FDA, sì definitivo all’impianto del minitelescopio oculare In alcuni anziani affetti da degenerazione maculare legata all’età (AMD) all’ultimo stadio consente di sfruttare le zone ancora sane della retina previo training 7 luglio 2010 – Il telescopio, utilissimo per scrutare il cielo, consente di vedere meglio anche sulla Terra: la sua versione miniaturizzata si può impiantare negli occhi. Però solo se si sta perdendo la visione centrale – per esempio a causa della degenerazione maculare legata all’età ( AMD all’ultimo stadio) -, se si hanno più di 65 anni e se si è giudicati idonei all’operazione. Ieri il suo impiego è stato definitivamente approvato dalla Food and Drug Administration (FDA), il celebre ente governativo americano. Il minitelescopio è una soluzione estrema: impiantandolo al posto del nostro cristallino consente di sfruttare le parti ancora sane della retina, risparmiate quindi della morte dei fotorecettori. I risultati ottenuti sono stati giudicati dalla FDA come ‘accettabili’ su persone che dovevano anche essere operate di cataratta. Tra gli effetti collaterali di questa procedura c’è la perdita di cellule della cornea , la superficie oculare trasparente posta davanti all’iride: dopo quattro anni il 15% dei pazienti ha avuto una diminuzione significativa nella conta delle cellule endoteliali. Eppure questo minitelescopio consente – previo un adeguato training e notevoli capacità di adattamento – di riconoscere i volti, di leggere libri e giornali o di guardare la tv. Il minitelescopio è un sistema costituito da più parti, tra cui una lente cilindrica di4,4 millimetridi lunghezza e3,6 millimetridi diametro che contiene un grandangolo microscopico.è di fatto invisibile dall’esterno perché viene impiantato all’interno dell’occhio ed è coperto dall’iride. Funziona come un sistema telefotografico: ingrandisce l’immagine retinica e, di conseguenza, riduce l’area di non visibilità. In sostanza il mini-apparecchio tenta di compensare il danno della zona centrale della retina grazie a un sofisticato sistema ottico. La visione risulta migliorare sino a tre metri di distanza, ma certamente non si può tornare a guidare. I risultati possono essere discreti: due righe di tabellone in più (lettere dell’ottotipo) sia da lontano che da vicino per circa il 90% delle persone (in totale 219). Secondo l’FDA nel 75% dei casi il grado di visione è passato da ipovisione grave e ipovisione media. La commissione oculistica governativa dovrà comunque continuare a monitorare la funzionalità del minitelescopio che consente di ingrandire le immagini di oltre due volte (2,2 o 2,7, a seconda del tipo). Recuperare, almeno in parte, la vista perduta ha naturalmente i suoi vantaggi. Tanto che la commissione della FDA ne ha approvato l’impiego all’unanimità, nonostante possa provocare – dopo alcuni anni – un èdema corneale non trattabile (9,2% dei casi con accumulo di liquido nella cornea con conseguente offuscamento delle immagini); inoltre, si può avere uno scompenso corneale (6,8%) oppure si può rendere necessario un trapianto di cornea (nel 4,1% degli impiantati). Dunque, si tratta di un che ha diversi limiti; in Italia nel 2008 è stato ad esempio impiantato a Piacenza, facendo riacquistare a un novantaduenne due decimi di vista (clicca qui per approfondire). L’intervento può essere efficace anche su pazienti ipovedenti colpiti da retinite pigmentosa o retinopatia diabetica grave, ma si tratta comunque di un’ extrema ratio che necessita, in ogni caso, di riabilitazione visiva.
Fonti: Medpage, FDA . Notizia data per la prima volta il 23 aprile 2009.