A tre anni dal trattamento il miglioramento della visione si è mantenuto, ma i fotorecettori hanno ripreso a “morire”
4 maggio 2015 – Una progressiva diminuzione della sensibilità delle aree retiniche dove la visione era migliorata. È questo il “verdetto” di un gruppo di ricercatori che ha indagato gli effetti a lungo termine della terapia genica su malati di amaurosi congenita di Leber, una patologia retinica ereditaria degenerativa. Si erano ottenuti risultati incoraggianti soprattutto nei bambini e, in seguito al trattamento basato sull’iniezione sottoretinica di geni corretti, la metà delle persone non era più considerata cieca legale.
Eppure – si legge sulla rivista New England Journal of Medicine – “dopo tre anni di terapia i miglioramenti nella visione sono stati mantenuti, ma il tasso di perdita di fotorecettori della retina trattata è stato identico a quello della retina non trattata”. Insomma, la degenerazione retinica è ripresa. Per la stessa ragione a quasi sei anni dalla terapia in due persone si è riscontrata una progressiva riduzione delle capacità visive, mentre in una terza persona la stessa cosa era già avvenuta dopo quattro anni e mezzo.
L’amaurosi congenita di Leber è causata dalla mutazione di almeno 19 geni e, fino al 2008, era considerata incurabile. Allora è stato sperimentato con un successo parziale un trattamento genetico, efficace soprattutto sui più giovani, per i malati che avevano gene RPE65 mutato. Quest’ultimo codifica per un enzima chiave che entra nel ciclo del retinolo (indispensabile per la sensibilità retinica).