Nel cuore dell’epidemia il reparto chirurgico continua a visitare e curare. “Non possiamo aspettare che una persona perda la vista ed è quello che succederebbe in molti casi se rimandassimo gli interventi” racconta il direttore Massimo De Micheli.
LODI, 24 marzo 2020 – Cosa succede ad una persona con distacco di retina in piena emergenza Covid-19 e nella provincia che ha visto il virus manifestarsi a Codogno? Questa è stata il pensiero che Massimo De Micheli, direttore dell’Oculistica presso l’Ospedale Maggiore di Lodi, ha fatto nei primi, concitati giorni dell’emergenza.
Da allora le sale operatorie sono state trasformate in rianimazioni, gli infermieri sono stati mobilitati nei reparti che ricoveravano i malati di Covid-19, gli anestesisti si sono dedicati pressoché interamente al grandissimo numero di pazienti intubati e gli oculisti hanno cominciato a coprire i turni del Pronto Soccorso.
“Eppure non ci siamo mai fermati – spiega De Micheli – ed una piccola sala operatoria è rimasta in funzione per gli interventi agli occhi. Allo stesso tempo è andata avanti – mantenendo gli appuntamenti distanziati in modo tale che i pazienti non si incrociassero – l’attività di diagnosi per varie patologie, tra le quali quelle retiniche e il glaucoma”.
“Non possiamo fermarci: non si possono abbandonare i pazienti a loro stessi e ci sono degli interventi che non possono essere rimandati. Già ora, in gran parte d’Italia, il rischio che l’epidemia di Covid-19 porti a trascurare molte altre patologie, arrecando danni gravi e irreparabili, è altissimo. In oculistica il distacco di retina non può aspettare, perché si perde la vista. Il glaucoma scompensato non può aspettare, l’olio di silicone iniettato nel vitreo (in caso di distacco di retina) va tolto prima che diventi tossico, il foro maculare va circoscritto prima che si allarghi e per ogni iniezione intravitreale che il paziente ‘salta’, la degenerazione maculare avanza un poco, e non si potrà recuperare quello che è andato perduto. Ecco cos’è l’urgenza in oculistica che ci troviamo ad affrontare. I confini della definizione non sono ferrei, ma che una vasta casistica di interventi urgenti esista anche ora; non c’è dubbio alcuno”.
Con tutte le precauzioni possibili il reparto esegue almeno 4 interventi di retina alla settimana, diverse iniezioni intravitreali e altre operazioni chirurgiche necessarie che permettono ai pazienti di Lodi – e a quelli di altri ospedali – di ricevere le cure delle quali hanno bisogno. È una fortuna anche perché, soprattutto nei primi giorni dell’epidemia, le possibilità per un malato del lodigiano di venir accettato in un altro Ospedale d’Italia erano remote.
“Il lavoro è una frazione dell’attività ordinaria, e sia i medici che gli ortottisti, in sala operatoria, si incaricano di tutte quelle mansioni che prima venivano svolte dall’equipe infermieristica oramai totalmente dedicata ad altri compiti nei reparti Covid+. Ma solo il fatto che riusciamo a portare avanti questa attività testimonia che la risposta della Direzione dell’Ospedale ad un’epidemia senza precedenti e senza preavviso è stata davvero buona. Sono riusciti a far sì che i diversi reparti continuassero a funzionare autonomamente invece che essere travolti dai pazienti di Covid-19. Sono riusciti, perciò, a mantenere il controllo in una situazione molto brutta”.
“Io ero qui fin dall’annuncio del paziente 1 e, attraverso la serie dolorosa di bollettini terribili e notizie di colleghi e familiari di colleghi ammalati, so che non è stato un risultato da poco. Non era scontato perché i primi giorni sono stati davvero traumatici: l’epidemia ci ha colpiti con una forza ed una violenza che nessuno poteva aspettarsi. Date queste premesse sono contento di come abbiamo risposto e – conclude De Micheli – è bello sapere anche di far parte di una Sanità che ha saputo resistere e reagire. E che continua a farlo giorno dopo giorno nonostante le innumerevoli difficoltà”.