Uno studio internazionale pubblicato su “Ophthalmology” ha realizzato una revisione sistematica della mancata aderenza terapeutica alle iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF, al fine di identificare i fattori che possono ostacolare la terapia nei pazienti con degenerazione maculare legata all’età.
Una delle possibilità terapeutiche più efficaci per contrastare la degenerazione maculare legata all’età (DMLE), una malattia retinica che provoca la riduzione della visione centrale, è rappresentata dalle iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF. Tali iniezioni svolgono un ruolo centrale nella gestione della malattia: grazie alla loro somministrazione, infatti, è possibile ottenere un forte rallentamento delle forme essudative. Tuttavia, questo trattamento risulta efficace se stabile e prolungato nel tempo.
Per la prima volta, uno studio internazionale ha effettuato una revisione sistematica[1]dei fattori che possono influenzare la mancata aderenza al trattamento e la scarsa persistenza alle iniezioni intravitreali, ricostruendo le principali barriere alla terapia e, di conseguenza, ai benefici associati[2]. Questi fattori sono stati suddivisi in cinque domini principali sulla base delle dimensioni standard definite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, quali ad esempio: i fattori correlati alla terapia, al paziente, alla condizione, all’assistenza e al sistema sanitario complessivo e, infine, quelli derivanti dalle condizioni socio-economiche.
All’interno dello studio, la “non aderenza” è stata definita come una violazione o una deviazione dalle raccomandazioni terapeutiche, mentre la “non persistenza” come un’interruzione del trattamento. Gli studi presi in considerazione sono stati principalmente europei e statunitensi e hanno previsto l’analisi di una popolazione prevalentemente caucasica.
Dai risultati della revisione sistematica di 1.436 studi, è emerso che i tassi di non persistenza e/o non aderenza segnalati sono stati piuttosto elevati: la non persistenza ai trattamenti, infatti, si è verificata precocemente, con il 50% dei pazienti che ha interrotto il trattamento entro 24 mesi; allo stesso modo, la mancata aderenza al trattamento o agli appuntamenti di monitoraggio previsti ha mostrato variazioni che oscillano dal 32% al 95%. Per la maggior parte dei pazienti, l’inizio della scarsa persistenza si è manifestato precocemente entro i primi 6 mesi. Questo dato suggerisce che la scelta di continuare la terapia viene presa per lo più in anticipo e che l’interruzione è dovuta maggiormente ad una scelta volontaria della persona piuttosto che alla mancata previsione di visite di follow-up.
Tra le dimensioni di non aderenza e/o non persistenza, la terapia ha rappresentato un fattore significativo nel 42,8% dei casi. In particolare, la scarsa risposta al trattamento e la peggiore acuità visiva sono stati i principali fattori di rischio. Molti pazienti, tuttavia, hanno segnalato anche la paura delle iniezioni (21%) come principale barriera, riportando una certa condizione di disagio dopo la somministrazione delle iniezioni. Di contro, una volta che un paziente è rimasto in trattamento per diversi anni è stata riscontrata una minore probabilità di scarsa aderenza. È possibile, dunque, che quando vengono superate le barriere iniziali ed è stabilita una certa routine di cura, il paziente sia maggiormente interessato a continuare il trattamento.
Le dimensioni relative al paziente e alla condizione hanno evidenziato ulteriori fattori di rischio. Tra questi, in particolare, si segnalano l’età avanzata, il cattivo stato di salute e la presenza di comorbidità.
Anche l’assistenza ha rappresentato una ragione significativa di non persistenza al trattamento. Come riportato dai pazienti, il mancato servizio di trasporto o la distanza dal centro di cura sono risultati decisivi per il 46%. Inoltre, nel 47% dei casi è stata segnalata l’insufficiente capacità clinica della struttura, come i mancati appuntamenti nel periodo richiesto dal paziente. Si evidenzia poi il peso dei fattori “stagionali” con almeno una visita mancata (46%) registrata durante il periodo delle vacanze.
Infine, le spese finanziarie non hanno rappresentato un significativo ostacolo al trattamento, con meno del 10% delle segnalazioni.
I fattori di rischio per il mancato adeguamento terapeutico alle iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF sono dunque multidimensionali e molto si può fare per aumentare la consapevolezza su ciascuna area. La conoscenza approfondita di queste dimensioni, infatti, può aiutare significativamente ad identificare le persone con DMLE maggiormente a rischio e a sostenere lo sviluppo di soluzioni mirate, che possano ottimizzare nel lungo periodo le cure per tutte le tipologie di pazienti.
[1] M. Okanda et al., Non-adherence or non-persistence to intravitreal injection therapy for neovascular age-related macular degeneration: a mixed-methods systematic review, in “Ophthalmology”, Agosto 2020.
[2] La revisione è stata condotta in conformità con i principi stabiliti nel “Manuale Cochrane” per le revisioni sistematiche degli interventi. Il rischio di bias è stato valutato utilizzando lo strumento di valutazione del metodo misto e il GRADE-CERQual (Confidence in the Evidence from Reviews of Qualitative Research).