alla fase 3 dei trials sperimentali, tra cui, BRM421, che stimola la rigenerazione dei tessuti e la riparazione della cornea, riduce l’infiammazione e migliora la qualità delle lacrime; Reproxalap che riduce l’infiammazione;SI-614 che stabilizza il film lacrimale e favorisce la guarigione delle ferite corneali; Tivanisiran che controlla il dolore e l’infiammazione e Visomitin che contrasta l’infiammazione, il danno corneale e la carenza di lacrime.
La radiofrequenza transcutanea
Ai già citati trattamenti si aggiunge il recente studio effettuato dal dottor Sean Paul che, con i suoi colleghi, ha voluto indagare la possibilità che la spremitura delle ghiandole di Meibomio unita alla radiofrequenza transcutanea potesse risultare efficace nel trattamento della sindrome dell’occhio secco.
Trentadue pazienti sono stati sottoposti al trattamento per poi valutarne gli effetti ad 1, 3 e 6 mesi di distanza basandosi su cinque parametri: un questionario di autovalutazione per quanto riguarda la secchezza oculare (SPEED), l’indice di patologia della superficie oculare (OSDI), il test di rottura del film lacrimale (TBUT), il punteggio di fluorescenza della cornea (CFS) ed infine il punteggio delle ghiandole di Meibomio (MGS).
Tutti e trentadue i pazienti hanno mostrato un miglioramento significativo in ognuno dei parametri citati.
Come è cambiata la diagnostica
Questi avanzamenti nel trattamento dei disturbi legati alla secchezza oculare sono stati possibili solo grazie al parallelo avanzamento nella diagnosi della stessa.
All’usuale test di Schirmer si sono affiancati, infatti, l’InflammaDry, test in grado di rilevare l’enzima MMP-9, legato a stati infiammatori, particolarmente utile quindi per identificare pazienti che potrebbero trarre beneficio da una terapia antinfiammatoria, il test ATD TearScan 300 che misura i livelli di IgE e di lattoferrina nelle lacrime ed infine TearLab che misura l’osmolarità delle lacrime e può essere utile oltre che in fase diagnostica anche per monitorare l’efficacia della terapia.
Conclusioni
Al di là dei risultati ad oggi raggiunti e dei benefici che i pazienti ne stanno traendo e ne trarranno in futuro, molto ancora c’è da scoprire sulla secchezza oculare, tra cui l’influenza effettiva di fattori ambientali e abitudini giornaliere.
Fonti: