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Aree del cervello deputate alla visione (Fonte: Università di Monaco, Germania)

L’occhio della mente

Aree del cervello deputate alla visione (Fonte: Università di Monaco, Germania)L’occhio della mente Una nuova ricerca fa sperare i ciechi: si potrebbe stimolare direttamente la loro corteccia visiva 11 giugno 2012 – Chiudi gli occhi e immagina di vedere un viso. In futuro i ciechi potrebbero vedere così, ma non con la loro immaginazione. Infatti potrà essere stimolata direttamente la loro corteccia visiva: è il tentativo avveniristico che stanno portando avanti i ricercatori del Texas Medical Center (Usa) . Questi scienziati sognano così di aiutare potenzialmente milioni di non vedenti. Il cieco potrebbe in futuro indossare occhiali muniti di una microtelecamera connessa a internet. Essa trasmetterebbe le informazioni visive a un chip impiantato nel cervello del cieco che attiverebbe, per così dire, l’“occhio della mente”. Nel caso specifico i ricercatori sono riusciti a creare l’illusione di un flash. Ci vorrà però molto tempo perché venga indotta la visualizzazione di immagini definite. In futuro i ricercatori cercheranno di far visualizzare delle lettere nella mente dei volontari (sino ad oggi epilettici in cura presso il St. Luke Episcopal Hospital ). “Anche se molto lavoro resta da fare le possibilità sono entusiasmanti – ha commentato Micael S. Beauchamp, direttore dello studio pubblicato su Nature Neuroscience –. Se avrà successo il tentativo sarebbe quello di bypassare gli occhi che non funzionano più stimolando il cervello a generare immagini mentali”. Va detto, tuttavia, che esperimenti analoghi che prevedevano l’uso di elettrodi impiantati nella corteccia cerebrale sono sino ad oggi sostanzialmente falliti. Viceversa solo per nei malati di retinite pigmentosa e coroideremia ha avuto un parziale successo l’impianto di una protesi retinica ( occhio bionico ) fermo restando che era rimasto un piccolo grado di attività delle cellule nervose della retina e che il nervo ottico era integro. Si tratta, in questo caso, non di uno stimolatore diretto dell’attività cerebrale bensì di uno stimolatore dell’attività retinica residua mediante impulsi elettrici. Per leggere l’abstract dello studio originale su Nature Neuroscience clicca qui .

Fonte principale: The University of Texas

Ultima modifica: 10 luglio 2012

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