Due diversi studi dimostrano come i nostri occhi possano rappresentare un motore di ricerca per alcune malattie nel nostro organismo: dai problemi cardiaci alla demenza, attraverso esami oculistici periodici si può essere in grado di monitorare la salute generale del nostro organismo.
Gli occhi possono rappresentare una finestra sulla salute generale del nostro organismo, un campanello di allarme per il nostro benessere, ascoltarli può aiutarci a intercettare in tempo problemi non direttamente connessi alla vista. Per questo sottoporsi periodicamente ad esami può aiutare a prevenire la nostra salute da alcune malattie.
A conferma di ciò l’oftalmologo specialista in retina, Joseph Nezgoda, ha spiegato come, attraverso scansioni OCT della retina, fosse possibile rilevare disfunzioni di diverse parti del corpo, in particolar modo quelle che derivano da malattie cardiache.
Le persone affette da malattie cardiache tendono ad avere retine segnate da ictus oculari, i quali privano l’occhio del flusso sanguigno e dell’ossigeno causando la morte delle cellule. Mentre i segni lasciati dagli ictus possono essere presenti in numero basso nelle persone sane, quelle con malattie cardiache tendono ad averne un numero molto alto.
Nezgoda ed il suo team hanno riscontrato questi risultati dopo aver esaminato le cartelle cliniche di 84 persone con malattie cardiache mettendole a confronto con altre 76 appartenenti persone sane, tutte sottoposte ad una scansione OCT della retina.
Per le persone con malattie cardiache, che ricordiamo essere la prima causa di morte nel mondo, la diagnosi e il trattamento precoci potrebbero aiutare a prevenire un infarto o un ictus e nel fare ciò l’occhio può venire in soccorso: è infatti l’unico punto del corpo in cui un medico può vedere l’azione dal vivo di vasi sanguigni, nervi e tessuto connettivo senza fare affidamento su una procedura invasiva.
Ecco perché gli oculisti sono spesso i primi a rilevare condizioni di salute che scindono dall’oftalmologia tra cui ipertensione, colesterolo alto, ictus o la demenza.
L’oftalmologo J. Kevin McKinney ha infatti dimostrato la possibilità che esista un legame tra perdita della vista e declino cognitivo. Il medico, insieme al suo gruppo di ricercatori, ha condotto per 16 anni uno studio approfondito sulla salute visiva dei pazienti con demenza. Le misurazioni effettuate hanno manifestato una corrispondenza tra declino cognitivo e tre tipi di perdita della vista.
In particolar modo gli studiosi hanno notato come le persone con la peggiore acuità visiva correvano il rischio di perdere il linguaggio e la memoria; coloro che avevano difficoltà a rilevare oggetti posti su sfondi di colori simili – noti anche come sensibilità al contrasto – avevano maggiori rischi di declino del linguaggio, della memoria, dell’attenzione e delle capacità visuospaziali; le persone con una scarsa percezione della profondità correvano invece un rischio maggiore di deterioramento del linguaggio.
Ciò che non è stato possibile far emergere dallo studio è se la perdita della vista causi demenza o se avvenga il processo inverso. Può essere invece confermato che la perdita della vista contribuisca alla depressione o all’isolamento sociale, che a sua volta può influenzare la cognizione.
Da entrambi gli studi possiamo dedurre una cosa fondamentale: esami oculistici regolari risultano essere necessari non solo per l’individuazione precoce di eventuali malattie che causano cecità, ma anche per comprendere la salute e il benessere generale del nostro organismo.
FONTI:
1. American Academy of Ophthalmology | aao.org
2. aao.org