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Iperemia come conseguenza alla cura per il glaucoma

Iperemia come conseguenza alla cura per il glaucoma

Come la poca informazione sulle conseguenze delle cure per il glaucoma portano alla discontinuità delle cure da parte di pazienti che ne sono affetti

Il glaucoma è una malattia oculare correlata generalmente ad una pressione dell’occhio troppo elevata ed è la seconda causa di cecità nel mondo, dopo la cataratta, ma è la prima ad essere irreversibile.

È una patologia che colpisce generalmente dopo i quarant’anni e si può prevenire, purché la malattia sia diagnosticata in tempo e curata tempestivamente.

In Italia, si stimano circa un milione di casi e la metà dei soggetti colpiti non è a conoscenza della propria patologia fin quando non compaiono i primi sintomi degli stadi più avanzati della malattia.

Il glaucoma si cura con dei colliri utili ad abbassare la pressione oculare, ma che talvolta possono portare a degli effetti collaterali indesiderati come, ad esempio, arrossamenti oculari (iperemia) e mal di testa.

Molto spesso, però, i pazienti che cominciano la terapia non sono a conoscenza degli effetti secondari della propria cura e ciò genera sgomento e poca voglia di continuare la terapia stessa.

È ciò che è emerso dal sondaggio presidiato da Baush+Lomb, insieme alla Glaucoma Research Foudation: i risultati del sondaggio mostrano come il disagio emotivo scaturito dall’iperemia sia in effetti molto condiviso, con circa il 71% dei partecipanti che si sente “impacciato” in pubblico e il 55% “molto imbarazzato” per via dei propri occhi arrossati a causa delle cure.

Joe Gordon, presidente statunitense di Bausch+Lomb, ha affermato che la speranza al momento è quella di aumentare la consapevolezza su questa problematica, in modo che il paziente si possa avvicinare alle cure essendo già a conoscenza delle conseguenze. Infatti, solo il 61%, nel sondaggio, è risultato essere informato della condizione dell’iperemia correlata alle cure, solo dopo averla sperimentata per conto proprio.

Come riportato nell’articolo dell’ Ophtalmology Times che parla dello studio: “A causa dell’iperemia, 12 pazienti su 101 hanno saltato le dosi o smesso di usare i colliri prescritti. Circa 66 partecipanti su 101 hanno riferito di sentirsi più sicuri quando i loro occhi non erano rossi e gli intervistati hanno anche indicato che c’era uno stigma sociale associato all’avere gli occhi rossi. In effetti, un paziente su 10 ha interrotto il trattamento in determinate circostanze sociali o professionali e 41 su 101 hanno notato preoccupazioni circa l’esperienza di interazioni sociali negative di conseguenza.”

La soluzione a queste sensazioni spiacevoli in pazienti già malati è il dialogo. È importantissimo che il rapporto medico-paziente sia basato sulla sincerità e sull’empatia: ciò può aiutare i pazienti a sentirsi sicuri nella gestione non solo della propria malattia, ma anche delle conseguenze delle cure alle quali sono sottoposti per non perdere la vista.

Fonte: Ophthalmology Times

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