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Disabile visivo con bastone bianco

Istat, più anziani e disabili tra gli italiani

Rapporto annuale 2014: quasi il 15% della popolazione ha almeno una malattia cronica grave

Sono aumentati gli italiani che dichiarano di stare male o molto male, attestandosi attorno al 7,7 per cento della popolazione (circa un punto percentuale in più nel 2012 rispetto al 2005). Sono, inoltre, cresciute in percentuale le persone che soffrono almeno di una patologia cronica grave, soprattutto perché la popolazione è invecchiata. E’ quanto si legge nel Rapporto Annuale 2014 dell’Istat nel capitolo dedicato a “Tendenze demografiche e trasformazioni sociali: nuove sfide per il sistema di welfare”.

Occhio al diabete, ai tumori e alle demenze senili

Le persone colpite almeno da una malattie cronica grave due anni fa erano il 14,8 per cento della popolazione (+1,5% rispetto al 2005). C’è stato, in generale, un incremento della popolazione anziana esposta al rischio di ammalarsi (pensiamo ad esempio, a livello oculare, all’AMD). Il diabete – che tra l’altro causa retinopatia diabetica –, i tumori, l’Alzheimer e le demenze senili sono le patologie che mostrano una dinamica in evidente crescita rispetto al passato.

Più disabili anziani a rischio emarginazione

“Con l’invecchiamento della popolazione – spiega l’Istat – aumenta la disabilità, intesa come una condizione della persona legata a quel ventaglio di attività di vita che subiscono serie di restrizioni a causa di limitazioni funzionali (menomazioni fisiche o sensoriali legate alla vista, all’udito e alla parola). Si tratta di limitazioni che insorgono con il peggioramento delle condizioni di salute e riducono la mobilità degli anziani o le loro capacità sensoriali (vista e udito in particolare)”. Di conseguenza ci può essere un aumento dell’emarginazione sociale degli anziani, almeno se “le politiche sociali non intervengono con adeguate strategie di aiuto e assistenza, che permettano loro di continuare a vivere in maniera autonoma e a partecipare attivamente alla vita sociale”.

L’Italia spende in salute meno della media Ue

Il nostro Paese si attesta al 24,9 per cento delle risorse pro-capite destinate alla spesa sociale, collocandosi tra le ultime posizioni nel contesto europeo (l’Ue a 28 destina mediamente il 29,4 per cento). L’Irlanda è, invece, il Paese che destina la quota più alta di spesa della protezione sociale alla sanità, con il 45 per cento.

Bassa spesa per i minorati

Nel Belpaese la spesa destinata alle persone con disabilità è pari al 5,8 per cento della spesa per la protezione sociale (si tratta di pensioni di invalidità, contributi per favorire l’inserimento lavorativo, servizi finalizzati all’assistenza e all’integrazione sociale e strutture residenziali): “l’impegno economico per questa funzione – scrive l’Istat – ci colloca tra i Paesi europei con le percentuali più basse di spesa destinate alla disabilità, per la quale l’Europa alloca il 7,7 per cento della spesa per la protezione sociale. Tra i 28 Paesi europei spicca la Croazia (17,2 per cento); all’opposto troviamo Malta, con una percentuale pari al 4,1 per cento”.

Il Mezzogiorno resta indietro

Lo svantaggio del Mezzogiorno è strutturale: le condizioni di salute sono mediamente peggiori rispetto al resto del Paese. Più in generale in Italia l’accessibilità alle cure sanitarie è più difficile per chi ha risorse economiche scarse o inadeguate. In oltre la metà dei casi (50,4%), chi rinuncia ad una prestazione sanitaria lo fa per motivi economici, nel 32,4% a causa delle liste di attesa o eccessiva distanza dalle strutture.

Meno spesa sanitaria pubblica e più disuguaglianze, deficit minore

In Italia la spesa sanitaria pubblica tende a diminuire: se era pari a circa 111 miliardi di euro nel 2012, è stata comunque inferiore di circa l’1% rispetto al 2011 e dell’1,5% in confronto al 2010. Eppure c’è qualche aspetto positivo in questo scenario con molte ombre: nella sanità pubblica diminuisce il deficit della Aziende sanitarie, migliora l’appropriatezza organizzativa e clinica, anche se ­– conclude l’Istat – “persistono le disuguaglianze di salute e di accessibilità alle cure”.

Fonte: Istat

Ultima modifica: 13 giugno 2014

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