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LETISMART IL BASTONE PARLANTE

Il bastone parlante: LETIsmart trasforma il dispositivo in uno strumento di libertà e inclusività

Per i 100 anni dell’Unione Italiana Ciechi, il progetto è stato riconosciuto come standard a livello nazionale: sfruttando gli impulsi sonori, permette di abbattere barriere e, soprattutto, creare interazione

“L’idea è nata partendo dalla mia esperienza personale: quando entro in un bar o un ristorante e mi trovo disorientato o confuso, i miei amici mi chiamano per nome e così capisco in che direzione muovermi”: una intuizione semplice e al contempo geniale quella di Marino Attini, prima presidente della sezione triestina, ora consigliere Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e ideatore di LETISMART, un sistema sviluppato da SCEN, azienda leader nel settore della microelettronica, che aiuta ipovedenti e non vedenti a vivere la città con serenità sfruttando il senso dell’udito.

Come? trasformando il bastone bianco in uno strumento “parlante” che dialoga con la città. Una occasione d’oro anche per i Comuni italiani, ce con accorgimenti non intrusivi e sostenibili possono rendere le aree metropolitane più inclusive e abbattere molte barriere. A fare da traino è stata l’esperienza di Trieste, ma il progetto, forte anche della sua versatilità e facile integrazione nel tessuto urbano, si sta allargando ad altre città Italiane con la speranza “di arrivare a coprire il territorio nazionale nella sua interezza”.

Dott.Attini, come nasce il progetto?

Da una intuizione: far evolvere il bastone bianco da strumento di guida e supporto a vero e proprio interlocutore con la realtà urbana. Sfruttando l’udito è possibile, infatti, rendere le città più inclusive e ridurre al minimo le situazioni di disagio per le persone con disabilità visiva che acquistano, così, autonomia, indipendenza e sicurezza. SCEN, azienda specializzata in microelettronica e prototipazione elettronica di piccolissime dimensioni, ha deciso di sposare questa idea come progetto etico, rendendola una realtà.

Per me è una realizzazione di un sogno diversi punti di vista: in primis, perché è un tributo a mia moglie Letizia, scomparsa prematuramente nel 2013. Inoltre, il progetto si sta sviluppando sempre di più: dopo il Comune di Trieste abbiamo ‘coperto’ siti archeologici, campeggi e alberghi. Stiamo lavorando, inoltre, anche

con l’Università Bocconi e abbiamo firmato un protocollo di co-partecipazione al progetto da parte dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti a livello nazionale.

Quali problematiche aiuta a risolvere LETIsmart?

L’interazione è il fulcro centrale del progetto. Sia conlo spazio circostante, che diventa interlocutore attivo,

ma anche con il resto della comunità cittadina, che viene sensibilizzata e guidata all’inclusione di persone con disabilità visiva. LETIsmart permette spostamenti più consapevoli e interattivi alle persone con disabilità visiva. Spesso, infatti, sono gli ultimi metri di un percorso a rappresentare il problema più grande: i sistemi con GPS, ad esempio, possono raggiungere una precisione di 6 metri. È evidente, quindi, come servano sistemi più precisi. LETIsmart, grazie all’interazione con dei radiofari disseminati in città, offre questo grado di precisione e trasforma il bastone bianco in una guida parlante.

Entriamo nello specifico: come funzionano questi dispositivi?

Si tratta di dispositivi leggerissimi, solo 8 grammi, che vengono integrati nel bastone bianco, permettendogli di colloquiare con altri dispositivi, detti radiofari. Questi, dalle sembianze di piccole scatole, che vengono sistemate nell’ambito urbano. Per esempio: in un negozio, all’ingresso di una scuola, sul palo del semaforo. Quando la persona si trova in prossimità di un radiofaro, il bastone gli dirà, ad esempio, il nome del negozio che sta affiancando. Se la persona ha interesse a visitare quel preciso luogo, si attiverà un suono personalizzato che lo guiderà all’ingresso con una precisione millimetrica. Attenzione: a beneficiarne non è solo la persona ipovedente. Rimanendo nell’esempio del negozio, nel momento in cui il radiofaro comincia a suonare, il personale dell’attività capirà che sta per arrivare un ipovedente e saprà accoglierlo nel migliore dei modi evitando situazioni di imbarazzo e disagio che, quotidianamente, le persone con disabilità visiva si trovano a dover vivere.

Le applicazioni si estendono anche ad altri aspetti della vita cittadina?

Certamente, basti pensare all’utilizzo dei mezzi pubblici. Trieste, dove il progetto è nato, conta circa 300 autobus attrezzati con questo radiofaro che trasmette ciò che l’ipovedente non vede, ovvero le scritte che appaiono sulla parte frontale del mezzo: il numero, la destinazione, la linea. Se quell’autobus è quello che interessa alla persona che è alla fermata, questa persona attiverà il radiofaro, che suonerà anche per segnalare la porta da cui entrare. Non solo: l’autista viene avvertito che alla fermata c’è una persona con disabilità visiva e saprà, quindi, aiutarla con prontezza a salire. Ancora, il vantaggio si estende anche ai semafori sonori: per i non vedenti e ipovedenti trovarli è sempre una caccia al tesoro. Spesso perché non ce ne sono abbastanza, ma anche perché, prima di essere sollecitato, il semaforo non emette alcun suono. La persona, quindi, se non conosce bene la zona, rischia di sorpassarlo. Il circuito di LETIsmart è

stato omologato all’interno del semaforo sonoro, integrando il radiofono all’interno del pulsante. Questo apre ad una duplice opportunità: la prima è che il suono venga attivato dal pulsante e, quindi, la persona raggiunga il semaforo seguendo il suono; in secondo luogo, è possibile attivare il semaforo sonoro anche dal bastone, senza dover cercare il pulsante sul palo. Si tratta di un fattore estremamente importante, perché intorno al palo possono esserci aiuole, persone, a volte a destra o a sinistra, e sono quindi elementi che possono confondere molto chi soffre di disabilità visiva.

In cosa consiste invece il “personal Tag”?

Il personal tag altro non è che una sorta di “radiofaro da borsetta” e nasce per rispondere anche ad altre esigenze di autonomia di chi ha disabilità visiva. Mettiamo il caso che una persona entri in un bar o un ristorante che non conosce e, dopo, debba allontanarsi, ad esempio per usare il bagno: come farà a ritrovare il proprio tavolo se non ha compagnia? Come orientarsi in uno spazio che non conosce senza essere guidato dalla voce di qualcuno che è lì? Ecco, lasciando il personal tag sul tavolo, è possibile farlo suonare per riavvicinarvisi. Abbiamo fatto diversi test: una volta abbiamo, addirittura, lasciato un caffé sopra al personal tag che abbiamo fatto suonare: ebbene, non solo la persona ipovedente è riuscita a orientarsi, ma la precisione era tale che è anche arrivata a bere il caffè appoggiato sopra.

Il progetto nasce a Trieste, ma si sta allargando anche ad altre città. Quali i rapporti con gli altri Comuni?

Al tempo ero presidente della sezione di Trieste dell’UICI e parlai con l’allora Assessore Carlo Grilli che mostrò, fin da subito, grande entusiasmo per il progetto. E sebbene il Comune non avesse partecipato con del denaro, ha fornito tutte le autorizzazioni e gli approfondimenti necessari per intervenire nel tessuto urbano. L’intenzione è sempre stata quella di coprire tutto il comune, non solo una zona.Un grande supporto ci è stato dato da diverse associazioni come, ad esempio, i Lions che hanno collaborato a Trieste e stanno lavorando con noi anche per le installazioni nel centro di Milano. Anche fondazioni ci hanno aiutato, come è successo a Mantova dove sono stati donati i dispositivi ai non vedenti. Il Comune di Siena, invece, ha stanziato dei fondi per installare i radiofari nel centro storico. Si tratta, oltre che di una presa di posizione importante sul tema dell’inclusività, anche di un fattore di attrazione turistica, anche perché LETIsmart funziona in 5 lingue.

Come si integrano i radiofari nel tessuto urbano a livello estetico?

Questa è una criticità che spesso spaventa i Comuni all’inizio, insieme alla manutenzione dei radiofari: In realtà, i dispositivi sono molto piccoli e facili da installare e praticamente invisibili. Ne esistono, infatti, di tre tipi: uno richiede solamente una linea elettrica senza minimi di voltaggio, un altro, invece, può essere montato sui lampioni dell’illuminazione e lavora in maniera indipendente caricandosi durante le ore in cui il lampione è accesso. La terza soluzione, infine, sono i radiofari con i pannelli solari che vengono installati in pochi minuti e hanno una garanzia di 8-10 anni.

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